Ok, forse il titolo è eccessivo; in fondo la musica contemporanea può anche essere considerata un optional, però la sua situazione è piuttosto drammatica.
Principalmente a causa dell’opposizione dei discografici e degli editori, ma anche per la cecità di buona parte dei musicisti, la musica di produzione recente su internet praticamente non esiste.
Chi, come il sottoscritto, gestisce un blog dedicato alla musica sperimentale, se ne rende conto pesantemente.
L’unica musica che si trova facilmente è quella distribuita dalle netlabel. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di pop o similia, più raramente di musica sperimentale non accademica e praticamente mai di musica contemporanea accademica.
Quello di cui non riesco a rendermi conto è come i compositori possano essere così ciechi. Sui loro siti, almeno su quelli dei pochi che ce l’hanno (e già questo è indice di idiozia diffusa), molto raramente si trova un po’ di musica da ascoltare. E quando dico “un po’ di musica” intendo dire alcuni brani, interi, non un minuto su 10. Nell’Archivio Luigi Nono, tanto per fare un esempio, non c’è un solo pezzo da ascoltare.
Come pensino di incrementare il proprio seguito se nessuno può ascoltarli, è un mistero.
Nel caso della musica classica, la situazione migliora almeno un po’. Essendo ormai scaduti i diritti d’autore, se l’interprete acconsente e la sua esecuzione non è su disco, può essere diffusa, ma nel caso della musica contemporanea non è possibile, a meno che non si muova il compositore in persona, perché, a quanto pare, sia i discografici che gli editori sono sordi al riguardo.
Ora, considerate che, anche nel nostro conservatorio e fra i compositori, pochi conoscono nomi come Murail. Grisey, Crumb, Gubaidulina. Al massimo li conoscono di nome, ma non hanno ascoltato quasi nulla. E se fate un sondaggio, vedrete che anche le opere dei compositori storici (Berio, Nono…), non sono così conosciute. E non mi sembra strano: a meno di sforzi, non è possibile ascoltarli.
Recentemente, in un mondo sensibile sia alla tecnologia che all’auto-promozione, come quello americano, si nota qualche segno di cambiamento. Vari compositori, soprattutto giovani o non ancora affermati, hanno iniziato a mettere brani e partiture in rete e anche qualche europeo lo fa.
Ma è sempre troppo poco e non riesco proprio a capire perché non lo capiscano.