L’incendio

Di solito non parlo di quello che mi succede, ma non credo che molti di voi siano stati coinvolti in un incendio in un condominio, così ve lo racconto.

Il condominio è il mio. Sette piani, una ventina di appartamenti. Sono circa le sei del pomeriggio e tanto per cambiare sto giocherellando con il computer, quando sento gente che urla sulle scale.

Penso a un litigio, anche se questo non è un condominio litigioso. O almeno, non più. Una volta, quando il livello di testosterone degli abitanti maschi era più elevato e quando la malignità femminile era più tagliente e meno rassegnata, lo era. Cause interminabili che duravano 20 anni e ogni tanto si sfiorava la rissa nell’androne. Ma ormai la vecchiaia e la morte hanno fatto giustizia delle velleità e della mente di buona parte dei condomini e i nuovi arrivati sembrano gente ragionevole.

Comunque stavolta stanno urlando davvero e così mi alzo dal divano e metto il naso fuori dalla porta, sul pianerottolo. Soltanto il naso, perché sono in maglietta e mutande.

In quel momento, passa la ragazzina che abita di fronte e sembra piuttosto nervosa. Temo la strage condominiale e decido che è il caso di andare a vedere. Mi infilo un paio di jeans ed esco. Sulle scale c’è un orrendo puzzo di bruciato. Non di un bruciato specifico, come quelli che conosco: il bruciato dei cavi elettrici e degli alimentatori o quello della pentola ormai senza più acqua, dimenticata sul fornello o ancora quello dell’olio da frittura che ha preso fuoco.

Questo, invece, è diverso, peggiore. È un puzzo di bruciato maledettamente generico, omnicomprensivo.
Seguendo le urla arrivo al piano di sopra e qui incontro il fumo, nero, acre, soffocante. In quel momento sento un bel colpo, uno schiocco violento e vedo due condòmini che stanno cercando di far uscire dal suo appartamento il vecchio che ci abita e che, da par suo, non ne vuole sapere.

E attraverso la porta aperta, vedo finalmente il fuoco. Non è nemmeno un gran fuoco, ma fa il suo dovere. Sta mandando in fumo il salotto del suddetto individuo. Le fiamme arrivano al soffitto e con una certa decisione, stanno cercando di attaccare gli stipiti ed estendersi nel corridoio. Però, tutto sommato, mi sembra controllabile.

Nel frattempo. sul pianerottolo si è riunita una piccola folla molto agitata e qualcuno sta urlando con poca lucidità al cellulare che qui c’è un incendio. I due condòmini, intanto, sono riusciti a trascinare fuori il vecchiotto e a me viene in mente che, per legge, nello stabile abbiamo un estintore.

Ma quando dico “estintore”, tutti mi guardano come parlassi di un oggetto alieno, così, senza eccessiva fretta, scendo le scale, a piedi, fino alle cantine. Il problema, adesso, è localizzare l’estintore.

Naturalmente, non è in nessuno dei luoghi in cui dovrebbe trovarsi, ma alla fine, lo trovo nel posto in cui non dovrebbe essere: nello stanzino dei contatori elettrici. Comunque è carico e sigillato. Un cartello attaccato sulla porta dice “estintore num. 2”. Dove sia il numero 1, non lo so ancora.

Risalgo le scale per scoprire che l’incendio ha preso forza e si è esteso. La buona cosa è che l’aumentare del fumo ha fatto fuggire buona parte degli astanti. Uno dei condòmini mi vede arrivare con l’estintore e con partecipazione mi dice “Bella idea! VADA!!”.

Mi ricorda tanto un “armiamoci e partite”, comunque mi tiro la maglietta sulla faccia e metto un piede dentro. L’estintore è formidabile. Una sola spruzzata annienta le fiamme nel corridoio e con due passi arrivo in salotto. Qui la situazione è peggiore: brucia tutto e c’è un caldo orrendo. La TV è per terra, esplosa. Altre due spruzzate quasi spengono quel che resta del divano, ma il fumo è irrespirabile e devo uscire tossendo.

Intanto, a riprova della lucidità dei telefonisti (o del call center), è arrivata la polizia, in forze, ma dei pompieri nessuna traccia. Passo l’estintore a un poliziotto il quale, dopo un attimo di esitazione, si lancia dentro. Un altro era già in cucina e stava riempiendo di acqua un qualche contenitore. Però con l’estintore e un giro di 30 secondi a testa la situazione era quasi risolta. Peccato che, dopo un po’ di spruzzi si sia esaurito.

A questo punto, panico! La polizia ordina di evacuare al più presto lo stabile. Tutti veniamo mandati in strada, tranne un po’ di gente ai piani superiori che, a causa delle scale ingolfate di fumo, non può scendere.

Dal di fuori, la situazione sembra anche più impressionante. Il fumo nero esce dalle finestre del quarto piano, mentre quelli dei piani superiori sono sui balconi e si agitano in preda alla sindrome dell’11/9. Fortunatamente arrivano i pompieri, anche loro in forze. Due camion e un’autoscala.

La polizia blocca la strada, mentre i pompieri guardano in alto e si preparano con aria professionale. Con l’ossigeno e i loro estintori grandi il triplo del nostro possono far fuori l’incendio in cinque minuti e infatti salgono le scale in due o tre e lo fanno. Ciò nonostante, estendono lo stesso la scala e raggiungono l’appartamento anche dall’esterno e poi, sempre dall’esterno, vanno anche ai piani superiori.

Restiamo per quasi due ore in strada a raccontarcela. Arriva anche una auto medica e poi un’ambulanza. Ne approfitto per fare qualche tirata di ossigeno e cercare di togliermi la nausea. La gente parla dell’accaduto in modo estremamente drammatico, indugiando, con fare grave su “quello che sarebbe potuto succedere”. Le uniche che sembrano divertirsi sono le ragazzine. Una si lamenta di non poter studiare per il compito di fisica e di avere una scusa legittima, ma incredibile (“mi si è incendiata la casa”). Un’altra racconta ridendo le reazioni familiari (“la mamma era proprio sclerata”).

Alla fine ci fanno rientrare. Sono le 20 passate e scopriamo di essere senza gas, giustamente bloccato in tutto lo stabile. Ma non lo possono riaprire i pompieri. Deve arrivare l’AGSM. Lo riavremo alle 22.
Intanto, niente spesa e sono rimasto senza beveraggi. Ho ancora in gola il gusto schifoso del fumo. In TV parlano di Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee…

Il triangolo delle Bermude delle auto

Secondo il Boing Boing, che lo riprende dal New York Daily news, le auto si guastano misteriosamente se vengono parcheggiate in un raggio di 5 isolati dall’Empire State Building a NY. In figura l’area incriminata.

Le luci funzionano, il clacson va, ma l’auto non parte. L’opinione popolare addossa la colpa alla miriade di antenne piazzate su quello che è tornato ad essere il grattacielo più alto della città.

Dopo il 9/11, infatti, i trasmettitori radio-TV sono tornati in forze sull’Empire che ormai ospita 13 antenne TV e 19 ripetitori FM.

Via Boing Boing

Sing “Happy Birthday”

Tanto per farvi sapere che sono un acquario di gennaio, come Mozart (ma io non credo all’astrologia).
Fra i nati proprio in questo giorno ci sono anche Federico il Grande (non quello con cui suono, nonostante le dimensioni), John Belushi, Sharon Tate, Nastassja Kinski, Django Reinhardt e qualcun altro meno importante per la razza umana.

Born today, 54 years ago at 6 am, under a January’s Acquarius (but I don’t believe in astrology).

Scacco matto

mateFra ricorrenze e coccodrilli, questo è un periodo un po’ triste come può esserlo quando vedi morire alcune persone che nella tua gioventù hanno significato qualcosa, chi più, chi meno.

Devo ammettere che qualche volta mi chiedo se non sarà così anche per me: io morirò e qualcun altro scriverà qualcosa su un blog. Forse non mi dispiacerebbe…

Comunque non avrei mai pensato di trovarmi a scrivere un coccodrillo per Bobby Fischer. Uno, perché era giovane (64 anni), due perché, sì, giocavo a scacchi da ragazzino, ma mai ad altissimi livelli. C’è stato un momento in cui, qualche volta, pensavo che mi sarebbe piaciuto diventare veramente bravo, ma mi sono rapidamente reso conto che non avevo voglia di studiare scacchi 5/6 ore al giorno.

Così, quando Fischer andò a giocare il suo epico match per il campionato mondiale in Islanda, nel 1972, contro Spassky, io ero un semplice amatore. Però quel match me lo ricordo bene. Fischer si lamentava di tutto: della mancanza del bowling in Islanda, delle telecamere, delle luci, del tavolo e delle sedie, del contrasto delle pedine sulla scacchiera. Disse che la vista dalla sua stanza era troppo bella. Niente di tutto questo aveva a che fare con gli scacchi.
O forse sì, perché, dopo due incerte partite iniziò ad esibire un gioco aereo, leggero, elegante e pieno di novità, senza mai ripetere due volte la stessa variante in apertura e spesso utilizzando varianti che non aveva mai usato in carriera, cosa stranissima in un campionato del mondo in cui le aperture sono analizzate a fondo da un team di esperti che consigliano e aiutano il giocatore prima delle partite e durante le sospensioni e che, tipicamente, ci vanno cauti.

Ricordo ancora l’impressione che mi fece andando a vincere una partita quasi alla Alekhin, sacrificando uno splendido alfiere che da solo valeva la sicurezza di arrivare al finale in buona posizione. Nonostante su di lui gravasse una enorme responsabilità (eravamo in piena guerra fredda e perfino Kissinger gli aveva telefonato prima del match), Fischer, dall’alto dei suoi 28 anni e del più incredibile QI mai misurato fra gli studenti d’America, non giocava a conquistare un vantaggio posizionale e consolidare, ma usava tutti pezzi in combinazione per attaccare.

Tre anni dopo la vittoria, quando ormai la sua popolarità negli USA era enorme, rifiutò di difendere il titolo contro Karpov solo perché la federazione internazionale rifiutò di accogliere alcune sue proposte di modifica delle regole e scomparve. Non giocò a scacchi in pubblico per quasi venti anni, per riemergere dall’isolamento solo nel 1992 per una riedizione dell’epica sfida di 20 anni prima contro Spassky.

Però questa sfida era stata organizzata in Jugoslavia, allora sottoposta a un duro embargo da parte dell’ONU, che comprendeva anche gli eventi sportivi. In una conferenza stampa prima dell’incontro, un Fischer istrionico sputò su un documento del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che gli proibiva di giocare negli stati Balcanici a causa delle sanzioni economiche al momento in vigore. Per tutta risposta, venne incriminato e venne emesso un mandato di cattura per il suo arresto. Da allora non tornò negli Stati Uniti e arrivò a odiare il suo ex paese al punto da esprimere in pubblico la sua soddisfazione per gli attentati del 9/11.

Nel 2004 venne arrestato all’aeroporto Narita di Tokyo dalle autorità nipponiche per conto degli Stati Uniti d’America, ufficialmente per un passaporto irregolare, con la possibilità di essere estradato negli USA dove rischiava fino a 10 anni di carcere. E qui c’è un aneddoto toccante.
Boris Spassky, il suo antico amico e avversario, a suo tempo emigrato in Francia, scrisse al presidente americano dicendo, fra l’altro

La legge è legge, non lo metto in dubbio, ma quello di Fischer non è un caso comune. Bobby ed io siamo amici dal 1960, quando vincemmo ex aequo al torneo di Mar-del-Plata. Bobby ha una personalità tormentata, me ne accorsi subito: è onesto e altruista, ma assolutamente asociale. Non si adegua al modo di vita di tutti, ha un elevatissimo senso della giustizia e non è disposto a compromessi né con sé stesso né con il prossimo. È una persona che agisce quasi sempre a proprio svantaggio. Non voglio difendere o giustificare Bobby Fischer. Lui è fatto così. Vorrei chiederle soltanto una cosa: la grazia, la clemenza. Ma se per caso non è possibile, vorrei chiederle questo: la prego, corregga l’errore che ha commesso François Mitterrand nel 1992. Bobby ed io ci siamo macchiati dello stesso crimine. Applichi quindi le sanzioni anche contro di me: mi arresti, mi metta in cella con Bobby Fischer e ci faccia avere una scacchiera.
Firmato Boris Spassky, decimo campione del mondo di scacchi (l’intero testo è qui)

Venne rilasciato, evitando l’estradizione, qualche mese dopo quando il Governo islandese gli concesse il passaporto. Dopo il ritiro in Islanda si persero nuovamente le sue tracce fino all’inizio di dicembre 2006, e qui c’è un secondo aneddoto.
Su un canale della televisione islandese si sta diffondendo una trasmissione sugli scacchi. Due grandi maestri si sfidano in diretta. Ad un certo punto il giocatore con il nero sbaglia e perde. I due avversari cominciano allora ad analizzare la posizione per trovare quale sia la continuazione corretta. Nel corso dell’analisi giunge una telefonata allo studio televisivo. È Bobby Fischer il quale, in diretta dice al conduttore televisivo: “vorrei segnalare che la continuazione vincente per il nero è la seguente”. Fornisce quindi una sequenza di tre mosse assai spettacolari. I due grandi maestri si affrettano a controllare e convengono che il piano corretto è quello proposto da Bobby. Malgrado Fischer vivesse da recluso ha dimostrato di non aver perso l’abilità di creare, sulla scacchiera, mosse geniali.

Al di là di questo, era un altro tipo piuttosto paranoico, asociale e spesso apertamente anti-ebraico. Ma vale il discorso che abbiamo già fatto per Stockhausen: accettare tutto il pacchetto o rifiutare tutto il pacchetto.

-3

-3Quella nel cerchio giallo è la temperatura esterna, misurata all’aeroporto, che arriva sul mio computer via internet.

È la prima volta che la vedo sotto zero, ma siamo solo a metà novembre…
Sarà un lungo inverno…

Se volete consolarvi, a Yakutsk c’è il sole e la temperatura è meno 31. E siamo solo a metà novembre…

Verona Blog Awards 2007

Verona Blogs Awards 2007: i nominati
È partito il poll di Verona Blog per designare i migliori blog fra più di 200 che compongono il variegato panorama della VeronaSphere.
Sono lieto di annunciarvi che il vostro eroe ha ottenuto il maggior numero di nomination entrando in ben 5 categorie su 8 e cioè (i nomi sono quelli dei personaggi di Romeo & Juliet):

  • Padre Lorenzo – Miglior blog culturale
  • La balia – Miglior blog di servizio (trad.: utile, informativo)
  • Tebaldo – Miglior Blog artistico
  • Paride – Miglior grafica
  • Il principe di Verona – Post dell’anno, per Il deposito dei 10000 anni

Per smentire la nefasta tradizione secondo la quale il plurinominato resta a mani vuote, vi invito non a votare brutalmente il sottoscritto (che sarebbe di una eccelsa cafonaggine), bensì a guardarvi i nominati e votare il migliore :mrgreen:.
Scoprirete, fra l’altro, molti blog belli che vale la pena di frequentare.

Come si vota
Scaricate questo foglio excel (.xls).
Apritelo e guardatevi i blog cliccando i nomi (il file contiene tutti i link).
Per ogni categoria, scrivete 3 accanto al blog migliore, 2 accanto alla seconda scelta, 1 accanto all’ultima opzione.
E’ obbligatorio, pena il non conteggio della scheda, votare per tutte le categorie
Scadenza improrogabile: martedì 26 giugno.

Infine, salvate e inviate il file xls come allegato in una email all’indirizzo
veronablog chiocciola gmail punto com
Attenzione: fate una email e allegate il file xls; non usate l’eventuale opzione “invia” che magari trovate nel menu di excel perché, in alcune versioni, fa cazz..e (invia il contenuto invece del file vero e proprio).

Grazie.

And Romeo wanted Juliet
e poi ribadisce
Juliet wanted Romeo…
[Lou Reed, parlando della sua canzone “Romeo & Juliet”]

23

23

In April this blog count 23023 visits.
The trend is growing and I feel fine, but this number (2 times 23 with a big hole in between) should be interesting for the many 23 obsessed, the Lost fans, the William S. Burroughs fans (I am), the Illuminati and the Discordians.

Nel mese di Aprile questo blog ha avuto 23023 accessi.
Il trend è ascendente e la cosa mi rende felice, ma saranno contenti anche gli ossessionati dal 23, fra cui

  • i fans di Lost,
  • di William S. Burroughs (ci sono anch’io),
  • dei film The Number 23 e 23,
  • gli Illuminati
  • i Discordiani.

Secondo costoro, tutti siamo legati dall’inesplicabile enigma del numero 23, ma due volte 23 con lo spaventoso vuoto dello zero in mezzo non è da tutti. Spero mettano il mio blog fra i loro libri esoterici.

Ringrazio il blog “ventitre” per l’immagine.