Scacco matto

mateFra ricorrenze e coccodrilli, questo è un periodo un po’ triste come può esserlo quando vedi morire alcune persone che nella tua gioventù hanno significato qualcosa, chi più, chi meno.

Devo ammettere che qualche volta mi chiedo se non sarà così anche per me: io morirò e qualcun altro scriverà qualcosa su un blog. Forse non mi dispiacerebbe…

Comunque non avrei mai pensato di trovarmi a scrivere un coccodrillo per Bobby Fischer. Uno, perché era giovane (64 anni), due perché, sì, giocavo a scacchi da ragazzino, ma mai ad altissimi livelli. C’è stato un momento in cui, qualche volta, pensavo che mi sarebbe piaciuto diventare veramente bravo, ma mi sono rapidamente reso conto che non avevo voglia di studiare scacchi 5/6 ore al giorno.

Così, quando Fischer andò a giocare il suo epico match per il campionato mondiale in Islanda, nel 1972, contro Spassky, io ero un semplice amatore. Però quel match me lo ricordo bene. Fischer si lamentava di tutto: della mancanza del bowling in Islanda, delle telecamere, delle luci, del tavolo e delle sedie, del contrasto delle pedine sulla scacchiera. Disse che la vista dalla sua stanza era troppo bella. Niente di tutto questo aveva a che fare con gli scacchi.
O forse sì, perché, dopo due incerte partite iniziò ad esibire un gioco aereo, leggero, elegante e pieno di novità, senza mai ripetere due volte la stessa variante in apertura e spesso utilizzando varianti che non aveva mai usato in carriera, cosa stranissima in un campionato del mondo in cui le aperture sono analizzate a fondo da un team di esperti che consigliano e aiutano il giocatore prima delle partite e durante le sospensioni e che, tipicamente, ci vanno cauti.

Ricordo ancora l’impressione che mi fece andando a vincere una partita quasi alla Alekhin, sacrificando uno splendido alfiere che da solo valeva la sicurezza di arrivare al finale in buona posizione. Nonostante su di lui gravasse una enorme responsabilità (eravamo in piena guerra fredda e perfino Kissinger gli aveva telefonato prima del match), Fischer, dall’alto dei suoi 28 anni e del più incredibile QI mai misurato fra gli studenti d’America, non giocava a conquistare un vantaggio posizionale e consolidare, ma usava tutti pezzi in combinazione per attaccare.

Tre anni dopo la vittoria, quando ormai la sua popolarità negli USA era enorme, rifiutò di difendere il titolo contro Karpov solo perché la federazione internazionale rifiutò di accogliere alcune sue proposte di modifica delle regole e scomparve. Non giocò a scacchi in pubblico per quasi venti anni, per riemergere dall’isolamento solo nel 1992 per una riedizione dell’epica sfida di 20 anni prima contro Spassky.

Però questa sfida era stata organizzata in Jugoslavia, allora sottoposta a un duro embargo da parte dell’ONU, che comprendeva anche gli eventi sportivi. In una conferenza stampa prima dell’incontro, un Fischer istrionico sputò su un documento del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che gli proibiva di giocare negli stati Balcanici a causa delle sanzioni economiche al momento in vigore. Per tutta risposta, venne incriminato e venne emesso un mandato di cattura per il suo arresto. Da allora non tornò negli Stati Uniti e arrivò a odiare il suo ex paese al punto da esprimere in pubblico la sua soddisfazione per gli attentati del 9/11.

Nel 2004 venne arrestato all’aeroporto Narita di Tokyo dalle autorità nipponiche per conto degli Stati Uniti d’America, ufficialmente per un passaporto irregolare, con la possibilità di essere estradato negli USA dove rischiava fino a 10 anni di carcere. E qui c’è un aneddoto toccante.
Boris Spassky, il suo antico amico e avversario, a suo tempo emigrato in Francia, scrisse al presidente americano dicendo, fra l’altro

La legge è legge, non lo metto in dubbio, ma quello di Fischer non è un caso comune. Bobby ed io siamo amici dal 1960, quando vincemmo ex aequo al torneo di Mar-del-Plata. Bobby ha una personalità tormentata, me ne accorsi subito: è onesto e altruista, ma assolutamente asociale. Non si adegua al modo di vita di tutti, ha un elevatissimo senso della giustizia e non è disposto a compromessi né con sé stesso né con il prossimo. È una persona che agisce quasi sempre a proprio svantaggio. Non voglio difendere o giustificare Bobby Fischer. Lui è fatto così. Vorrei chiederle soltanto una cosa: la grazia, la clemenza. Ma se per caso non è possibile, vorrei chiederle questo: la prego, corregga l’errore che ha commesso François Mitterrand nel 1992. Bobby ed io ci siamo macchiati dello stesso crimine. Applichi quindi le sanzioni anche contro di me: mi arresti, mi metta in cella con Bobby Fischer e ci faccia avere una scacchiera.
Firmato Boris Spassky, decimo campione del mondo di scacchi (l’intero testo è qui)

Venne rilasciato, evitando l’estradizione, qualche mese dopo quando il Governo islandese gli concesse il passaporto. Dopo il ritiro in Islanda si persero nuovamente le sue tracce fino all’inizio di dicembre 2006, e qui c’è un secondo aneddoto.
Su un canale della televisione islandese si sta diffondendo una trasmissione sugli scacchi. Due grandi maestri si sfidano in diretta. Ad un certo punto il giocatore con il nero sbaglia e perde. I due avversari cominciano allora ad analizzare la posizione per trovare quale sia la continuazione corretta. Nel corso dell’analisi giunge una telefonata allo studio televisivo. È Bobby Fischer il quale, in diretta dice al conduttore televisivo: “vorrei segnalare che la continuazione vincente per il nero è la seguente”. Fornisce quindi una sequenza di tre mosse assai spettacolari. I due grandi maestri si affrettano a controllare e convengono che il piano corretto è quello proposto da Bobby. Malgrado Fischer vivesse da recluso ha dimostrato di non aver perso l’abilità di creare, sulla scacchiera, mosse geniali.

Al di là di questo, era un altro tipo piuttosto paranoico, asociale e spesso apertamente anti-ebraico. Ma vale il discorso che abbiamo già fatto per Stockhausen: accettare tutto il pacchetto o rifiutare tutto il pacchetto.