Semper Dowland

Una cosa interessante del Dowland Project è che, cercandolo su Google, il primo riferimento che si trova è All About Jazz e il secondo è ClassicsToday. È molto raro che questi due siti parlino dello stesso disco.
Dowland Project nasce da un’idea di John Potter, tenore, ex Hilliard Ensemble, quindi di estrazione dichiaratamente classica, che ha coinvolto Stephen Stubbs (chitarrone, chitarra barocca), Maya Homburger (violino barocco), John Surman (sax soprano, clarinetto basso) e Barry Guy (contrabbasso).
Classica batte jazz 3 a 2. Però bisogna ricordare che Barry Guy è poliedrico perché la sua esperienza musicale va dal jazz alla musica classica, fino all’improvvisazione estrema e John Surman è un grande sassofonista, capace anche lui di passare dal jazz alla musica improvvisata europea e alla musica elettronica.
La loro missione è quella di soffiare nuova vita nelle canzoni e nei madrigali del 17mo secolo riportandovi quel senso di improvvisazione e di freschezza che dovevano avere 400 anni fa.
E per far questo, iniziano, in epoca non sospetta (nel 1999), con un disco interamente dedicato a Dowland, “In Darkness Let Me Dwell”, pubblicato dai soliti “cagoni” (ma bravi) dell’ECM (ne esiste già un secondo, “Care-charming sleep”, dedicato a madrigalisti vari).

Niente da dire. Dal mio punto vista, è gran bello. L’inserimento dei fiati e del violino è stupendo. Potter canta proprio bene e anche gli altri non sono da meno.
L’unica cosa che mi lascia perplesso è la faccenda della nuova vita. Secondo me questa è una bellissima esecuzione quasi classica (o almeno classica nello spirito). Certamente riesce a riprodurre lo spirito con cui suonavano Dowland ai suoi tempi e poco dopo, però la sensazione che mi dà è sempre di ascoltare qualcosa di (meravigliosamente) antico.

Qui vi faccio ascoltare: Come Again, di cui vi metto anche il testo, e uno strumentale, Lachrimae Verae.

Come again,
sweet love doth now invite,
thy graces that refrain
to do me due delight.
To see, to hear,
to touch, to kiss,
to die with thee again
in sweetest sympathy
Come again,
that I may cease to mourn
through thy unkind disdain
for now left and forlorn.
I sit, I sigh,
I weep, I faint,
I die, in deadly pain
and endless misery
Gentle love,
draw forth thy wounding dart:
Thou canst not pierce her heart;
For I that do approve.
By sighs and tears
more hot than are
thy shafts, did tempt while she
for scanty tryumphs laughs

Dowland by Sting

Sting - Dowland
Finalmente esce il nuovo disco DGG in cui Sting canta Dowland accompagnato da Edin Karamazov, di cui tutti dicono un gran bene.

Considerato lo spirito con cui Sting ha registrato questi pezzi (“Per me queste sono canzoni pop del 1600, e così le eseguo; bellissime melodie, testi fantastici e geniale accompagnamento”), questi due brani, gli unici che ho ascoltato, non mi sembrano niente male, anche se, in questa stessa ottica, preferivo Maddy Prior (Steeleye Span).
A volte Sting suona un po’ finto, nel senso che sembra si sforzi di cantare in un modo più controllato del solito. Un’altra cosa che a tratti noto, soprattutto nel primo dei due pezzi, è un certo contrasto fra la non abitudine di Sting a queste musiche e la naturalezza del suono di Edin Karamazov, per cui Dowland è la cosa più normale del mondo.
Comunque l’idea che per ora mi sono fatto non è negativa. Anzi, pensandolo come un disco da top ten, avercene di dischi così.

Una cosa che, invece, mi disturba, è il fatto che, in copertina, il nome di Dowland è alto 1/10 di quello di Sting (e peraltro, anche quello di Karamazov che non è proprio un comprimario banale, quasi non si vede). Non dite che esagero. Nemmeno Abbado se lo può permettere e comunque non lo penserebbe neppure.
Mi spaventano, inoltre, le cazzate totali sparate dai soliti giornalisti le cui dita hanno da tempo dichiarato la secessione dal cervello. Oggi l’Indipendent scrive: “Sting plucks lute composer from obscurity”.
Obscurity? Dowland è uno che viene eseguito da 500 anni e tuttora viene saccheggiato a man bassa dai cantautori. Sting non so.

Ecco una playlist