Mauro Graziani

Il Riverbero
2a parte

Dopo aver esaminato la teoria della riverberazione, veniamo alla pratica. Attualmente, ottenere un buon riverbero sembra la cosa più semplice del mondo dato che tutti gli effect processor ne offrono in quantità. La simulazione di questo effetto, invece, è una cosa piuttosto complessa ed è difficile creare un riverbero che si avvicini abbastanza a quello naturale.
Riprendiamo una figura dal precedente articolo che schematizza la formazione del riverbero in una grande sala.
Risposta all'impulso di una grande sala: in rosso il suono diretto, in blu i primi echi e in verde il riverbero diffuso
Come si può vedere, il riverbero non è uniforme, ma composto da una serie di impulsi che all'inizio sono separati fra loro diventando, via via, sempre più fitti fino a generare una linea pressoché uniforme con densità superiore a 1000 echi al secondo. Il fenomeno, quindi, ha uno sviluppo temporale ben preciso che, come abbiamo già visto nella precedente puntata, fornisce al nostro sistema percettivo quelle informazioni che creano la sensazione di ambiente. L'intero sviluppo della riverberazione deve essere simulato accuratamente per produrre, alle orecchie dell'ascoltatore, sensazioni simili a quelle reali.

Reti di Riverberazione

Un primo problema può essere quello della densità: 1000 echi al secondo sono molti e non possono certo essere prodotti da una singola unità di ritardo come quelle già viste nel caso dell'eco. La soluzione consiste nell'utilizzarne più di una con un collegamento in serie.
Rete di riverberazione schematizzata con un grafo
In questa immagine, la rete di riverberazione è schematizzata con un grafo in cui ogni freccia rappresenta una unità d'eco che ha l'input alla sua sinistra e l'output alla destra. In una rete di questo tipo ogni unità crea degli echi a tutto ciò che proviene da quella precedente, così, se l'unità C1, a partire da un singolo impulso, genera 4 echi e la C2 ne genera 5, all'uscita dell'unità C2 avremo 20 echi (4 x 5 = 20) perché quest'ultima avrà generato 5 echi per ognuno dei 4 che arrivano da C1. Se, poi, l'unità, C3 genera, a sua volta, 9 echi, alla sua uscita avremo 180 echi (20 x 9) e infine, regolando la C4 a 11 echi, arriveremo a 1980, quantità sufficiente a creare la sensazione di un riverbero diffuso.
Risposta in frequenza di un filtro combIl problema sembrerebbe risolto, ma non è così. Il riverbero creato con questo sistema, infatti, non è naturale per varie ragioni. In primo luogo, infatti, le unità d'eco di cui abbiamo parlato nella prima puntata hanno un effetto filtrante che è secondario nell'uso come eco singolo ma, nell'utilizzo in serie, colora troppo il segnale con un effetto innaturale. Queste unità, infatti, vengono chiamate "comb" che significa pettine perché la loro risposta in frequenza non è piatta ma contiene un certo numero di picchi regolarmente spaziati, la cui posizione dipende dall'entità del ritardo (figura a sin.).
Per risolvere questo problema sono state create delle unità d'eco apposite chiamate "allpass" (passa‑tutto) dotate di risposta in frequenza piatta e in grado di generare degli echi senza nessun effetto filtrante. Si possono, quindi, utilizzare queste unità nella rete di figura 2, ma rimangono altri problemi. Con una rete di questo tipo, infatti, è impossibile differenziare sufficientemente i primi echi dal riverbero diffuso e creare un processo graduale di accrescimento dai primi al secondo. Nel corso di anni di esperimenti è risultata evidente, invece, la necessità di differenziare queste due fasi utilizzando reti collegate, ma distinte, per la prima e per la seconda fase.

Riverberatori Classici

Ecco quindi i primi riverberatori impiegati anche nei processori commerciali: i più noti sono i modelli dello studioso americano J. A. Moorer e quello di Schroeder che hanno trovato impiego in vari effect processor qualcuno dei quali è sicuramente a casa vostra o nel vostro studio. Nella figura seguente sono visibili gli schemi di questi due riverberatori classici sotto forma di grafi. Le linee contrassegnate con C indicano i comb, quelle con A, gli allpass. Entrambi si basano sugli stessi presupposti: l'idea è quella di creare i primi echi con un certo numero di comb in parallelo, ognuno con un ritardo leggermente diverso, per poi aumentare la densità del segnale con gli allpass. Abbiamo, quindi, due reti distinte, ma collegate.
I riverberatori classici di Schroeder e di J. A. Moorer
In questo caso, si possono usare i comb perché le unità non sono in serie, ma in parallelo: gli effetti filtranti, quindi, non si sommano e rimangono entro limiti accettabili, anzi, un po' di colorazione fa bene al segnale, differenziando il timbro dei primi echi da quello del segnale diretto.
Generalmente, quando questi riverberatori sono utilizzati nei processori, l'utente non può accedere ai parametri di controllo delle singole unità (sarebbe troppo complicato), ma pilota l'apparecchio con pochi valori di tipo più generale come il tempo di riverbero che in genere varia fra 0,1 e 10 o 20 secondi. Nel regolarlo, si deve considerare che il riverbero di una sala da concerto varia fra 1 e 2 secondi, 4 secondi è quello di un grande auditorium e oltre i 5 passiamo alla cattedrale.
Il tempo di riverbero, comunque, è definito, per convenzione, come il periodo di tempo impiegato dal segnale a scendere di 60 dB sotto alla sua ampiezza di ingresso. Ora, 60 deciBel sono molti e corrispondono a dimezzare per 10 volte l'ampiezza di ingresso, quindi, se il segnale è già a basso volume, considerate che è probabile che il tempo di riverbero impostato vi sembri in reltà più breve.
Un altro valore importante, quando è disponibile, è quello del predelay che è il ritardo fra il segnale diretto e il riverbero vero e proprio. Esso controlla, in pratica, lo spazio dato ai primi echi, prima della formazione dell'alone riverberante, e concorre a creare l'effetto di vastità della sala. Si misura in millisecondi e dovrebbe aumentare proporzionalmente alla durata del riverbero andando da 40 o 60 msec per un salone fino a 100 o 150 per un grande auditorium o una cattedrale.
Questi valori sono quelli tipici di ambienti normali, ma, con combinazioni appropriate di predelay e tempo di riverbero, si possono creare anche ambienti di altro tipo. Per esempio, la combinazione predelay lungo con riverbero breve suggerisce un ambiente molto vasto ma poco riflettente (grande sala con pareti tappezzate o spazio parzialmente aperto), mentre la combinazione inversa crea la sensazione di uno spazio piccolo ma molto riflettente.
Ora prendiamo un microscopio e andiamo a vedere cosa succede quando si butta un impulso (un singolo 'tac', come un battito di mani) all'interno di uno di questi riverberatori. Le due immagini seguenti riproducono la risposta all'impulso del riverberatore di Schroeder, con tempo di riverbero pari a un secondo, in due istanti temporali distinti.
Risposta all'impulso, da zero a 55 msec., di un riverberatore di Schroeder con tempo di riverbero pari a un secondo
Risposta all'impulso dello stesso riverberatore da 100 a 125 msec
Nella prima immagine, il campione va da zero (l'istante di emissione del suono diretto che non è visibile in figura e deve intendersi come una singola linea di ampiezza 60 dB all'istante zero) a 55 millisecondi: potete vedere chiaramente il processo di accrescimento che porta dai primi echi (in blu) alla riverberazione continua. Il primo fra i primi echi arriva dopo 30 msec. che corrispondono a un percorso del suono nell'aria di circa 10 metri; gradualmente, poi, gli echi si intersecano, sommandosi anche fra loro, mentre il suono diventa via via più denso e continuo.
Nella seconda figura, il campione è preso dopo 100 msec., quando, ormai, il suono assume già le caratteristiche di un riverbero diffuso. Potete notare come i singoli echi che formano la riverberazione arrivino in piccole serie la cui configurazione è sempre più regolare con il passare del tempo (da destra a sinistra). Ogni serie, però, non è mai perfettamente uguale alla precedente, anzi, l'uguaglianza deve essere assolutamente evitata pena la produzione di una riverberazione falsa. Nella realtà, invece, il riverbero si evolve in modo sensibile conservando sempre, a livello microscopico, piccole differenze da un istante all'altro.
Per ottenere questa evoluzione evitando le ripetizioni, è vitale regolare in modo accurato i tempi di ritardo delle singole unità che fanno parte della rete di riverberazione (in questo caso, i 4 comb e i 2 allpass) ed è per questo che, nelle unità in commercio, questi parametri non sono accessibili all'utente. La regola generale, comunque, è quella di scegliere dei ritardi che siano assolutamente primi fra loro, cioè privi di divisori comuni: i ritardi dei 4 comb, per esempio, non dovrebbero mai essere numeri tipo 30, 40, 50 e 60, perché questi valori hanno almeno tre divisori comuni (10, 5 e 2) e sono a distanza regolare fra loro, con il risultato di produrre degli echi a distanza sempre uguale, ma piuttosto 31, 39, 45 e 53 che, essendo privi di divisori comuni e irregolari producono dei primi echi più realisti (per maggiori particolari, il lettore interessato può consultare un famoso articolo considerato come la bibbia sull'argomento: "Moorer J. A., About This Reverberation Business, Computer Music Journal, Vol. 3, Num. 2, 1979").
In linea di massima, il riverbero prodotto da questa rete è buono anche se, quando è applicato a suoni molto brevi e impulsivi, si producono alcune fluttuazioni dinamiche nella risposta e la parte finale è, a volte, un po' metallica. Per ovviare a questi inconvenienti, Moorer ha proposto la seconda rete già vista in figura, anch'essa ampiamente utilizzata in unità commerciali, composta di 6 comb che però incorporano un leggero filtro passa‑basso sul segnale in retroazione, come nella figura seguente.
Schema di un filtro comb con passa‑basso in retroazione
Si tratta di un banale filtro del primo ordine, con poca pendenza, che si limita ad attenuare in misura sempre maggiore le alte frequenze come accade nella realtà a causa dell'assorbimento dell'aria (risposta in frequenza in figura).
Risposta in frequenza di un filtro passa‑basso del primo ordine
Per quanto riguarda l'uscita stereofonica, infine, è bene differenziare leggermente il riverbero sui due canali. Ciò si ottiene semplicemente differenziando l'ultima unità della catena e assegnando alle due unità ritardi leggermente diversi, come in figura. Naturalmente, sarebbe bene differenziare stereofonicamente anche i primi echi, ma ciò comporta l'utilizzo di reti ben più complesse che ora vedremo.
Riverberazione stereofonica con riverbero differenziato sui due canali

Riverberatori a più canali

Le reti di riverberazione multichannel, definite da Stautner e Puckette nel 1982 (Stautner J., Puckette M. ,Designing Multi-Channel Reverberators, Computer Music Journal, Vol. 6, Num. 1, 1982), costituiscono un deciso passo avanti verso una simulazione più realistica del riverbero. Esse tentano di ricostruire il fenomeno con un modello che si avvicina maggiormente a ciò che avviene nella realtà. Il riverbero, in effetti, è costituito semplicemente dalla somma degli echi generati dalle onde sonore che viaggiano nell'ambiente e ogni qualvolta incontrano una parete rimbalzano perdendo di intensità e proseguendo il viaggio fino ad incontrare altre pareti.
Rete di riverberazione multicanale
In questa figura si vede una rete di questo tipo. Il segnale in input viene inviato a 4 linee di ritardo di lunghezza diversa, il cui output costituisce i primi 4 echi. Fin qui non c'è niente di diverso dai riverberatori classici. La differenza fondamentale risiede nel modo in cui viene gestito il segnale in feedback: nei riverberatori classici, ogni unità ha il suo feedback; in questo modello, invece, ogni unità riceve un feedback da tutte le altre con ampiezze controllate da appositi valori di guadagno (i vari Gxx visibili in figura in quella che viene chiamata matrice di distribuzione).
In altre parole, per esempio, l'output dell'unità di ritardo numero 1 viene inviato in retroazione all'unità num. 1 con ampiezza .1, alla 2 con ampiezza .3, alla 3 con ampiezza .3 e alla 4 con ampiezza .2. In questo modo gli echi ricircolano continuamente nel sistema in modo analogo a quanto avviene nella realtà. Per simulare l'assorbimento alle alte frequenze basta aggiungere 4 filtri passa‑basso di primo ordine (come quello già visto) nei loop.
Queste reti danno risultati migliori rispetto a quelle classiche, ma sono anche più difficili da controllare. Nelle reti classiche, per esempio nel riverberatore di Schroeder, si tratta di fornire alla rete un totale di 12 valori di controllo (ci sono 6 unità ognuna delle quali ha 1 delay time e 1 guadagno di feedback) e sono stati messi a punto dei validi algoritmi per calcolare questi valori a partire dal tempo di riverbero desiderato. In realtà i delay times sono preimpostati per ogni tipologia di riverbero (room, hall, big hall, etc.) e la lunghezza dell'alone viene controllata agendo sui guadagni dei feedback, quindi i valori che cambiano sono solo 6.
La rete di figura 10, invece, necessita di ben 20 valori, cioè 4 delay time e 16 guadagni di feedback e analogamente al caso precedente, sono questi ultimi che controllano il tempo di riverbero e devono essere ricalcolati ogni volta che il tempo cambia.

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