Dispacci dal fronte interno

Dispacci dal fronte interno [Dispatches from the homefront] is a work by Andrea Valle for feedback system including ad libitum strings, printer and live electronics.

Audio from strings, printers and environment is not only manipulated live, but some features are extracted and used to control not only the same sound processing but also the real-time generation and print on the fly of musical notation to be performed by the player.

In short, the performer receives “dispatches” which content depends on what s/he is playing.

From SONIC SCREENS, an event by U.S.O. Project (Matteo Milani, Federico Placidi) in collaboration with O’ and Die Schachtel
Milan, 01/12/2012

An excerpt from the premiere by:
Èdua Amarilla Zádory – Violin
Ana Topalovic – Violoncello

Video courtesy Gianmarco Del Re

Dispacci dal fronte interno from Andrea Valle on Vimeo.

Metaphase Sound Machine

Questa splendida e inusuale macchina sonora è stata progettata e costruita dal media-artist russo Dmitry Morozov (aka ::vtol::).

The Metaphase Sound Machine is a kind of homage to the ideas of the American physicist Nick Herbert who in the 1970s has created both Metaphase Typewriter and Quantum Metaphone (a speech synthesizer). These were some of the first attempts to put the phenomenon of quantum entanglement in practice and one of the first steps towards the creation of a quantum computer. The experimental devices, however, had not confirmed theoretical research, and Herbert’s obsession with metaphysics resulted in the publication of several of his works on the metaphysical in quantum physics, that have led to a serious loss of interest to the ideas of quantum communication. One day, in a course of his experiments, Herbert has hacked into an university computer trying to establish a contact with the spirit of illusionist Harry Houdini at the day of the centenary of his birth.

In his device Herbert in order to achieve a quantum entangled state used as a source radioactive thallium, which was controlled by the Geiger radiation counter. The time interval between pulses was chosen as conversion code. Several psychics had participated in the experiments. They tried to influence the endless stream of random anagrams arising from a typewriter or cause “the ghost voice” to be heard out of metaphone. Scientists also have conducted sessions to bring about the “spirit” of a colleague who had recently died, and who knew about this typewriter. In 1985 Herbert wrote a book about metaphysical in physics. In general, his invention and articles quite severely compromised the ideas of quantum communication in the eyes of potential researchers and by the end of the XX century no any substantial progress in this direction was observed.

The Metaphase Sound Machine is an object with 6 rotating disks. Each of the discs is equipped with acoustic sound source (a speaker) and a microphone. Each of the microphones is connected via computer and the rotary axis to the speakers on the disks. Also in the center of installation a Geiger-Mueller counter is set, that detects ionizing radiation in the surrounding area. The intervals between these particles influence rotation velocity of each of the disks. Essentially the object is an audio- and kinetic installation in which a sound is synthesized based on feedbacks, produced by microphones and speakers on rotating discs. Feedback whistles are used as triggers for more complex sound synthesis. Additional harmonic signal processing, as well as the volatility of the dynamic system, lead to the endless variations of sound. The form of the object refers to the generally accepted symbolic notation of quantum entanglement as a biphoton – crossing discs of the orbits.

Dmitry Morozov

Un altro video sullo stesso soggetto.

::vtol::

Feedback Babies

Un’altra installazione di Darsha Hewitt.

I Fisher-Price Nursery Monitor sono gli antenati (ca. 1983) degli odierni baby monitor con cui si può ascoltare il pargolo a distanza, anche via cellulare. L’ingombrante modello degli anni ’80 era costituito da un trasmettitore e da un ricevitore operanti su frequenze radio. Darsha Hewitt ha trovato un modo di riutilizzare questo dispositivo ormai obsoleto.

The Fisher-Price Nursery Monitor (circa 1983) was a low watt household radio set originally intended to “let parents be in two places at once” by broadcasting the cries of a baby in distress to a mobile receiver accompanying a parent outside of earshot. However, when in very close proximity these devices produce audible feedback that sounds uncannily like whimpering electronic babies. Feedback Babies is an electromechanical sound apparatus that makes use of slow moving motors to automate these transmitters in order to create nuanced feedback patterns.

David Lee Myers

Questo post è la revisione di uno del 2006. Mi sembra che, essendo Myers non molto noto, sia il caso di parlarne ancora.

David Lee Myers è un compositore che si trova nella scomoda situazione di essere sconosciuto al grande pubblico perché non fa “pop” e sconosciuto agli accademici perché i suoi lavori non si inseriscono nella tradizione “colta”. Però è conosciuto dagli sperimentatori a oltranza, da quelli che non si accontentano di ri-elaborare delle idee maturate nell’ambito di una corrente, quelli un po’ scontenti e un po’ solitari che regolarmente disfano quello che hanno appena fatto per il gusto di ricominciare da capo.

Nel 1988 affermava che

True electronic music does not imitate the classical orchestra or lend well worn melodies the cloak of unexpected timbres – it exists to evoke the hitherto unknown. And it comes from circuits and wires, though I do not believe that electronic sound is “unnatural”, as some people might.

La vera musica elettronica non imita l’orchestra classica e non presta un mantello di timbri inattesi a melodie ben formate – essa esiste per evocare ciò che fino ad ora è sconosciuto. E nasce da circuiti e cavi, ciò nonostante io non credo che il suono elettronico sia così “innaturale” come qualcuno pensa.

DiaagProprio queste considerazioni hanno condotto D. L. Myers alla pratica di una musica estrema, quasi totalmente priva di input: niente partitura, nessuna tastiera, nessun suono da elaborare, nessun sistema di sintesi propriamente detto. Una musica in cui sia i suoni che le strutture non nascono dalla pressione di un tasto o dal fatto che qualcuno mette giù un accordo, ma dall’interazione spontanea di una serie di circuiti collegati fra loro in retroazione che l’essere umano si limita a controllare.
Al massimo l’input viene utilizzato solo come sorgente di eccitazione per il circuito di feedback.

Quello che Myers faceva, già nel 1987 con apparecchiature analogiche, era feedback music.

Il feedback positivo in una catena elettroacustica è stato sperimentato, con fastidio, da chiunque abbia usato un microfono e lo abbia inavvertitamente puntato verso gli altoparlanti. In breve si produce un fischio lancinante, mentre i tecnici si lanciano verso il mixer per abbassare il volume.

Questo problema, più conosciuto come Effetto Larsen, si verifica perché il microfono capta dei suoni che vengono amplificati e inviati all’altoparlante. Se gli stessi suoni, in uscita dall’altoparlante, vengono nuovamente captati dal microfono, amplificati e ri-inviati all’altoparlante, si crea una retroazione positiva tale per cui entrano in un circolo chiuso in cui vengono continuamente amplificati fino ad innescare un segnale continuo a forte volume.

Come si può immaginare, il feedback è un po’ il terrore di tutti i tecnici del suono, ma in determinate circostanze può essere controllato e se può essere controllato, può anche diventare uno stimolo per uno sperimentatore.

Bisogna puntualizzare che non si tratta di una idea di Myers. Ai tempi della musica elettronica analogica questo effetto è stato utilizzato in parecchi contesti. Anch’io ne ho fatto uso in una installazione del 1981 (si chiamava “Feedback Driver”, appunto), ma credo che negli anni ’80 l’abbiano provato un po’ tutti, con alterni risultati. I miei primi ricordi relativi a questa tecnica risalgono al lavoro di Tod Dockstader, un ricercatore e musicista americano relativamente poco noto, anche se alcune sue musiche sono finite nel Satyricon di Fellini.

Quello che distingue Myers dagli altri, però, è l’averne fatto una vera e propria poetica. Lui non sfrutta il feedback per elaborare qualcosa, non parte da algoritmi di sintesi, ma collega in retroazione una serie di dispositivi (principalmente mixer e multi-effetti) e variando i volumi sul mixer (che a questo punto diventa la sua “tastiera”) e cambiando tipo e profondità degli effetti ne trae una serie di sonorità suggestive, sempre in bilico fra il fascino di una musica che si muove in modo quasi biologico e il totale disastro delle macchine fuori controllo.

Senza dubbio, Myers è un virtuoso, ma, a differenza del virtuoso tradizionalmente inteso, lui non domina il proprio strumento. Piuttosto lo asseconda, cercando di spingerlo in una direzione. Qui la composizione consiste nel definire una rete di collegamenti fra i dispositivi e la tecnica si fa estetica.

Inoltre, come si vede in questo breve video, Myers si fa anche artista visuale elaborando una serie di tracce create dalla sua stessa musica.

Sito di riferimento: pulsewidth.

Musica senza input

La citazione con cui iniziava il post precedente è di David Lee Myers, un compositore che si trova nella scomoda situazione di essere sconosciuto al grande pubblico perché non fa “pop” e sconosciuto agli accademici perché i suoi lavori non si inseriscono nella tradizione “colta”. Però è conosciuto dagli sperimentatori a oltranza, da quelli che non si accontentano di ri-elaborare delle idee maturate nell’ambito di una corrente, quelli un po’ scontenti e un po’ solitari che regolarmente disfano quello che hanno appena fatto per il gusto di ricominciare da capo.
Proprio le considerazioni di cui al precedente post hanno condotto D. L. Myers alla pratica di una musica estrema, totalmente priva di input: niente partitura, nessuna tastiera, nessun suono da elaborare, nessun sistema di sintesi propriamente detto. Una musica in cui sia i suoni che le strutture non nascono dalla pressione di un tasto o dal fatto che qualcuno mette giù un accordo, ma dall’interazione spontanea di una serie di circuiti collegati fra loro in retroazione che l’essere umano si limita a controllare.
Quello che Myers faceva, già nel 1987 con apparecchiature analogiche, era feedback music.

Il feedback positivo in una catena elettroacustica è stato sperimentato, con fastidio, da chiunque abbia usato un microfono e lo abbia inavvertitamente puntato verso gli altoparlanti. In breve si produce un fischio lancinante, mentre i tecnici si lanciano verso il mixer per abbassare il volume.
Questo problema, meglio conosciuto come Effetto Larsen, si verifica perché il microfono, a volume un po’ troppo alto, capta dei suoni che vengono amplificati e inviati all’altoparlante. Se gli stessi suoni, in uscita dall’altoparlante, vengono nuovamente captati dal microfono, amplificati e ri-inviati all’altoparlante, si crea una retroazione positiva tale per cui entrano in un circolo chiuso in cui vengono continuamente amplificati fino ad innescare un segnale continuo a forte volume.
Come si può immaginare, il feedback è un po’ il terrore di tutti i tecnici del suono, ma in determinate circostanze può essere controllato e se può essere controllato, può anche diventare uno stimolo per uno sperimentatore.
Bisogna puntualizzare che non si tratta di una idea di Myers. Ai tempi della musica elettronica analogica questo effetto è stato utilizzato in parecchi contesti. Io stesso ne ho fatto uso in una installazione audio-video del 1981 (si chiamava “Feedback Driver”, appunto), ma credo che negli anni ’80 l’abbiano provato un po’ tutti, con alterni risultati. I miei primi ricordi relativi a questa tecnica risalgono al lavoro di Tod Dockstader, un ricercatore e musicista americano relativamente poco noto, anche se alcune sue musiche sono finite nel Satyricon di Fellini.
Quello che distingue Myers dagli altri, però, è l’averne fatto una vera e propria poetica. Lui non sfrutta il feedback per elaborare qualcosa, non parte da elementi esterni o da algoritmi di sintesi, ma collega in retroazione una serie di dispositivi (principalmente mixer e multi-effetti) e variando i volumi sul mixer (che a questo punto diventa la sua “tastiera”) e cambiando tipo e profondità degli effetti ne trae una serie di sonorità suggestive, sempre in bilico fra il fascino di una musica che si muove in modo quasi biologico e il totale disastro delle macchine fuori controllo.
Senza dubbio, Myers è un virtuoso, ma, a differenza del virtuoso tradizionalmente inteso, lui non domina il proprio strumento. Piuttosto lo asseconda, cercando di spingerlo in una direzione, come nei due brani qui sotto. Qui la composizione consiste nel definire una rete di collegamenti fra i dispositivi e la tecnica si fa estetica.
Sul suo sito, nella sezione “releases“, troverete molti altri estratti.