Mauro Graziani

Eco
Parte 2a

Nella puntata precedente del nostro viaggio attraverso gli effetti abbiamo esaminato l'eco sia dal punto di vista acustico che da quello della simulazione mediante una linea di ritardo digitale. Un semplice eco digitale dotato solo dei controlli di tempo di ritardo, feedback e filtro passa‑basso può essere utilizzato in molti contesti musicali, sia come semplice effetto che come un vero e proprio elemento strutturale.
La differenza fra i due casi è semplice: nel primo, l'eco è usata come un effetto a sè stante che abbellisce e caratterizza un punto preciso del brano. In pratica, può essere considerata come un abbellimento e la sua presenza non è essenziale. Nel secondo caso, invece, l'eco non è più distinguibile come tale, ma diventa parte integrante della linea melodica o ritmica, risultando essenziale nell'esecuzione del brano. Ovviamente, in questo caso, la lunghezza del ritardo deve essere sincronizzata con il metronomo in modo da integrare perfettamente la linea principale e l'eco. La cosa è molto semplice con i delay attuali nei quali si può regolare il tempo di ritardo in millisecondi (più avanti in questo articolo troverete una formula e una tabella per ottenere la sincronizzazione), ma era ben più complessa all'epoca dei primi esperimenti.
Se escludiamo qualche sporadico tentativo risalente agli anni '50 (lo slap-back degli accompagnamenti anni '50), i primi esempi di utilizzo strutturale dell'eco nella musica pop si trovano nella produzione dei Pink Floyd alla fine degli anni '60 quando si utilizzavano ancora gli echi a nastro. Queste macchine erano formate da un anello di nastro su cui una testina di incisione registrava il segnale in input mentre varie testine di lettura, poste in serie a valle di quella di incisione e attivabili singolarmente, generavano i segnali ritardati (vedi schema in figura).
Schema di un vecchio eco a nastro
Chiaramente, la lunghezza di ogni ritardo era determinata dalla distanza fra la testina di incisione e quella di lettura, nonché dalla velocità del nastro. Le possibilità di una simile macchina erano, dunque, molto limitate a causa del basso numero delle testine, normalmente 4 o 5, in grado di generare soltanto altrettanti ritardi fissi.
Una versione di questa macchina dotata di testine di lettura posizionabili a piacere su un asse di scorrimento lungo diversi metri, offrendo quindi la possibilità di variare i tempi di ritardo, era stata realizzata negli anni '60 allo studio di musica elettronica di Colonia per un'opera del compositore tedesco Karlheinz Stockhausen, ma si era dimostrata troppo poco pratica per la commercializzazione. Vale comunque la pena di notare che tale macchina, che consentiva di ottenere anche ritardi intorno ai 20 secondi, può essere considerata come l'antenato dei più recenti Frippertronics, di cui parleremo più avanti.
Schema di un eco a nastro con testine di lettura posizionabili a piacere su un asse di scorrimento
Con queste macchine, era compito dell'esecutore sincronizzarsi con l'eco perché il ritardo non poteva essere definito con precisione come accade invece negli effetti digitali che offrono una precisione al millisecondo. Se si considera che la velocità di metronomo indica il numero di battiti al minuto, è abbastanza facile calcolare il tempo in millisecondi per sincronizzare il ritardo con una durata metronomica, per esempio, la semiminima. Nel caso di metronomo a 120 alla semiminima, infatti, ogni quarto dura 60/120 secondi, cioè 0.5 secondi che, in millisecondi, diventano 0.5 * 1000 = 500. Basterà, quindi, porre il controllo del tempo di ritardo a 500 millisecondi per sincronizzare l'eco alla propria esecuzione. Chiaramente, se si desiderasse sincronizzare l'eco alla croma o alla semicroma basterà dividere questo numero rispettivamente per 2 e per 4.
In termini generali, la formula per calcolare il tempo di ritardo in millisecondi pari a una durata metronomica è
60 * 1000 / MM
dove MM rappresenta il valore metronomico. Chiaramente il risultato corrisponde alla durata dell'unita metronomica di riferimento (generalmente la semiminima). Nella seguente tabella vi diamo i tempi per semiminima (1/4), croma (1/8) e semicroma (1/16) corrispondenti a valori di MM da 30 a 250 alla semiminima, a passi di 10. Notate che alcuni valori sono arrotondati in quanto il tempo può essere impostato solo a passi di 1 millisecondo, mentre il risultato della divisione dà un numero con la virgola. Nella maggior parte dei casi questa approssimazione, che corrisponde ad alcuni decimillesimi di secondo, non è sensibile, ma, se l'esecuzione è automatica (per es. proveniente da un sequencer) e il feedback è elevato, si può produrre un leggero sfasamento.
Notate anche che i tempi di ritardo relativi alla croma ed alla semicroma sono ottenuti da quello della semiminima dividendolo, rispettivamente, per 2 e per 4. Ovviamente, se il tempo è terzinato o se si desidera ottenere i valori per durate terzinate, sarà invece necessario dividere per 3 e per 6.

Metronomo (semiminima) Delay in msec. per Semiminima Idem per la Croma Idem per la Semicroma
30 2000 1000 500
40 1500 750 375
50 1200 600 300
60 1000 500 250
70 857 429 214
80 750 375 188
90 667 333 167
100 600 300 150
110 545 273 136
120 500 250 125
130 462 231 115
140 429 214 107
150 400 200 100
160 375 188 94
170 353 176 88
180 333 167 83
190 316 158 79
200 300 150 75
210 286 143 71
220 273 136 68
230 261 130 65
240 250 125 63
250 240 120 60

Gli utilizzi di questa "eco‑a‑tempo" sono moltissimi e adattabili sia agli strumenti che alla voce. Si possono trovare svariati esempi dell'uso di questo effetto più o meno ovunque, andando dal doppiaggio di uno dei tamburi della batteria (tipicamente il rullante) fino alla ripetizione di alcuni passaggi vocali o alla realizzazione di arpeggi a doppie note da parte dei chitarristi.
Questo ultimo effetto, largamente usato, è illustrato in figura qui sotto e consiste nell'esecuzione di un normale arpeggio con un eco a distanza di croma. In questo caso, se il feedback è nullo, si ha una sola ripetizione e si ottiene un arpeggio a doppie note, come in figura, nel pentagramma in basso. Aumentando, via via, il feedback, l'effetto si avvicina sempre più a quello di un accompagnamento fluido e continuo in cui gli accordi si fondono gli uni negli altri.
Realizzazione di un arpeggio a doppie note in cui la seconda nota è ottenuta tramite un eco a distanza di una croma
Esempi dell'uso di eco‑a‑tempo si possono trovare nella produzione di vari gruppi inglesi fra cui Pink Floyd, Bowie, King Crimsom, Japan, Fripp, Eno.
Naturalmente non è detto che l'eco‑a‑tempo debba sempre essere a distanza di croma o semicroma. Se, per esempio, si lavora con un ritardo pari a 1/8 + 1/16 (basta sommare i tempi di croma e semicroma) e si esegue un arpeggio come quello della figura precedente si ottiene la figurazione in semicrome visibile in figura seguente, di complessità superiore.
Esecuzione di arpeggio con eco a un ritardo pari a 1/8 + 1/16
Grazie all'eco, quindi, è facile ottenere figurazioni complesse eseguendo parti semplici. Naturalmente, in questi casi, è necessario stare ben attenti ad eseguire la propria parte senza farsi fuorviare dall'eco. Buona parte delle basi degli ormai antichi Tangerine Dream (non so quanti di voi siano abbastanza "anziani" da conoscerli) erano realizzate in questo modo.
Il gioco si fa ancora più interessante se è possibile pilotare l'eco in modo selettivo, cioè inviare all'effetto solo alcuni passaggi. Il modo più facile per ottenerlo consiste nello sdoppiare il cavo di uscita dallo strumento ottenendo una linea che porta il suono privo di effetto e va direttamente all'amplificazione e un'altra che viene fatta passare attraverso l'eco che, in questo caso, dovrà essere programmato in modo da far uscire solo il suono "effettato" senza mixarlo con quello diretto. Naturalmente parliamo di esecuzioni live: in sala il problema non si pone perché gli effetti possono essere aggiunti in seguito.
Collegamenti che permettono di pilotare l'eco in modo selettivo
A questo punto basta inserire un pedale del volume sulla linea diretta all'effetto e utilizzarlo come uno switch per far passare solo le note desiderate. Ovviamente, se qualcuno possiede un vero e proprio switch, il gioco è ancora più semplice, ma il pedale del volume ha maggiori potenzialità perché permette di graduare le entrate e anche se usato in modo brutale non provoca alcun click. Al primo tentativo può essere difficile eseguire la propria parte e pilotare contemporaneamente il pedale, ma con un po' di esercizio si possono raggiungere ottimi risultati. Robert Fripp ha usato spesso questa tecnica.
Lo stesso Fripp con Eno ha, a suo tempo, reso famoso un sistema denominato Frippertronics che permette a un singolo strumentista di generare, da solo, del materiale stratificato alquanto complesso. Non si trattava di un sistema nuovo, essendo stato già utilizzato sia nella musica elettronica di area "colta", che dai minimalisti americani (Terry Riley). Il sistema in questione è schematizzato nella figura seguente.
Schema Frippertronics
Consisteva in due registratori Revox con il nastro che viaggiava dalla bobina debitrice del primo alla bobina raccoglitrice del secondo passando sulle testine di entrambi. Il primo incideva il segnale proveniente dallo strumento che veniva, poi, letto dal secondo con un ritardo dipendente dalla velocità del nastro e dalla distanza fisica delle macchine. Questo segnale, quindi, era già un eco che veniva re-inviato al primo registratore per essere re-inciso generando un feedback. Con tale sistema era possibile ottenere ritardi molto lunghi (fino a 5/6 secondi e oltre), non disponibili con i normali echi a nastro: si trattava, in pratica, di un'eco particolarmente lunga e di buona qualità.
Abbiamo parlato al passato in quanto, ormai, non si usano più i registratori per fabbricare ritardi. Oggi la stessa cosa può essere ottenuta con gli echi digitali anche se, data la notevole quantità di memoria necessaria, tempi così lunghi sono disponibili solo su macchine particolari. Basta, comunque, utilizzare un PC portatile con apposito software e scheda audio I/O full duplex (in grado, cioè, di suonare anche mentre acquisisce), per ottenere ritardi di lunghezza smisurata.
L'effetto di questa tecnica può essere sentito chiaramente in vari dischi di Fripp & Eno, per es. nel brano "The Heavenly Music Corporation" incluso nel disco "No Pussyfooting" del 1973 (incisione Polydor Special 2343 095 ristampato in CD EEGCD2) o nel brano di Eno "Discreet Music" (nell'omonimo disco Obscure num. 3 del 1975 ristampato in CD EEGCD 23) o ancora nel brano "1988" incluso nella compilation "Angels in Architecture" (compact EEGCD 47) o ancora nel brano di Terry Riley "Poppy Nogood and the Phantom Band" di cui potete ascoltare un estratto sul sito di Terry Riley.
In realtà, una procedura compositiva di questo tipo è nota in musica fin dal 1300 con il nome di canone, il cui esempio più noto al grande pubblico è Frère Jacques (Fra Martino). Ampiamente utilizzato in brani sia vocali che strumentali fino ai nostri giorni, il periodo d'oro del canone va dall'Ars Nova fino a Bach.
Esso consiste nel fare iniziare una melodia da una sola parte (detta antecedente) e nel farla seguire, dopo un certo tempo, da una diversa parte (detta conseguente) che imita rigorosamente il disegno melodico della precedente (canone diretto), anche partendo da una nota diversa (canone diretto con trasposizione). La pratica del canone prevede anche altre possibilità come quella di ripetere la melodia originaria all'inverso (dalla fine all'inizio: il cosiddetto canone cancrizzante) oppure per moto contrario (con intervalli invertiti: la nuova melodia sale dove quella originaria scende e viceversa) o applicando altri artifici (aumentazione o diminuzione di tempo). É divertente notare come si sia arrivati oggi a riproporre, in forma tecnologica, una procedura compositiva già nota da circa 700 anni.
Infine, una curiosità sull'utilizzo del delay digitale che non ha niente di musicale, ma forse è sconosciuta al grande pubblico. Questo strumento viene utilizzato anche per rimuovere le parolacce dalle trasmissioni radio in diretta e sostituirle con il classico beep. L'audio della trasmissione, infatti, viene inviato in un delay e trasmesso via radio con un ritardo di circa 5 secondi rispetto alla sua emissione reale. All'uscita del delay, inoltre, è posto uno switch che seleziona il segnale proveniente dagli studi o il beep. In tal modo, un tecnico che ascolta la diretta sente l'eventuale parolaccia pronunciata dall'ospite o dalla persona che telefona, 5 secondi prima che la stessa vada effettivamente in onda e ha il tempo di contare e premere il pulsante che attiva il beep, mascherando, così, la parola da eliminare.
Con questa curiosità chiudiamo la nostra trattazione dell'eco. Nei prossimi articoli parleremo del riverbero.

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