Odio scrivere coccodrilli così come dare brutte notizie. Comunque 2 giorni fa è morto a Vienna György Ligeti (83 anni).
Saltando le inutili formule di circostanza, per me e per la mia formazione l’importanza di Ligeti sta tutta nelle composizioni degli anni ’60, da Apparitions del ’59 al Doppio Concerto per Oboe e Flauto del ’72, passando attraverso lavori come il Requiem, il Cello Concerto, Lux Aeterna, Lontano, Ramifications, il Chamber Concerto, Melodien. Opere in cui Ligeti abbandona completamente armonia, melodia e ritmo tradizionalmente intesi per creare un personalissimo flusso sonoro formato da cluster, accordi, masse apparentemente statiche ma dotate di una complessa micropolifonia interna che danno vita a un tessuto sonoro più o meno cangiante in cui il ritmo e l’armonia si rovesciano nel timbro, traendo dagli strumenti delle sonorità quasi elettroniche.
Molte altre sue cose sono importanti, ma le emozioni che mi hanno dato questi pezzi quando li ascoltavo nei primi anni ’70 sono le cose che preferisco ricordare.
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