CubeStormer II

Questo robot risolve il cubo di Rubik in 5.35 secondi. È l’attuale record mondiale. Può sembrare un giochino, ma non lo è.

CubeStormer II solves the Rubik’s Cube puzzle faster than the human world record.

This ARM Powered robot was designed, built and programmed by Mike Dobson and David Gilday, creators respectively of CubeStormer http://youtu.be/eaRcWB3jwMo and Android Speedcuber http://youtu.be/ylFb4pqAUd8.

The mechanics are constructed entirely from LEGO, including four MINDSTORMS NXT kits, with the addition of a Samsung Galaxy S II smartphone running a custom Android app as the robot’s brain. Both the MINDSTORMS NXT kits and the Samsung Galaxy SII use a variety of ARM –based processors.

The app uses the phone’s camera to capture images of each face of the Rubik’s Cube which it processes to determine the scrambled colours. The solution is found using an advanced two-phase algorithm, originally developed for Speedcuber, enhanced to be multi-threaded to make effective use of the smartphone’s dual-core ARM Cortex-A9 1.2GHz processor. The software finds an efficient solution to the puzzle which is optimised specifically for the capabilities of the four-grip mechanism. The app communicates via Bluetooth with software running on the ARM microprocessors in the LEGO NXT Intelligent Bricks which controls the motors driving the robot. During the physical solve, the app uses OpenGL ES on the phone’s ARM Mali-400 MP GPU to display a graphical version of the cube being solved in real time.

Human speedcubers’ solve times only include the physical manipulation of the cube and don’t include some time which is allowed to “inspect” the cube beforehand. Times recorded by CubeStormer II are for the total solve including: image capture, software solution calculation and physical solve.

Want to see it in action?? Check it out at ARM TechCon 2011 in Santa Clara, California Oct 26-27th http://www.armtechcon.com.

Il Golem

golem

Molte immagini di robots su Dark Roasted Blend. Alcuni sono veri e in azione, altri sono realizzazioni sperimentali, mentre in altri casi si tratta di creazioni artistiche.

Dalla sinagoga Staronova, il mito del Golem cresce e si moltiplica assumendo mille facce.

Valle Arcana

La teoria della “Uncanny Valley” (valle arcana, misteriosa) è un’ipotesi legata alla robotica che riguarda la risposta emotiva degli esseri umani rispetto a robot ed altre entità non umane. È stata introdotta dal roboticista giapponese Masashiro Mori nel 1970.

L’ipotesi di Mori afferma che più un robot ha sembianze o movimenti umanoidi più è alta la risposta emotiva di un essere umano nei suoi confronti.

Questa diventa sempre maggiore fino a che l’essere umano ritiene il robot troppo perfetto e notandone i difetti quella che era attrazione diviene repulsione se non addirittura paura.

Tuttavia se l’apparenza e i movimenti diventano sempre più simili ad un essere umano senza che si possano notare delle differenze allora l’approccio diventa come tra essere umano ed essere umano.

Questa area di risposta emotiva repulsiva tra un robot con apparenze e movimenti umani ed un essere umano è chiamata Uncanny Valley ed è evidenziata in figura.
[testo e immagine da wikipedia]

uncanny valley

La teoria è molto interessante e in effetti è alla base di romanzi e horror film, ma ormai è verificabile anche nella vita reale. Per esempio, le scimmie piacciono tanto più sono simili all’uomo e più esibiscono un comportamento analogo a quello umano. Ma questo vale solo se sono visibilmente scimmie. I robot troppo simili all’uomo, invece, fanno paura.

Se però si supera una certa soglia di somiglianza si hanno reazioni opposte. Recentemente in Australia e negli USA sono stati segnalati casi di poliziotti che hanno infranto vetri per salvare del neonati abbandonati per ore in auto, neonati che poi si sono rivelati delle bambole molto somiglianti alla realtà, come nel caso di quelle fabbricate da Vynette Cernik.

Robot Players

Se è per questo, date un’occhiata qui. Elgar si incazzerà un po’, ma la difficoltà di far fare una cosa del genere a un robot è da brivido. È difficile pensare che possa suonare in modo puramente meccanico, senza ascoltarsi, altrimenti come regola l’inclinazione dell’arco?

E qui con la tromba e tanto di respirazione visibile

Robot Band

Robot bands are coming. Questi sono The Trons, neozelandesi. Eccoli provare “Sister Robot” (la loro versione di Sister Ray dei Velvet).

Trovo la voce fantastica. Per ora, comunque, abbiamo solo questo video e non è per niente chiaro se si ascoltano e come si sincronizzano oppure come siano controllati. E nemmeno come venga generata la voce. Vedremo.

Suguru Goto

Suguru Goto is a composer/performer, an inventor and a multimedia artist and he is considered one of the most innovative and the mouthpiece of a new generation of Japanese artists. He is highly connected to technical experimentation in the artistic field and to the extension of the existing potentialities in the relation man-machine. In his works the new technologies mix up in interactive installations and experimental performances; he is the one who invented the so called virtual music instruments, able to create an interface for the communication between human movements and the computer, where sound and video image are controlled by virtual music instruments in real-time through computers. Lately, he has been creating the robots, which perform acoustic instruments, and he is gradually constructing a robot orchestra.

Di Suguru Goto vi presentiamo due video. Il primo, “Robotic Music”, presenta dei robot percussionisti cioè il tipo più studiato, essendo il più semplice da costruire e controllare (e il termine “semplice” è riduttivo perché si tratta sempre di una faccenda complessa).
Qui il valore musicale è relativo, essendoci anche un importante lavoro di ricerca. In ogni caso, come solo di batteria non è poi male.

Il secondo, invece, è una performance più complessa in cui un esecutore umano che veste una tuta che incorpora dei sistemi di controllo, “dirige” una esecuzione robotica e interagisce con un video in cui una figura parzialmente umana esegue le sue stesse mosse.
I due, un corpo “aumentato” e un corpo virtuale, sono praticamente complementari.
L’aurore afferma:

“Augmented Body and Virtual Body” is conceived as a music theater piece, that the elements cross and hybridize themselves in continual links/ratios of exchanges and flow without fixing itself towards any directions. The idea would be that what is real, which is artificial, what is virtual, on the verge of themselves, and to create relations of pure intensities, which degrees zero of expression without its value of positive or negative.

 

Ballet Mécanique

Il Ballet Mécanique (1924) era un progetto del compositore americano George Antheil (che viveva a Parigi) e del filmaker Fernand Léger, con la partecipazione di Man Ray.
Dal punto di vista musicale, si trattava di un brano per strumenti meccanici che suonano senza intervento umano. Visti i tempi, è un’idea tipicamente dadaista, come del resto è il film

Tuttavia è difficile dire chi dei due lavorò sull’opera dell’altro. Léger affermò di aver iniziato il film già nel 1923, ma altre fonti dicono che fu lui a contattare Antheil quando quest’ultimo stava già componendo la musica.

Nello stesso modo, è difficile capire cosa andò male, ma fra i due non doveva esserci molta comunicazione perché, alla fine, la musica durava 30 minuti e il film solo 17.

Forse Antheil si lasciò prendere la mano, ma è innegabile che le due opere siano collegate. Alla prima del film, senza musica, nel 1924 a Vienna, venne fatto esplicito riferimento alla musica di Antheil.
Da allora, però, le due opere sono state presentate separatamente con una eccezione nel 1935 in cui il film venne accompagnato da una riduzione pianistica eseguita dal vivo. La difficoltà principale sembra risiedere nel fatto che con i mezzi dell’epoca era impossibile sincronizzare una pellicola e una musica di questo tipo, anche se fosse stata eseguita da strumentisti umani, cosa che non era nelle intenzioni del compositore. Intenzioni che, comunque, erano destinate a rimanere sulla carta semplicemente perché all’epoca non si era in grado di costruire meccanismi che, pur non essendo collegati, restassero perfettamente sincronizzati su tempi lunghi.

In concerto, il balletto è creato da strumenti musicali meccanici: pianoforti automatici, campanelli elettrici, marimbe meccaniche, motori ad elica e altre macchine.
Come si può immaginare, una strumentazione siffatta non può produrre una partitura tradizionale. Il brano è estremamente percussivo e pieno di suoni non intonati.

L’orchestrazione del 1927 prevede 18 pianole (pianoforti automatici a rullo) in 4 parti, 2 pianoforti normali, 3 xilofoni, 7 campanelli elettrici, 3 motori ad elica, sirena, 4 casse e un tam-tam. Nello stesso anno, Antheil ne arrangiò la prima parte per piano-roll che fu eseguito alla “Deutsche Kammermusik Baden-Baden 1927” (il rullo è poi andato perduto) mentre nel 1953 ne realizzò una versione abbreviata con un organico ridotto.

Film e partitura vennero messi insieme solo negli anni ’90. La versione del 1927 venne eseguita soltanto nel 1999 dall’Università del Massachusetts e dal Lowell Percussion Ensemble utilizzando sistemi MIDI con un computer centrale che inviava i dati a tutte le macchine, assicurando il sincronismo. In pratica, un gigantesco MIDIFile con 1240 battute, 630 cambi di tempo e circa 200.000 note (NB: suddivise fra 24 parti).

Nel 2000 la musica e il film furono definitivamente accostate e dal 2005 esiste anche un DVD.

Quella che vi mostriamo in questo film (in formato mov = quicktime) è la performance “live” della musica, cioè con le macchine che eseguono la partitura dal vivo senza il film, installata nel 2006 presso la National Gallery of Art di Washington DC e realizzata da Paul Lehrman and LEMUR (League of Electronic Musical Urban Robots).
Il video è di circa 41 Mb, ma ne vale la pena: il brano è storico e di grande energia.

Su wikipedia trovate anche una breve analisi musicale del brano. Qui un sito dedicato all’opera.

George Antheil – Ballet Mécanique in una esecuzione totalmente meccanica (MIDI)

Questo è il film originale, restaurato

 

Robot Drum

I giapponesi, nella loro ossessione per i robot, non trascurano la musica.
Qui vedete alcuni robot impegnati al tamburo tradizionale daiko.
Quello che fanno può sembrare banale, ma non lo è. Se uno dei due esegue un ritmo regolare, l’altro suona in controtempo, il che significa che il secondo ascolta il primo e trattandosi di robot, non è poco.

Cagnini Robot

Restando in tema di cani robot, dopo l’annuncio dell’estinzione di Aibo, che comunque continua ad essere venduto fino ad esaurimento, vi segnalo alcuni graziosi giocattoli.
Il primo si chiama iDog (il nome vi fa venire in mente qualcosa?). È della giapponese Sega Toys (giocattoli, videogames…) ed è più un MP3 gadget che un cane. Infatti non ha grandi movimenti. Da quel che si vede si limita a muovere testa, orecchie e coda, ma lo fa a tempo di musica e con tanto di led che si accendono sulla testa.
Questo simpatico animaletto, in effetti, reagisce alla musica, è dotato di un altoparlante interno e ha una entrata jack 3.5mm (per collegare lettori MP3 e CD portatili e naturalmente, visto anche il nome, l’iPod) per cui può riprodurre musica muovendosi come sopra. Se si spegne la musica, si lamenta, guaisce a abbaia (che para!). Sembra costare € 49.90 (sito in italiano alla fine del post).
Saltando a piè pari le cose per bambini (tipo Argo, il cane intelliggente (sic)), la vera sorpresa sembra essere i-Cybie che, a quanto si capisce dal sito, si candida come un successore di Aibo sia pure in misura ridotta (meno potente ma sensibilmente meno costoso: $199).
Ideato e prodotto (guarda un po’) dalla Silverlit di Honk-Kong, i-Cybie esibisce comportamenti complessi e ha vari sensori (vede gli ostacoli, si accorge del movimento intorno a lui, reagisce al tocco e a parecchi comandi vocali e sonori) ed è influenzato dall’ambiente circostante. Può anche essere messo in “guard mode” per cui abbaia quando si accorge di qualche movimento intorno a lui.
Ma la cosa più interessante è che i-Cybie dispone di un sensore a infrarossi con cui può comunicare con i suoi simili nelle immediate vicinanze (3 piedi = 90 cm). Sto indagando per capire che informazioni si scambiano (da buon complottista ho la mente rutilante di ipotesi inquietanti).
Sto preparando una breve ricerca sugli entertainment pets. Stay tuned. Intanto ecco i link ai cagnini robot.

iDog è commercializzato in occidente come eDog.
i-Cybie.

Long live Aibo (1999 – 2006)

Following the Sony Corporation FY05 3Q announcement, the production of AIBO Entertainment Robots will be discontinued as of end March 2006.

Stupido quanto volete e assurdamente costoso ($1599 di listino), ma è stato il primo serio tentativo di costruire e vendere un animale da compagnia.
Aibo, il cagnino robot della Sony, si estingue nel 2006 lasciando le migliaia di esemplari ancora in circolazione alla disperata ricerca di pezzi di ricambio e migliorie software di terze parti, senza nemmeno la speranza di vedere una nuova generazione.
Dite quello che volete, ma a me dispiace. In fondo Aibo incarna il sogno del Golem, un sogno che è sempre esistito e che è parte dell’uomo. E non è vero che non serve a niente semplicemente perché un cane vero fa il suo lavoro molto meglio di lui. Secondo questa ottica anche mettere un piede sulla Luna o mandare un robottino su Marte non serve a niente, ma secondo me, quando questi sogni non esistono più, tutti noi perdiamo qualcosa.
Aibo, poi, non è un cane e non vuole imitare un cane. È un essere ibrido che si muove un po’ come un cane, ma dice qualche parola e canta una canzoncina. Fa tenerezza. E poi vuoi mettere poter dire cose tipo “Basta, spegni il cane e vai a dormire” oppure “Su, andiamo a fare un giro, accendi il cane”.

Long live, Aibo…

PS: non te l’ho mai detto, ma a un certo punto avevo voglia di comprartelo. Poi ho pensato che, se avessi saputo il prezzo, me ne avresti detto di tutti i colori. Con il senno di poi, sarebbe stato meglio comprarlo: oggi si vende a molto di più. Arriva fino a $ 6000.