Miles Davis filmato live a Stoccolma e Karlsruhe nel 1967 con il suo leggendario quintetto (Davis, Shorter, Hancock, Carter, Williams) in due concerti per un totale di circa un’ora.
Si può vedere con risoluzione migliore.
Poi, però, ci si imbatte in quest’altro video girato a Copenaghen nel 1969 con Shorter, Corea, Holland e DeJohnette ed è incredibile sentire come tutto sia cambiato in soli due anni.
Qualche giorno fa, il 10, se ne è andato Lol Coxhill. Io ero impegnato in un corso estivo in un luogo ameno fuori dal mondo e anche dalla rete, per cui ne scrivo solo adesso.
Coxhill era un sassofonista che mi piaceva perché la sua musica non aveva confini. Sebbene fosse fondamentalmente un improvvisatore di stampo jazzistico, nella sua sterminata discografia ha attraversato vari stili passando e spesso mescolando free jazz, bebop, ma anche musica contemporanea “colta”, free music, elettronica (con Simon Emmerson), rock e punk, Canterbury scene, progressive e blues.
L’album Digswell Duets del 1978, accreditato a Coxhill, Simon Emmerson e Veryan Weston, è stato inserito dalla rivista britannica The Wire nella lista dei 100 album che hanno incendiato il mondo (quando nessuno li ascoltava) (qui l’intera lista).
With Kou Katsuyoshi (guitar), John Edwards (bass), Steve Noble (drums) at Cafe Oto London. 23 November 2009.
Turner (drum set), Coxhill (soprano sax) and Cooper (electronics) play at the Red Rose, London. 6th February 2007.
Max Eastley (self-made instrument – arc), Steve Beresford (electronics), Lol Coxhill (soprano sax) at Battersea Arts Centre week of free improvised music curated by Adam Bohman. 20th February 2010.
Ieri mi sono ritrovato a canticchiare una canzone che a un certo punto diceva
Contemplating
suicide
As protection from fraud
Escalator
over
the hill
e mi è ritornato in mente il monumentale lavoro di Carla Bley e Paul Haines, registrato fra il 1968 e il 1971 e uscito su un triplo vinile, passando come un’opera jazz, mentre in realtà era ed è molto di più.
Sono andato a riascoltarlo e fra le altre cose, mi sono reso conto che molte della melodie che io tuttora canticchio, camminando o sistemando la casa, provengono da quest’opera. Ma, ancora di più, sono rimasto colpito dalla profondità e dall’universalità artistica di questo lavoro che racchiude elementi del jazz del pop e del rock dell’epoca (con varie altre influenze, dall’atonale a Weill, fino ad una incursione nella musica indiana, relativamente popolare in quegli anni).
Intendiamoci: Escalator over the hill mi è sempre piaciuto e l’ho sempre ricordato come un’opera di grande spessore, ma erano anni che non lo riascoltavo e la sua freschezza, a 40 anni di distanza, mi ha davvero sorpreso. Soprattutto mi ha sorpreso l’attualità compositiva del tutto, mentre oggi, quando concetti come la world music e il crollo dei muri, compresi quelli che delimitano i generi, dovrebbero essere ormai assodati, non vedo in giro lavori di questa potenza.
Nella versione del 1971 (è stato poi eseguito live nel 1997, 98 e 2006 con altri musicisti), Escalator ha messo insieme un personnel di gran lustro:
Acoustic Guitar – Sam Brown
Bass – Charlie Haden , Jack Bruce , Richard Youngstein , Ron McClure
Bells, Celesta – Bill Morimando
Cello – Calo Scott
Clarinet – Perry Robinson , Souren Baronian
Clarinet, Saxophone [Tenor] – Gato Barbieri , Peggy Imig
Congas – Roger Dawson
Drums – Paul Motian
French Horn – Bob Carlisle , Sharon Freeman
Guitar – John McLaughlin
Lyrics By – Paul Haines
Organ, Celesta, Organ [Calliope], Written-by – Carla Bley
Saxophone [Alto] – Dewey Redman , Jimmy Lyons
Saxophone [Baritone] – Chris Woods
Synthesizer [Moog] – Don Preston
Trombone – Jimmy Knepper , Roswell Rudd , Sam Burtis
Trombone [Bass] – Jack Jeffers
Trumpet – Don Cherry , Enrico Rava
Trumpet, Producer – Michael Mantler
Tuba – John Buckingham
Vibraphone – Karl Berger
Viola – Nancy Newton
Violin – Leroy Jenkins
Vocals – Jack Bruce , Linda Ronstadt
Tutti questi musicisti si dividono tra più gruppi per raccontare una complessa vicenda i cui personaggi sono rappresentati sia dai cantanti che dai musicisti, dove gli ultimi concorrono alla definizione dei caratteri esprimendo le emozioni che vanno oltre le parole semplici ma visionarie, aperte a molte interpretazioni, di Paul Haines.
Qualcuno ha scritto che ognuno ha la musica che si merita. Non so cosa ho fatto di buono, ma sono molto contento di meritarmi, fra le altre, questa 🙂 .
Da You Tube, ecco la playlist completa (27 tracce).
Justin Robert and Jeremy Powell are both enthusiast musicians that play live jazz for a living. Justin is a percussionist and likes to fiddle with analog synths, and Jeremy plays saxophone.
Both musicians love free jazz and improvisation, so one night they got together, Justin on synth and Jeremy on sax, and they put ‘Fluorinescence’ onto tape.
Twelve tracks lasting 65′ 20”. Download the whole album from Test Tube.
Non c’è niente come rimettere in ordine una casa che contiene, fra l’altro, varie migliaia di dischi (CD e vinili) sparsi fra diversi mobili, per ritrovare cose che non ricordavi di avere. Orologi russi, vecchie foto in cui fai fatica a capire chi c’è e anche qualche disco che non ascoltavi da una vita.
Così, per caso, mi arriva in mano un disco di Julie Driscoll, vocalist di grande successo con Brian Auger & The Trinity nei roaring ’60, poi sposata Tippett (Keith) e convertita alla musica improvvisata e al jazz sperimentale in una carriera solistica ben più oscura di prima sotto il nome di Julie Tippetts (con una ‘s’ aggiunta).
Oscurità da cui, però, ogni tanto escono piccole perle come questo Sunset Glow, che risale al ’74, al confine fra jazz, canzone alla Wyatt (non è impossibile che sia proprio lui l’R a cui è dedicato il brano che vi presento) e un po’ di sperimentalismo. Gli altri musicisti del disco sono Brian Godding, guitars; il marito Keith Tippett, piano, harmonium; Mark Charig, cornet, tenor horn; il compianto Elton Dean, alto saxophone; Nick Evans, trombone; Brian Belshaw, bass; Harry Miller, bass; Louis Moholo, drums.
Un po’ di sana aggressione sonora in stile post free jazz europeo non fa mai male. Dalla netlabel Insubordinations, l’ultimo lavoro del gruppo svizzero Diatribes, un duo formato da cyril bondi (drums, percussions) e d’incise (laptop, obects, treatments), attorno ai quali gravitano molti musicisti ospiti.
Diatribes,a strongly libertarian ensemble, began its existence in a Geneva basement in Winter 2004. Their idea was to mix distinct various types and approach of the sounds, in order to develop a malleable musical mass. The instruments merge into the electronics treatments in a primary dance, where construction and deconstruction coexist, and envy and disgust unite. There are no limits in the way of playing, where rhythms, melodies and noise meet sporadically, merging into each other until they are almost forgotten. Free jazz in its approach, acoustic and electronic in its execution, the trio is capable of exploring the minute like the intense.
Initialy a trio with Gaël Riondel on saxophone, diatribes became a polymorphous formation, extending its spectrum with guest musicians such as the guitarist Christian Graf, the electroacoustician Nicolas Sordet, the pianists Jacques Demierre and Johann Bourquenez, the bassist Dragos Tara or the saxophonist Piero SK..
Un video live di uno dei non molti jazzisti che mi piacciono. Cecil Taylor live in Monaco nel 1984, in 5 parti. Come al solito metto la prima e i link alle seguenti.
È incredibile come, pur creando delle strutture informali, Cecil Taylor resti così legato al blues, che traspare in tutta la sua musica, compresi gli urletti. Vi segnalo anche quest’altro video in cui Taylor parla della propria poetica (tnx Cristina).
Normalmente non mi occupo di jazz, però, come giustamente fa notare wikipedia, definire Anthony Braxton solo un jazzista è alquanto riduttivo. Come compositore e musicista, ha incentrato la sua attività sul jazz (soprattutto sul free) ma ha scritto anche per orchestra e perfino opere. Come strumentista, oltre a suonare il pianoforte, Braxton si è esibito utilizzando l’intera gamma dei sassofoni dal sopranino al contrabbasso,su una grande varietà di clarinetti e al flauto.
Devo anche dire che Braxton è stato uno dei pochi jazzisti che mi abbiano veramente emozionato ascoltandoli in concerto (alcuni degli altri sono Sun Ra, Miles Davis, Cecil Taylor e Mingus). Il suo continuo entrare e uscire dal jazz, incorporando anche elementi linguistici tipici di altri linguaggi, fra cui la musica contemporanea, rendono la sua musica interessante e vitale,anche se a volte le sue composizioni possono risultare un po’ scontate dal punto di vista strutturale. So che, recentemente, si occupa anche di elettroacustica con il Diamond Curtain Wall Trio nel quale utilizza il linguaggio di sintesi ed elaborazione del suono Super Collider, ma non ancora sentito niente con questa formazione.
Qui vi presento Composition 304 del 2002. Si tratta di un duo in cui Braxton suona vari sassofoni e Taylor Ho Bynum cornetta, tromba, trombone.
Formalmente il brano alterna momenti “composti” in cui i due eseguono strutture isoritmiche e momenti improvvisati, a volte anche in solo. Così il brano entra ed esce continuamente dall’improvvisazione, mentre gli esecutori cambiano ripetutamente strumento e timbro. In accordo con la logica del collage utilizzata spesso da Braxton, il pezzo include anche strutture tratte da altri brani dello stesso autore. In questo caso si tratta delle Composition 91, 151, e 164, per cui il titolo completo è Composition 304 (+ 91, 151, 164).
Anthony Braxton – Composition 304 (+ 91, 151, 164) (2002)
Anthony Braxton, saxophones
Taylor Ho Bynum, cornet, trumpet, trombone, shell, mutes
Pseudo jazz con influenze elettroacustiche, ma Vinuesa spazia fra molti generi e crea un concept album che trae la sua ispirazione dai lati meno ovvi della scienza: l’incommensurabilità fra il raggio e la circonferenza, fra il lato e la diagonale del quadrato, grande disastro e rovina di Pitagora. Ma anche Darwin e Galileo e poi Tesla, scienziato e apprendista stregone e il caos: Poincaré.