Cronologia della Tecnologia Audio e della Musica Elettroacustica

Ho finalmente aggiornato la pagina dedicata alla Cronologia della Tecnologia Audio e della Musica Elettroacustica.

Mancano ancora un po’ di cose, comunque è quasi completa e consultabile, con molte immagini, link di approfondimento e link per ascoltare via You Tube le composizioni citate.

 

Tonic

 

Tonic

Tonic è un mazzo di carte che offrono consigli istantanei nello stile delle ormai famose Strategie Oblique di Brian Eno e Peter Schmidt degli anni ’70. La differenza è che queste sono specifiche per musicisti.

Citando l’autore, tale Scott Hughes:

Alcune carte ti dicono quali altezze usare. Altri hanno vincoli di tempo. Alcune sono per strumenti specifici. Alcune sono visuali. Alcune ti chiedono di usare il tuo computer o il telefono. Alcune sono meditative e altre sono caotiche. Alcune sono semplici e altre sono … un po ‘astratte [trad mia]

Sono simpatiche, ma quello che mi lascia un po’ perplesso è che sono… troppo specifiche.

Per esempio:

use just one interval. You are free to move it around using as many pitches as you like.

oppure

play this graph [si vede un grafico] The vertical axis is intensity. The horizontal is time. It should take about 3 minutes to play.

3 minuti? perché 3 minuti? e perché proprio quel grafico?

Capisco che si può dire che le idee espresse nelle carte possono sempre essere reinterpretate in una chiave diversa, ma per me sono troppo… assertive, almeno rispetto alle strategie oblique, che, ogni tanto, uso.

Honour thy error as a hidden intention

ha un’altra profondità.

Comunque, ripeto, sono simpatiche. E costano solo $25 sul sito dell’autore che vi offre anche la possibilità di scaricarle gratuitamente in pdf (ovviamente, poi dovete ritagliarle e incollarle su cartoncino).

E ci sono anche dei dadi a 12 facce con le note sopra.

RAM: Reactor for Awareness in Motion

Yamaguchi Center for Arts and Media (YCAM) has played an active role in cultivating creative and research environments to support the art & technology of the next generation. Since 2011, we have carried out “Reactor for Awareness in Motion (RAM)”, a research project for developing tool for dance creation and education, with Yoko Ando, a dancer from The Forsythe Company, a leading contemporary dance company and programmers from Japan and the US. Professionals in dance and technology shared an innovative concept in dance and developed it in the form of a physical tool and workshop. It is a revolutionary project in the sense that the technology is not only for theatrical effect, but also to embody one of the very natures of dance and communicate it with the world. What we witness is a technological inquiry into the nature of dance. Customized based on the perspectives of the dancer, the digital tool writes a new chapter in the history of experience in dance and technology.

RAM Dance Toolkit is a C++ creative coding toolkit to create environments for dancers. This toolkit contains a GUI and functions to access, recognize, and process motion data to support creation of various environmental conditions (called “scene”) and gives real time feedbacks to dancers using code in an easy way.
MOTIONER is the inertial motion capture system developed for RAM. The computer captures the dancer’s movements via 18 sensors attached to the dancer’s body. In general, motion capture systems are very expensive and very accurate, or very cheap and very inaccurate. To address this problem we designed one which is relatively low in cost and fairly accurate.

RAM and MOTIONER are licensed under Creative Common and can be downloaded from this page.

Hooke

hookeHooke è una start-up che ha avuto l’idea di inserire due piccoli microfoni nei padiglioni di una cuffia wireless. In questo modo si possono fare delle registrazioni che si avvicinano alla tecnica binaurale.

Doco “si avvicinano” perché, nelle registrazioni binaurali, i microfoni devono essere piazzati all’interno del padiglione auricolare, in pratica all’inizio del canale uditivo. Infatti viene costruita una testa artificiale che ha la forma stilizzata di una testa umana, con i padiglioni auricolari accuratamente riprodotti e i microfoni vengono inseriti all’interno dei padiglioni. La presenza della testa serve a mascherare le onde sonore nello stesso modo in cui lo fa una testa umana e tutto il sistema arriva a costare parecchio.  Il KU 100 di Neumann, per esempio, costa circa € 7000.

Esistono anche sistemi più economici che, invece di riprodurre l’intera testa, si limitano ai padiglioni auricolari, con prezzi decisamente inferiori, ma il solo padiglione non basta perché si perde l’effetto schermante della testa che crea le differenze interaurali di ampiezza e tempo tipiche del sistema percettivo umano (vedi Il suono nello spazio dal mio corso di acustica).

L’idea di Hooke è molto buona perché in questo modo non c’è bisogno di costruire una testa artificiale, ma si usa la testa umana di chi indossa le cuffie. Di contro c’è il fatto che, il microfono, essendo sul padiglione della cuffia, per quanto piccolo sia, difficilmente può captare il suono esattamente come quando entra nel canale uditivo che inizia all’interno del padiglione. Ciò non toglie che questo oggetto permette di avvicinarsi alla registrazione binaurale con costi risibili rispetto a quelli dei sistemi professionali. Il prezzo annunciato, infatti, è inferiore a $ 120. Aspettiamo e vedremo.

Questo è il sito ufficiale e qui abbiamo un demo su vimeo.

Hooke: Wireless 3D Audio Headphones from Hooke Audio on Vimeo.

UPGRADE

Grazie per avermi segnalato un prodotto praticamente identico che esiste già: le cuffie Roland CS-10EM. Si trovano in vendita a circa € 100. L’unica differenza con Hooke è che non sono wireless, ma hanno il cavo (il che, per la qualità della registrazione, è meglio). A questo punto sembra proprio che non sia stato Hooke ad avere l’idea.

C’è vita oltre i 20.000 Hertz!

In realtà lo sapevamo già tutti (almeno noi che lavoriamo sull’audio digitale), ma, visto che noi umanoidi sentiamo solo fino a circa 20.000 Hertz (e solo se abbiamo 10 anni e le orecchie lavate), spesso non ci pensiamo.

E così, quando circa 20 anni fa, munito di una scheda audio e un microfono in grado di acquisire il suono con una banda passante superiore ai 22.000 Hz (frequenza massima del CD e degli impianti Hi-Fi)il che, per la scheda, significa un campionamento ben maggiore dei classici 44100/48000 Hertz, oggetti piuttosto rari a quell’epoca) James Boik, del Caltech, ha analizzato lo spettro di alcuni strumenti musicali scoprendovi frequenze superiori ai 50.000 Hertz, tutti sono rimasti colpiti.

Due parole di spiegazione per i non addetti. La banda di frequenza riprodotta normalmente nell’audio digitale va da 0 a 22050 Hz per il CD e 24000 Hz per il DVD. Il che, considerando che gli umanoidi sentono fino a circa 20000 Hz quando sono bambini e crescendo perdono le frequenze alte (il 70enne medio non arriva a 15000 Hz), va bene.

Ora, per registrare audio che arriva a 20000 Hz, una apparecchiatura audio digitale deve lavorare a una frequenza molto superiore. Per la precisione, il doppio. Quindi, per registrare un suono per noi acutissimo a 20000 Hz, una scheda audio deve lavorare almeno a 40000 Hz. Il che significa che deve trattare almeno 40000 numeri al secondo per ogni canale di audio (80000 per un segnale stereo, 240000 per un 5+1) .

È una situazione analoga a quella del cinema. Un film non è altro che una sequenza di fotografie, cioè immagini fisse. Per avere la sensazione del movimento occorre superare la soglia oltre alla quale il nostro sistema occhio-cervello non è più in grado di percepire le singole immagini, ma ognuna si fonde con la successiva, dando l’illusione del movimento. Per la vista, questa soglia è di circa 25 immagini al secondo (è la frequenza del PAL cioè la televisione europea (lo standard americano NTSC, invece, va a poco meno di 30)). Tuttavia si è visto che con frequenze maggiori l’immagine è più nitida e la qualità è superiore, soprattutto nel caso di grandi schermi. Il cinema, quindi, adotta frequenze intorno ai 50/60 Hz e così ormai fanno i monitor da computer e le TV digitali.

Torniamo all’audio. La verità e che, se consideriamo che il DO più alto del pianoforte emette una nota la cui fondamentale è 4186 Hz (accordato sul LA = 440), basta arrivare alla quinta componente armonica per superare i 20.000 Hz e di armonici ce ne sono ben più di 5. Di conseguenza, tutti sapevamo che l’estensione spettrale delle note alte degli strumenti musicale superava la fatidica soglia del nostro sistema percettivo, ma nessuno immaginava che potesse accadere anche con note non così alte.

E invece la ricerca di Boik mostra, per esempio, che una tromba che suona un SIb con fondamentale a 465.4 Hz emette componenti armoniche che superano i 50 kHz oltrepassando la 100ma armonica con ampiezza, sì, bassa, ma non proprio banale.

Cliccate sulla figura qui sotto per ingrandirla e leggere la didascalia. L’articolo intero è qui o qui.

trumpet spectrum

A Boy and His Atom

Ancora sulla miniaturizzazione estrema nel campo dell’informatica.

Quelli che vedete nel video qui sotto sono degli atomi. I ricercatori dell’IBM hanno realizzato questo filmato in stop motion interagendo direttamente con alcune molecole di monossido di carbonio e spostandone gli atomi su una superficie di rame.

Come si può immaginare, il fine di questa ricerca non è artistico. Il punto è che, se è possibile costringere degli atomi ad assumere una determinata configurazione e mantenerla, allora i suddetti atomi possono essere utilizzati per memorizzare delle informazioni e questo significa memorie più piccole di quelle attuali di un enorme ordine di grandezza.

Per dare un’idea dell’impatto di una tale tecnologia, Andreas Heinrich, coordinatore del progetto,  afferma che “se oggi sul tuo smartphone hai un paio di film, in futuro potresti metterci tutti quelli esistenti”. Il che apre le porte a interessanti quanto inquietanti scenari.

In quest’altro video, the making of A Boy and His Atom.

Il suono delle auto elettriche

Una delle sfide dei sound designer è la progettazione del suono delle auto elettriche. Infatti, per una popolazione abituata al fatto che le auto fanno rumore, il fatto che il motore elettrico emetta un suono quasi inaudibile è un rischio che fa lievitare notevolmente il numero degli investiti.

È stato dimostrato che il fatto di non sentire alcun rumore di auto provoca un drastico abbassamento di attenzione nel pedone che si appresta ad attraversare una strada, soprattutto se ad alto traffico. Così, anche con l’avvento dell’auto elettrica, non potremo godere della pace in città. Il rischio giustifica l’idea di dotare le auto elettriche di un suono sintetico.

Dal 2019 esiste anche un’ordinanza UE che stabilisce l’obbligo per le auto elettriche di emettere un suono (AVAS: Acoustic Vehicle Alert System). È interessante notare che, secondo la Commissione Europea, il suono dovrebbe essere rappresentativo dei cambiamenti di stato del veicolo cioè, per esempio, suggerire che il veicolo sta accelerando o rallentando e la retromarcia dovrebbe avere un suono diverso.

Form1

Form1 è una stampante 3D, prodotta da Formlabs, che può modellare forme piccole fino a 3 decimi di mm su strati dello spessore di 25 millesimi di mm, il tutto su blocchi di 125 x 125 x 165 mm. Il che significa che può produrre, con estrema precisione, oggetti come quelli in figura (click per ingrandire; occhio alle dimensioni degli oggetti: la monetina è ¼ di $, circa 24 mm di diametro).

Il progetto è opera di alcuni ricercatori del MIT Media Lab che hanno deciso di realizzare una stampante 3D economica, ma ad alta precisione dopo aver constatato che le macchine attuali, pur costando decine di migliaia di dollari, non sono in grado di soddisfare gli standard di qualità richiesti dai designer professionali. Form1 costa solo $ 3000.

A piccoli passi, ci stiamo avvicinando alla distribuzione di massa a basso prezzo in modo analogo a quanto è avvenuto per le stampanti laser che una volta costavano milioni di lire in bianco/nero, mentre oggi costano qualche centinaio di euro, a colori. Pensateci un attimo. Avete bisogno di un oggetto? Non andate a comprarlo; caricate un po’ di di resina e ve lo stampate.

Ma, al di là del progetto in sé, è notevole il modo in cui è stato sviluppato. Questi avevano evidentemente bisogno di un finanziamento per produrre i prototipi e cosa hanno fatto? Hanno chiesto soldi allo stato? Alle banche? A una azienda? Niente di tutto questo. Hanno lanciato una sottoscrizione pubblica con quote che vanno da $ 5 a $ 10.000 offrendo in cambio gadget e sconti sul prodotto (con $ 2999 si riceve una stampante completa, una volta realizzata). Il tutto nella più assoluta trasparenza, con un sito che ne mostra l’andamento.

Finora hanno raccolto impegni per $ 395.220, a fronte dei 100.000 richiesti, da parte di 279 sottoscrittori (ma la parola inglese backer significa anche investitore e scommettitore). L’asta è ancora aperta; termina il 26/10. Questo è uno degli aspetti dell’America che è chilometri avanti rispetto alla vecchia Europa.

Il sito è qui. Andate a vedervi il video: dopo i discorsi, vederla in funzione è affascinante, soprattutto quando stampa un piccolo oggetto a forma di stella con un minuscolo tubo dentro. E il tubo è cavo: ci passa un liquido.

P.S.: speriamo non finisca come in Internal Debate; le stampanti sono sempre macchine del Demonio.

π nel cielo

Ieri pi greco è apparso nel cielo della Bay Area sotto forma delle sue prime 1000 cifre, quasi come stampate da una vecchia dot matrix printer.
È una installazione effimera, nata nell’ambito del 2012 ZERO1 Biennial, un festival che celebra l’arte e la tecnologia nella Silicon Valley.

L’idea è di ISHKY, un eclettico artista californiano, creatore di installazioni di vasta scala, che ha riunito intorno a sé un gruppo di artisti, programmatori e scienziati.

I numeri vengono creati a circa 3000 metri di altezza da 5 aerei sincronizzati equipaggiati con una non ben identificata “dot matrix technology”, evidentemente un sistema che permette di disegnare delle lettere emettendo sbuffi di fumo, col un sistema analogo a quello di una stampante ad aghi. Ogni cifra è alta circa 400 metri (¼ di miglio).

pi nel cielo

iTypewriter

La nostalgia colpisce ancora. Austin Young ha costruito iTypewriter, una macchina da scrivere vecchio stile che si interfaccia con l’iPad. In tal modo l’utente può sperimentare il feeling antico della pressione su dei tasti meccanici, pur utilizzando la tecnologia più recente.

Personalmente, queste cose mi lasciano abbastanza freddo, ma in questo caso, quello che mi diverte è “l’interfaccia” fra la macchina da scrivere e l’iPad. Non si tratta di qualcosa di elettrico, ma è una soluzione puramente meccanica, visibile nel video qui sotto.

Per quanto mi riguarda, ho fatto in tempo a rompermi le dita per anni su una Olivetti Lettera 32 (ci ho fatto tutta l’università, tesi compresa) e vista anche la mia passione per l’audio, mi basta la rievocazione sonora che ho trovato in FocusWriter, un simil wordpad, nel senso che non è un WP completo come Open Office, ma, volendo, emette i rumori dei tasti e del ritorno carrello tipici della vecchia macchina da scrivere.

Lo stesso Austin Young ha messo a punto anche un altro progetto, iTurntable, che permette di controllare un player digitale come l’iPhone con un piatto girevole con tanto di braccetto per suggerire il feeling antico dei vecchi 33 giri.

Steve Jobs by Walter Isaacson

Steve_Jobs_by_Walter_IsaacsonSe a qualcuno piacciono la tecnologia e le biografie, quella di Steve Jobs scritta da Walter Isaacson è un’ottima lettura. L’ho trovata in un supermarket e mi sono deciso a comprarla perché, leggendo le note di copertina, mi è sembrata abbastanza obiettiva, cioè anche critica e non solo osannante (non è che non ami Jobs; quello che non mi piace è l’atteggiamento di adorazione acritica che molti manifestano nei suoi confronti).

Walter Isaacson è un ex caporedattore di Time, CEO di CNN, oggi direttore dell’Aspen Institute. Ha scritto biografie di Kissinger, Benjamin Franklin ed Einstein. È una persona con le spalle abbastanza larghe da non farsi condizionare da chicchessia e va a merito di Jobs l’averlo invitato a scrivere la sua biografia autorizzata senza interferire nella stesura.

Il libro si legge facilmente ed è privo di strafalcioni tecnologici significativi.

Isaacson tratteggia senza sconti la personalità complessa di Jobs: un genio per quanto riguarda la definizione degli aspetti estetico/funzionali dei prodotti Apple e sufficientemente carismatico da spingere i suoi collaboratori a realizzare cose fino a quel momento ritenute impossibili, ma anche un egocentrico che divideva il mondo soltanto in due categorie, fantastico e merda, spesso brutale con chi gli stava intorno, capace anche di appropriarsi delle idee altrui e riproporle come proprie.

La sua ricerca estrema e quasi furiosa della semplicità sia nel design che nella funzionalità dell’oggetto, lo avvicina al Bauhaus, con la differenza che, per Jobs, il detto “form follows function” si rovescia nel suo esatto opposto. Spesso, infatti, alcune caratteristiche funzionali dei sistemi Apple sono state determinate dall’estetica scelta da Jobs per qualche dispositivo. In tal modo si rovescia il normale processo di progettazione. Di solito, infatti, prima vengono gli ingegneri che decidono quali componenti devono far parte della macchina e poi arrivano i designer che hanno il compito di rinchiuderli in un involucro accattivante (e spesso, nel caso del computer, si limitano a un involucro qualsiasi).

L’approccio di Jobs, invece, ha posto ai progettisti delle sfide che li hanno costretti a innovare. In genere, non si ha la percezione di quanto sia difficile cambiare la forma di un computer. Per esempio, il solo fatto di volere gli spigoli molto arrotondati provoca un bel problema di progettazione perché i produttori di schede e chip lavorano solo con elementi rettangolari. In teoria un chip rotondo si potrebbe fare, a patto, però, di cambiare l’intera catena di produzione, dal software che sistema i collegamenti fino ai robot che saldano i chip sulla piastra. In pratica è impossibile.

Di conseguenza, l’arrotondamento degli involucri con il taglio degli angoli produce spazio sprecato, a meno di inventare una disposizione diversa degli elementi all’interno dell’involucro, cosa che risulta più semplice se si usano elementi più piccoli, che, però, hanno un costo maggiore, il che spiega, in parte, il prezzo eccessivo rispetto alle prestazioni delle macchine Apple.

Gli effetti di questo modo di procedere sono risultati a volte decisamente innovativi, ma, in altre occasioni, si sono rivelati tali da compromettere alcune funzionalità.

Un esempio del primo tipo è lo sfondo bianco dell’interfaccia del Macintosh, conseguenza del fatto che Jobs voleva che fosse WYSIWYG: what you see is what you get (quello che vedi è quello che ottieni), quindi, se il documento in stampa sarebbe risultato nero su bianco, anche sullo schermo doveva essere così. Questa idea aveva fatto imbestialire non poco i tecnici perché il tradizionale sfondo nero (a fosfori spenti) era più semplice da progettare ed evitava che il tremolio dei fosfori fosse visibile. Lo sfondo bianco, invece, costringeva a ricorrere a monitor di qualità superiore, più costosi. Oggi tutti siamo abituati a questa situazione ed anche i display hanno fatto un salto di qualità non da poco.

Un esempio del secondo caso è il maledetto lettore CD dell’iMac. Jobs si arrabbiò moltissimo quando vide che il progettista aveva inserito nella macchina un lettore a cassettino invece che uno a fessura come era suo desiderio e gli impose di cambiarlo. Il punto è che a quell’epoca, i CD player non erano ancora in grado di masterizzare, ma solo di leggere. Il progettista, però, sapeva che a breve sarebbero stati disponibili anche i primi masterizzatori e che, per alcuni anni, sarebbero stati prodotti solo in versione a cassettino e avvisò Jobs che non volle scostarsi dalla sua idea. Per questa ragione gli acquirenti dell’iMac non hanno potuto beneficiare di un salto tecnologico e per vari anni sono stati costretti ad acquistare un masterizzatore a parte, mentre tutte le altre macchine nascevano dotate di masterizzatore di serie.

Un altro esempio molto più recente è l’antenna-gate dell’iPhone 4. Sebbene la volontà ferrea di Jobs fosse in grado di spingere i tecnici a fare miracoli, non c’è alcuna possibilità di contrastare il fatto che il metallo non è un materiale ideale da piazzare vicino ad una antenna: a dispetto dei desideri di Jobs e del suo designer di fiducia, le onde elettromagnetiche si ostinano a fluire sul metallo piuttosto che attraverso di esso con la conseguenza che un involucro metallico attorno a un telefono scherma sia la ricezione che la trasmissione (è la cosiddetta gabbia di Faraday). In origine, l’iPhone avrebbe dovuto avere una corona di plastica per permettere al segnale di fluire, ma la visione estetica di Jobs richiedeva una corona metallica. I tecnici fecero l’impossibile per utilizzare il metallo come estensione dell’antenna creando una discontinuità nella corona di acciaio che circondava l’apparecchio, ma come risultò chiaro da subito, se un dito sudato interrompeva tale fessura, la linea crollava.

È giusto rilevare, però, che i successi del metodo Jobs sono stati di gran lunga maggiori rispetto agli insuccessi e che la sua capacità innovativa ha realmente cambiato il modo in cui la massa percepisce la tecnologia. Dico “la massa” perché le creazioni Apple sono rivolte principalmente a coloro che utilizzano i sistemi digitali per l’ordinaria amministrazione, non a coloro che fanno un uso spinto della tecnologia. Prova ne è il fatto che le macchine high-end disegnate da Jobs sia in Apple che fuori, non hanno mai avuto grande successo. Non l’ha avuto il Lisa, non l’ha avuto il NeXT e non l’ha avuto il Power Mac G4 Cube che, nonostante sia finito esposto al Museum of Modern Art di New York, non ha impressionato i professionisti, poco disposti a spendere il doppio del normale per avere una scultura sulla loro scrivania. La presenza massiccia di Apple in alcuni centri di ricerca, come, nel mio campo, l’IRCAM, dipende più che altro da oculate politiche di vendita e sponsorizzazione che altro (leggi: sconti e regali).

Ma il problema maggiore di Apple, quello che ne ha frenato la diffusione fra gli addetti ai lavori, in realtà non è il prezzo, ma l’estrema chiusura dei loro sistemi. Nonostante la pubblicità tenti sempre di accreditare un’immagine creativa, i sistemi di Jobs sono sempre stati più diretti alla fruizione di contenuti che alla loro creazione e per volontà espressa dell’azienda, non esiste una pluralità di fornitori, il che significa che, sia che si abbia bisogno di un particolare componente hardware, di una certa applicazione o solo di una riparazione, bisogna sempre rivolgersi a una e una sola azienda e accettare le sue condizioni. A partire dal primo Mac, questa è stata la politica aziendale propugnata da Jobs. Quando in Apple si sono accorti che erano nati dei servizi di riparazione dell’iPhone gestiti da terze parti, l’azienda ha persino modificato le viti per impedire che qualcun altro fosse in grado di aprirlo.

Entrare in Apple, in pratica, significa consegnare la propria attività e i propri dati a una singola azienda senza potersi rivolgere a qualcun altro nel caso di disaccordi con la politica aziendale. È un po’ come acquistare una bellissima automobile di marca ZZZ (che proprio per questo costa il doppio di un auto normale) e scoprire, però, che gli unici che possono ripararla sono i centri ZZZ (che la tengono via 20 giorni e ti fanno pagare un occhio), che puoi fare benzina solo nei distributori approvati da ZZZ e che rende il massimo solo sulle strade consigliate da ZZZ.

Detto così, sembra solo un fatto economico, ma non lo è. È una di quelle cose che riguarda la libertà di tutti, anche se pochi ne sono toccati direttamente. Il fatto è che, sul mio computer, voglio mettere il sistema che voglio, farci girare i programmi che voglio e anche scriverne qualcuno, visto che so come fare, e magari venderlo o regalarlo e questo, in Apple, non è semplicemente possibile.

Mooges

Questo interessantissimo sistema permette di collegare dei suoni di sintesi alle diverse sonorità generate interagendo in vari modi con una superficie, riprendendole con un microfono a contatto.

Il tutto ideato da Bruno Zamborlin, ricercatore italiano presso l’IRCAM e i Goldsmiths Digital Studios dell’Università di Londra.

Maggiori particolari qui.

Vibroy

La compagnia coreana Xenics ha prodotto un simpatico ordigno, chiamato Vibroy, che serve a trasmettere un’onda sonora a un qualsiasi oggetto utilizzabile come cassa armonica, con il risultato di rendere l’onda udibile. È lo stesso principio per cui il diapason diventa udibile quando lo si posa sulla cassa del pianoforte o della chitarra.

In pratica, Vibroy si collega, via minijack, a un player (per es. un lettore di MP3). Poi si posa il mini-speaker che sta all’altro capo del filo su un oggetto qualsiasi. In questo modo Vibroy trasmette la vibrazione all’oggetto con cui è in contatto che diventa un altoparlante.

Naturalmente la qualità dell’audio è fortemente influenzata dalla natura dell’oggetto usato come speaker e dalla sua capacità di vibrare. I vari materiali, infatti, si comportano diversamente: un bicchiere di vetro, per esempio, riprodurrà solo le frequenze alte, mentre un oggetto di legno avrà uno spettro più vasto.

Ecco qualche demo.

Ora, visto che in giro se parla come una genialata, vediamo di chiarire…

Punto primo, con un mini-speaker del genere come sorgente, questo coso avrà, in partenza, un range di frequenze molto limitato. A occhio, non va sotto i 200/300 Hz e non va sopra i 10000: i bassi e gli acuti vanno persi.

Secondo, la risposta in frequenza di un oggetto qualsiasi è ben lontano dall’essere anche vagamente piatta. Di conseguenza quello che si sente ha poco a che fare con quello che i musicisti hanno cercato di realizzare. Tuttavia, è molto divertente e anche istruttivo sentire la risposta in frequenza dei vari oggetti.

Infine, non è l’unico sistema del genere. Su YouTube se ne vedono altri, praticamente uguali. Un significativo passo avanti verso il lo-fi generalizzato.

Musical typewriter

Questo oggetto è una rara macchina da scrivere musicale prodotta da Keaton, S. Francisco, California. Brevettata in una prima versione a 14 tasti nel 1936 e allargata a 33 tasti nel 1956, era sul mercato negli anni ’50, in vendita a $225.

Oggi ne restano circa una dozzina. Quella in figura vale circa $6000.

Come al solito ci spiano

In questi giorni sta facendo un certo rumore la scoperta che la nuova generazione di cellulari ci spia sistematicamente. Non mi riferisco al fatto, ormai noto a tutti, che i nostri spostamenti e contatti vengono tracciati dalle compagnie telefoniche grazie alle celle che il nostro cellulare aggancia, ma al fatto che i nostri movimenti vengono salvati in un file conservato all’interno del telefono e a volte anche sul computer a cui il telefono viene connesso.

Tutto ciò appare grave perché, se alle registrazioni conservate dalle aziende si può accedere solo dietro richiesta di un magistrato, questo file può essere consultato da chiunque sappia come arrivarci. E non è difficile, soprattutto per Apple.

La cosa vale sia per l’iOS di Apple che per Android. con qualche piccola distinzione che vado a riferirvi:

mappa realizzata a partire dai dati conservati su iPhoneiOS Apple (iPhone e iPad 3G)

Cory Doctorow riporta qui la scoperta di alcuni ricercatori che si occupano di sicurezza presentata alla conferenza Where 2.0. È stato scoperto un file nascosto (invisibile all’utente) che contiene tutti gli spostamenti del telefono desunti dalle celle, dagli access point wi-fi e dal GPS, ognuno accompagnato dal relativo time-stamp (data e ora). Il file viene anche scaricato sul computer a cui il telefono si connette.

A quanto pare, la registrazione di tali dati è iniziata con l’upgrade a iOS 4 datata Maggio 2010. Di conseguenza,  in alcuni telefoni, si può trovare quasi un anno di spostamenti completi di coordinate, data e ora. Il file non è criptato e la lettura è possibile anche a non geek utilizzando l’apposita applicazione, iPhone Tracker, che si scarica qui.

Finora Apple non ha spiegato perché questi dati vengono raccolti, né fornito un modo per bloccarli. L’utente viene tracciato, che lo voglia o no. In pratica, Apple ha reso possibile ottenere informazioni dettagliate sui vostri spostamenti a chiunque abbia accesso al vostro iPhone (un partner geloso, un detective privato, i genitori, etc.).

La cosa divertente è che Apple ha il diritto di raccogliere tali dati. Fra le 15200 parole che formano i terms and conditions for its iTunes program, un paragrafo di 86 parole dice

Apple and our partners and licensees may collect, use, and share precise location data, including the real-time geographic location of your Apple computer or device. This location data is collected anonymously in a form that does not personally identify you and is used by Apple and our partners and licensees to provide and improve location-based products and services. For example, we may share geographic location with application providers when you opt in to their location services.

La notizia è finita anche sul Guardian con dovizia di particolari.

Android

Gli utenti Android sono relativamente più fortunati. Quello di Android, infatti, non è un file, ma una cache. Ne consegue che è più difficile accedervi (serve un informatico dotato di una certa perizia, vedere qui), ma soprattutto vengono conservate solo le ultime 50 celle e gli ultimi 200 wi-fi access point. La profondità dei dati, quindi, è più limitata rispetto a iOS.

In entrambi i casi, non si sa se i dati vengano inviati rispettivamente a Apple e a Google. Vari rappresentanti di entrambe le aziende si stanno affrettando a negare qualsiasi utilizzo fraudolento.

3D printed flute

Amit Zoran, del MIT Media Lab, ha creato un flauto con una stampante 3D a partire da un modello realizzato in CAD.

Per il momento, il suono è temibile a causa dei materiali utilizzati e il modello ha ancora qualche piccola imperfezione, ma si tratta di un passo notevole che potrebbe portare a grandi sviluppi sia dal punto di vista commerciale (calo dei prezzi perlomeno per gli strumenti di fascia media e bassa), sia sotto l’aspetto sperimentale, che mi interessa di più. Qui si intravvede la possibilità di progettare e testare nuovi strumenti o nuove forme per quelli tradizionali. Sarà possibile, inoltre, creare strumenti personalizzati.

Per l’utilizzo elettroacustico, il suono non è una qualità imprescindibile, essendo trasformato e creato via software e quindi la possibilità di sperimentare con forme e sonorità nuove è attraente.

Ecco il video:

RIP Lemur, long live tablet PC

A dispetto della sua giovane età, 5 anni, il Lemur, prodotto da JazzMutant, è già morto.

Il Lemur è stato la prima interfaccia multi-touch regolarmente in commercio. Come le immagini suggeriscono, si tratta di un display collegabile a un PC, su cui si possono piazzare, virtualmente, dei sistemi di controllo, come pulsanti, slider, eccetera.

La particolarità di Lemur è, appunto, il multi-touch: più bottoni/slider potevano essere premuti/mossi nello stesso tempo operando con più dita. Destinato ad essere collegato a mixer virtuali e sistemi come Max/MSP, superava i limiti intrinseci del mouse. Il principale problema dei controlli virtuali, infatti, è proprio il mouse che consente di agire su un solo elemento alla volta. E per fare un semplice esempio, il non poter muovere contemporaneamente più slider in un mixer è un problema molto grosso, tale da rendere l’intero oggetto inutilizzabile.

Il Lemur è nato proprio per superare questo limite. Ma oggi, con l’arrivo dei tablet PC, è diventato praticamente inutile. Fino al 31 Dicembre, gli ultimi Lemur sono in vendita presso JazzMutant con 25% di sconto, a € 1499.

Fibers that hear and sing

After the fibers made by cassette tape played by moving a tape head over the fabric, here it is fibers that can hear and sing by themselves.

To Yoel Fink, an associate professor of materials science and principal investigator at MIT’s Research Lab of Electronics, the threads used in textiles and even optical fibers are much too passive. For the past decade, his lab has been working to develop fibers with ever more sophisticated properties, to  enable fabrics that can interact with their environment.

In the August issue of Nature Materials, Fink and his collaborators announce a new milestone on the path to functional fibers: fibers that can detect and produce sound. Applications could include clothes that are themselves sensitive microphones, for capturing speech or monitoring bodily functions, and tiny filaments that could measure blood flow in capillaries or pressure in the brain.

Despite the delicate balance required by the manufacturing process, the researchers were able to build functioning fibers in the lab. “You can actually hear them, these fibers,” says Chocat, a graduate student in the materials science department. “If you connected them to a power supply and applied a sinusoidal current” — an alternating current whose period is very regular — “then it would vibrate. And if you make it vibrate at audible frequencies and put it close to your ear, you could actually hear different notes or sounds coming out of it.”

In addition to wearable microphones and biological sensors, applications of the fibers could include loose nets that monitor the flow of water in the ocean and large-area sonar imaging systems with much higher resolutions: A fabric woven from acoustic fibers would provide the equivalent of millions of tiny acoustic sensors.

Read more details here.

Is anything real?

UPDATE 2024:
Così scrivevo 14 anni fa e anche il video ha la stessa età

Con tecnologia digitale verrà un momento in cui nessuna foto e nessun film saranno più ammissibili come prova in un processo. Date un’occhiata qui.

The digital technology will ban photos and films from the trials, some day.

If it was your home

the oil disaster

Go there and center the oil spill around your home.


Imagine a big black blob from Torino to Udine, from Le Havre to Bruxelles, from Cardiff beyond Norwich covering London, from Münster to Berlin…


UPDATE 19/06/2010

The big black blob 10 days after

logo


UPDATE 11/07/2010

The big black blob 30 days after

Tesla Coil Music

The sound is really produced by the coils. To play an A at 440 Hz the coil generate 440 lightnings per second. The temperature of the lightning is so high that compress the air around generating an audio wave.

Laser 50th anniversary

May 16 1960: Theodore Maiman presented the first laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) to the world. 50 years later, lasers are used in everyday life in fiber-optic communications, CDs/DVDs players, laser printers, laser medical procedures, and many more applications.

But the laser has many fathers, as stated in this poetry from PhD Comics

ode to the laser

Bio Circuit – a wearable soundscape

This video depicts the collaborative wearable technology project of Bio Circuit in action. Bio Circuit was created at Emily Carr University by Industrial Design student Dana Ramler, and MAA student Holly Schmidt.

Bio Circuit is a vest that provides a form of bio feedback using data from the wearer’s heart rate to determine what “sounds” they hear through the speaker embedded in the collar of the garment. The wearer places the heart rate monitor around the ribcage, resting against the skin and close to the heart. An MP3 audio player embedded in the vest plays the audio track related to that specific heart rate. The audio tracks are soundscapes mixed from a range of ambient sounds. If the wearer’s heart rate is low, the soundscape will reflect a quiet natural area with sounds such as water, birds and insects. If the wearer has a high heart rate then they will hear a cacophony of urban sounds such as people talking and traffic.

Bio Circuit stems from our concern for ethical design and the creation of media-based interactions that reveal human interdependence with the environment. With each beat of the heart, Bio Circuit connects the wearer with the inner workings of their body. In this sense the garment functions like other biofeedback devices that use sensors to provide a person with information about their physiological state. With Bio Circuit, we are proposing that these kinds of devices could extend a person’s awareness to include the environment.

visit danaramler.com for more information

From Vimeo

Strage di cervelli

Che la situazione italiana della ricerca non sia mai stata ottimale lo si sapeva ma, secondo questo articolo di Repubblica, che fa il paio con la lettera pubblica di Pier Luigi Celli, direttore della Luiss, al figlio, siamo ormai oltre lo sbando.

Alcuni estratti:

Questa non è una fuga di talenti, questa è una sottrazione di cervelli. Una rinuncia al futuro. Perché c’è in atto una decimazione silenziosa di ingegneri, tecnici, ricercatori. Produttori di conoscenze, di innovazione, di ricchezza immateriale nella presunta epoca del post-industrialismo. In questo terribile 2009 sono saltati quasi 20 mila posti di lavoro nell’information technology, dove si concentra, tra gli addetti, la più alta percentuale di laureati rispetto agli altri settori: il 30 per cento.

Sono un pezzo importante di quei colletti bianchi creativi così decisivi nel far decollare, solo qualche anno fa, il nostro “quarto capitalismo” di medie imprese internazionalizzate, quando ancora non si immaginava la tempesta dei sub-prime. Ora i nostri “cervelli” sono diventati esuberi.

….

E si spiega così che l’Italia si collochi al penultimo posto in Europa in quanto a incidenza dei lavoratori creativi (ingegneri, architetti, matematici, medici e altre professioni molto qualificate) sul totale della forza lavoro: siamo al 9 per cento contro il 18-20 per cento dei paesi del nord Europa come Belgio, Svezia, Irlanda, o il 13-14 per cento dei paesi dell’Europa centrale e meridionale come Germania, Spagna e Grecia. Difficile pensare di vincere le prossime sfide globali schierando solo le nostre, un tempo dinamiche, piccole imprese. Ci vuole di più. Più di quel nostro uno per cento di Pil destinato alla ricerca, pari a circa la metà di quel che investono mediamente dell’Europa a 15, ma addirittura un terzo di quanto indirizzano il Giappone e la stessa Corea del Sud, e un quarto di quanto fanno Finlandia e Svezia.

Sostiene Carlo Dell’Aringa, professore di economia politica alla Cattolica di Milano: “E’ scontato che la crisi porterà con sé un impoverimento della capacità produttiva. Molte aziende marginali, soprattutto nel tessile e nel metalmeccanico, finiranno per essere tagliate via. Per questo bisogna decidere di sostenere i settori più promettenti. Riscoprire una politica industriale dei settori (la biomedica, le nanotecnologie, l’ambiente) più che dei fattori (il costo del lavoro, l’accesso al credito, la sburocratizzazione)”. Il caso della banda larga, però, parla da solo e racconta di un’altra storia: di un investimento complessivo pari alla metà di quello stanziato dalla Grecia e di 800 milioni subito bloccati dal Cipe. Parla di un sistema rimasto nella rete del Novecento.

Riappropriarsi di ciò che è vuoto

logoIl 12 Giugno 2009 le ultime TV americane che trasmettevano in analogico hanno spento per sempre i loro trasmettitori, passando al digitale.

Nella stessa data, The End of Television ha acceso i propri trasmettitori diventando l’unica TV analogica attiva negli USA.

Utilizzando un medium praticamente obsoleto, The End of Television ha rilanciato il mai sopito ideale del “broadcast yourself” trasmettendo una rassegna di 22 ore di video realizzati da più di 40 artisti.

The End of Television continua le proprie trasmissioni restando l’unica TV sul territorio americano visibile senza l’apposito decoder.

Così sarebbe stato…

…se, invece degli Stati Uniti, la corsa alla luna l’avessero vinta i russi. In realtà il loro progetto era troppo complesso e cervellotico per prevalere (es: un vettore a 5 stadi invece di 3, con 30 piccoli motori).

Però dal punto di vista estetico non c’è confronto. Lo steampunk retrò dei sovietici era impagabile…

lok

We choose to go to the Moon

“We choose to go to the Moon” sono le storiche parole pronunciate dal pres. JFK nel Settembre 1962 per annunciare il varo del programma che avrebbe portato l’uomo sulla Luna alle 20:17:40 UTC del 20 Luglio 1969 (le 2 del 21 Luglio in Italia), 40 anni fa.

Circa 6:30 ore dopo l’allunaggio, alle 2:56 UTC del 21 Luglio, Armstrong posò il piede sul nostro satellite e fece il suo grande passo per l’umanità.

Fra le moltissime iniziative commemorative, vi segnalo we choose the moon, un sito che propone una simulazione in computer graphic e in tempo reale dell’intera missione, con spezzoni dell’audio originale e varie immagini.

MoPhO

La Mobile Phone Orchestra (MoPhO), creata presso il CCRMA dell’Università di Stanford, utilizza i cellulari come piattaforma musicale.

I particolari in questo articolo e nel video seguente.

Facce elettriche

Daito Manabe trasforma i suoni in impulsi elettrici atti a stimolare i muscoli del viso e testa il sistema sui suoi amici.

Daito Manabe:Direction,programming and composition

supported by
Masaki Teruoka and Katsuhiko Harada: device
Taeji Sawai: sound design

upper left: Muryo Honma
upper right:Setsuya Kurotaki,
lower left: Motoi Ishibashi
lower right: Seiichi Saito

Korg Nano

Un trio di controller USB prodotti da Korg, utili, piccoli e abbastanza economici (€ 59 ciascuno).

  • Il nanoKONTROL ha 9 slider MIDI (controlli continui), altrettanti potenziometri, 18 pulsanti e una sezione di transport.
  • Il nanoPAD possiede 12 pad sensibili alla dinamica, ognuno capace anche di inviare fino a 8 messaggi MIDI (note o controlli). Inoltre ha un touchpad X-Y.
  • nanoKEY, infine, è una tastiera con 25 tasti, valocity sensitive, 8va mobile, pitch bender e modulation wheel.

Disponibili nei due colori visibili in foto.

Theremin come controller

Pochi sanno che la Moog ha un canale su You Tube. E non molti sanno che Moog è anche uno dei più grandi produttori di Theremin. L’ultimo modello è l’Etherwave Plus.

Recentemente Moog ha esteso l’area di utilizzo dell’Etherwave Plus, impiegandolo come controller di una apparecchiatura analogica. In questo video lo si vede controllare il filtro di una Moog guitar con l’effetto di agire sul timbro di quest’ultima.

Dal punto di vista di un elettronico, il giochino è banale perché una tensione è una tensione, da qualsiasi parte venga e da qualsiasi cosa sia generata, tuttavia mostra chiaramente come il mondo dei controller audio potrebbe essere esteso in molti modi.

Stop Recycling, Start Repairing

Sono ormai anni che l’industria produce oggetti non riparabili. Con il – a mio avviso – pretesto della sicurezza, si fabbricano oggetti che non si possono aprire e smontare senza appositi attrezzi, ma, in tal modo, è impossibile ripararli da soli.

Di conseguenza, un frullatore con un banale filo staccato viene buttato e sostituito perché è inapribile dal cittadino comune e inviarlo ad un laboratorio costa troppo rispetto al suo prezzo da nuovo.
Lo stesso oggetto, invece, potrebbe essere aggiustato in casa da qualsiasi umanoide dotato di un minimo di buon senso.

Tutto ciò aiuta il consumo, ma produce anche rifiuti e sprechi a non finire.

Il sito olandese Platform21 ora promuove una campagna per rendere riparabili gli oggetti.

Platform21’s Repair Manifesto opposes throwaway culture and celebrates repair as the new recycling.
With our new project, Platform21 = Repairing, we seek to make repairing cool again – with your help. Let the manifesto inspire you, comment on it or add to it. Rediscover the joy of fixing things and share your most ingenious repair, your tips and your tricks. You could present them in person later, or see them on our website or in the exhibition that opens on Friday 13 March.
This project is about sharing knowledge and skills. Together we can start a movement, one that isn’t new per se but has been forgotten. So if you know a way to save a product, let us know by emailing info at platform21 dot com.

Voice Box

voice boxCosa non si può fare con un po’ di FFT e di convoluzione?

Quelli della Electro-Harmonix sono da sempre attenti alla tecnologia applicata al pop e sono anche abbastanza intelligenti. Così hanno fatto una simpatica scatolina, chiamata Voice Box, che incorpora un vocoder e una vocal harmony machine.

UPDATE 15/12

The Electro Harmonix Voice Box features 256-band vocoder, 3 multi-harmony modes: low & high (low, 3rd and 5th below, and high, 3rd and 5th above), octave (2 notes ) and whistle (creates a whistle playing an octave above the note you are playing), 9 user presets, professional pitch shift algorithm, gender mod (that builds man- or woman-like voice), natural glissando, reverb effect with separated controls for dry and effected vocals, built-in mic preamp, +48V phantom power, gain switch and balanced XLR line output to use it with almost any system.

This device is powered by the supplied DC power adapter and comes with die-cast chassis that makes it hard enough to use it on stage. The Electro Harmonix Voice Box Harmony Machine / Vocoder is now available and its recommended price is $215.

Ecco il demo.

Il silenzio è d’oro

Questo oggetto potrebbe interessare a molti (non claustrofobici).

Yamaha MyRoom II è un box completamente insonorizzato di dimensioni non proprio minuscole (1.5 tatami mats = approx. 2.5 m2; dim. interne 1328 x 1770 x 1964 mm), equipaggiato con aria condizionata, pannello di controllo touch screen, illuminazione regolabile e diversi optional fra i quali un impianto hi-fi.

Ottimo per sfuggire a vicini rumorosi, mogli ululanti e figli heavy metal, ma anche per l’opposto: suonarci dentro la chitarra con volume a 11. Unico neo il prezzo: da $6,500 a $15,000. Con questa cifra uno forse insonorizza una stanza.

Per i particolari e altre immagini, anche dell’interno, vi rimando a questa recensione.

Organum Insolitus

Custom steampunk guitar built for the 2008 Jersey City Artists Studio Tour.

Designed using elements of steampunk, Organum Insolitus incorporates clockwork gears, hand hammered brass, cloth wire and wood to show an alternate historical glimpse of a 19th century electric guitar. The guitar features a television with Fresnel lens magnifier, onboard phaser and amplifier. Rather than use multiple pickups, the one humbucker can be repositioned with the red faucet handle. The television, guitar, effects and amplifier can all be patched through to each other in any configuration using the patch bay on the front of the guitar. The pickup or television can also be output through a standard 1/4″ cable to an external amplifier.

More images on flickr.

Ecco come si fa

Tanto per cominciare, Obama ha creato un CTO, ovvero un Chief Technology Officer che si occupa di determinare le priorità in campo tecnologico.

E come lo fa? Tanto per cominciare, ascolta le opinioni della gente. Su questo sito, ognuno ha 10 punti da distribuire fra le varie idee (max 3 punti ciascuna) e può anche introdurne di nuove e sottoporle al giudizio della comunità.

E quali sono quelle finora più votate? Vi elenco le prime cinque:

  1. Ensure the Internet is widely accessible & network neutral
  2. Ensure our privacy and repeal the patriot act
  3. Repeal the Digital Milennium Copyright Act (DMCA)
  4. Open Government Data (APIs, XML, RSS)
  5. Kick Start Research and Innovation in Energy

Non male!

Il problema è se poi lo fa…

Vox limited edition

Vox ha riprodotto in edizione limitata la propria storica serie di chitarre e bassi dalla caratteristica forma a goccia utilizzate da parecchie star del passato, fra cui Brian Jones.

Sono molto belle, ma la serie è veramente limitata (si parla di 10 pezzi per modello in UK) e gira a un prezzo intorno ai €1600 in Europa e $2000 negli USA.

In alternativa, c’è questo prodotto della Hutchins Guitars, con tanto di autografo, a soli $1200.

Svalbard Global Seed Vault

logo

svalbard-global-seed-vault-entrance

Quello che vedete (26.02.2008. Photo: Mari Tefre/Svalbard Global Seed Vault: cliccate per la versione immensa) è l’ingresso dello Svalbard Global Seed Vault (Deposito sotterraneo globale di semi), localizzato vicino alla città di Longyearbyen, sull’isola norvegese di Spitsbergen, nel remoto arcipelago artico delle isole Svalbard a circa 1200 km dal Polo Nord.

Si tratta di un sito, scavato per 120 metri in una montagna di arenaria, in cui sono raccolti e congelati i semi delle principali piante alimentari del pianeta. L’isola Spitsbergen è stata considerata ideale in quanto esente da attività tettonica, radiazioni e ideale anche grazie al suo permafrost. Ogni campione di semi è formato mediamente da 500 unità, confezionate in speciali pacchetti a quattro strati sigillati a caldo per escludere l’umidità. I campioni devono essere conservati alla temperatura di -18°. La temperatura del permafrost non sale mai sopra i -3.5°, il che aiuta a minimizzare il consumo di energia che è assicurata dal carbone estratto in loco. La localizzazione, 130 metri sopra il livello del mare, assicura che il sito rimanga all’asciutto anche nel caso di scioglimento dei ghiacci.

Circa 7000 piante sono state utilizzate storicamente nella dieta umana, ma meno di 150 sono utilizzate nell’agricoltura moderna. Ogni pianta, però, è presente in un gran numero di varietà genetiche. Per esempio, esistono almeno 100.000 diverse varietà di riso.

La varietà ed il volume di semi accatastati potrà dipendere in base al numero di paesi partecipanti. L’impianto ha una capacità di 4.500.000 campioni di semi complessivi (2.25 miliardi di semi singoli). Alla data dell’inaugurazione, ne erano stati già depositati più di 10000 provenienti dal Nordic Gene Bank.

L’iniziativa, costata 8 milioni di dollari, è stata finanziata totalmente dal governo norvegese. Inaugurato il 26 febbraio 2008, il deposito è stato costruito in meno di 2 anni ed è gestito attraverso un accordo ripartito tra il governo norvegese, il Global Crop Diversity Trust ed il Nordic Genetic Resource Center (già chiamato Nordic Gene Bank, nato dallo sforzo cooperativo di nazioni nordiche, sotto l’egida del Nordic council of minister).

seed vault schema

25 anni di cellulari

25 anni fa (now 41), il Motorola DynaTAC 8000X fu il primo telefono portatile (click to enlarge).

Il 13 ottobre 1983 Bob Barnett, presidente di Ameritech Mobile Communications fece la prima chiamata commerciale della storia, comodamente seduto in una Chrysler convertibile a Chicago, telefonando al pronipote di Alexander Graham Bell che in quel momento si trovava in Germania.

Cinemizer

Questi occhiali, creati da Zeiss, simulano uno schermo da 39″ posto a 2 m di distanza. Incoporano dei piccoli altoparlanti (i due oggetti tondi sotto la stanghetta) e dispongono di una batteria (ricaricabile via USB) della durata di 4 ore. Gli occhiali pesano 115 g.

Possono essere collegati all’iPod, ma anche all’uscita TV PAL/NTSC di un DVD player o di una console per giochi (è necessario un apposito cavo). Non mi è ancora chiaro se sia possibile collegarli direttamente all’uscita TV di un PC o di un laptop. Sono in attesa di chiarimenti dal produttore.

In effetti sono stati presentati al MacWorld come un accessorio da iPod ed è così che tutti i giornali ne parlano, ma secondo me il loro utilizzo va molto oltre. Qui trovate anche un video.

Il prezzo non è poi fantascientifico: € 368.90 su gravis.de.

Foto a colori nel 1909

immagineNel 1909 le pellicole a colori non esistevano, tuttavia un geniale personaggio chiamato Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii, in Russia, aveva trovato il modo di riprendere e vedere immagini a colori.

La tecnica era ingegnosa. Fotografava la stessa scena tre volte in rapida successione ponendo davanti all’obiettivo un filtro di un diverso colore primario, rispettivamente rosso, verde e blu (RGB: lo stesso sistema degli attuali monitor). In tal modo otteneva tre immagini nelle quali mancavano rispettivamente il rosso, il verde e il blu, perché assorbiti dal filtro. Ovviamente di trattava di lastre negative in bianco/nero che però erano caratterizzate dall’assenza del contributo di quel colore. Ovvero, nella prima, al posto del rosso risultava bianco e così era nelle altre per il verde e il blu.
A questo punto proiettava le lastre su un muro bianco, sovrapponendole con 3 proiettori davanti ai quali applicava gli stessi filtri, rosso, verde e blu, ricreando, così, l’immagine a colori.

In questo modo otteneva delle splendide immagini, come quella a lato (cliccatela) che oggi sono state ricreate digitalmente a partire dalle sue lastre e sono conservate presso la Library of Congress e visibili su internet.

Il Golem

golem

Molte immagini di robots su Dark Roasted Blend. Alcuni sono veri e in azione, altri sono realizzazioni sperimentali, mentre in altri casi si tratta di creazioni artistiche.

Dalla sinagoga Staronova, il mito del Golem cresce e si moltiplica assumendo mille facce.

Valle Arcana

La teoria della “Uncanny Valley” (valle arcana, misteriosa) è un’ipotesi legata alla robotica che riguarda la risposta emotiva degli esseri umani rispetto a robot ed altre entità non umane. È stata introdotta dal roboticista giapponese Masashiro Mori nel 1970.

L’ipotesi di Mori afferma che più un robot ha sembianze o movimenti umanoidi più è alta la risposta emotiva di un essere umano nei suoi confronti.

Questa diventa sempre maggiore fino a che l’essere umano ritiene il robot troppo perfetto e notandone i difetti quella che era attrazione diviene repulsione se non addirittura paura.

Tuttavia se l’apparenza e i movimenti diventano sempre più simili ad un essere umano senza che si possano notare delle differenze allora l’approccio diventa come tra essere umano ed essere umano.

Questa area di risposta emotiva repulsiva tra un robot con apparenze e movimenti umani ed un essere umano è chiamata Uncanny Valley ed è evidenziata in figura.
[testo e immagine da wikipedia]

uncanny valley

La teoria è molto interessante e in effetti è alla base di romanzi e horror film, ma ormai è verificabile anche nella vita reale. Per esempio, le scimmie piacciono tanto più sono simili all’uomo e più esibiscono un comportamento analogo a quello umano. Ma questo vale solo se sono visibilmente scimmie. I robot troppo simili all’uomo, invece, fanno paura.

Se però si supera una certa soglia di somiglianza si hanno reazioni opposte. Recentemente in Australia e negli USA sono stati segnalati casi di poliziotti che hanno infranto vetri per salvare del neonati abbandonati per ore in auto, neonati che poi si sono rivelati delle bambole molto somiglianti alla realtà, come nel caso di quelle fabbricate da Vynette Cernik.

Lezione di Theremin

Ultimamente registro un aumento delle domande sul theremin, segno di un rinnovato interesse per questo strumento.

Beccatevi questa lezione di Thomas Grillo, in cui mostra chiaramente la tecnica sviluppata da Clara Rockmore per controllare l’intonazione e il vibrato, così vi fate un’idea.

E notate che lui ha un bel theremin, quello della Moog, non una cosa qualsiasi.


Robot Players

Se è per questo, date un’occhiata qui. Elgar si incazzerà un po’, ma la difficoltà di far fare una cosa del genere a un robot è da brivido. È difficile pensare che possa suonare in modo puramente meccanico, senza ascoltarsi, altrimenti come regola l’inclinazione dell’arco?

E qui con la tromba e tanto di respirazione visibile

Robot Band

Robot bands are coming. Questi sono The Trons, neozelandesi. Eccoli provare “Sister Robot” (la loro versione di Sister Ray dei Velvet).

Trovo la voce fantastica. Per ora, comunque, abbiamo solo questo video e non è per niente chiaro se si ascoltano e come si sincronizzano oppure come siano controllati. E nemmeno come venga generata la voce. Vedremo.

Phoenix 2

phoenix landing

Questa immagine impressionante (cliccatela per vederla ad alta risoluzione), mostra nel riquadro ingrandito, il Phoenix Mars Lander in fase di atterraggio con il suo paracadute, che passa davanti al cratere Heimdall.

Nonostante possa sembrare che la sonda stia scendendo nel cratere, non è così. Si tratta di un effetto prospettico. In realtà il cratere dista circa 20 km dal punto di atterraggio.

in quest’altra bellissima immagine, invece, si vede Phoenix felicemente atterrata, accanto al paracadute sganciato e il punto di impatto dello scudo termico, anche lui abbandonato.

Le foto sono state scattate dal Mars Reconnaissance Orbiter.

Forse penserete che io sia un po’ esaltato, ma per uno che mastica fantascienza fin da bambino, queste immagini sono emozionanti. Mi spiace solo che non ci sia nessun umano e che arrivino così tardi. Le aspettavo molto prima e da piccolo immaginavo che da grande avrei potuto passare un po’ di tempo almeno in una base lunare. Peccato…

Phoenix Mars Lander

marsDopo una decelerazione da brivido (da 20.000 km/h a 8 km/h in circa 7 minuti), Phoenix Mars Lander è atterrato non lontano dal polo nord di Marte, in una regione chiamata in codice “Green Valley” che, secondo i dati pervenuti dalle sonde attualmente in orbita attorno al pianeta,  contiene una notevole quantità di acqua ghiacciata.

La missione ha due obiettivi, il primo è lo studio della passata presenza di acqua sul pianeta, un’informazione chiave per comprendere i passati cambiamenti climatici del pianeta. Il secondo obiettivo è la ricerca di zone vivibili sul pianeta. Gli strumenti della Phoenix sono progettati per studiare i cambiamenti dell’artico marziano. La regione dove è atterrata Phoenix è troppo fredda per permettere all’acqua di esistere in forma liquida ma ogni 50.000 anni per via delle periodiche modificazioni dell’orbita di Marte la regione diventa abbastanza calda per fondere l’acqua e in queste condizioni se la vita esiste potrebbe svilupparsi. La missione vuole verificare l’esistenza o meno della vita su Marte. Questa missione segue la strategia NASA di far ricerche “seguendo” l’acqua.

Dotata di un braccio meccanico in grado di scavare per a mezzo metro nel permafrost marziano, fino a raggiungere il ghiaccio, il sogno è che Phoenix possa identificare un qualche cenno di vita, anche in epoche remote.

Per ora, abbiamo già qualche magnifica immagine, come quella a sinistra (cliccatela), colorata dalla NASA in base ai dati provenienti dai filtri violetto e infrarosso (l’originale è in bianco/nero con filtri su varie lunghezze d’onda).

C’era una volta… (001)

… il Cracklebox (1975, nome orig. olandese Kraakdoos).Cracklebox

Questo geniale strumento, scaturito dalla mania di Michael Waiswisz di ficcare le dita nei circuiti delle radio a onde corte e alimentato soltanto da una batteria a 9V, utilizzava le proprietà di conduzione elettrica della pelle per connettere le varie parti di un circuito relativamente semplice, ma capace di emettere fischi, borbottii e vari lamenti.
Il corpo umano diventava così parte della circuiteria e la pelle agiva da cavo, potenziometro e condensatore.

Era prodotto dai laboratori STEIM di Amsterdam che, negli anni ’70 ne vendettero circa 4000 esemplari. La produzione era ricominciata alcuni anni fa, ma ora è nuovamente interrotta a causa della mancanza di alcuni componenti ormai obsoleti.

Il mio divertimento preferito, le rare volte che l’ho avuto in mano (prestito del mio amico e collega Roberto ‘Zoo’ Zorzi), era entrare in un grande magazzino con il cracklebox in tasca e accenderlo per qualche secondo guardandomi in giro, insieme a tutti i presenti, per cercare di capire da dove venivano quegli assurdi suoni. E i suoni erano questi:

Localizzatori Acustici

war tubes

Questi impressionanti oggetti erano localizzatori acustici mobili in forza all’esercito giapponese negli anni ’30 (quello a destra nella foto è l’imperatore Hiroito).
Data la loro somiglianza allo strumento, venivano anche chiamati “tube da guerra”. Definizione impropria in quanto non emettevano alcun suono, ma si limitavano a ricevere e sperabilmente evidenziare a distanza il suono degli aerei in arrivo.

Sotto, invece, vediamo un fantastico paesaggio, con dei localizzatori fissi che danno alla scena un aspetto quasi alieno.

Credo che pochi saprebbero dire senza esitazione a che cosa servono queste costruzioni.

Sono (erano) dei localizzatori acustici, cioè delle strutture progettate prima dell’avvento del radar (fine anni ’30, primi ’40), per intercettare le onde sonore e concentrarle in un punto di ascolto, grazie anche ad un microfono.
Quelli che vedete nelle immagini si trovano in Inghilterra, nel Kent e sono stati costruiti intorno al 1930. Erano in grado di intercettare il suono di un aereo a 20/30 miglia di distanza. Muniti di un microfono, avevano una precisione di circa 1.5 gradi.

sound mirrors

 

Quarti di tono, sì!

Cosa succede se i tuoi campionamenti vengono suonati a 48K invece che a 44.1?

Ecco cosa succede! Ce lo mostra Van Halen in un concerto registrato a Greensboro, NC, dieci giorni fa.
Sopportate l’intro e ascoltate cosa accade quando il nostro tenta di suonare sul riff… :mrgreen:

Da create digital music che ha avuto anche la spudoratezza di piazzarlo nella categoria “alternative tunings”.



Alla nuova luna

Una poesia di Quasimodo (da “La terra impareggiabile”, 1958) scritta in occasione del lancio dello Sputnik-I, prima Luna artificiale.

Alla nuova Luna

In principio Dio creò il cielo
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo,
e al settimo giorno si riposò.
Dopo miliardi di anni l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d’una notte d’ottobre,
mise altri luminari uguali
a quelli che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.

Sputnik 1

sputnik

UPDATE 2023

50 anni fa, lo Sputnik 1 (in russo Спутник, satellite) fu il primo satellite artificiale in orbita nella storia. Venne lanciato il 4 ottobre 1957 dal cosmodromo di Baikonur, nell’odierno Kazakistan, grazie al vettore R-7 (Semyorka). In russo la parola Sputnik significa compagno di viaggio, inteso come satellite in astronomia. Fu progettato dall’Unione Sovietica, anche grazie ai missili tedeschi V2 reperiti nella Seconda Guerra Mondiale. Il programma Sputnik ebbe inizio nel 1948, quando si intuì la possibilità di modificare missili militari in vettori per il lancio di satelliti. L’annuncio del successo del lancio venne dato da Radio Mosca la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1957. Con il lancio dello Sputnik 1 l’Unione Sovietica prese in contropiede gli Stati Uniti, che solo il 31 gennaio 1958 mandarono in orbita il loro primo satellite: l’Explorer 1. Gli strumenti a bordo dello Sputnik 1 rimasero funzionanti per 21 giorni. Lo Sputnik 1 aveva lineamenti ben più semplici di un satellite artificiale odierno, era infatti formato solo da una sfera pressurizzata di alluminio di 58 cm di raggio e da 4 antenne lunghe circa 2,5 metri. Bruciò durante il rientro in atmosfera il 3 gennaio 1958 dopo circa 1400 orbite e 70.000.000 km.
Ecco un’immagine ad alta risoluzione dell’oggetto.
[da Wikipedia]

Un mese dopo, il 3 novembre, venne lanciato lo Sputnik 2 con a bordo la cagnetta Laika.

Il beep-beep dello Sputnik, che si poteva ricevere più volte al giorno, quando il satellite passava sugli USA, fu una doccia fredda sia per la nascente industria aerospaziale americana che per politici e militari. Nell’ottica della guerra fredda, infatti, chi poteva mettere in orbita un satellite avrebbe potuto facilmente fare lo stesso con una bomba.

iPod bloccati

UPDATE 2024

Secondo questo sito, ormai chiuso ma citato anche da arsTECHNICA, i nuovi iPod hanno un codice (un checksum) crittografico che impedisce agli utenti di usarli con applicazioni di terze parti. La notizia è ripresa e confermata anche da Boing Boing.
Traducendo, questo significa che iTunes resta l’unico software capace di gestire un iPod. In soldoni, vuol dire che coloro che preferivano usare Winamp o qualche altro player per gestire l’iPod, con i nuovi modelli non potranno più farlo.
Con la nuova serie, il nuovo Nano, il Classic e l’iTouch, soltanto iTunes è in grado di accedere alla lista dei brani e alle playlist, mentre gli altri player vedono zero file.
Questo però significa anche che gli iPod non potranno più essere utilizzati con sistemi operativi su cui non esiste iTunes, primo fra tutti Linux.
Ma notate che tutto ciò non ha niente a che fare con la pirateria. Serve piuttosto a limitare le scelte di chi acquista un iPod.
La cosa potrebbe sembrare assurda: considerato che questo taglia fuori gli utenti Linux, Apple spende del denaro in ingegnerizzazione per eliminare alcune funzionalità dell’apparecchio e limitare il numero dei potenziali clienti.
Perché lo fa? Una prima spiegazione è evitare che i suoi competitors possano costruire dei software che possano caricare in iPod dei brani che non provengono da iTunes. Ora che parecchie major del disco iniziano a vendere brani senza protezione (DRM), si impedisce agli utenti di acquistare i brani ovunque e caricarli nell’iPod e in pratica questo significa legarli a iTunes.
Inoltre Apple introduce queste restrizioni con il Digital Millennium Copyright Act dalla sua parte, per cui eludere questa protezione è un atto illegale.
È un po’ come vendere un’auto che funziona solo con una determinata marca di benzina, quando sul mercato ne esistono di più economiche e soprattutto senza restrizioni, ma, magari, meno comode.
Questo gioco è stato fatto altre volte: una azienda lancia un prodotto che ha successo e conquista una solida posizione sul mercato. Poi, quando le altre aziende reagiscono con prodotti più innovativi o a prezzi inferiori, introduce limitazioni per legare a sé almeno gli utenti che ha.
In questo gioco, quelli che pagano il prezzo maggiore sono, come accade spesso, gli utenti. Costoro, poi, reagiscono a quella che considerano una ingiustizia e qualcuno fabbrica un crack e questo è illegale.

C.v.d, qualcuno ha già implementato un crack.

Ma ormai tutta la storia non ha più senso.

Robot Drum

I giapponesi, nella loro ossessione per i robot, non trascurano la musica.
Qui vedete alcuni robot impegnati al tamburo tradizionale daiko.
Quello che fanno può sembrare banale, ma non lo è. Se uno dei due esegue un ritmo regolare, l’altro suona in controtempo, il che significa che il secondo ascolta il primo e trattandosi di robot, non è poco.

MIDI Controllers

Controller Zone è una interessante pagina che raccoglie link ai produttori di una serie di superfici di controllo MIDI, cioè quegli oggetti che permettono di inviare dati MIDI tramite faders, potenziometri e bottoni, oppure con sistemi un po’ meno usuali come un theremin MIDI o un sistema che genera dati a partire dalle onde cerebrali.

Cilindri e dischi

cilindro
solchi

1877: Edison registra la voce umana (“Mary had a little lamb”) mediante solchi incisi su un cilindro di stagno.
Per avere un’idea della resa, questa è la voce di Edison registrata da uno dei suoi fonografi. Non è male pensando all’epoca, ma ovviamente è voce parlata, quindi a banda limitata; la musica sarebbe venuta molto peggio. È interessante notare come Edison si rendesse perfettamente conto dei suoi limiti: il fonografo, infatti, non venne pubblicizzato come apparecchio per incidere musica, ma come dittafono per ufficio o per l’archiviazione di discorsi e di testimonianze di vari tipi (processi, riunioni, etc). La storia lo smentirà in breve.
Il fonografo fu brevettato nel 1878.
Negli anni seguenti altri inventori cercarono di migliorare il prototipo di Edison apportando varianti tali da giustificare altri brevetti (non si brevetta l’idea, ma l’oggetto). Nel 1885, Bell e Tainter brevettarono il “grafofono” che usava cilindri ricoperti di cera, mentre, nel 1887, Berliner creò il “grammofono” che incideva un disco al posto del cilindro.
Quest’ultimo fu il primo ad arrivare alla produzione di massa nel 1888 con un disco di 7 pollici che girava a 30 giri/min. (2 min di durata). Ma, solo un anno dopo, Edward D. Easton fondò la Columbia Phonograph Co. con l’idea di commercializzare un sistema a cilindri. Era l’inizio della lotta “cilindro contro disco” che continuerà fino al 1913.
Sopra: il Fonografo di Edison e i solchi di “Mary had a little lamb”.

victorNel 1890 abbiamo il primo jukebox a cilindri. Esposto al San Francisco’s Palais Royal Saloon e funzionante a monete, incassò più di $ 1000 in 6 mesi nonostante disponesse di soli 4 cilindri.
La produzione di massa inizia nel 1893: Berliner vende 1000 grammofoni e 25000 dischi. In pochi anni vengono fondate varie etichette discografiche, fra cui Victor e Odeon.
Nel 1903, in Europa, si vendono dischi da 10 pollici (circa 25 cm, durata 4 minuti) di artisti famosi come Caruso. Viene registrato l’Ernani, di Verdi, su 40 dischi. Si realizza un prototipo di disco inciso su ambo i lati. A lato: il famoso logo della Victor.
1908: i primi famosi cantanti americani dell’epoca (John Lomax, John McCormack) firmano contratti discografici.
Nel 1910 erano già disponibili dischi a 78 giri con formati da 7 a 21 pollici e durata fino a 8 minuti. Nel frattempo (1909) era stata inventata la bakelite, una resina plastica con cui i dischi venivano costruiti e stampati a caldo.

Anche per i musicisti si apre l’era della riproducibilità tecnica che, insieme alla radio inventata nel 1894, rivolta letteralmente il modo in cui si concepisce la musica.

La prima macchina musicale (forse)

colosso di memnone
L’idea di costruire una macchina in grado di riprodurre la musica è sempre esistita.
La prima macchina “musicale” di cui abbiamo notizia è la colossale statua di Memnone a Tebe, costruita intorno al 1500 AC. In realtà si tratta di due statue gemelle che rappresentano il faraone Amenhotep III (XV secolo AC) in posizione seduta, con le mani sulle ginocchia e lo sguardo rivolto a est, verso il fiume e il sole nascente. Solo una di esse, però, era sonora.
Il nome con cui sono tuttora conosciute queste statue, Colossi di Memnone, fu coniato dagli storici greci, che le associarono all’eroe mitologico.

Memnone, infatti, è un personaggio omerico: re etiope, figlio dell’Aurora e di un principe troiano, accorse in aiuto di Troia e perì sotto le sue mura per mano di Achille.
Nell’immaginazione dei visitatori di età classica, l’eroe raffigurato nella statua salutava la madre (Eos dea dell’alba) con un suono come di corde di cetra che si spezzassero. La cosa è stata spiegata con la presenza, nella quarzite in cui è intagliata la statua, di cristalli, i quali in un certo qual modo si assestavano in seguito alla differenza di temperatura, veramente notevole in quella zona, tra la notte ed il giorno. [ipotesi del prof. Barocas].
Dopo un restauro, effettuato in epoca romana per volere dell’imperatore Settimio Severo, nel 199 d.C. i suoni cessarono di essere udibili.

tratto dalla mia dispensa dedicata alla Cronologia della Tecnologia Audio e della Musica Elettroacustica.

Dov’è finito il mio isotopo?

advertising
Sicuramente non capirete il testo (è urdu), ma riconoscerete il simbolo di materiale radioattivo.
Questo annuncio, pubblicato la scorsa settimana sui principali quotidiani pakistani, sta facendo drizzare i capelli agli esperti di sicurezza occidentali. In pratica, istruisce la popolazione su cosa fare nel caso ci si imbatta, per puro caso, in un po’ di materiale radioattivo.
Finora, non risulta che in Pakistan sia andato perduto del materiale radioattivo, ma le riserve pakistane sono malamente archiviate e secondo Nature, il padre del locale programma nucleare, A.Q. Khan, è noto per aver venduto segreti tecnologici al mercato nero.
Le autorità minimizzano il senso di questa campagna, sostenendo che è finalizzata a proteggere la popolazione dal ritrovamento di materiali utilizzati in vecchi impianti medici e industriali. In effetti, nel 1987, un barattolo di cesio-137 abbandonato in una discarica brasiliana ha contaminato 244 persone e in marzo, un contenitore di yellowcake (ossido di uranio) è saltato fuori in una agenzia di pegni a Los Angeles.
Nonostante queste considerazioni, la campagna pakistana è considerata “preoccupante” da parte degli esperti occidentali.

From Nature

Internal Watch

internal watch
È fantastico il livello di …. [non so cosa scrivere; mi vengono troppe parole e tutte sono passibili di querela] a cui possono arrivare produttori e consumatori.
L’orologio che vedete a destra è dichiaratamente non funzionale. Il produttore dice:

The internal watch is encased in leather, rendering it a non-functional timepiece. Perfect for the man with no time. Black. 9″ x 2″.

Prezzo: $275

Non vi dico neanche il sito, apposta.

Il deposito dei 10000 anni

signalFinora, il sarcofago di Chernobyl era additato come il più evidente monumento alla follia autodistruttiva dell’uomo, destinato ad essere conservato integro per migliaia di anni e utilizzato dagli oppositori del nucleare per dimostrare la sua pericolosità.
I fautori dell’energia nucleare, invece, sostengono, a ragione, che la centrale di Chernobyl era un impianto vecchio e insicuro, ma ora, negli Stati Uniti, additati come dimostrazione dell’esistenza di centrali sicure, è quasi completo un altro monumento a mio avviso ancora più folle, perché non è frutto di un incidente, ma di un pensiero lucido e razionale.
Si tratta del Waste Isolation Pilot Plant (WIPP), una discarica nucleare sotterranea situata nel deserto del New Mexico, profonda fino 2150 piedi (ca. 650 m).
Qui sono stati depositati per anni tutti i rifiuti radioattivi provenienti dalle centrali nucleari degli USA e quando sarà pieno (ed è quasi pieno) dovrà essere sigillato definitivamente.
Certamente il WIPP è sicuro. Test continui anche di terze parti, hanno dimostrato che nessuna radiazione sfugge dal deposito sotterraneo e si può anche camminarci sopra in assoluta sicurezza. Se è per questo, ci credo, ma il punto non è questo.
Il punto è che, dal momento della chiusura, sarà necessario segnalare chiaramente che chi scava qui, muore. E non solo: scavando si potrebbe aprire un vaso di pandora in grado di avvelenare una vasta area, prima che la fonte venga identificata e richiusa.
Fin qui niente di strano. Il governo americano è certamente in grado di impedire l’accesso all’area. Il problema, però, sta nel fatto che questo divieto dovrà essere mantenuto per almeno 10.000 anni, tale è il periodo di tempo necessario perché le scorie diventino relativamente innocue.
10.000 anni sono un periodo di tempo inimmaginabile. I monumenti più antichi che abbiamo, le piramidi, esistono dalla metà di questo tempo.
Il problema che i tecnici stanno affrontando è di far sì che questa informazione vitale venga tramandata e si conservi intatta per questo inimmaginabile periodo di tempo.
Guardate queste immagini:

Per noi sono chiarissime, ma cosa diranno ai nostri discendenti anche fra “soli” 3000 anni? Come sarà la razza umana fra 10000 anni? Come progettare un messaggio che mantenga intatto il suo significato nonostante le inimmaginabili differenze culturali che si produrranno?
Se ne è occupata la Sandia Corporation, producendo un suggestivo rapporto in cui si immagina di costruire strutture che evochino un senso di pericolo, come quella nell’immagine di apertura. Suggerimenti solo in parte accolti dal governo, che ha optato per soluzioni più tradizionali, ma qualsiasi soluzione, a mio avviso, è insufficiente di fronte alla curiosità umana.
Così come le maledizioni e le iscrizioni non ci hanno impedito di entrare nelle tombe dei faraoni, nessuna struttura è in grado di impedire che i nostri lontani discendenti cerchino di capire cosa c’è lì, anzi, per me, la presenza di costruzioni strane e uniche come quelle proposte nel rapporto di cui sopra, sarebbe solo un incentivo a scavare.

50 anni

La computer music compie 50 anni.
Più o meno in questi giorni, nel 1957, presso i laboratori della Bell Telephone, Max Mathews faceva i suoi esperimenti di sintesi del suono con il MUSIC I, il primo sintetizzatore virtuale della storia, l’antenato di tutti i software di sintesi usati attualmente, come CSound o Max/MSP (così chiamato proprio in suo onore).
Nonostante non sia stato il primo caso di musica generata dal computer (in Australia il computer dello CSIRAC fu programmato per produrre musica già nel 1951), i programmi di Mathews furono i primi a creare uno standard e ad essere utilizzati da una comunità di musicisti via via sempre più vasta.
Il compleanno sarà celebrato con dei concerti presso il CCRMA, alla Stanford University dove Max, che ha da poco compiuto 80 anni, ricopre la carica di professor emeritus.

T-clock

La vedete? È una T-shirt con un orologio sopra. Ma l’orologio non è stampato. Funziona. C’è anche una funzione cronometro.
Il problema è che dovete tirarvi dietro anche 4 batterie AAA con autonomia da 12 a 36 ore in base alle modalità di funzionamento (il display si può spegnere o lampeggiare).
L’altro punto è che vi trasforma in un orologio ambulante: gli altri leggono bene l’ora, voi no.
Costa $89.95 da groovygadgetsonline

Però l’idea è interessante. In tempo di wireless è facile pensare a magliette con film che vanno, news, immagini e magari, visto il numero di webcam non protette in giro, prima o poi, passeggiando per un aeroporto qualcuno vedrà, sulla schiena di qualcun altro, la moglie che se la spassa con il classico migliore amico…

IceMusic

Una interessante (?) iniziativa dalla Val Senales

La musica che viene dal ghiaccio Musica di ghiaccio? Il nome Tim Linhart (USA) sta per sculture filigrane estetiche e strumenti musicali di ghiaccio. Strumenti ad arco rifiniti di sottili strati di ghiaccio sono i protagonisti di un progetto unico nelle alpi – forse nel mondo. Le casse armoniche di violini, violoncelli e altri strumenti risuoneranno ad alta quota presentati tramite una rassegna che si manifesta da metà febbraio fino pasqua del 2007. Un programma culturale di altissimo livello fra classica, jazz, ambient e musica etnica che trasmetterà una sensazione indimenticabile.
Luogo della manifestazione è il ghiacciaio della Val Senales in Alto Adige a 3.200m s.l.m. facilmente raggiungibile con la teleferica della omonima stazione sciistica. Il panorama a mozzafiato, il ” duomo di ghiaccio ” di una dimensione notevole situato nel ghiaccio eterno ci ispira e trasmette una sensazione di cultura e natura unica e non paragonabile.

Sito: IceMusic

The Last Messages (1000 SMS)

smsA novel whose narrative consists entirely of mobile phone text messages has been published in Finland.
“The Last Messages” tells the story of a fictitious information-technology executive in Finland who resigns from his job and travels throughout Europe and India, keeping in touch with his friends and relatives only through text messages.
His messages, and the replies — roughly 1,000 altogether — are listed in chronological order in the 332-page novel written by Finnish author Hannu Luntiala. The texts are rife with grammatical errors and abbreviations commonly used in regular SMS traffic.
Hard work for translators.

Questo è il materiale di cui è composto il nuovo romanzo dello scrittore finlandese Hannu Luntiala.
“The Last Messages” racconta la storia di un funzionario di una compagnia informatica finlandese che lascia il proprio lavoro e viaggia attraverso l’Europa e l’India, mantenendosi in contatto con amici e parenti soltanto via SMS.
I suoi messaggi e le relative risposte, in totale circa 1000, sono riportati in ordine cronologico nelle 332 pagine del romanzo così come sono, con errori, locuzioni gergali e abbreviazioni.
Sarà dura per i traduttori.

From Yahoo News

Siamo ostaggi

Questo post prende le mosse da un fatto.
The Pirate Bay annuncia: “Era solo una questione di tempo, e infatti eccoli qui! Ieri l’utente Lyzz ha fatto la storia pubblicando il primo film HD DVD” (fonte Punto Informatico).
Circa un mese fa, un programmatore che si fa chiamare Muslix64 ha infatti annunciato di essere riuscito ad aggirare l’Advanced Access Content System (AACS), il nuovo sistema di protezione adottato dai formati DVD di nuova generazione Blu-ray e HD DVD.
Ora troviamo i primi HD DVD (file da oltre 20 Gb) su Bit Torrent. Il tutto fa presagire l’ennesima guerra major contro utenti, ma il blog Bored With Everything fa questa considerazione (prontamente tradotta da Punto Informatico): “Cos’è che traina la tecnologia più di qualsiasi altra cosa? La pirateria. Con la possibilità di visualizzare i file con molti diversi software DVD, questo è un grosso balzo per HD DVD, anche se loro (i produttori di tecnologia, ndr.) non lo dichiareranno pubblicamente. Il prossimo passo saranno masterizzatori HD DVD a buon prezzo, e così la guerra dei formati avrà fine”.

E così arriviamo al punto di cui personalmente sono convinto da anni. Tutto questo dibattito copyright/copyleft è importante, ma in realtà la guerra che si sta combattendo oggi è un’altra in cui noi non siamo protagonisti, ma ostaggi. È una guerra industriale e commerciale in cui noi siamo il territorio da conquistare.
Prendiamo, per esempio, la famosa faccenda del file sharing. Sembra essere una questione fra le major e gli utenti, ma non è così.
In realtà, da una parte ci sono le major che vendono musica e film, ma dall’altra ci sono le telco (compagnie di telecomunicazione) che vendono connessioni internet.

  • E secondo voi, quante connessioni via fibra si venderebbero a circa € 20 al mese se non ci fosse qualcosa da scaricare gratis?
  • Quanti comprerebbero connessioni via fibra solo per leggere la posta e surfare un po’?
  • E quanti la comprerebbero per poi spendere altri soldi per comprare contenuti e oggetti vari?
  • E quanti lettori DVD si sarebbero venduti per metterci dentro solo materiale regolarmente acquistato o noleggiato?
  • E quanti iPod?
  • Sapete che una ricerca ha mostrato che solo il 17% della musica caricata su iPod è stata regolarmente acquistata? (fonte BBC)
  • E ancora, chi avrebbe in casa un masterizzatore solo per fare il backup dei dati?

Il tutto assomiglia molto alla guerra fra major e produttori di registratori di un po’ di anni or sono.
E poi, considerando che il porno costituisce di gran lunga la maggior parte di ciò che viene scambiato in rete, vi siete mai chiesti perché i produttori di porno non protestino mai per le copie? Solo perché il loro prodotto è moralmente discutibile? (ma lo è?). Non scherziamo. Il fatto è che loro sanno che più gira, più si vende.
La guerra vera, quindi, è fra i produttori di contenuti da una parte e i costruttori di hardware e le telco dall’altra. Noi siamo ostaggi.

OddMusic

logo
celestial harp
Una citazione di dovere al sito di Odd Music che ormai da anni raccoglie e archivia documentazione sugli strumenti musicali auto-progettati e auto-costruiti, dall’innovativo al demenziale.
A testimonianza del lavoro di oddmusic, ecco alcuni estratti che vanno dal Bazantar (un contrabbasso a 5 corde con 29 corde di risonanza e 4 di bordone; click & scroll per gli esempi; ascoltare quelli etichettati “solo” ) fino alla Celestial Harp (in figura) costruita intorno ai concetti del cerchio, del quadrato e della spirale, con ovvie connotazioni astrologiche, di cui vi presentiamo 3 esempi (ex1, ex2, ex3).

Oddmusic is home to unique, odd, ethnic, experimental and unusual musical instruments and resources. Tour the Gallery, see in-depth sections featuring artisans who blazed new trails or are on the cutting edge of new and previously unheard musical instruments. Look, listen, and explore music and musical instruments that aren’t part of the mainstream. Showcasing unusual musical creations and sounds of unique artists and artisans from around the globe. From gourd music to electronic odysseys, harp guitars to industrial insects, from beautiful, to bizarre, to just plain wacky. New, unique innovations, along with heavily modified hybrids of instruments once formally known as guitars, basses, keyboards, drums, wind and stringed instruments. Musical stalagmites, bowed telegraph wires, twisted electrons, Circuit Bending, Waterphones, Hang drums, ethnic instruments, Stamenphones, Theremins, Serpents, Light Harps, and much more. Give your eyes and ears a treat. Feed your imagination at Oddmusic.

Waterphone

waterphone

Date un’occhiata a questo strumento.
Si chiama waterphone, non perché abbia a che fare con l’acqua (anche se l’acqua c’è), ma perché il suo inventore è il sig. Richard Waters.
Il suono è molto bello. Un incrocio fra campane tibetane e kalimba.
Vi metto due link: un audio e un video. Altri esempi sul sito.

Waterphone: audiovideo

Tenete lontani i vostri bambini

VRT
Boing Boing riporta una trasmissione radio della NPR in cui viene descritto questo interessante ordigno, sviluppato dalla Integrated Wave Technologies, che i soldati americani utilizzano per “comunicare” con gli indigeni (nella fattispecie, gli iracheni).
Si tratta di un traduttore che capisce un numero limitato di frasi ed è in grado di ripeterle in 15 lingue, spesso in forma più dettagliata.
Quello che mi colpisce è il tono della descrizione. È per questo che ho scritto “comunicare” fra virgolette. Dice:

Per esempio, quando il soldato dice una semplice frase come “keep kids back”, il Voice Response Translator (VRT) traduce in arabo accrescendo il dettaglio. In questo caso, la traduzione è “Tenete i vostri bambini lontano da noi o intraprenderemo delle azioni contro di voi”

il che, detto da un marine che, come minimo, ti tiene un M16 puntato addosso, è estremamente rassicurante, favorisce il dialogo e lo stabilirsi di un clima di fiducia.
La dichiarazione del produttore è ancora più allucinante:

Comunicazioni semplici come questa possono salvare vite, sia fra i civili che fra i militari. Questo elimina il tirare il grilletto come prima opzione nel trattare con gli indigeni.

Maledizione, io capisco che in guerra sia utile impartire istruzioni chiare ai civili e magari questo oggetto serve, ma un po’ di diplomazia, no? Forse “tenete i bambini in casa, qui è pericoloso” sarebbe stato meglio.
E l’ultima frase significa forse che senza il VRT, la prima opzione è tirare il grilletto?
I consulenti per la comunicazione che gli USA pagano profumatamente, cosa ci stanno a fare? E chi sono?

Suono come Acqua

Il musicista e programmatore australiano Sebastian Tomczak mostra come sia possibile controllare un suono usando una superficie d’acqua e 5 raggi laser.
Questa sorprendente strumento è un prototipo del Toriton Plus, progettato e costruito da lui stesso.

The australian musician/programmer Sebastian Tomczak shows how to control sounds uning a water surface and five lasers.
This amazing instrument is a prototype of the Toriton Plus, realized by Tomczak himself.

The Critical Mass

L’associazione ambientalista olandese Enviu (Environment and You) e Döll – studio for the art of building, hanno sviluppato The Critical Mass: l’idea di una discoteca a basso impatto ambientale realizzata presso il club Off_Corso di Rotterdam.
Se ci pensate, non c’è niente di più “sprecoso” di una discoteca: si spreca un casino di energia per far andare impianti audio e luce al fine di consentire a un casino di gente di sprecare altra energia muovendosi in modo insensato, creando un casino di calore e umidità che vanno sprecati.
L’idea è quella di recuperare almeno una parte di questa energia, convertendo in energia elettrica l’energia cinetica generata dal movimento dei “ballanti”. Il pavimento, infatti, è a doppio strato. Fra i due strati è steso uno strato di cristali piezoelettrici (piezein = pressione) in grado di generare una differenza di potenziale quando sono soggetti a una deformazione meccanica. Ecco, quindi, che la pressione di centinaia di piedi in movimento può creare elettricità che va ad alimentare il locale stesso.
Fra l’altro, questo sistema è attualmente al centro dell’attenzione: si progettano impianti atti a recuperare energia dalla vibrazione creata da auto, tram e perfino persone che si muovono sulle scale.
L’Off_Corso è anche dotato di altri impianti eco-sostenibili: le pareti cambiano colore in base alla temperatura e all’umidità e l’acqua piovana (tanta, a Rotterdam) viene raccolta per essere usata negli sciacquoni.

The environmental association Enviu (Environment and You) ans Döll – studio for the art of building, develop The Critical Mass: the idea of a dance club with a low enironmental footprint.
The concept was realized at the Off_Corso dance club in Rotterdam.

With the Sustainable Dance Club, Enviu and Doll have taken on the challenge of creating a sustainable environment within clubbing. Next to physical and design solutions, we’ve also looked at the organisation itself, but foremost at how to create a sustainable and fully recyclable environment. You only have to imagine the amount of energy, warmth and humidity that a club crowd produces on such an evening to see the great potential. Furthermore important are the program of the club, the food and beverages that are served and creating the natural conditions in which drinking and flirting can take place. As thus a place is constructed in which people can make a sustainable contribution to their environment whilst enjoying life.

In the sustainable dance club, electric energy is created by the moving of dancers on a piezoelectric floor. Piezoelectricity is the ability of crystals to generate a voltage in response to applied mechanical stress.
Such crystals are embedded in the dance club floor, generating electricity while people are jumping and dancing on.

Finalmente risolto il problema del batterista

Haile
Se questa ricerca procede, fra un po’ potrete, a cuor leggero, minacciare di licenziamento il vostro batterista :mrgreen:.
Haile è un percussionista robotico che è in grado di ascoltare gli altri musicisti (umani), analizzare in tempo reale la loro performance e suonare insieme a loro, anche improvvisando.
Guardatevi questi due video (quicktime). Nel primo, “Pow”, Haile suona insieme a un percussionista che usa un powwow drum tradizionale degli indiani d’America. Nel secondo, “Jam’aa”, Haile suona con vari musicisti equipaggiati con tamburi medio-orientali.
Quest’ultimo video, invece, è dimostrativo e didattico.
Heile è stato sviluppato da Gil Weinberg e Scott Driscoll press il College of Computing della Georgia Tech.

Come informatico, però, lasciatemi dire che sviluppare un programma che ascolta e segue un percussionista umano non è così difficile, perché la percezione del ritmo è data dagli attacchi e gli attacchi dei suoni percussivi sono facilmente individuabili.
Ben altra cosa è seguire un flautista o un violinista. Intanto l’attacco di questi strumenti non è così secco e poi, se questo comincia a fare lunghe frasi legate, in cui gli attacchi non si sentono, allora il computer deve capire il ritmo individuando il cambio di nota e la cosa è più complicata.
Come vedete, per ora il sistema è in via di perfezionamento, però, con la velocità della tecnologia, aspettiamoci, fra un po’, una band fatta di robot che suona dal vivo musica semplice (per es. tipo kraftwerk) senza essere pagata.

Unire l’utile al dilettevole

pc-farm
Boing Boing pubblica una segnalazione di un utente polacco secondo il quale la polizia di quel paese avrebbe arrestato un ragazzo di 17 anni che ha trovato il modo di integrare una coltivazione di cannabis nel case del proprio computer (foto a fianco).
Il pc, peraltro regolarmente funzionante, era stato modificato in modo da contenere una fonte di luce e mantenere un tasso di umidità costante.
Ecco il link al sito della polizia polacca.

A proposito di volume…

… ecco a voi il subwoofer da 60 pollici (cioè metri 1.524), capace di produrre un livello superiore a 180 dB.
Ancora non ci credo. È un subwoofer: 30 Hz a 180 dB fanno cadere i soprammobili, aprono le porte e forse rompono i vetri.
Ecco la foto e qui c’è l’articolo completo.

Here it is!. The 60-inch subwoofer absolutely has the capability to produce SPL levels well above 180 dB.
I can’t believe it. Here is the image and the complete article.

Musica stampata

Ormai siamo così abituati ai software di notazione tipo Finale che non ci rendiamo conto come veniva prodotta una pagina stampata prima di questi programmi.
Andate a vedere questo video. Il commento è in tedesco, ma potete attivare la traduzione con sottotitoli (cliccate [CC] e scegliete la lingua con la ruotina). Comunque, anche se non si capisce, quello che si vede si capisce benissimo (ma non togliete l’audio).
Notate anche che il tipografo incide la pagina come se fosse allo specchio, per ovvii motivi.
Questo spiega perché un tempo le partiture costassero molto e non spiega perché adesso che il tutto è molto più semplice continuino a costare tanto.

La chitarra più strana

Credo che questo modello vinca definitivamente il titolo.
Si tratta di una chitarra in silicio, fabbricata alla Cornell University per mostrare la possibilità di manipolazione offerte dalle nano-tecnologie.
L’oggetto in questione è lungo circa 10 micrometri (milionesimi di metro), più o meno come una singola cellula. Ha 6 corde, ognuna spessa circa 50 nanometri (miliardesimi di metro), cioè circa 100 atomi.
Le corde, pizzicate con un nano-oggetto (in realtà un microscopio a forza atomica), vibrano producendo frequenze purtroppo non udibili.

Grande chitarra!

Questa stupenda chitarra, che oltretutto suona davvero, è stata costruita dal liutaio Linda Manzer per Pat Metheny nel 1984 e rifatta più tardi anche per Scott Chinery.
La richiesta originale di Metheny era di una chitarra con “il maggior numero di corde possibile”. Ne ha 42. Accordarla è una vera rogna.

This beautiful guitar, that really plays, has been build by Linda Manzer for Pat Metheny in 1984.
The Metheny request was a guitar with “as many strings as possible”. There are 42. Tuning is a big deal.

Strategie Oblique

Le Strategie Oblique sono state sviluppate nel ’74 da Brian Eno e Peter Schmidt.
Si tratta di un mazzo di carte su ognuna della quali è stampata una sentenza oracolare. Il loro scopo è quello di aiutare l’artista a prendere una decisione nel corso del delicato tragitto che conduce all’opera compiuta con una modalità di pensiero vicina a quella orientale (indubbiamente devono molto all’I Ching almeno come ispirazione). Così a volte ci si trova di fronte a istruzioni quasi operative (“Usa meno note”; “Lavora con un ritmo differente”), altre volte a consigli applicabili in molti modi (“Torna sui tuoi passi”; “Solo una parte, non il tutto”), qualche volta si sconfina nell’oracolo (“Non si tratta di costruire un muro, ma di fare un mattone”).
Sono state anche stampate in quattro edizioni, tutte leggermente differenti (le sentenze vanno e vengono): le prime tre (1975, 1978, 1979) regolarmente distribuite sul mercato (anche in ed. italiana da GammaLibri, 1983), la quarta, completamente diversa, per uso privato (1996).
Eno e Schmidt affermano:

Queste carte si sono sviluppate a partire dall’osservazione dei principi che regolano le nostre creazioni.
Talvolta [i suddetti principi] sono stati riconosciuti retrospettivamente (facendo così coincidere intelletto e intuizione), a volte sono stati identificati osservando ciò che è successo, altre volte si è trattato di formule.
Possono essere utilizzate come un tutto (una serie di possibilità costantemente riportate alla memoria) opure isolatamente, estraendo una carta dal mazzo mescolato quando si presenta un dilemma a un certo punto del lavoro. In questo caso, ci si rimette alla carta anche se l’applicazione non è chiara.
Le carte non danno responsi definitivi, nel senso che nuove idee si presenteranno spontaneamente mentre altre diventeranno via via evidenti.
[Eno, Schmidt, 1975, trad. mia]

La cosa interessante di questi oggetti è che, come l’I Ching e in fondo tutti i testi oracolari, possono portare a vedere le cose in un modo diverso dall’usuale. Invece di incaponirsi cercando una soluzione con i soliti mezzi, suggeriscono una via trasversale per uscire dall’impasse.
Esiste un sito dedicato alle strategie oblique che sono anche consultabili in linea.

Le perversioni dei brevetti (1)

Tanto per allargare un po’ il discorso del post precedente, pubblico qui parte di un mio testo di qualche anno fa riguardante i brevetti, finora non pubblicato.
Potrebbe anche chiamarsi “Le perversioni del libero mercato 1 (aka L’Etica Aziendale)”, ma mettendola su questo piano, la serie non finirebbe mai…
È lungo, ma spero interessante. Comunque, per non annoiare, ho messo un link di continuazione a metà.

In tutte le legislazioni esiste il brevetto ed è visto come un incentivo alla ricerca. Il ragionamento è: assicurando una ventina di anni di sfruttamento esclusivo dell’invenzione o di introiti derivanti dai diritti, l’investimento degli ingenti capitali necessari alla ricerca diventa conveniente.
In teoria è giusto, ma il problema è che la realtà non è quasi mai così. Spesso la presenza del brevetto è un ostacolo alla diffusione di una invenzione. A volte ne provoca anche la scomparsa.
Andate a vedere, per esempio, a quando risale il brevetto dell’air-bag, che pure è un oggetto salvavita (secondo le stime del governo statunitense, 15.000 vite salvate contro le 242 perdute perché il passeggero non aveva la cintura al momento dell’impatto) e scoprirete che è del 1952 e appartiene a tale John Hetrick.
Il brevetto arrivò a scadenza nel 1972, guarda caso proprio un anno prima che General Motors decidesse di piazzare i primi air-bag della storia dell’automobile su alcune versioni della Chevrolet Impala. Inoltre, le industrie automobilistiche erano molto reticenti all’installazione di questo sistema, anche quando tutti i test ne provavano l’efficacia, perché aumentava costi e prezzi, tanto che il governo statunitense dovette renderlo obbligatorio con una legge nel 1984.
Tutto ciò dimostra che:

  • le aziende hanno consapevolmente ritardato per almeno 20 anni l’adozione di un sistema salvavita;
  • anche a brevetto scaduto, le aziende non lo avrebbero introdotto senza una disposizione governativa, a riprova che il cosiddetto libero mercato necessita di un controllo continuo e feroce;
  • pur avendola brevettata, Hetrick non guadagnò un solo penny dalla sua invenzione;
  • si tratta di una ulteriore prova che l’esistenza dei brevetti non porta benefici ai consumatori e non incrementa la ricerca, anzi, spesso la blocca;
  • dov’è l’etica aziendale?

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8 idee per un iPod nano

In realtà l’idea è una sola: uccidere qualcuno.
Non c’è niente di strano. Alzi la mano chi, mentre cercava di parlare con qualcuno con addosso iPod e cuffiette, non ha pensato di strapparglielo e farglielo mangiare.
Ora la rivista letteraria McSweeney, divenuta ormai quasi leggendaria per aver ospitato scrittori come David Foster Wallace, Rick Moody, Jonathan Lethem, Zadie Smith, William Vollmann così come corrispondenze epistolari con Unabomber e reportage sul secessionismo hawaiano, ci delizia con un pezzo di Keving Fleming il cui titolo è tanto diretto quanto interessante: EIGHT WAYS TO KILL SOMEONE BY USING AN IPOD NANO, ACCORDING TO EX-MARINE BRAD COLLUM.
Wow! Finalmente un utilizzo costruttivo di quell’oggetto. In sintesi, i suggerimenti sono (NB: questa non è una traduzione, solo un riassunto commentato; i miei commenti sono tra parentesi e in italico):

  1. Spezzarlo a metà con le mani e usare una scheggia tagliente del vetro per tranciare la giugulare della vittima (semplice e diretto ma bisogna avere coraggio e poi tutto quel sangue…)
  2. Togliersi un calzino, metterci dentro l’iPod, roteare il calzino come una fionda e colpire il bersaglio sulla tempia (mmmm… c’è il forte rischio che non muoia, poi bisogna finire il lavoro)
  3. Usare la parte riflettente per sparare un raggio di sole negli occhi del pilota di un veicolo (se la macchina poi va giù dal viadotto o fa un frontale potrebbe essere il delitto perfetto, ma è maledettamente difficile da fare)
  4. Il cavo delle cuffiette può essere utilizzato per strangolare la vittima. Un ginocchio sulla schiena, aiuta (molto buono, ma bisogna essere dei duri)
  5. Scavate una fossa profonda circa 1.5 metri. Prendete un quindicina di pali di circa 5 cm di diametro e 1 m di lunghezza. Appuntiteli ben bene a una estremità e piantateli nella fossa, punta in su. Mascherate adeguatamente la fossa e posate nel mezzo l’iPod (buono; si vede che il consulente è un ex marine, chissà quanti commilitoni ha visto caderci in Vietnam)
  6. Aprite una bustina di the e mettete il contenuto in un piatto. Rompete la batteria al litio e cospargete il the con il veleno contenuto nella batteria. Asciugate il the al sole e rimettetelo nella bustina. Fate in modo che la vittima la usi (capolavoro! ma funziona?)
  7. Scaricate nell’iPod “We’ve Only Just Begun” dei Carpenters. Poi dite alla vittima che, se riesce ad ascoltarla in loop 100 volte, avrà l’iPod in regalo (conosco i Carpenters, ma non ricordo questa canzone; qualcuno mi illumini)
  8. Nascondete l’iPod in una ciotola di lutefisk (piatto tradizionale nordico fatto di stoccafisso e lisciva; sì, proprio lisciva; guardate qui). Poi portatelo all’annuale gara di divoratori di lutefisk in Madison, Minnesota (immaginifico, ma non può funzionare: se quelli digeriscono il lutefisk, digeriscono anche l’iPod)

Ve ne viene in mente qualcun altro?

Trovate l’originale qui.

Cominciate a preoccuparvi

Mi spiace dirvelo, ma è possibile, anzi probabile, che l’avvento del digitale nelle telecomunicazioni e nel multimedia equivalga a una ennesima fregata (leggi: limitazione dei diritti) per l’utente/consumatore.
Quello che segue è un esempio molto ma molto limitato rispetto a quello che si può fare e si sta già facendo.

Dunque, state guardando un film sulla vostra nuova TV ad alta definizione con schermo al plasma, quando parte l’inserto pubblicitario. Lanciando qualche maledizione ai pubblicitari e alle aziende che li pagano, annaspate alla ricerca del telecomando con l’idea di approfittarne per dare un’occhiate alle prove del gran premio di formula 1 sull’altro canale.
Impugnando l’oggetto del potere, premete un tasto… e il canale non cambia.
Inoltre, nella parte bassa dello schermo appare in sovraimpressione un messaggio il cui contenuto è, in sintesi, il seguente:
“Tranquilli, il vostro telecomando non è rotto. In base alla nuova politica di questa emittente, la funzione di zapping viene disabilitata durante gli spazi pubblicitari. Dovete capire che questa emittente vive solo grazie alla pubblicità e solo così sarà in grado di offrirvi nuovi e più entusiasmanti programmi. Il vostro telecomando riprenderà pienamente la propria funzionalità al termine dello spazio pubblicitario. Vi ringraziamo per la collaborazione”
Il bello è che la cosa non coinvolge solo chi sta guardando in diretta il programma. Il vostro amico che ha pensato bene di vedersi le prove del gran premio e registrare il film sul nuovo DVD recorder, non si salverà. Negli spazi pubblicitari, infatti, sarà disabilitata la funzione di avanti-veloce.

Non è fantasia e nemmeno pessimismo. È un nuovo brevetto Philips che sta facendo proseliti (vedi Punto Informatico).
Ora considerate che questo è un esempio molto limitato di quello che si sta facendo nel campo del controllo. Quello a cui si vuole arrivare è:

  • musica, film e altri contenuti multimediali blindati, non copiabili e possibilmente nemmeno prestabili (e questo è il DRM: digital rights management)
  • computer blindati mediante tecnologia TC (trusted computer) che possono consentire soltanto l’accesso o l’esecuzione di software specificamente autorizzato.

Cominciate a preoccuparvi un po’. Date un’occhiata a NO1984.

I’m sorry, but the digital revolution in telecommunication and multimedia is very likely to have a dangerous effect (i.e. right limitations) on users/consumers.
This is a simple and limited example:

Well, suppose you are looking to a movie on your new digital HD TV. The commercial starts and you search for the remote controller to switch to another channel.
You push the button… and the channel don’t change. Moreover, a message appears on the screen:
“Be cool, your controller is good, but following the new policy of this TV station, your remote controller is disabled during the commercials broadcasting. Please, consider that this TV station needs the commercials incomes to offer new and beautiful channels. Your controller will become fully functional after the commercials space. TYVM for your cooperation”
This thing is not limited to the people looking at the movie in real time. Even if you record the movie with your new DVD recorder you will be affected. The Fast Forward function will be disabled during the advertisement’s broadcasting.

It’s not science fiction and it’s not pessimist attitude. It’s a new Philips patent which prevents a user from changing the channel during commercials. According to Ars Technica, ABC is very interested in.
Now, consider that this is a little example of exploiting the digital technologies to control the users. It seem that the aim of the major is:

  • music, movies and multimedia contents completely blocked. No copy (even for personal use) and no loan between friends (this is the DRM)
  • computers totally under control by the so called Trusted Computing technologies. Only allowed software can run and only allowed (so called “safe“) platforms can go on line.

 

Canone obbligato

Non è una forma musicale del ‘600. Sto parlando del canone che tutti noi dobbiamo pagare per sostenere la TV pubblica. E quando dico tutti, intendo dire proprio tutti: che guardiamo o non guardiamo la RAI, che abbiamo o non abbiamo un televisore.
Perché il regio decreto 246 del 21 febbraio 1938 (con successive integrazioni e modifiche) dice che il canone deve essere versato da chiunque possegga “apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive”.
Leggete bene: atti o adattabili significa quasi qualsiasi cosa. Secondo l’interpretazione corrente, infatti, un computer è facilmente adattabile: basta comprare una scheda da pochi euro con selezionatore TV e presa per antenna. La stessa cosa si può fare con un qualsiasi monitor. Esagerando un po’ (ma forse non troppo), si può sostenere che anche la mia lavatrice, che è già dotata di un display LCD, con poche e banali modifiche potrebbe essere messa in grado di ricevere il segnale TV.
Dunque riassumiamo:

  • chi ha un televisore, ma non guarda la RAI, deve pagare il canone;
  • ma anche chi non ha un televisore, ma possiede un computer o un lettore DVD + monitor lo deve pagare, solo perché potrebbe, in via del tutto ipotetica, dotare il suddetto ordigno di un componente che lo mette in grado di vedere la TV.

Ma è fantastico. È geniale!
Per lo stesso principio forse dovremmo pagare in anticipo qualche multa per eccesso di velocità perché tutti possediamo un auto/moto/ciclomotore atto a violare qualche limite. In teoria, anche una bici è adattabile.
Per estensione, forse dovremmo andare in galera in quanto tutti abbiamo in casa qualche ordigno atto o adattabile a commettere un omicidio…
Il bello è che io sono favorevole a una TV pubblica mantenuta da un canone (diciamo che se la RAI fosse come la BBC lo pagherei molto più volentieri), ma questa faccenda dell’obbligare al pagamento anche chi in via ipotetica potrebbe, mi sembra del tutto demenziale.

Nuovi Strumenti: Audiopad

Audiopad è stato sviluppato da due neolaureati del MIT (James Patten and Ben Recht) ed è una delle più interessanti interfacce musicali esistenti. Può essere utilizzato come strumento autonomo perché include una propria libreria di campioni audio ed è in grado sia di suonare che di eseguire operazioni di elaborazione audio nello stesso tempo, ma può anche essere usato come controller di un software di sintesi in realtime che gira su un computer esterno (come Max/Msp) oppure anche di una serie di sintetizzatori MIDI.
La cosa più interessante, però, è sicuramente l’interfaccia. Si basa su una grande superficie orizzontale su cui appaiono dei simboli, in modo simile a uno schermo piatto. Fin qui non ci sarebbe niente di diverso da un grande touch-screen, ma sulla superficie di Audiopad, gli esecutori muovono anche degli oggetti la cui posizione e movimento sono rilevati dal sistema.
Audiopad genera musica interpretando il movimento di tali oggetti e la loro posizione rispetto ai simboli che si trovano sullo “schermo”.
Ovviamente il tipo di simboli e il loro significato, così come l’interpretazione del movimento e della posizione degli oggetti, può cambiare in base al software. Per esempio, i simboli possono rappresentare diversi strumenti e gli oggetti delle parti strumentali. In tal caso, il fatto che l’esecutore muova un oggetto su un simbolo significa assegnare quella parte a quello strumento. Oppure un oggetto può essere un microfono e allora muovere uno strumento vicino/lontano dal microfono significa alzare/abbassare il suo volume.
Inoltre il display non è statico, ma può cambiare quando l’esecutore porta un oggetto in determinate posizioni aprendo così nuove vie di elaborazione audio o interpretazione. Il tutto è fluido perché guidato dal software.
Audiopad, quindi, è molto diverso dalla tradizionale interazione con il computer basata sul modello desktop, tastiera, mouse e per questa ragione è anche difficile da descrivere. In questo caso l’immagine vale decisamente più di 1000 parole, così vi invito a vedere questo buon filmato.
Sfortunatamente Audiopad non è ancora in vendita. L’unica cosa sul mercato che va in questa direzione è Lemur (ne parleremo), ma è solo un passo perché, per quanto carino, si tratta solo di un touch-screen programmabile, molto lontano dalla complessità di Audiopad.

Cagnini Robot

Restando in tema di cani robot, dopo l’annuncio dell’estinzione di Aibo, che comunque continua ad essere venduto fino ad esaurimento, vi segnalo alcuni graziosi giocattoli.
Il primo si chiama iDog (il nome vi fa venire in mente qualcosa?). È della giapponese Sega Toys (giocattoli, videogames…) ed è più un MP3 gadget che un cane. Infatti non ha grandi movimenti. Da quel che si vede si limita a muovere testa, orecchie e coda, ma lo fa a tempo di musica e con tanto di led che si accendono sulla testa.
Questo simpatico animaletto, in effetti, reagisce alla musica, è dotato di un altoparlante interno e ha una entrata jack 3.5mm (per collegare lettori MP3 e CD portatili e naturalmente, visto anche il nome, l’iPod) per cui può riprodurre musica muovendosi come sopra. Se si spegne la musica, si lamenta, guaisce a abbaia (che para!). Sembra costare € 49.90 (sito in italiano alla fine del post).
Saltando a piè pari le cose per bambini (tipo Argo, il cane intelliggente (sic)), la vera sorpresa sembra essere i-Cybie che, a quanto si capisce dal sito, si candida come un successore di Aibo sia pure in misura ridotta (meno potente ma sensibilmente meno costoso: $199).
Ideato e prodotto (guarda un po’) dalla Silverlit di Honk-Kong, i-Cybie esibisce comportamenti complessi e ha vari sensori (vede gli ostacoli, si accorge del movimento intorno a lui, reagisce al tocco e a parecchi comandi vocali e sonori) ed è influenzato dall’ambiente circostante. Può anche essere messo in “guard mode” per cui abbaia quando si accorge di qualche movimento intorno a lui.
Ma la cosa più interessante è che i-Cybie dispone di un sensore a infrarossi con cui può comunicare con i suoi simili nelle immediate vicinanze (3 piedi = 90 cm). Sto indagando per capire che informazioni si scambiano (da buon complottista ho la mente rutilante di ipotesi inquietanti).
Sto preparando una breve ricerca sugli entertainment pets. Stay tuned. Intanto ecco i link ai cagnini robot.

iDog è commercializzato in occidente come eDog.
i-Cybie.

Long live Aibo (1999 – 2006)

Following the Sony Corporation FY05 3Q announcement, the production of AIBO Entertainment Robots will be discontinued as of end March 2006.

Stupido quanto volete e assurdamente costoso ($1599 di listino), ma è stato il primo serio tentativo di costruire e vendere un animale da compagnia.
Aibo, il cagnino robot della Sony, si estingue nel 2006 lasciando le migliaia di esemplari ancora in circolazione alla disperata ricerca di pezzi di ricambio e migliorie software di terze parti, senza nemmeno la speranza di vedere una nuova generazione.
Dite quello che volete, ma a me dispiace. In fondo Aibo incarna il sogno del Golem, un sogno che è sempre esistito e che è parte dell’uomo. E non è vero che non serve a niente semplicemente perché un cane vero fa il suo lavoro molto meglio di lui. Secondo questa ottica anche mettere un piede sulla Luna o mandare un robottino su Marte non serve a niente, ma secondo me, quando questi sogni non esistono più, tutti noi perdiamo qualcosa.
Aibo, poi, non è un cane e non vuole imitare un cane. È un essere ibrido che si muove un po’ come un cane, ma dice qualche parola e canta una canzoncina. Fa tenerezza. E poi vuoi mettere poter dire cose tipo “Basta, spegni il cane e vai a dormire” oppure “Su, andiamo a fare un giro, accendi il cane”.

Long live, Aibo…

PS: non te l’ho mai detto, ma a un certo punto avevo voglia di comprartelo. Poi ho pensato che, se avessi saputo il prezzo, me ne avresti detto di tutti i colori. Con il senno di poi, sarebbe stato meglio comprarlo: oggi si vende a molto di più. Arriva fino a $ 6000.

Chernobyl-4

Chernobyl-4Si parla molto di Chernobyl in questi giorni perché oggi è il 25 Aprile. Sono passati 20 anni dal disastro e le TV si sforzano a raccattare filmati di repertorio o di visite più o meno recenti.
Se avete voglia di farvi un’idea un po’ più reale di quanto è successo, andatevi a vedere il viaggio di questa ragazza,
Elena Vladimirovna Filatova, che da sola si è fatta un giro in moto attraverso campagne e villaggi abbandonati, in gran parte radioattivi, fin quasi al sarcofago. Alla fine di ogni pagina trovate il link al capitolo seguente, oppure partite da qui e saltate dove volete.
Nelle note che accompagnano le foto, dice che le piace andare in moto sulle strade vuote e che in queste terre abbandonate dall’uomo ormai da 20 anni, si trovano boschi e laghi di grande bellezza. Il territorio intorno a Chernobyl è diventato terra dei lupi. La natura se l’è ripreso nonostante le radiazioni perché è più dura di noi. Bastano 500 roentgens per 5 ore per uccidere un uomo. È interessante notare che, per uccidere un pollo, serve una dose 2.5 volte superiore e una dose 100 volte superiore non basta per ammazzare uno scarafaggio.
Chernobyl e i villaggi vicini sono città fantasma da cui siamo scappati in tutta fretta senza portare via niente, lasciando tutto come stava. Foto su un pianoforte, giocattoli, quaderni, manifesti, auto, chiatte abbandonate su un fiume. Una immensa Maria Celeste.

BE PARANOID!

Qualche giorno dopo l’arresto di Provenzano, durante una intervista TV con uno degli inquirenti (di cui purtroppo non ricordo il nome), ho sentito una dichiarazione che mi ha colpito.
In sintesi, quel funzionario, per dare l’idea della complessità dell’indagine, a un certo punto ha detto: «Vi rendete conto di quanto sia difficile individuare qualcuno che come massima tecnologia usa una macchina da scrivere?».
Traduzione (mia): è difficilissimo beccare qualcuno che non usa telefono, cellulare, internet, email, carta di credito, bancomat, tessera sanitaria, raccolte punti, certimat, schede TV, TV via cavo, telegrammi, etc, tutte tecnologie che seminano tracce.

Adesso pensate un po’ a che cosa significa tutto questo per la nostra privacy. So che per alcuni di voi sono cose assodate, ma immaginatele nei particolari. Per esempio, oggi all’uscita del supermarket, controllando il conto mi sono reso conto che sopra c’era scritto il mio nome: «arrivederci e grazie, Sig. Graziani».
Così i bastardi non hanno archiviato solo il mio codice cliente, che è quanto basta per attribuirmi i punti e magari è AB123ZX e non dice niente sul mio nome, ma l’hanno anche associato alla mia identità.
Così hanno un bel database con dentro tutto quello che mangio. Sanno che non mi piacciono i dolci, ma amo la cioccolata e compro solo la Lindt più sottile e magari, con adeguate offerte e pubblicità, forse potrei cambiare marca. Sanno che mi piace il pesce e che a casa mia c’è sempre il salmone, ma non posso permettermi il caviale. Sanno che non ho bambini perché non ho mai comprato mai ovetti kinder, merendine etc. Sanno anche che sono single, che non vado matto per la verdura e che ultimamente ho inspiegabilmente smesso di acquistare coca-cola.
In definitiva, hanno una buona visione del mio stile e del mio tenore di vita. E tutto questo solo con una carta di raccolta punti. Pensate se si potessero unire tutte le informazioni provenienti da varie fonti. Adesso è chiaro perché, anche sotto questo aspetto, le grandi concentrazioni in cui molte aziende di diverso tipo sono in mano alla stessa società/persona dovrebbero essere bloccate?
La cosa buffa è che, come informatico, questi database a volte li progetto o comunque li vedo da vicino e so cosa si può dedurne, di conseguenza tutte queste cose mi sono ben chiare. E allora perché quell’affermazione mi ha colpito? Non so. Una cosa è saperlo e non pensarci, un’altra sentirselo dire dalla polizia. È come se ti dicessero «guarda che questi dati non sono lì a dormire, qualcuno li usa… siate paranoici!»