Apprendo ora da BBC News che alcuni scienziati italiani stanno cercando di trasformare in musica i sismogrammi dell’Etna al fine di poter meglio predire una eventuale eruzione.
La tecnica, nota come “data sonification” non è una novità. È stata usata più volte in passato per rendere più evidenti dei patterns sepolti in grandi masse di dati. Se, per esempio, si trasforma in suono l’andamento di un fenomeno ondulatorio, è molto più facile sentirne il ritmo, scoprire moduli che si ripetono, etc.
Ora, sempre secondo BBC News, gli studiosi dell’Università di Catania (in particolare il prof. Roberto Barbera e il suo team) stanno lavorando sugli infrasuoni emessi dal vulcano, altrimenti inaubili, trasformandoli in musica con un metodo messo a punto dal prof. Domenico Vicinanza dell’Istituto Italiano di Fisica Nucleare.
Il sistema, schematizzato in figura, campiona un’onda sismica e genera una serie di note interpretando il valore dell’asse y come altezza. Ignoro se il campionamento sia sincrono o meno (non ho molti dati), ma, a giudicare dall’immagine, ni. Quando l’onda procede quasi come una retta, le note sembrano piazzate a intervalli regolari, ma c’è una certa attenzione a particolari punti corrispondenti a picchi, flessi, cambiamenti di pendenza, eccetera. Sembra cioè tenere d’occhio i cambiamenti nel valore della derivata, che esprime la pendenza della curva.
Musicalmente il sistema è piuttosto banale, però bisogna ricordare che il suo scopo non è produrre una sinfonia né tantomeno scrivere musica, bensì evidenziare moduli melodici e/o ritmici e in questo senso l’applicazione è corretta.
Ricordo, invece, che, negli anni ’60, il compositore americano Gordon Mumma utilizzò proprio dei sismogrammi per comporre i suoi brani della serie Mograph. In questo caso, la conversione era finalizzata alla musica. Direttamente dal suo sito, ecco un estratto di Medium Size Mograph (1963) per pianoforte a 4 mani e elaborazione elettronica (esecutori Gordon Mumma e Robert Ashley).