Due parole per ricordare James Graham Ballard, scrittore, principalmente di fantascienza, ma non solo. Uno dei miei preferiti nel genere, con i suoi romanzi sulla fine del mondo descritta in molti modi (Il vento dal nulla, Deserto d’acqua, Terra bruciata, Foresta di cristallo), ma anche con la potente immagine dell’uomo asserragliato su un balcone che mangia un cane con cui inizia Condominium, o con la New York fantasma, abbandonata di Hello America.
Poi celebrato come il narratore dello spazio interno e divenuto infine un scrittore iperrealista, in un percorso artistico analogo a quello di William Gibson. La sua Atrocity Exhibition, ambientata in una clinica psichiatrica, fonde il panorama esterno ed interno, in un universo frammentato dai media. Di Crash, portato in film da David Cronenberg, Baudrillard scrisse:
Crash è il nostro mondo, niente vi è “inventato”: lì tutto è iperfunzionale, la circolazione e l’incidente, la tecnica e la morte, il sesso e l’obiettivo fotografico; tutto è come una grande macchina sincrona, simulata… In Crash non c’è più finzione né realtà: l’iperrealtà le abolisce entrambe.
Nato a Shanghai nel 1930 da genitori britannici, Ballard ci ha lasciato il 19 Aprile a 78 anni.