Riporto pari pari questo breve corsivo di Gramellini apparso su La Stampa di ieri, perché è troppo bello. La prima parte è una satira divertente di tutte le aspettative di cui il mondo intero sta caricando il povero Barack.
Verosimilmente, quando lo leggerete, saprete già se ha vinto il Nero o il Bianco. Probabilmente non cambierà molto in entrambi i casi (io non mi fido per niente di Obama), però pensateci un attimo: Barack non solo è nero, ma oltretutto non ha un nome normale. Non si chiama, che so, Michael Jordan o George Lennox e nemmeno Mr. Brown. Si chiama Barack Hussein Obama. È figlio di un keniota musulmano, ma forse agnostico, ex pastore di capre (così dice wikipedia vers. italiana), all’epoca studente straniero negli USA (alle Hawaii) e di Ann Dunham, proveniente da Wichita, in Kansas, bianca.
Quindi proviene già da una famiglia interrazziale, è nero, ha un nome improbabile e per niente americano e come se non bastasse, ha 47 anni! E non sarebbe il più giovane: Roosevelt divenne presidente la prima volta da vice, per l’omicidio di McKinley, a 42 anni e il più giovane presidente eletto dal popolo fu invece JFK, 43enne al momento della nomina nel 1960, mentre il più anziano fu Ronald Reagan, eletto nel 1980 all’età di 69 anni.
Insomma, questi sono nel mezzo di una pesantissima crisi economica e rischiano di eleggere un presidente nero, con un nome improbabile, di 47 anni. È uno dei (rari) giorni in cui ammiro davvero l’America.
Nel frattempo i giornalisti di qui continuano a sparare inesattezze fattuali. Lo chiamano “giovane avvocato”, mentre è laureato in scienze politiche. Faccio zapping e uno dei commentatori “autorevoli” è nientemeno che De Michelis. Agh.
Se vince il Nero
Massimo Gramellini
La Stampa del 4/11/08
Se vince il Nero, la crisi finirà. Se vince il Nero, ci sarà sempre il sole e comunque la pioggia cadrà più lieve. Se vince il Nero, la Gelmini ritirerà il decreto e sposerà un maestro veramente unico, Colaninno comprerà la Lufthansa, i banchieri pagheranno i mutui dei clienti, e gli arbitri convalideranno i gol del Toro. Se vince il Nero, Sabina Guzzanti ricomincerà a far ridere, ma soltanto in inglese, e Carla Bruni affitterà una mansarda accanto alla Casa Bianca, casomai. Se vince il Nero, i deboli di stomaco digeriranno anche il soffritto e i divorziati si metteranno di nuovo insieme. Se vince il Nero, ogni impresa diventerà possibile, persino prendere un treno regionale in orario. Se vince il Nero, gli automobilisti in coda manderanno baci dai finestrini, i petrolieri faranno la raccolta differenziata e le modelle smetteranno di tenere il broncio nelle sfilate. Se vince il Nero, i ghiacciai ghiacceranno, i buchi dell’ozono si tapperanno e l’effetto-serra cambierà vocale, diventando affettuoso.
Se vince il Nero, non accadrà nulla di tutto questo, lo so. Eppure, se vince il Nero, sarà come per lo sbarco sulla Luna: le vite degli uomini resteranno ferme, ma l’umanità avrà compiuto un passo avanti. Se poi il Nero si rivelerà all’altezza della sua bella faccia, a cui ognuno impresta le proprie speranze, e sarà costretto dalle aspettative degli altri a trasformarsi nel primo statista del secolo, allora avremo vinto tutti davvero.
Sempre che vinca, il Nero.