To the Edge of Dream

Takemitsu Toru (武満 徹) – To the Edge of Dream (1983), for guitar and orchestra.
John Williams, guitar
London Sinfonietta/Esa-Pekka Salonen.

A review by Blue Gene Tyranny

This 13-minute work was commissioned by Ichiro Suzuki and the Festival International de Liége held in Belgium. It is scored for an orchestra typical of Debussy (the Romantic period orchestra plus two harps and expanded percussion section), as are most of Takemitsu’s other orchestral works. Takemitsu himself was known as a fine guitarist and much of the decidedly virtuosic writing for the guitar solo is a series of fantastical, dreamy interpretations of traditionally “typical” guitar gestures (various kinds of strumming, triplet-feel Dowland-like dances, various arpeggios); but the primary idea is a series of complex harmonic variations on the e-minor seventh chord which is heard, at forte level, at the guitar’s first entrance in the piece. The rich lower open E-string sound implies the richly resonant harmonics that form the basis of the subtly shifting tone colors in the work. Takemitsu layers timbres in dense textures, like Webern or Schoenberg, or creates fleeting passages where densely harmonized lines occur in rhythmic unison among several instruments (for example, the shimmering tutti figures for two harps, celesta, vibraphone and glockenspiel in the fourth measure of the introduction). As a whole, the piece seems to proceed from conscious gestures “to the edge of dream” – after the final extended cadenza for the guitar, the orchestra enters with a brief yet stunning coda built of string section harmonics alternating with otherworldly chords played by a double harp/ celesta / vibraphone / triangle / woodwind / trumpet combination, the whole forming a fragmented event horizon of consciousness.

Takemitsu Soundtrack Documentary

Su You Tube c’è un bel documentario sulla musica da film scritta da Toru Takemitsu, una parte molto importante e significativa della sua produzione.

Il documentario è sottotitolato in inglese e include varie interviste con il compositore e con alcuni dei famosi registi per cui ha lavorato, oltre a numerosi estratti musicali.

Questa è la prima parte. I link alle altre sono riportati sotto. Purtroppo la parte 2 è stata bloccata dal solito idiota “per motivi di copyright”, ma tutte le altre sono visibili.

Eclipse

Tōru Takemitsu (武満 徹, Takemitsu Tōru, October 8, 1930 – February 20, 1996) was a Japanese composer and writer on aesthetics and music theory. Though largely self-taught, Takemitsu is recognised for his skill in the subtle manipulation of instrumental and orchestral timbre, drawing from a wide range of influences, including jazz, popular music, avant-garde procedures and traditional Japanese music, in a harmonic idiom largely derived from the music of Claude Debussy and Olivier Messiaen.

In 1951 Takemitsu was a founding member of the anti-academic Jikken Kōbō (実験工房, “experimental workshop”): an artistic group established for multidisciplinary collaboration on mixed-media projects, who sought to avoid Japanese artistic tradition. The performances and works undertaken by the group introduced several contemporary Western composers to Japanese audiences. During this period he wrote Saegirarenai Kyūsoku I (“Uninterrupted Rest I”, 1952: a piano work, without a regular rhythmic pulse or barlines); and by 1955 Takemitsu had begun to use electronic tape-recording techniques in such works as Relief Statique (1955) and Vocalism A·I (1956).

During his time with Jikken Kōbō, Takemitsu came into contact with the experimental work of John Cage. Although the immediate influence of Cage’s procedures did not last in Takemitsu’s music, certain similarities between Cage’s philosophies and Takemitsu’s thought remained. For example, Cage’s emphasis on timbres within individual sound-events, and his notion of silence “as plenum rather than vacuum”, can be aligned with Takemitsu’s interest in ma (a japanese concept usually translated as the space between two objects). Furthermore, Cage’s interest in Zen practice (through his contact with Zen Master Daisetz Teitaro Suzuki) seems to have resulted in a renewed interest in the East in general, and ultimately alerted Takemitsu to the potential for incorporating elements drawn from Japanese traditional music into his composition:

I must express my deep and sincere gratitude to John Cage. The reason for this is that in my own life, in my own development, for a long period I struggled to avoid being “Japanese”, to avoid “Japanese” qualities. It was largely through my contact with John Cage that I came to recognize the value of my own tradition.

In particular, Takemitsu perceived that, for example, the sound of a single stroke of the biwa or single pitch breathed through the shakuhachi, could

so transport our reason because they are of extreme complexity […] already complete in themselves.

This fascination with the sounds produced in traditional Japanese music brought Takemitsu to his idea of ma which ultimately informed his understanding of the intense quality of traditional Japanese music as a whole:

Just one sound can be complete in itself, for its complexity lies in the formulation of ma, an unquantifiable metaphysical space (duration) of dynamically tensed absence of sound. For example, in the performance of nō, the ma of sound and silence does not have an organic relation for the purpose of artistic expression. Rather, these two elements contrast sharply with one another in an immaterial balance.

So we can see this strange situation: an eastern composer that first avoid the eastern music, reconcile with it thanks to a western composer.

Rain Tree Sketch

Toru Takemitsu: “Rain Tree Sketch” (1982) – Roger Woodward, piano.

Di Takemitsu abbiamo già parlato. anche perché, sebbene non sia un compositore fondamentale per la musica occidentale (anche se è un personaggio chiave nel suo paese), mi piace. Il suo è uno strano caso: quello di un autore che riesce ad esprimere l’animo orientale utilizzando un linguaggio così lontano dall’oriente come è quello della musica contemporanea occidentale. Ne risulta un’atmosfera che non è né occidentale né orientale, ma conserva dei tratti di entrambe le culture.

L’origine di questo brano per pianoforte solo risale ad un’altra opera di Takemitsu: Rain Tree, per trio di percussioni, del 1981. Quest’ultima, a sua volta, si ispira a una novella di Kenzaburo Oe in cui è descritto un albero con molte piccole foglie, in grado di trattenere l’acqua della pioggia mattutina, tanto da rilasciarla gradualmente durante il giorno, cosicché, anche se il temporale è passato, sotto quell’albero piove (頭のいい雨の木, racconto del 1980 non tradotto; il titolo significa L’intelligente albero della pioggia).

Rain Tree Sketch è fortamente influenzato da Messiaen, compositore che Takemitsu ha sempre amato, tanto da dedicargli un Rain Tree Sketch II dopo aver appreso della sua morte.

Qui Takemitsu usa i modi a trasposizione limitata del compositore francese per definire le altezze. Dinamiche e accenti, così come la pedalizzazione, sono precisamente notati al fine di creare una varietà di sfumature e di risonanze.

Textures

Di Toru Takemitsu, vi presento questo delizioso Textures del 1964, recuperato da un vecchio vinile.

In questo brano, l’orchestra di 73 elementi è divisa in due gruppi uguali, piazzati da parti opposte rispetto al pianoforte, sistemato in posizione centrale. Questo espediente, coadiuvato dalla scrittura, serve ad ottenere un marcato effetto stereofonico.

La scrittura, inoltre, è solistica fino al livello del singolo esecutore per creare tessiture sonore elaborate e cangianti.

  • Toru Takemitsu – Textures (1964), per orchestra

Yuki

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Un altro brano di Takemitsu con sonorità decisamente notevoli.
Questo pezzo fa parte della colonna sonora del film Kwaidan (怪談, Kaidan: Storie di Spettri) diretto da Masaki Kobayashi nel 1964, un lavoro considerato un po’ come The Twilight Zone giapponese, anche se questa definizione non è del tutto appropriata. Si tratta di quattro storie di spettri tratte dalle raccolte di leggende giapponesi di Lafcadio Hearn.
Qui la musica di Takemitsu si fa onirica e perde anche le sue connotazioni orchestrali. Non ci è dato conoscere la formazione, anche perché questi brani non sono pensati per essere eseguiti dal vivo. Si indovinano sonorità percussive e di strumenti tradizionali giapponesi, ma a tratti il suono fa anche pensare a qualche elaborazione elettronica.
Grande lavoro di sound design per un film affascinante.

Asterism

Toru Takemitsu (武満 徹, Takemitsu Tōru, Tokyo, 8 ottobre 1930 – Tokyo, 20 febbraio 1996) è stato un personaggio chiave nella musica contemporanea giapponese. È il compositore che, più di ogni altro, è riuscito a coniugare le innovazioni stilistiche della nuova musica occidentale con le sonorità e a tratti anche lo spirito della musica tradizionale giapponese (ma non le forme: “Non amo usare melodie giapponesi come materiale. Nessuna forza… nessuno sviluppo. Le melodie giapponesi sono come il Fuji – belle ma eternamente immobili”).
Non rifiutò però di utilizzare gli strumenti della tradizione giapponese, inserendo in molte opere, sia orchestrali che da camera, biwa (un liuto a 4/5 corde e 4/5 tasti) e shakuhachi (il flauto traverso tradizionale).
L’anima giapponese di Takemitsu è presente, però, in maniera forse anche più significativa e profonda, ossia nell’astratto, nella filosofia, nell’ideologia che aleggia fra le sue note (notare anche l’importanza del silenzio o la concezione di un brano come libero flusso musicale non strutturato).
Takemitsu non crea, quindi, una semplice fusione di due stili, quello occidentale e quello orientale, ma ne crea uno nuovo, frutto di una piena conoscenza dei due, nel quale è impossibile fare divisioni accurate. Il compositore giapponese sembra quindi coronare il suo desiderio di “nuotare nell’oceano che non ha né Oriente né Occidente”, desiderio all’insegna di una visione a 360 gradi della musica
Nella sua formazione musicale, Takemitsu fu quasi totalmente un autodidatta; subì molte influenze dalla musica francese, in special modo da autori come Claude Debussy e Olivier Messiaen.
Scrisse anche circa 100 colonne sonore per film come Ran di Akira Kurosawa (1985) e l’incredibile Kuroi ame (Pioggia nera) di Shohei Imamura (1989), sul dopo-Hiroshima.

Recentemente l’Avant Garde Project ha iniziato a distribuire vari brani di Takemitsu ormai fuori catalogo in occidente, disponibili in formato FLAC (compressione senza perdita, quindi di qualità massima) in questa pagina.
Forse non fra i pezzi più famosi, ma sempre belli. Questo Asterism (1968), per piano e orchestra con una sezione di percussioni allargata, “rispettosamente dedicato a Yuji Takahashi e Seiji Ozawa”, è un brano composito in cui convivono una scrittura fatta di figurazioni quasi esplosive per pianoforte, arpa e glockenspiel accanto ad accordi impressionisti nel registro alto degli archi e accordi di ottoni in stile Messiaen, fino al finale in cui, dopo un crescendo di pattern ciclici quasi scoordinati, la musica entra in uno stato di sospensione in cui emerge una tessitura trasparente che sfuma nel silenzio, fino all’ultima, singola nota del piano.

Toru Takemitsu – Asterism (1968), per piano e orchestra
Toronto Symphony Orchestra – Seiji Ozawa (conductor) – Yuji Takahashi (piano)