Vi segnalo un bel blog che ha come oggetto l’analisi delle opere di Stockhausen:
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La fine di Radio Music?
Il 2012 è il centenario della nascita di John Cage e il ventennio dalla morte (Los Angeles, 5 settembre 1912 – New York, 12 agosto 1992). Ovviamente le celebrazioni sono molte. Presumibilmente, quasi tutta la sua opera sarà eseguita quest’anno e qualcuno si accorge anche di qualche problema.
Peter Urpeth, nel suo blog silentmoviemusic, ha fatto notare che, probabilmente, uno dei più famosi e caratteristici brani di Cage, Radio Music, composto nel 1956, diventerà ineseguibile a partire dal 2017 e forse la stessa fine farà Imaginary Landscape 4 (e qualche altro brano basato sulla radio). Questi pezzi, infatti, sono scritti per un certo numero di esecutori (da 1 a 8 il primo, 12 il secondo), ognuno munito di una radio. La partitura di Radio Music riporta una lista di frequenze su cui gli apparecchi devono essere sintonizzati nel corso del brano. La lista è indipendente dal luogo e dall’orario dell’esecuzione, per cui ne esce un insieme indeterminato di suoni. Occasionalmente, su qualche frequenza non c’è alcuna trasmissione e quindi si sente il silenzio della radio, fatto di rumore di statica con qualche disturbo casuale.
Il fatto che mette in pericolo Radio Music è lo spegnimento del segnale analogico previsto per il 2017, segnando il passaggio definitivo alle trasmissioni digitali. Le conseguenze sono due:
- la statica del digitale è definitivamente silenziosa e anche i disturbi sono molto rari, se non nulli, ma, ancora peggio,
- nella radio digitale non ci sono frequenze, ma solo canali, quindi è impossibile sintonizzarsi su una data frequenza e se è vero che ogni transponder lavora su una sua frequenza, quest’ultima non ha niente a che fare con le vecchie frequenze analogiche e ogni transponder corrisponde a un blocco di canali, non a una singola trasmissione.
La partitura, dunque, appare obsoleta rispetto a un recente salto tecnologico. Non è la prima volta che questo accade nella storia della musica. Penso, per esempio, al passaggio dall’arco barocco a quello moderno, o dal clavicembalo al pianoforte, tuttavia, in questi casi, la sostanza del discorso musicale, cioè la successione di altezze, rimaneva e consentiva una nuova interpretazione.
Ci sono, poi, altri casi legati a un salto tecnologico. Nella musica elettronica il passaggio dall’analogico al digitale ha messo in crisi varie partiture. Tuttavia con il digitale si può emulare il 99% di quello che si faceva in analogico, sia pure con qualche differenza, ma che, in fondo, non è più grande di quella provocata dall’abbandono del clavicembalo in favore del pianoforte.
In questo caso, invece, è proprio la sostanza del brano a cambiare e se il suo significato, che consiste nella sovrapposizione casuale di varie sorgenti radiofoniche, può essere riprodotto, vengono a mancare sia una serie di rumori (statica, disturbi, ricerca della sintonia), che quella commistione di trasmissioni normali e di servizio (sistemi di trasporto, emergenze, CB) che un tempo lavoravano con lo stesso medium, ma che ora sono definitivamente separati.
Non credo, comunque, che Cage si sarebbe preoccupato più di tanto della fine di Radio Music, anzi l’avrebbe accolta come un altro passo verso il silenzio, ma il silenzio digitale è troppo perfetto…
Nell’immagine David Tudor e John Cage (click per ingrandire), trovata via johncage.org. Vi riporto anche il bel sito JOHN CAGE unbound: a living archive, creato dalla New York Public Library for the Performing Arts, segnalato da Franz.
Orchidée
Questo interessante sistema chiamato Orchidée, realizzato all’IRCAM da Grégoire Carpentier and Damien Tardieu con la supervisione del compositore Yan Maresz, è in grado di fornire una o più orchestrazioni di un suono dato.
In pratica, significa che un compositore può arrivare con un suono e farlo analizzare al sistema che poi fornisce varie combinazioni di suoni orchestrali che approssimano la sonorità data.
Un esempio, tratto da quelli forniti dall’IRCAM, dice più di molte parole. Qui potete ascoltare:
- una sonorità prodotta da un gallo viene orchestrata dal sistema
- gocce orchestrate per archi
Si tratta di Computer Aided Orchestration (orchestrazione assistita) ed è un ulteriore esempio di come il computer possa ormai affiancare il compositore in molte fasi del suo lavoro.
Il sistema si basa su un largo database di suoni orchestrali che sono stati analizzati e catalogati in base a una serie di descrittori sia percettivi (es. brillantezza, ruvidità, presenza, colore, …) che notazionali (strumento, altezza, dinamica, etc).
Un algoritmo genetico individua, poi, varie soluzioni, ognuna ottimizzata rispetto a uno o più descrittori, il che significa che non esiste una soluzione ideale, ma più di una, ciascuna delle quali si avvicina molto ad un aspetto del suono in esame, risuldando, invece, più debole sotto altri aspetti. Per esempio, si potrebbe ottenere un insieme che approssima molto bene il colore del suono, ma non la sua evoluzione. Sta poi al compositore scegliere quella che gli appare più funzionale al proprio contesto compositivo.
La descrizione completa del sistema Orchidée si trova qui. Vari altri esempi si possono ascoltare qui.
Takemitsu Soundtrack Documentary
Su You Tube c’è un bel documentario sulla musica da film scritta da Toru Takemitsu, una parte molto importante e significativa della sua produzione.
Il documentario è sottotitolato in inglese e include varie interviste con il compositore e con alcuni dei famosi registi per cui ha lavorato, oltre a numerosi estratti musicali.
Questa è la prima parte. I link alle altre sono riportati sotto. Purtroppo la parte 2 è stata bloccata dal solito idiota “per motivi di copyright”, ma tutte le altre sono visibili.
Beam Drop
Beam Drop (1984/2008) is a large-scale sculpture on the top of a hill, made of 71 structural beams dropped by crane from a height of 45 meters into a pit of wet cement over a 12-hour period. The random pattern of the fallen beams formed the piece, making this work an interpretation of the gestural aspects of Abstract Expressionism and a simultaneous deconstruction of modern sculpture. It is the recreation on a larger scale of a work originally installed in 1984 for Art Park in the state of New York and destroyed in 1987.
Rui Gato and Hiraku Suzuki viewed Burden’s work one day in Brazil, returned the next day with a field recorder and began to extract sounds from it. Though broken up into seven tracks, Beam Drop is one recording of an improvisation by Gato and Suzuki in a limited time frame as a bus waited for them in the distance. If one listens carefully you can hear the artists talk about how and what they are creating as well as cries of amazement as different sounds are drawn out of the sculpture. Gato and Suzuki’s beam drop is exciting for me as it is filled with the childhood innocence of banging pans on the kitchen floor.
They say:
The Beam Drop sculpture is a very powerful experience.
This recording is the result of our very short and fast contact with the Beam Drop. Both of us were immediately attracted to the sonic dimension of this work, during the visit to the Inhotim Centre.
We found the sculpture at different moments in the first day, and agreed to go back the next day and try to get some music out of it, and record it.
We did it in one continuous take, due to time limitations of the visit (everybody was waiting for us to get back to the bus), and we are glad it was so.
It is presented to you unedited, only with 7 divisions that seem logic and natural to us when listening.
Download with artwork and photos from Test Tube netlabel.
Excerpts:
Desert Plants
About 30 years ago I had a book by Walter Zimmermann called Desert Plants. It was a book of conversations with 23 american composers. A self made book whose pages seem to be the xerox-copy of the sheets the author typed on his typewriter while listening to a tape recorder.
I loved this book because, beyond the interesting conversations, it taught the way of subsistence.
How to SUBSIST during a time where practically no attention is paid to individuals if they are not useful for any commercial tools. And what puts these Individuals into a situation where they are challenged to think about the nature of their integrity, and that because of their integrity become alienated. From there they are getting to understand the necessity to do everything to reduce alienation.
Like a desert plant.
Over the years, Desert Plants get lost in the normal life affairs (loans, moves and so on), but now that it is out of print, it respawn as a free book from the site of Walter Zimmermann itself. If you don’t know Desert Plants, you should. Click here and scroll a little.
Xenakis drawings
The Drawing Center (35 Wooster Street, New York) opens a large show (nearly 100 works) of drawings by Iannis Xenakis (1922-2001), including mathematical renderings, architectural plans and sketches for compositions.
I know that it’s a little away from here, but see this page for drawing examples with video and audio.
Chi ha scritto Scelsi?
Fortunatamente sono sfuggito al festival nazional-popolare, ma ho passato la serata di sabato prima dormicchiando e poi riflettendo sulla vicenda di Giacinto Scelsi e del suo principale trascrittore, Vieri Tosatti. Riflessioni stimolate da una bella conferenza di Franco Sciannameo a cui ho assistito, nel pomeriggio, al Conservatorio di Trento, dove insegno.
La vicenda è ben nota agli addetti ai lavori (o almeno dovrebbe esserlo), ma vale la pena di riassumerla. In breve, Giacinto Scelsi (1905 – 1988), ormai riconosciuto come uno dei più importanti compositori contemporanei e anticipatore sia della minimal music che dello spettralismo (con i famosi Quattro pezzi per orchestra su una nota sola del 1959), in realtà non ha mai scritto materialmente una nota. Il suo lavoro, invece, consisteva nel registrare su nastro l’essenza delle proprie idee musicali eseguendole (spesso improvvisando) sull’ondiola (nome originale ondioline), una tastiera elettronica inventata dal francese Jenny, in grado di produrre anche quarti e ottavi di tono.
I nastri venivano poi passati a dei trascrittori che, in concerto con il compositore, trascrivevano il materiale su pentagramma, curando anche l’orchestrazione. Il principale fra costoro fu Vieri Tosatti (1920 – 1999) che, in verità, dopo la morte di Scelsi, creò anche una polemica con la dichiarazione “Scelsi c’est moi”, ma il cui contributo passò rapidamente in secondo piano.
E invece, secondo gli studi e i ricordi di Sciannameo, che fu violinista nel quartetto che curò la prima esecuzione dei brani orchestrati da Tosatti per questo organico, dovrebbe essere rivalutato perché il suo sodalizio trentennale con Scelsi lo pone in una posizione che va sicuramente al di là di quella del semplice trascrittore, al punto che molti critici che osannano la genialità sonora di Scelsi, dovrebbero invece ricordare che il “rendering audio” dei lavori di Scelsi è in gran parte opera di Tosatti, essendo quest’ultimo “l’arrangiatore” che ha materialmente orchestrato il materiale di base.
In realtà, anche secondo me, è giusto affermare che i nastri originali andrebbero stampati e diffusi (mi dicono sia in corso un lavoro di catalogazione e “pulitura” del suddetto materiale da parte della Fondazione Scelsi) perché sono proprio questi ad essere storicamente testimoni dell’idea originale di Scelsi, mentre la musica stampata dovrebbe essere considerata come una “trascrizione approvata dal compositore”.
Ma mi chiedo anche se sia proprio così. Il problema è: in che misura i nastri sono depositari dell’idea compositiva? Rappresentano la composizione in quanto unica testimonianza originale, oppure sono soltanto un ulteriore elemento di passaggio verso la formalizzazione di una idea musicale?
Sciannameo ha portato alla luce una corrispondenza risalente agli anni ’30 fra Scelsi e Walter Kline (descritto spesso come allievo di Schoenberg, ma, secondo Sciannameo, amico di Schoenberg, forse allievo di Berg) che testimonia come l’impostazione compositiva di Scelsi sia stata da sempre un po’ particolare, basata com’era sulla produzione di una idea musicale, lasciando a dei collaboratori il compito di orchestrare e a volte anche di sviluppare il concetto originario.
Questo metodo di lavoro, forse derivante anche dalla condizione aristocratica di Giacinto Scelsi, a mio avviso non ne sminuisce la genialità, ma induce a riflettere sulla genesi e sulla effettiva paternità dell’opera d’arte che, nella tradizione occidentale, è considerata un prodotto del tutto individuale, mentre spesso (e attualmente sempre di più) si rivela essere il prodotto dell’interazione di più di una mente.
Personalmente, devo aggiungere che, alla fine, quello che mi dispiace un po’ in questa vicenda è proprio il fatto che, a causa di un pregiudizio legato alla tradizione individualistica della composizione, il sodalizio Scelsi – Tosatti sia stato tenuto nascosto per molto tempo e sia ancora fonte di studi e polemiche, mentre, secondo me, sarebbe stato vissuto molto meglio dai protagonisti (soprattutto da Tosatti) se fosse stato trasparente e socialmente accettato come una collaborazione perfettamente normale fra due persone, ognuno con il proprio ruolo.
The Fauxharmonic Orchestra
The Fauxharmonic Orchestra produces concerts and recordings of orchestral music at the highest level of aesthetic and technical quality. This “orchestra” consists of the world’s finest sample-based instruments, performed in concert halls and recording studios, directed by conductor Paul Henry Smith.
Using digital instruments The Fauxharmonic Orchestra’s mission is to bring fresh and artistically meaningful experiences of orchestral music to a diverse, world-wide audience.
The conductor, Paul Henry Smith studied conducting with Leonard Bernstein at Tanglewood and with Sergiu Celibidache at the Curtis Institute of Music and in Munich. He has studied orchestration and composition with Richard Hoffmann, Lukas Foss and Steven Scott Smalley. His career is devoted to promoting and improving the digital performance of orchestral music.
Since 2003 he has been perfecting his digital orchestra, accompanying soloists, performing live concerts and creating recordings for composers and filmmakers. His live performances have been supported by Bang & Olufsen and the Baltimore Chamber Orchestra.
Now listen to
- Edgar Varèse – Ionisation, performed live by The Fauxharmonic Orchestra at Brandeis University on October 4, 2009. Paul Henry Smith conductor.
Echoes of Time and the River
Nel 1970, mentre l’Europa era in pieno strutturalismo e in America impazzavano minimalismo e grafismi vari, George Crumb scriveva questo Echoes of Time and the River (Echoes II), per orchestra, un brano fortemente emozionale in quattro parti. Il titolo reca l’indicazione Echoes II perché precedentemente Crumb aveva composto Echoes of Autumn (1965).
Qui vi presentiamo il primo movimento Frozen Time che
features a collage of mysterious and muted textures in overlapping 7/8 metric patterns. After a time, three percussionists make their way ritualistically across the stage intoning the motto of the state of West Virginia: “Montani semper liberi?” (Mountaineers are always free); the “ironic” question mark has been added by the composer. The music swells to an intense fff in the middle section with glissandos in all the string parts. As if in answer, the mandolinist exits playing and whispering the same motto darkly as he disappears off stage
[from program notes]
Il brano è stato recuperato da un vecchio vinile molto rovinato. L’ho pulito per quanto possibile, senza intaccare l’incisione, ma la provenienza si sente.
George Crumb – from Echoes of Time and the River, Frozen Time