100 and kicking

Oltre a quello di Messiaen, c’è un secondo centenario quest’anno: quello della nascita del compositore americano Elliott Carter (1908).

E quanto ho scritto non è un errore: la data di morte manca perché Carter è ancora vivo e conta di festeggiare alla grande il proprio centenario l’11 dicembre.
Dico alla grande perché non solo è vivo, ma è perfettamente in sé e compone ancora: nel 2007, per es., ha scritto 8 brani fra cui uno per pianoforte e orchestra (Interventions), un quintetto con clarinetto, un pezzo per coro e gli altri per strumento solista.

Lo stile di Carter, in epoca giovanile, fu definito neoclassico o “lirismo melodico” in quanto risentiva dell’influenza di Stravinskij e Hindemith, ma virò poi decisamente verso l’atonale a partire dagli anni ’50, approdando a una scrittura a tratti anche molto complessa, tanto che per lui venne coniato il termine “metric modulation” per descrivere i frequenti cambiamenti di tempo nei suoi lavori.

Ciò nonostante, mantenne sempre una certa dose di espressività e dramma:

I regard my scores as scenarios, auditory scenarios, for performers to act out with their instruments, dramatizing the players as individuals and participants in the ensemble.

Il suo personale sistema compositivo (volto spesso a far derivare tutte le altezze di un brano da un solo accordo “chiave”, o da una serie di accordi) non impedisce a Carter di muoversi in ambiti decisamente lirici, né di garantire una perfetta intelleggibilità del testo cantato, talora anche in modo decisamente “semplice”. Del resto, nonostante il suo usuale rigore compositivo, Carter occasionalmente sceglie di “deviare”, di creare delle eccezioni al suo proprio sistema.

Elliott Carter – Night Fantasies (1980) for solo piano
Ursula Oppens, piano

Night Fantasies is a piano piece of continuously changing moods, suggesting the fleeting thoughts and feelings that pass through the mind during a period of wakefulness at night. The quiet, nocturnal evocation with which it begins and returns occasionally, is suddenly broken by a flight series of short phrases that emerge and disappear. This episode is followed by many others of contrasting characters and lengths that sometimes break in abruptly and, at other times, develop smoothly out of what has gone before. The work culminates in a loud, obsessive, periodic repetition of an emphatic chord that, as it dies away, brings the work to its conclusion.

In this score, I wanted to capture the fanciful, changeable quality of our inner life at a time when it is not dominated by strong directive intentions or desires — to capture the poetic moodiness that, in an earlier romantic context, I enjoy in works of Robert Schumann like Kreisleriana, Carnaval, and Davids-bündlertänze.

Devo dire che questo brano per piano non mi dispiace, mentre non amo particolarmente i brani in cui predomina la vena neoclassica.
Gli interessati possono trovare anche una lunga intervista stampata qui, nonché un programma radiofonico e altri estratti della sua musica, fra cui il secondo quartetto all’Internet Archive.