Bbbeetthhoovveeenn

Nel 2002 il compositore scandinavo Leif Inge ha realizzato digitalmente una espansione temporale della Nona Sinfonia di Beethoven portandola alla durata di 24 ore, senza distorsioni o variazioni di altezza. Considerando che la durata normale della Nona si aggira intorno ai 67 minuti (ma dipende dal direttore: può anche superare i 70′ e arrivare fino a 77’16” nella versione di Kubelik del ’74), si tratta di una espansione di circa 21.5 volte.

Il titolo del brano così ottenuto è 9 Beet Stretch e suona come un continuum sonoro in lenta evoluzione, ma non così lenta da non permettere di percepire cambiamenti in tempi ragionevoli (qualche minuto al massimo, ma generalmente in tempi più brevi). Ovviamente, con questi tempi, la melodia si perde completamente e il tutto si trasforma in una sequenza di accordi, ma è interessante notare come il senso drammatico dell’armonia in gran parte rimanga.

Gli attacchi delle note sono tutti molto graduali perché non si tratta di una esecuzione rallentata, ma di uno stretching del segnale audio, quindi un attacco che in originale dura 1/10 di secondo, nella versione espansa dura 2.15 secondi. La versione utilizzata è una registrazione Naxos diretta da Béla Drahos con la Nicolaus Esterházy Sinfonia e Coro (Naxos 8.553478).

Lo stream si può ascoltare via internet dal sito di riferimento avviando il player. La trasmissione inizia all’ora in cui il sole tramonta a Vienna il 26 Marzo (le 18:16 CET), giorno e ora della morte di Beethoven, e continua 24/7. Di conseguenza, nelle giornate di ora solare, i quattro movimenti hanno i seguenti tempi di inizio (CET = central europe time, cioè il nostro fuso orario)

  • CET 18:16 movement 1 – duration 5½ hours
  • CET 23:43 movement 2 – duration 5 hours
  • CET 04:48 movement 3 – duration 5 hours
  • CET 09:24 movement 4 – duration 8½ hours

Nel periodo di ora legale, dovete aggiungere un’ora.

Sul nome B.a.c.h.

Se c’è qualcuno a cui Dio deve qualcosa, è J. S. Bach
Emil Cioran

Si tratta di un film di Francesco Leprino che ricostruisce la vita e l’opera del vecchio Bach. Ecco la descrizione dell’autore:

Sul nome B.a.c.h. è un film che si svolge su più piani strettamente interrelati e intercalati: il piano dell’esecuzione musicale dell’Arte della Fuga con elaborazioni strumentali per diversi organici, il piano dell’esplorazione di tutti i luoghi bachiani, quello del racconto biografico, quello dell’analisi discorsiva dell’Arte della fuga raccontata a più voci fra i luoghi bachiani dagli stessi personaggi, quello delle interviste ai vari esperti sugli aspetti del fenomeno bachiano (biografico, numerico-pitagorico, logico-matematico, esoterico, spirituale, profano, umano…), quello di Bach stesso, che in livrea si aggira muto nei “suoi” luoghi e ci guarda, dal remoto passato e dal lontano futuro al tempo stesso (interpretato da Sandro Boccardi, emblematico personaggio che ha promosso la musica antica in Italia fondando l’ultra trentennale festival “Musica e Poesia a San Maurizio”) e a cui dà voce il più grande attore in lingua tedesca: Bruno Ganz. La voce guida è quella altrettanto celebre di Arnoldo Foà e Sonia Bergamasco, insieme ad altri valenti attori che “interpretano” i personaggi principali della vita di Bach: il figlio Carl Philip Emanuel, autore del necrologio, Forkel, primo biografo, Anna Magdalena, la devota consorte, i severi superiori… tutti personaggi che costituiscono i testimoni di ieri.

Testimoni di oggi sono invece i personaggi intervistati, fra i più autorevoli in campo bachiano: Enrico Baiano, eccellente clavicembalista, Alberto Basso, che ha scritto il monumentale Frau Musika, Hans Eberhard Dentler, musicista e studioso, che nel suo volume su l’Arte della fuga ne ha decodificato il livello pitagorico-numerico, Ton Koopman, massimo interprete e direttore specializzato nelle esecuzioni bachiane, Douglas Hofstadter, autore dell’originalissimo saggio Goedel, Escher e Bach e studioso di intelligenza artificiale, Piergiorgio Odifreddi, logico matematico che ha approfondito le relazioni con il linguaggio musicale, Quirino Principe, autorevole musicologo e germanista particolarmente sensibile agli aspetti esoterico-cabalistici, Don Luigi Garbini, responsabile per la musica della Curia di Milano, che ha scritto una pregevole Introduzione alla musica sacra, Benedetto Scimemi, musico-matematico che con le sue lezioni-concerto ha divulgato le complessità delle fughe bachiane, Matteo Messori, clavicembalista e studioso di Bach, che ha inciso l’Arte della fuga al clavicembalo, Luca Cori, compositore e studioso che ha approfondito le relazioni strutturali e simboliche dell’Arte della fuga, Salvatore Natoli, filosofo da sempre interessato alle relazioni fra filosofia e musica. Tutti nomi riuniti in un grande convegno internazionale virtuale che fa il punto sulla figura di Johann Sebastian Bach.
Le elaborazioni strumentali, ad opera di due autorevoli compositori (Ruggero Laganà e Alessandro Solbiati), per quanto si mantengano fedeli alla scrittura bachiana (non aggiungendo né togliendo alcuna nota), sono volta a volta traduzioni ad hoc per il particolare organico, con un’opportuna assegnazione e circolazione delle voci, che ne mette in luce relazioni nascoste e virtuali, prendendo ad esempio la strumentazione del Ricercare a sei da “L’offerta musicale” di Anton Webern.
Infine gli interpreti, oltre 50 musicisti che costituiscono un insieme unico di grandi solisti riuniti appositamente per l’esecuzione di un’opera.

Puntualizzo che io non ho visto il film. Mi sono imbattuto nei vari frammenti posti su You Tube. Alcuni mi piacciono, altri meno. Nell’insieme, però, mi sembra un lavoro abbastanza interessante da segnalarlo.

Qui la pagina di cinema italiano mentre a questo link trovate la playlist su You Tube.

Intanto, eccovi il primo capitolo, con il primo Contrappunto dell’Arte della fuga eseguito con la glass-harmonica.

Bach Panther

Una rapida lezione sulla fuga e sul contrappunto. Tra l’altro, è un modo inedito di filmare il piano.

 

Fugue n°XXIV extract from 60 “Préludes & Fugues dans les Trente Tonalités” of Stéphane Delplace.
Based on the Henri Mancini’s Pink Panther Theme.
Interpreted by Stéphane Delplace.
Filmed and directed by Stéphan Aubé.
More : http://www.stephanedelplace.com

Arte live web

C’è molta musica di alta qualità sul sito di Arte, la TV franco-tedesca visibile in tutta Europa,ma che non arriva in Italia nonostante l’appello lanciato nel 2004 da Abbado, perché spendere per la cultura non fa parte delle abitudini dei nostri governi.

Attualmente, a quanto mi consta, da noi Arte si può seguire gratuitamente solo mediante parabola satellitare in lingua francese o tedesca. Non mi risulta sia inclusa nei canali distribuiti gratuitamente sul digitale terrestre.

Fortunatamente possiamo sempre contare sul sito web in cui troviamo parte della produzione di questo canale. Non si tratta solo di musica classica: il sito ospita anche pop rock & electro, jazz & blues, chanson française, world music, teatro e danza.

Intanto guardatevi Ensemble Intercontemporain & Patricia Kopatchinskaja Quaerendo Invenietis di Bach

Arté site

Coraggiosi

Questi hanno un bel coraggio… Ma almeno sono sinceri… E hanno della tecnica…

A proud band. Of course I don’t appreciate this kind of arrangement, but this guys are really honest. They don’t bother with false or cerebral pronouncements. They play hard. Cool!   😛

Per Elisa non è di Ludwig van?

In questo articolo, pubblicato su l’Unità online, Roberto Cotroneo ci fa sapere che, secondo lo studioso italiano Luca Chiantore, Per Elisa non sarebbe di Ludwig van, ma si tratterebbe di un falso realizzato da un giovane musicologo tedesco, tale Ludwig Nohl, che nel 1865 scoprì il manoscritto autografo con gli appunti di Beethoven a Monaco di Baviera. Appunti mai portati a compimento, non una partitura.

Lo studioso italiano Luca Chiantore ha presentato all’università di Barcellona i risultati di un lungo lavoro musicologico. Questo lavoro dice una cosa: il più celebre, il più suonato brano musicale per pianoforte, “Per Elisa”, non è stato scritto da Beethoven. Ma fu un’opera, uscita dai cassetti del grande compositore 40 anni dopo la morte, riscritta da un giovane musicologo tedesco Ludwig Nohl, che nel 1865 scoprì il manoscritto autografo con gli appunti di Beethoven a Monaco di Baviera. Si trattava semplicemente di appunti, e non di un’opera per pianoforte compiuta.

Poi Cotroneo continua dicendo che, in fondo, lui lo aveva sempre sospettato:

Ma è stato fino ad oggi un brano inspiegabile per un compositore come Beethoven. Strano, pieno di banalità compositive, persino bruttarello in quella terza parte del brano che sembra scimmiottare Beethoven senza averne né il genio e neppure le capacità. Chiunque ha eseguito le sonate per pianoforte del grande compositore, di fronte a “Per Elisa” rimane costernato.Come poteva aver scritto una cosa del genere, un genio come Beethoven?

Oddio, io al massimo ho pensato che alcune soluzioni erano un po’ banali, ma ho pensato anche che, in fondo, capita a tutti. O magari LvB temeva che la tipa a cui era dedicata (che fosse Therese Malfatti von Rohrenbach zu Dezza o Elisabeth Roeckl) non avrebbe apprezzato una elucubrazione complessa e così tutto lo sforzo sarebbe stato vano…

La stessa notizia, in formato più scarno, sul Corriere.

Aimard – Bach

coverSentite un po’ Pierre-Laurent Aimard che suona Bach, nientemeno che l’Arte della Fuga.

Oddio, niente da dire tecnicamente. Mi piace anche il suono, così chiaro, quasi clavicembalistico (anche il pedale è molto limitato). Mi lascia solo un po’ perplesso il fatto che lui ormai suoni tutto lo scibile pianistico disponibile…

Comunque questa è la sua prima incisione per DGG. Direi, un esordio impegnativo visto che va a confrontarsi con gente come Glenn Gould (che la iniziava con un metronomo lentissimo) o Sokolov.

In ogni caso, Aimard si appoggia sulla sua tecnica e a un primo ascolto non mi sembra sfigurare anche nei passaggi più difficili. Poi vedremo se mi emoziona…

  • J.S. Bach – Contrapunctus I dall’Arte della Fuga, Pierre-Laurent Aimard pianoforte.

Il “Frammento in sè”

nietzscheIl Fragment an Sich (Frammento in sè) è un brano per pianoforte solo, scritto dal filosofo Friedrich Nietzsche, datato Ottobre 1871.

Ve lo presento come curiosità. perché, dal punto di vista musicale, non mi sembra molto interessante. A mio avviso, sembra più che altro uno studio delle tecniche di armonizzazione, così come potrebbe fare uno studente.

Diversa, invece, è l’opinione di Simone Zacchini che, nel suo Al di là della musica. Friederich Nietzsche nelle sue composizioni musicali (Franco Angeli Ed.), ne fa una dotta analisi e conclude che, in questa pagina “è possibile seguire i segni di una profonda riflessione armonica e di una complessità di scrittura che nulla ha da invidiare ad altre e più note pagine pianistiche della letteratura romantica”.

Cortesemente, dissento. Queste parole mi sembrano più appropriate per altri e più maturi brani di Nietzsche, come la Manfred-Meditation, del 1872, final ver. 1877, dotata di un impianto armonico più sicuro e tradizionale.

Friedrich Nietzsche

Musopen

Michele ha segnalato questo sito, online da Febbraio 2009.

Contiene varie partiture di musica classica libere (copyright scaduto) e parecchi MP3 (non tutti di buona qualità sotto l’aspetto interpretativo). I link per scaricare le partiture in pdf si trovano in fondo alla relativa pagina. La trasmissione è un po’ lenta.

Interessante anche il progetto Music Theory Textbook che si propone di elencare i testi e gli articoli di teoria musicale liberamente scaricabili (pochi, per ora) e una radio online che propone una selezione delle esecuzione presenti sul sito.

Webern dirige Schubert

In questa registrazione del 1932, Anton Webern dirige le Deutscher Tanz op. 33 di Schubert, da lui stesso orchestrate.

Franz Schubert: Historical Recordings (1932, 1940)
Conductor: Anton Webern
Orchestra: Berlin Radio Orchestra

Il manoscritto della 9a

nonaSul sito della Biblioteca di Stato di Berlino è in linea il manoscritto originale della 9a Sinfonia di Beethoven. Il sito è solo in tedesco; cliccate “Digitale Abbildungen” nel menu a sin. per aprire l’indice che permette di andare all’inizio di ciascun movimento.

Ecco una delle pagine con la famosa melodia, con tanto di testo autografo (click per ingrandire). Emozionante.

Potete portarvi a casa l”intero manoscritto in un singolo pdf di quasi 30 Mb (425 immagini) scaricandolo dall’IMSLP.

Classica Viva

Che esista una netlabel italiana dedicata alla musica classica fa solo piacere. Che ne esistano due fa ancora più piacere.
Quindi blogghiamo anche Classica Viva che ci ha gentilmente segnalato la sua presenza (e speriamo ne saltino fuori altre).

logoA differenza di OnClassical, Classica Viva vende principalmente tracce singole in formato MP3, quasi tutte a € 0.50 ciascuna (per tutte c’è un preview) indirizzandosi, così, verso un target un po’ diverso da quello dei già citati colleghi. È difficile, infatti, che un audiofilo si accontenti di un MP3, ma d’altra parte in questo modo è molto più facile raggiungere settori di pubblico più vasti.
In effetti le statistiche di Nielsen SoundScan relative al 2006, di cui abbiamo riferito, mostrano una decisa crescita (+22.5%) della musica classica, che viene generalmente spiegata con la disponibilità di singoli brani su servizi come iTunes e simili.
Il fatto è che certi brani di classica, anche se spesso non completi (tipo, un solo movimento di una sonata), sono innegabilmente belli ed emozionanti anche per le orecchie di un pubblico non abituato al genere e il trovarli in lista su iTunes a € 0.99 fa sì che, quando qualcuno spende una ventina di euro in singoli brani, magari ne metta dentro un paio, mentre non acquisterebbe mai un intero album.
Per completezza, però, bisogna ricordare che questi acquisti sono trainati da un catalogo che, in massima parte, è pop ed è invece difficile che questo tipo di acquirente vada su un sito dedicato solo alla musica classica. Non so. Magari il prezzo di 0.50, sensibilmente minore, può fare la differenza. Vedremo…
In ogni caso, ricordiamo che Classica Viva vende anche normali CD a € 12 e registrazioni complete di concerti.

L’attività di questa etichetta, comunque, non si ferma alla musica registrata. Distribuisce anche partiture, libri e audiolibri con il contorno di varie iniziative fra cui un blog e una rivista online (le altre iniziative le lascio scoprire a voi altrimenti non c’è gusto).
Ovviamente le auguro tutto il successo che merita.

Qualche appunto, invece, lo farei non come musicista, ma come informatico.
Prima di tutto, secondo me, ci vorrebbe un pulsante per fermare la musica che parte quando si carica il sito. Non che non ami Rameau (e il suono del clavicembalo di Ligoratti è bello anche con gli schifosissimi altoparlanti del portatile), ma il punto è che, quando ho caricato la pagina, stavo ascoltando dell’altra musica.
Secondariamente, sempre imho, java farà le scritte scorrevoli, ma stressa anche il processore e rallenta un po’ tutto, il che, considerando che le pagine sono piuttosto piene, non è una bellissima idea.

Dal blog di Classica Viva, la Ciaccona di Bach-Busoni nell’interpretazione di Stefano Ligoratti

The Mazurka Project

Visto che ultimamente siamo in vena romantica 8) parliamo anche di questa interessante ricerca.

Il Progetto Mazurka si basa sull’analisi di una porzione significativa delle incisioni delle mazurke di Chopin utilizzando la tecnologia digitale per esaminare il timing e la dinamica.

Le incisioni prese in considerazione vanno dagli anni ’20 ai nostri giorni e vengono esaminate e confrontate sia per ricavarne delle tendenze generali, sia confrontate per evidenziare somiglianze e differenze.
Fra le prime spicca questo grafico che mostra come i pianisti tendano sempre più a battere la fiacca 😛 . Scherzi a parte, è interessante notare una tendenza a un marcato rallentamento metronomico nell’esecuzione delle mazurke in questi ultimi 90 anni, come mostra il grafico.

grafico MM nel tempo

Per esempio, l’esecuzione della Mazurka in LA minore Op. 68, No. 2 è passata mediamente dai 110 MM del 1920 agli 80 di oggi, con la durata che va da circa 2′ (con punte di 1′ 35″) fino ai 3′ 20″ circa degli anni 2000, con punte di 5′ 57″.
Spicca l’incredibile Michelangeli che ha inciso questo brano nel 1941, 1962 e 1971 con durate rispettive di 3′ 01″, 3′ 06″ e 3′ 04″, differenze praticamente nulle.

Lo studio delle esecuzioni è molto accurato. Altri grafici mostrano le somiglianze e le differenze dal punto di vista ritmico. Altri ancora evidenziano le deviazioni rispetto al tempo metronomico, mostrando che alcuni esecutori tendono mediamente a rispettarlo, mentre qualcun altro è costantemente in leggero ritardo o in leggero anticipo, al punto che questa può essere considerata una caratteristica esecutiva.

Fra le altre cose, queste analisi mostrano quanto utile possa essere in mezzo digitale in un contesto di analisi (in questo caso si tratta del software Sonic Visualizer arricchito da plugin appositi).
Peraltro, i grafici delle somiglianze mostrano chiaramente l’identità delle esecuzioni chopiniane di Hatto e Indjic, parte dell’ormai famoso Hatto’s Hoax e in effetti, anche se per altre vie, il computer ha avuto una parte non banale nello smascherare questa penosa truffa.
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The Mazurka Project is based on Chopin’s complete Mazurkas, involving analysis of a significant proportion of existing recordings of them, and making use of recently developed techniques for the mechanical capture of timing and dynamic information. The intention is not only to throw light on the interaction of compositional and performance style, using this in turn as a basis for interpreting geographical and chronological trends in the recorded performances, but also to explore the possibility of linking such analysis to the cultural meanings the Mazurkas have supported over the past 150 years.

This project is directed by Nicholas Cook (Royal Holloway, University of London). Technical development for data capture is being carried out by Andrew Earis (Royal College of Music) and analyzed by Craig Sapp (craig.sapp@rhul.ac.uk) who worked in the monkey house at the London Zoo prior to joining CHARM.

OnClassical

Ecco una netlabel dedicata alla musica classica e per di più, fa piacere dirlo, si tratta di una iniziativa italiana.

OnClassical vende musica via internet, ma è importante far notare che, all’atto dell’acquisto, la musica non è distribuita solo in MP3, la cui qualità, nel caso della musica classica, può essere discutibile, ma anche in FLAC (compressione senza perdita, CD quality, 44.1 kHz, 16 bit) e in qualche caso, anche in Hi-Res FLAC (88 kHz, 24 bit).
Come ormai è d’uso, per ogni CD esiste una funzione di pre-ascolto.

Sarà…

BLOGRegular pubblica questa dichiarazione di Mirella Freni, intervistata da Leonetta Bentivoglio su Repubblica di qualche giorno fa

Sia io che Luciano abbiamo studiato col maestro Campogalliani, e quando dissi a quest’ultimo che sapevo poco di musica lui m’intimò: guai a te se impari il canto scandendo uno-due-tre-quattro! Hai sensibilità, doti naturali, non perdere la tua naturalezza!

Sarà…
Lungi da me l’idea di criticare Mirella Freni e/o il suo maestro, ma capisco bene i pianisti che, quando si trovano ad accompagnare i cantanti, si lamentano perché questi ultimi “non vanno a tempo neanche a pagarli in oro”.
Accidenti, andare a tempo non significa scandire uno-due-tre-quattro. Significa sentire e assecondare con naturalezza una pulsazione interna al brano, senza però andare dove si vuole solo perché la tua sensibilità ti ci porta. La sensibilità va assecondata, ma anche controllata. e soprattutto educata.
Per esempio, penso che molti pianisti, all’inizio, da piccoli, tendano a suonare uno “smelenso” Chiaro di Luna, ma poi si capisce il pezzo e la sensibilità si adegua senza sentirsi costretta. Un interprete non deve seguire solo il proprio istinto del bello, ma anche interrogarsi su quello che sta facendo.
Secondo me, idee come “non contare, segui la tua sensibilità”, magari hanno prodotto un Pavarotti, ma anche decine di pessimi musicisti.
Forse ne vale la pena, ma non ne sono sicuro…

Johann Ludwig Bach

JLB
No, non è un errore di stompa, ne esiste un altro.
Johann Ludwig Bach (1677-1731) era un lontano cugino di JSB ed è stato il primo Bach a trovare un impiego stabile presso una corte, avendo servito alla corte di Meiningen per 28 anni, a partire dal 1699.
Che JLB esistesse si sapeva, ma gran parte della sua musica è andata perduta. Ci sono pervenuti solo 11 mottetti, 22 cantate sacre e 2 secolari, una messa funebre, una suite orchestrale e un doppio concerto per violino, il tutto raramente eseguito.

Su Apple Music potete ascoltare parti dei suoi 11 mottetti

Shamisen

[NB: la descrizione dello strumento è tratta da HÔGAKU: musica tradizionale giapponese]

Lo shamisen (chiamato anche sangen [tre corde]) è uno strumento a corda della famiglia del liuto con una piccola cassa armonica di forma approssimativamente quadrata formata da una fascia di legno ricoperta da entrambi i lati di pelle di gatto o di cane. Il manico è lungo e sottile e penetra attraverso tutta la lunghezza della cassa fuoriuscendo dalla parte opposta; su questo spuntone del manico alla base della cassa sono legate le tre corde di seta, che passano poi su un ponticello appoggiato sulla parte inferiore della cassa armonica e su un secondo ponticello fisso alla sommità del manico (capotasto), per finire sui tre lunghi piroli di accordatura. Il manico è privo di tasti (ponticelli) e il cavigliere dei piroli è curvato all’indietro rispetto alla direzione del manico. La lunghezza totale dello strumento è 95 – 100 cm.
In generale la corda più bassa dello shamisen non è appoggiata sul capotasto ma su una tacca posta di fianco ad esso e passa sopra una protuberanza della superficie del manico (sawari no yama) contro cui urta quando è in vibrazione. Questo dispositivo serve a produrre un suono ronzante (chiamato sawari) che è una importante caratteristica timbrica dello strumento e che viene emesso quando la corda è lasciata “vuota”, sia che essa venga suonata direttamente, sia (in misura minore) quando vibra per risonanza con le altre corde.
Benché sia stato introdotto in Giappone in epoca relativamente tarda, lo shamisen ebbe un successo immediato ed una enorme diffusione sia nella musica classica che in quella popolare, tanto che oggi lo si può forse considerare come lo strumento più importante della musica giapponese. Tra i principali generi in cui esso svolge una parte di primo piano si possono citare il jôruri (musica del teatro classico dei burattini), il nagauta (musica del teatro kabuki) ed il jiuta (musica vocale da camera).

Lo shamisen viene suonato con un grosso plettro di legno chiamato bachi; il suonatore siede in posizione seiza e tiene lo strumento in diagonale, appoggiandone la cassa sulla coscia destra.

Le tre corde possono essere accordate in tre modi:

  • 4a e 5a (es. DO – FA – DO)
  • 5a e 4a (es. DO – SOL – DO)
  • 4a e 4a (es. DO – FA – SIb)

Il brano che ascoltiamo è chiamato Tsugaru aiya bushi [Canto aiya di Tsugaru]. Aiya è uno stile e tsugaru è la regione all’estremo nord di Honshu (l’isola principale dell’arcipelago giapponese) e corrisponde all’odierna prefettura di Aomori.
Si tratta di musica tradizionale, ma in Asia non c’è distanza fra musica tradizionale e repertorio classico (per es., secondo la visione asiatica, i valzer di Strauss sarebbero musica tradizionale austriaca, ma anche gli autori molto caratterizzati geograficamente, come i compositori russi, alcuni spagnoli e altri ancora, verrebbero inseriti nella musica tradizionale).
In questo genere musicale si lascia spazio anche all’improvvisazione, ma questa esecuzione è abbastanza misurata.

Questo video mostra bene la tecnica esecutiva.
L’esecutore è Yu Takahashi, in concerto presso la Chiesa di Sant’Ambrogio, Milano, 16 febbraio 2012.

Koto

Kazue Sawai esegue un brano al koto.
Questo strumento è un cordofono appartenente alla famiglia della cetra introdotto dalla Cina in Giappone durante il periodo Nara (710 – 794 d.C.).
All’inizio il koto venne usato per lungo tempo solamente presso la corte imperiale. Questo stato di cose cambiò nel XVII secolo soprattutto ad opera di Yatsuhashi Kengyô (1614-1684) che sì applicò a rendere il koto maggiormente accessibile presso la popolazione. Ideò una nuova accordatura, detta hirajoshi, che divenne una delle più utilizzate e creò composizioni divenute dei classici della letteratura per questo strumento come Rokudan e Midare, che è il brano che ascoltiamo qui.
Si tratta quindi di un esempio di musica classica giapponese del ‘600.
È interessante osservare come la musica classica giapponese sia altamente formalizzata. Questo brano, per esempio, appartiene alla categoria dei danmono che è una forma classica di brani per koto solamente strumentali, composti da diverse sezioni chiamate dan [lett. “gradino, ripiano, livello”]. Nella forma più tradizionale di danmono, ogni dan è formato da 104 haku [pulsazione, battito, unità fondamentale di misura del tempo] e costituisce una variazione su un unico tema.
Questo brano, però, fa eccezione perché i vari dan non sono formati dallo stesso numero di beat e proprio per questo si intitola Midare [乱 lett. “confusione, caos”].

Per quanto riguarda il koto, il corpo dello strumento è costituito da una cassa armonica, lunga circa due metri e larga tra i 24 ed i 25 cm, costruita, in genere, con legname di Paulownia (Paulownia Tomentosa o kiri, in giapponese). Su di essa corrono tredici corde di uguale diametro ed aventi stessa tensione, ognuna delle quali poggia su di un ponticello mobile (ji, 柱).
Questo fatto va sottolineato perché è un sistema completamente diverso da quello occidentale in cui si usano corde di vario diametro e tensione.
Qui le corde sono tutte uguali e tirate alla stessa tensione. Per ottenere note diverse, quindi, l’unico sistema è variare la lunghezza della corda. Infatti ognuna di esse ha il proprio ponte che viene piazzato in punti diversi.
Le corde, poi, sono pizzicate con la destra, mentre la sinistra non suona, ma crea abbellimenti sotto forma di vibrati e di veloci glissati, sia nell’attacco che in coda al suono, ottenuti premendo la parte della corda che sta oltre il ponte. Naturalmente il fatto che tutte le corde abbiano la stessa tensione facilita questo compito perché così una data pressione genera un glissato della medesima estensione su ogni corda, cosa che non avverrebbe se la tensione fosse diversa.
L’esecutore si pone in ginocchio o seduto di fronte allo strumento e pizzica le corde tramite l’ausilio di tre plettri (tsume) fissati al pollice, all’indice ed al medio della mano destra.
Lo spartito per koto si presenta generalmente sotto forma di intavolatura che si legge dall’alto in basso e da destra verso sinistra (il senso di lettura normale anche nel giappone moderno: i libri sono impaginati così, sebbene ormai sia diffusa anche la scrittura orizzontale).
Il koto viene paragonato al corpo di un drago cinese disteso. Per tale motivo, le diverse parti di cui esso è formato assumono dei nomi che ricordano quelle del mitico animale, come ad esempio:

  • Ryuko (schiena del drago): è la parte superiore della cassa armonica,
  • Ryuto e ryubi (testa e coda del drago): sono le estremità dello strumento.

Kazue Sawai è considerata uno dei massimi virtuosi viventi di questo strumento.

Ora, invece, vediamo la stessa interprete impegnata in una composizione contemporanea per koto.

Compositore: Tadao Sawai (Composto nel dicembre 1988. Per commemorare il decimo anniversario della fondazione dell’Istituto Sawai Koto. Eseguito per la prima volta da Kazue Sawai)

Lo strumento a 17 corde, inventato da Michio Miyagi, ha una storia di circa 70 anni (nota: all’epoca della sua composizione), e ha superato di gran lunga il suo scopo originale come supplemento per basso, ed è stato recentemente utilizzato come strumento solista . Naturalmente, il processo per arrivare a questo punto è dovuto ai grandi sforzi degli esecutori, dei compositori e delle persone che creano gli strumenti, ma la profondità e la forza del suono della 17 corde, così come la lunghezza del suono persistente, sono fattori importanti. Il suo fascino continuerà a catturare i cuori delle persone. E ora sembra che Jushichigen stia diventando il fiore all’occhiello del mondo musicale giapponese. [Testo: Tadao Sawai, Trad. Google]

Perle ai porci?

Forse ne avete già sentito parlare…
Washington D.C., zona centrale (uffici). Sono circa le 8 di mattina di venerdì 12 gennaio. Un bianco dall’aria giovanile vestito in jeans, T-shirt e cappellino da baseball si piazza in una stazione della metro molto frequentata, tira fuori un violino dalla custodia, la posa davanti a sè nel classico atteggiamento del mendicante e si mette a suonare la Ciaccona di J.S. Bach.
E la suona da dio, perché lui è Joshua Bell, uno dei più acclamati violinisti contemporanei e il suo strumento è uno Stradivari da 3.5 milioni di dollari.
In totale suona 6 pezzi, per circa un’ora. Poi raccoglie i soldi e se ne va. La scena è filmata da camere nascoste. Si tratta di un esperimento ideato dal Washington Post (3 estratti del video su washingtonpost.com, UPDATE: ora il video è anche su You Tube, andate giù nella pagina).

In quell’ora passano 1097 persone, in gran parte impiegati di vario livello. Magari c’è anche qualcuno che ha pagato $100 per ascoltarlo alla Boston’s Symphony Hall solo tre giorni prima.
Soltanto in sette si fermano ad ascoltare per più di un minuto. 27 persone gli lasciano qualche moneta, per un totale di $32. Una sola persona lo riconosce.

Guardando il video avrete notato che l’acustica non è neanche malvagia e si sente benissimo che non è uno qualsiasi.
E allora?
Per quanto mi riguarda, sicuramente non avrei riconosciuto Joshua Bell, ma mi sarei fermato e gli avrei dato qualche dollaro. Lo dico perché mi è capitato con un violoncellista nella metro di S. Pietroburgo. Suonava troppo bene. Mi sono fermato per poi scoprire che era un membro dell’orchestra di stato a cui non pagavano lo stipendio da due mesi.
Quindi ipotizziamo che quelle 27 persone che gli hanno dato qualcosa abbiano pensato “che bravo… mi fermerei volentieri, ma faccio tardi al lavoro”.
E gli altri 1070? Ammettiamo che un’altra settantina abbia pensato la stessa cosa, anche se non gli ha dato niente. Ne resta sempre un migliaio.
Notate che si trattava di uno dei più acclamati violinisti viventi che suonava alcuni dei più grandi capolavori mai scritti con uno dei migliori strumenti mai costruiti. Roba da sindrome di Stendhal.
Ne consegue che, se nessuno è in grado di notarlo, evidentemente abbiamo un problema culturale non banale.

  • La nostra società non educa la gente a riconoscere e apprezzare la bellezza?
  • O ci costringe a ignorare ciò che ci sta intorno?
  • O ancora, dovremmo riaprire il secolare dibattito epistemologico su cosa sia la bellezza?

Che ne pensate?

Beethoven in Morse

Qualcuno ricorda il codice morse? Quella serie di beep – beep – beeeeeep (punto – punto – linea) usata nelle telecomunicazioni per 160 anni, fino al suo definitivo pensionamento negli anni ’90?
Andate a vedervi questa simpatica animazione che gioca sul mettere in morse Beethoven. Cosa, peraltro, che ha un riferimento storico perché, durante la 2a guerra mondiale, le trasmissioni della BBC dirette alla Francia occupata iniziavano con le prime 4 note della 5a perché il famoso fa-fa-fa-re era punto-punto-punto-linea che in morse era V, come victory.

Musica Classica +22%

Nielsen SoundScan, il sistema leader di monitoraggio dell’industria musicale, ha pubblicato l’elaborazione dei dati per il 2006 da cui risulta che, negli USA

  • la vendita al dettaglio di album (include CD, CS, LP, Digital Albums) cala del 4.9%, ma
  • la vendita di CD via internet (non mp3, veri CD acquistati via e-commerce) cresce del 19%
  • la vendita di brani singoli in formato digitale (mp3 e simili) cresce del 65%
  • la vendita di interi album in formato digitale (sempre mp3 e simili) cresce del 101%
  • il mercato globale della musica registrata (Albums, Singles, Music Video, Digital Tracks) cresce del 19.4% e supera decisamente il miliardo di pezzi (1.198 milioni).

Con ciò l’industria musicale dovrebbe smetterla di rompere e constatare che, nonostante il P2P e le copie, le vendite crescono e se qualcuno non vende, è solo per la propria insipienza e/o incapacità di adeguarsi ai cambiamenti del mercato. Non a caso, infatti, buona parte di questa crescita è dovuta a iTunes di cui le major incamerano solo una parte del fatturato.
Ma la notizia più interessante dal mio punto di vista, arriva quando si guarda la suddivisione per generi (i commenti, ovviamente, sono solo opinioni personali):

  • la new-age perde il 22.7% (era ora)
  • il rhythm&blues perde il 18.4% (idem)
  • il rap cala del 20.7% (idem, non capisco che gusto ci sia ad ascoltare uno che parla a tempo)
  • l’alternative perde il 9.2% (e un po’ mi dispiace)
  • il jazz perde l’8.3%
  • il metal cala del 4.5%
  • il country resta quasi stabile (-0.5%)
  • il rock è quello che vende più di tutti (non c’è percentuale perché nel 2005 non era considerato come genere, chissà come mai)
  • crescono il gospel (1.3%, disastro) e il latin (5.2%, disastro totale, non lo sopporto)
  • le colonne sonore crescono del 19%
  • la musica classica cresce addirittura del 22.5%

Secondo Long Tail (commentatore del business), la crescita della classica si spiega con il fatto che la sua disponibilità su iTunes è notevole. È una delle categorie con il maggior numero di titoli, mentre nella maggior parte dei negozi è stata sempre trattata da schifo, relegata nell’angolo o in una stanza a parte.
Adesso, invece, la gente la vede, prova ad ascoltare qualcosa, si rende conto che è bello e dato anche il prezzo basso (0.99 come tutte le tracks), lo compra. Magari così compra un solo tempo di una sonata, ma almeno comincia.

Musica classica informale?

Sul blog di Eric Edberg, violoncellista classico e improvvisatore, trovo questa riflessione:

Avete mai pensato che i concerti classici siano troppo formali e abbiano regole troppo intimidatorie?
Una delle ragioni del fatto che il pubblico della musica classica diventa sempre più vecchio e limitato non può essere un ambiente noioso e presuntuoso che guarda male i nuovi arrivati se solo osano fare qualcosa di naturale come applaudire fre i movimenti o anche durante un movimento?
Sapete che, prima del 20° secolo era normale applaudire fra i movimenti e perfino durante l’esecuzione e che compositori come Mozart incoraggiavano questa pratica?
[trad. mia]

Per verificare questa teoria, Edberg e colleghi stanno organizzando, a quanto pare con successo, eventi di questo tipo:

Wednesday Aug. 30
7:30 PM Thompson Recital Hall in the PAC
The Romantic Cello: An Informal and Interactive Musical Event
Eric Edberg, cello and Stephanie Gurga, piano
brani brevi e piacevoli
durata massima 1 ora
esecutori in jeans
applaudite quando volete
e danzate nelle navate se ne avete voglia

Che ne pensate? (la mia opinione ve la dico dopo)

Un cellulare a Bayreuth

Beautiful Bayreuth image

Ecco una immagine meravigliosamente wagneriana presa direttamente dal festival di Bayreuth.
Data la temperatura, mi sembra adatta.
Tranquilli, non ci sono andato. Viene da un lungo articolo del critico del New York Times, Anthony Tommasini, in cui finalmente si affronta la questione cruciale: come vestirsi al festival di Bayreuth?
Scherzi a parte 🙂 la parte più gustosa dell’articolo è il gossip. Per esempio:

  • nonostante il caldo umido, nel teatro non c’è l’aria condizionata, per timore che il rumore delle ventole possa contagiare l’acustica;
  • per segnalare la fine dei vari intervalli (ogni 60 min.) appare su una balconata un ottetto di ottoni che accenna il tema principale del prossimo atto; l’estratto è eseguito una volta a 15 min. dall’inizio, due volte a 10 min. e tre volte a 5 min.
  • tutto è regolato e super-puntuale: perfino i critici sono obbligati a ritirare i biglietti 60 min. prima dell’inizio.

Ma nemmeno Bayreuth si salva dai barbari. Alla fine del II° atto delle Valkirie, proprio quando Wotan sta per uccidere il perfido marito Hunding, un cellulare suona!!

I dadi di Mozart

A quanto pare quest’anno è difficile non parlare di Mozart. Qui però ci occupiamo di un aspetto dell’attività di Wolfang forse un po’ più ludico, ma sempre molto interessante.
Nel 1793, due anni dopo la sua morte, venne pubblicato, con grande successo, un Musikalisches Würfelspiel (gioco musicale con i dadi) che permetteva di comporre un minuetto senza alcuna conoscenza musicale, utilizzando due dadi e una serie di battute predefinite. Si tratta di un esempio di composizione algoritmica ante litteram anche se val la pena di ricordare che la seconda metà del XVIII° secolo vide una certa fioritura di giochi musicali di questo tipo.

La paternità Mozartiana di quest’opera è stata a lungo discussa, ma ormai sembra assodata.
Le regole da osservare sono molto semplici. Un minuetto, all’epoca, aveva una forma pressoché standardizzata, in 3/4, composta da una prima parte (il minuetto), seguita da una parte centrale, di andamento più melodico e disteso, detta “trio” perché in origine era affidata a tre strumenti e si chiudeva con la ripresa del minuetto di partenza.
Sia il minuetto che il trio erano di 16 battute e nel creare la loro struttura interna era possibile utilizzare uno schema preciso. Il minuetto della Kleine Nachtmusik, per esempio, è composto da una frase di 4 battute (A) a cui segue una variazione di eguale durata (A’); abbiamo poi una seconda frase (B), sempre di 4 battute, che si conclude con una ripresa di A’. A sua volta, il trio si apre con una melodia (C) di 8 battute seguita da un motivo diverso (D), lungo 4 battute, che sfocia, in chiusura, in una ripresa abbreviata di C.
Erano strutture di questo tipo a permettere l’automazione compositiva realizzata da Mozart. Il gioco si basa su due tabelle, una per il minuetto, per il quale si utilizzano 2 dadi, e l’altra per il trio, per il quale è sufficiente un solo dado e da un libretto in cui si trova un elenco di 176 battute composte da Mozart. Ogni tabella ha in ascissa il numero di battuta e in ordinata il risultato del lancio dei dadi. All’intersezione di ascissa e ordinata si trova il numero della battuta da utilizzare.
L’utente deve semplicemente lanciare i dadi una volta per ogni battuta e trascrivere la battuta corrispondente copiandola dall’elenco e ponendola dopo la precedente.
Lanciando 16 volte i dadi, quindi, si ottengono le 16 battute che formano il minuetto. La tabella per il minuetto, infatti, ha 11 righe (i dadi vanno da 2 a 12) per 16 colonne e in questo caso, Mozart ha scritto 11 battute possibili per ognuna delle 16 battute del minuetto (11 * 16 = 176).
Per “comporre” il trio, invece, si utilizza un solo dado e la tabella ha solo 6 righe. Per ogni battuta, quindi, Mozart ha scritto 6 possibili battute.
L’abilità di Mozart, in questo caso, è stata quella di scrivere delle battute che potessero in ogni caso concatenarsi logicamente senza creare grandi scompensi con ognuna delle precedenti. Trattandosi di musica tonale, la cosa è meno complessa di quanto può sembrare a prima vista (la tonalità è sempre la stessa, Re per il minuetto, Sol per il trio), ma resta sempre piuttosto difficile se si considera anche il fatto che una composizione di questo tipo non ammette grandi irregolarità sequenziali.
Infine, sarebbe interessante sapere se Mozart, nel disporre le battute nelle tabelle, ha tenuto conto delle diverse probabilità di uscita determinate dal lancio dei dadi. Il problema non si pone nel caso del trio in cui si usa un solo dado e ogni numero ha probabilità 1/6, quanto per il minuetto per il quale si utilizzano 2 dadi con probabilità differenti per gli 11 possibili risultati. Con 2 dadi, infatti, il 7 ha le probabilità maggiori perché si ottiene con 6 combinazioni diverse. Seguono il 6 e l’8 con 5, il 5 e il 9 con 4, il 4 e il 10 con 3, il 3 e l’11 con 2, mentre il 2 e il 12 si ottengono con una soltanto.
In definitiva, comunque, con questo sistema possono essere generati 1116 cioè 45.949.729.863.572.161 minuetti e 616 cioè 2.821.109.907.456 trii. Dato che il minuetto come forma musicale è composto da un minuetto e un trio, abbiamo un totale di 129.629.238.163.050.258.624.287.932.416 diverse composizioni possibili. Ovviamente molte di loro saranno quasi uguali in quanto la differenza sarà costituita soltanto da una o due battute; ciò nonostante, su un totale così elevato, restano da ascoltare ancora molte interessanti combinazioni.
Il problema è che, anche tralasciando la ripresa finale del minuetto, ogni brano dura circa un minuto, e quindi servirebbero 246.630.970.629.852.090.228.858 anni per ascoltarli tutti.

Cliccando qui potete ascoltare uno di questi minuetti, mentre qui trovate un sito che implementa il gioco.