Certo, il CDDB è una grande idea. Molti se ne servono senza nemmeno saperlo e probabilmente ignorano anche che cosa sia, ma la sua storia è esemplare per quanto riguarda il rapporto fra libera iniziativa, diffusione della conoscenza e major.
Dunque, la storia è questa.
Quando vennero stese le specifiche del CD audio, i progettisti originali, Philips e Sony, non si preoccuparono minimamente di includere nel disco alcun identificativo, come, per es., il titolo del disco, i nomi degli autori e i titoli dei brani.
Come spesso accade, non si resero conto immediatamente delle possibilità offerte dalla tecnologia digitale e un nuovo medium venne visto unicamente come un sostituto del vecchio che era semplicemente un supporto per l’audio, senza nessuna informazione correlata. Non pensarono che, essendo il nuovo formato digitale, sarebbe stato semplice includere un record che riportasse dei dati riguardanti il contenuto. Sul vinile non c’era, quindi perché metterlo sul CD?
Di conseguenza, fra i dati digitali del CD non c’è scritto niente che permetta di identificare titolo, artista e brani. Tutta l’informazione è demandata all’etichetta stampata sul disco.
Il problema è che la tecnologia corre e crea rapidamente nuove modalità di fruizione che spesso sono sganciate da un preciso supporto fisico (le major se ne stanno accorgendo soltanto adesso). Quasi subito ci si rese conto che, anche senza fare niente di illegale, Il contenuto di un CD legittimamente acquistato poteva facilmente essere trasferito su un hard disk per poterlo ascoltare in viaggio o al lavoro tramite un portatile e più tardi, con l’arrivo dell’MP3, con lettori portatili.
Il punto è che, una volta che il contenuto veniva separato dal supporto fisico, anche le informazioni stampate su quest’ultimo andavano perse. Le soluzioni furono due. Le major crearono le specifiche del CD-Text, un formato compatibile con il CD audio in cui esiste uno spazio in cui apporre i dati sul contenuto. Il CD-Text non è però utilizzato universalmente.
La seconda soluzione fu quella di creare su internet un archivio aperto che permettesse di identificare i CD. Venne così creato un database in cui ogni CD era identificato da un “disc-id”, cioè una stringa di lettere e numeri calcolata a partire dal contenuto, prendendo in considerazione la durata e la sequenza delle tracce. Per esempio, il disc-id del CD dei Cure che sto ascoltando è “910d120c”. Questo identificativo è difficilmente duplicabile perché è improbabile (anche se possibile) che esista un altro CD con tracce di uguale durata. Se poi si prendono in considerazione altri dati come il numero della tracce, la loro sequenza e la durata di ciascuna di esse nella sequenza, la ripetibilità dell’id diventa molto difficile.
A ogni id è associato un record di informazioni in formato testo che contiene titolo del disco, artista, titoli dei brani, anno di pubblicazione, etc. In tal modo i players possono collegarsi a internet e reperire le informazioni
Il CDDB (CD database) fu un’invenzione di Ti Kan e Steve Scherf.
Il codice sorgente venne realizzato sotto i regolamenti della GNU General Public License, permettendo così a tutti il libero accesso ad informazioni messe a disposizione da molte persone.
Più tardi, però, il progetto fu venduto e le condizioni di licenza vennero cambiate, prevedendo un costo iniziale per il pagamento dell’utilizzo dei server e del supporto necessario che ricadde sugli sviluppatori commerciali. Inoltre la licenza includeva anche alcune clausole che molti programmatori considerarono inaccettabili: nessun altro database simile poteva essere accessibile come integrazione al CDDB e il logo del database doveva essere esposto durante l’accesso.
Il cambio di licenza motivò il progetto freedb, che ha gli stessi fini, ma è intenzionato a rimanere gratis e libero.
Nel Marzo 2001, il CDDB, divenne proprietà della Gracenote che proibì l’accesso al proprio database a tutte le applicazioni sprovviste di licenza. Le licenze per il CDDB1 (la versione originale del CDDB) non furono più disponibili dal momento in cui venne richiesta ai programmatori la trasformazione in CDDB2 (una nuova versione incompatibile con CDDB1, e automaticamente anche con freedb). In pratica, se qualcuno voleva sviluppare un player che accedesse al CDDB, doveva pagare.
Dopo la commercializzazione del CDDB della Gracenote, molti media player passarono all’utilizzo di freedb, pur mantenendo ‘CDDB’ come termine generico nel riferirsi alla sua funzione di database.
Dall’ottobre 2006, MAGIX ha acquisito freedb che però continua a rimanere gratuito e libero. Ciò nonostante, è partito un altro progetto, chiamato MusicBrainz, che vuol essere molto di più di un semplice database di CD. Il suo obiettivo di creare una enciclopedia della musica a contenuto aperto. È un database online di informazioni riguardante la musica registrata, ma non è un database di musica. MusicBrainz raccoglie informazioni sugli artisti, le loro registrazioni, e le relazioni tra essi. Le voci su ogni lavoro musicale comprendono di base il titolo dell’album,i titoli delle tracce,e la durata di ogni traccia. Queste voci sono mantenute nel rispetto di una guida di stile comune. I lavori registrati possono anche comprendere informazioni sulla data e il paese di pubblicazione, l’ID del CD, l’impronta audio di ogni traccia e hanno un campo opzionale per l’inserimento di testo o annotazioni in allegato. A giugno 2006, MusicBrainz conteneva informazioni su 243,000 artisti, 399,000 album, e 4.8 milioni di tracce.
Tutta la storia è esemplare per quanto riguarda il modo con cui il sistema commerciale tratta l’informazione. Notate che qui non stiamo discutendo di copyright su dei contenuti (canzoni, scritti, etc), ma soltanto di informazioni sul contenuto di un CD, la cui raccolta, alla fine, è un servizio.