Come ci raccontano le cose…

Dunque, avrete tutti sentito che Assange, il rappresentante pubblico di WikiLeaks, è in carcere in UK perché accusato di stupro in Svezia.

Bene, non è così. Ufficialmente Assange è accusato di “sesso a sorpresa” (sex by surprise), un reato che esiste solo in Svezia e che consiste nel non aver condotto un rapporto sessuale come concordato con la partner.

Nel caso specifico, Assange non avrebbe indossato il profilattico, come invece aveva richiesto la sua partner e si sarebbe poi rifiutato di sottoporsi a un esame sulle malattie trasmissibili per via sessuale.

Il reato si estingue pagando una sanzione pari a circa 715 dollari, ma prima deve subire un processo.

Fonte: AOL News

Zeitgeist 2010

Google ha pubblicato il suo Zeitgeist 2010, lo spirito dei tempi desunto dalle parole introdotte nel suo motore di ricerca.

Se si guarda il segmento dedicato all’Italia, alcuni dei risultati sono:

Le parole più cercate in assoluto:

  1. facebook
  2. youtube
  3. libero
  4. meteo
  5. giochi
  6. streaming
  7. google
  8. yahoo
  9. corriere
  10. alice

I termini di crescente popolarità:

  1. chatroulette
  2. sarah scazzi
  3. stipendi pa
  4. waka waka
  5. mondiali 2010
  6. video mediaset
  7. il fatto quotidiano
  8. autoscout24
  9. megavideo
  10. google traduttore

I termini di crescente popolarità cercati tramite cellulari e smartphone

  1. ipad
  2. pietro taricone
  3. waka waka
  4. iphone 4
  5. mondiali 2010
  6. avatar
  7. ovi
  8. google traduttore
  9. sanremo
  10. classifica serie a

I termini economico-sociali

  1. manovra finanziaria 2010
  2. maturità 2010
  3. stipendi PA
  4. modulistica INPS
  5. prove invalsi
  6. pec
  7. agenzia delle entrate
  8. gdf
  9. servizio civile nazionale
  10. sportello immigrati

I termini più cercati associati alla parola “significato”

  1. bunga bunga
  2. kippah
  3. waka waka
  4. networking
  5. probiviri
  6. concussione
  7. bischero
  8. sarcasmo
  9. namasté
  10. shoah

Due osservazioni banali. Mi lascia un po’ perplesso il fatto che la gente vada su google per cercare “google”. Inoltre, mi sconvolge un po’ il fatto che la gente non conosca il significato di probiviri, concussione, sarcasmo e shoah.

Anche Yahoo ha pubblicato il proprio compendio che si intitola, più modestamente, “I Fatti dell’Anno“.

Cablegate

CablegateMagari vi interessa.

Per consultare i famosi file di Wikileaks dovete andare qui.

UPDATE 3/12

Wikileaks è stato scacciato da EveryDNS. Di conseguenza è raggiungibile solo usando direttamente l’ip. Nel frattempo è stato cacciato anche da Amazon, ma ha trovato ospitalità in Svizzera.

I nuovi indirizzi sono 213.251.145.96 e wikileaks.ch

UPDATE 5/12

Url di Wikileaks attualmente funzionanti

Mirrors

wikileaks.as50620.net wikileaks.tard.is ipv6 freeus.jsdev.org
wikileaks.enzym.su freeus.jsdev.org wikileaks.cellue.de
wikileaks.kafe-in.net ipv6 wl.opsec.eu ipv6 wl.donatepl0x.com
wikileaks.challet.eu wikileaks.kister.org wl.gernox.de
wikileaks.morningtime.com wikileaks.renout.nl wikileaks.fdn.fr
wikileaks.gonte.se wikileaks.kaptenkong.se wikileaksmirror.proxelsus-hosting.de ipv6
leaks.gooby.org wikileaks.dubronetwork.fr ipv6 wikileaks.perry.ch
wikileaks.sbr.im wikileaks.u0d.de wikileaks.81-89-98-125.blue.kundencontro…
www.fuckip.de wikileaks.psytek.net wl.mrkva.eu
wikileaks.joworld.net wikileaks.chiquitico.org wikileaks.rout0r.org
www.gruiiik.org wikileaks.high-color.de wikileaks.holarse-linuxgaming.de ipv6
wl.alfeldr.de wikileaks.huissoud.ch wikileaks.geekview.be
wikileaks.dysternis.de wikileaks.nulset.net wikileaks.franslundberg.com
wikileaks.krkr.eu ipv6 wl.yoltie.net wikileaks.zeitkunst.org
wikileaks.aelmans.eu wikileaks.serverius.net wikileaks.synssans.nl
wl.ernstchan.net wikileaks.yasaw.net zwartemarktplaats.com
wikileaks.dena-design.de wikileaks.zone84.net wikileaks.iuwt.fr
wikileaks.chmod.fi wlmirror.wildeboer.net leaked.rndm.ath.cx
wikileaks.splichy.cz wleaks.3sge.pulsedmedia.com wleaks.hellfire.pulsedmedia.com
wikileaks.palisades-berlin.de wikileaks.razor1911.com wikileaks.dokansoft.com.ar
wikileaks.thinkfurther.de wikileaks.trankil.info wikileaks.gonte2.nu
leaks.stumcomie.com wikileaks.timburke.org wikileaks.ehcdev.com
wikileaks.myscripts24.de wikileaks.breit.ws wikileaks.emilts.com
wikileaks.ruicruz.pt wikileaks.now-pages.com wikileaks.ego-world.org
cablegate.r3blog.nl ipv6 www.wikileakz.eu wikileaks.realprogrammer.org
wikileaks.the-secret-world.info wikileaks.rtjuette.de wikileaks.rustigereigers.nl
mirror1.wikileaks.lu mirror2.wikileaks.lu internaluse.net
wikileaks.r00t.la wikileaks.cordover.id.au brd.mcbf.net
wikileaks.spurious.biz wikileaks.1407.org wikileaks.mollar.me
azow.selb.us wikileaks.furdev.org wikileaks.datkan.net ipv6
wikileaks.threefingers.ca wikileaks.brenne.nu ipv6 www.anontalk.com
wikileaks.hutonline.nl vm8157.vps.tagadab.com nl1.wikileaksmirror.nl
wikileaks.noomad.org wikileaks.xcplanet.com www.wikileaks.nw-ds.com
wikileaks.infinium.org.uk wikileaks.piratskasit.cz peoplerule.info
wikileaks.sirobert.com wikileaks.solvare.se wikileaks.marktaff.com
wikileaks.hmaks.com im.wikileak.im wikileaks.yoerin.nl
wikileaks.siwhine.org wikileaks.schroth.cx wikileaks.delight.ch
wikileaks.moochm.de wikileaks.syncaddict.net www.hallitus.info
info.patourie-systems.com wikileaks.softic.cz wikileaks.redhog.org
wikileaks.brokenbydesign.org wikileaks.nisd.dk wikileaks.sentientrobot.net
wikileaks.kronoss.org wikileaks.s4ku.com wikileaks.glembotzky.com
wikileaks.nperfection.com wikileaks.laquadrature.net wikileaks.legrandsoir.info
wikileaks.artwww.net wikileaks.39mm.net leaks.uaqv.com
wikileaks.krtek.net www.emilts.com leaks.3nglish.co.uk
wikileaks.explain-it.org wikileaks.dunnewind.net wl.fcharlier.net
wikileaks.datenscheibe.org wikileaks.kapitein.org www.wikileaks.djity.net
wikileaks.listepik.net wikileaks.explain-it.org wikileaks.sedrati-dinet.net
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87.106.58.253 wikileaks.virii.lu wikileaks.junkle.org
leaks.iamfos.co wikileaks.wass-media.com wikileaks.karlsen.co
wikileaks.lupine.me.uk ipv6 wikileaks.webprofiles.org wikileaks.azatoth.net
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naixt-genne.com wikileaks.aircraftdispatch.net wikileaks.2qt.us
wikileaks.rhgnet.de wikileaks.xgstatic.fr wikileaks.medienfuzzis.com
wl.creative-guerillas.com wikileaks.para-dice.de wikileaks.bandsal.at ipv6
wikileaks.concretedonkey.cz.cc wikileaks.oualid.net wikileaks.webterrorist.net
wikileaks.theano.de wikileaks.electric-castle.net wikileaks.jotocorp.com
wikileaks.canariaswireless.net

Luci accese sulla cultura

Luci accese sulla cultura

Dal comunicato di Federculture:

Questa volta non si tratta solo di tagli, pur molto consistenti – circa 280 milioni tra tagli diretti al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, decurtamento del Fus e dei trasferimenti statali agli enti culturali, cui si aggiungono le riduzioni a carico delle amministrazioni locali che, secondo prime stime, potrebbero pesare sul settore per circa 800 milioni di euro nel prossimo biennio -, ma di un combinato di articoli contenuti nella legge, la cui applicazione disegnerà un quadro generale nel quale l’intervento pubblico dovrà fare totalmente marcia indietro, rinunciando di fatto alla possibilità di attuare politiche culturali, sia a livello nazionale che regionale e locale.

Avranno in particolare conseguenze disastrose sul sistema culturale italiano le norme che dispongono un tetto di spesa per l’organizzazione delle mostre pari al 20% di quanto speso dall’amministrazione nel 2009, tagliando di fatto dell’80% le risorse (Art. 6, commi 7, 8, 9, 12 e 13), quelle che obbligano i comuni sotto i 30.000 abitanti allo scioglimento delle società dagli stessi costituite (Art. 14, comma 32) ed infine quelle che fissano limiti alla composizione dei consigli di amministrazione, ostacolando la partecipazione dei privati alla gestione delle aziende culturali (Art. 6 commi 5 e 6).

La legge 122/2010 renderà impossibile per amministrazioni pubbliche, aziende e fondazioni e tutti gli organismi, che gestiscono i servizi e le attività culturali nel Paese, continuare a svolgere il loro compito istituzionale di promozione e diffusione della cultura. Una vera mannaia che si abbatterà indiscriminatamente su musei, teatri, biblioteche, colpendo anche quelle realtà virtuose che sono state l’elemento di maggiore innovazione e modernizzazione degli ultimi anni nei servizi resi ai cittadini e al territorio e riconosciute anche a livello internazionale.
Alcune norme, inoltre, potrebbero ledere le prerogative di autonomia degli enti territoriali e delle società private che gestiscono i servizi pubblici culturali, così come garantite dalla Costituzione. Per questo alcune Regioni hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale relativamente ad alcuni articoli della manovra, così come Federculture aveva già evidenziato nei mesi scorsi.

L’obiettivo della protesta è denunciare il pressoché totale disimpegno statale nel garantire la sopravvivenza del settore, già da anni falcidiato dal progressivo rarefarsi delle risorse e degli investimenti. Nel prossimo anno il budget del Mibac crollerà a 1,5 miliardi di euro, ormai circa lo 0,21% del bilancio statale, come dire che lo Stato spende 21 centesimi in cultura ogni 100 euro e, parametrato alla popolazione italiana equivale ad una spesa procapite di 25 euro. Cifre irrisorie per l’ampiezza e la complessità del nostro patrimonio e le esigenze di conservazione, valorizzazione e promozione cui bisognerebbe assolvere, che ci fanno sfigurare anche nel confronto internazionale: la Francia, ad esempio, ha una spesa statale procapite per la cultura di 46 euro, quasi il doppio della nostra.

Con investimenti di tale esiguità è impensabile non solo la sopravvivenza ma lo sviluppo del settore culturale che pure ha enormi potenzialità, tanto che potrebbe essere uno dei comparti sul quale puntare per uscire dalla crisi e restituire competitività al sistema economico nazionale. Il potenziale anche economico della cultura è d’altronde ampiamente dimostrato dai dati che ci dicono, ad esempio, che in Italia ci sono oltre 900mila imprese operanti in attività legate al settore culturale e creativo e che, ancora nel 2009 in piena crisi, la spesa delle famiglie italiane per la cultura ha rappresentato il 7% della loro spesa complessiva. Si andrà, invece, come chiaramente segnalano gli organizzatori della mobilitazione, verso un’ulteriore perdita di offerta, servizi e occupazione. Se non si interviene per tempo nel Paese non ci sarà una politica culturale da parte dello Stato, né delle amministrazioni locali, né tantomeno dei privati.

Una politica superficiale e miope sta colpendo nel profondo il diritto dei cittadini alla cultura, l’accesso alla conoscenza e alla fruizione del nostro immenso patrimonio collettivo, che è alimento essenziale per il benessere e la crescita.

Per questo il 12 novembre si chiuderanno le porte, ma per accendere i riflettori sulla cultura italiana e sul suo futuro a rischio.

La ricerca dell’audio perduto

Un recente rapporto della Biblioteca del Congresso USA dal titolo The State of Recorded Sound Preservation in the United States: A National Legacy at Risk in the Digital Age, scaricabile in pdf, fa notare che vaste porzioni del patrimonio audio sono ormai perdute o inaccessibili al pubblico a causa di errata conservazione, supporti labili, ma anche e spesso, di problemi determinati dal copyright.

In merito a quest’ultimo punto, il rapporto dichiara fin da subito che

Copyright law and interests in protecting intellectual property are a final thread (or perhaps a seemingly unyielding tangle) in the environment affecting recorded sound preservation. [pag. 6]

e continua

In many instances, early commercial recordings may be unavailable from rights holders. As reported in the Survey of Reissues of U.S. Recordings, a study commissioned by the NRPB, “ten percent or less
of listed recordings have been made available by rights holders for most periods prior to World War II. For periods before 1920, the percentage approaches zero.

All U.S. recordings, both commercially released and unpublished, created before February 15, 1972, are protected by a complex network of disparate state civil, criminal, and common laws. Accordingly, sound recordings are unique among all creative works in the United States insofar as the effective term of copyright protection for even the oldest U.S. recordings, dating from the late nineteenth century, will not end until the year 2067 at the earliest (i.e., 95 years after the placement of sound recordings under federal protection in 1972)

Questa situazione ha dell’incredibile: le istituzioni che si occupano della conservazione dei documenti audio sono impedite, quando non bloccate, dalle leggi fatte da un altro ramo della stessa istituzione.

È interessante osservare che, invece, i problemi tecnici, che pure esistono, si possono risolvere. Una volta accettato il fatto che non esiste un supporto eterno, si tratta solo di rinnovare i supporti ogni congruo numero di anni.

Con questo non voglio dire che quello posto dal copyright sia l’unico ostacolo. Il rapporto insiste anche sulle corrette modalità di conservazione, sulla necessità di formati standard, adeguati e non compressi, sulla creazione di professionalità apposite. Ma, mentre queste ultime sono, in fondo, questioni tecniche che si risolvono impiegando risorse adeguate, quello del copyright è, in realtà, un problema di potere, quindi molto più difficile.

Metri quadrati per persona

square feet per person

Questa immagine schematizza la densità della popolazione in varie aree del pianeta e lo fa calcolando lo spazio disponibile per ogni abitante. Notate che questa superficie è riferita al terreno calpestabile, cioè esclude laghi e fiumi.

Le misure sono in piedi quadrati, ma una veloce conversione in metri quadrati dà (e aggiungo l’Italia):

  • Australia 365961 m2, che equivalgono a un quadrato con il lato pari a circa 605 m
  • Canada 273823, idem 523
  • Russia 120805, 348
  • USA 30158, 174
  • Sud Africa 25009, 158
  • Messico 17491, 132
  • Cina 7035, 84
  • Italia 4969, 70
  • Gran Bretagna 3965, 63
  • Giappone 2944, 54
  • Bangladesh 872, 30
  • Hong Kong 156, 12.5
  • Monaco 59, 7.7

ma l’immagine esprime meglio le differenze.

Tutto questo significa anche che, se gli esseri umani fossero distribuiti con la massima regolarità, in Australia sarebbero a circa 605 m l’uno dall’altro come minimo, mentre nel Principato di Monaco ognuno avrebbe 4 immediati vicini a circa 7.7 m di distanza.

Ovviamente bisogna anche pensare che, se è vero che, per es., in Australia, ognuno dispone di 365961 m2, gran parte di questo territorio è costituito da deserti difficilmente abitabili, così come in Canada buona parte del terreno è gelato.

Però la presenza di un territorio così vasto ha un effetto. Quando guidavo in Russia o in Canada avevo spesso la percezione della vastità in gran parte vuota che iniziava subito al di là dei confini della città, mentre ad Hong Kong (prima del ritorno alla Cina), mi rendevo conto che era impossibile sfuggire alla folla.

Una sensazione simile, seppure meno opprimente, mi accompagna anche qui, in Italia. Andando su e giù per la pianura Padana o per la valle dell’Adige, ma anche salendo sulla montagna trentina, è quasi impossibile non vedere costruzioni e altri segni evidenti di presenza umana.

E non è un caso, secondo me, che i più visionari progetti di land art nascano dalla mente di persone che vivono nei paesi a bassa densità abitativa.

Jim Denevan

L’immagine rappresenta un recente lavoro di Jim Denevan, land artist di cui ci siamo già occupati.

Il bug del copyright

Tempo fa, a uno studente che voleva sapere qualcosa di più su Stockhausen, avevo consigliato di leggere l’Intervista sul genio musicale, un lungo colloquio con il nostro, a cura di Myra Tannenbaum, Ed. Laterza, Bari, 1985.

Qualche giorno fa mi ha scritto che non si trova.

Incredulo, vado a cercare sulle più note librerie online e ha ragione: non si trova da nessuna parte. Allora vado sul sito dell’editore, cerco per titolo e mi esce “Nessun libro trovato”. Il vecchio effetto si ripete. I libri scompaiono, come in Fahrenheit 451 dove vengono bruciati, solo che stavolta a farli sparire non sono i pompieri, ma gli avvocati con il supporto delle leggi sul copyright.

Questo effetto combinato del mercato e del copyright è demenziale. Intere biblioteche composte da tutto ciò che è stato stampato, ma che non può contare su un mercato planetario, sono state ingoiate dal buco nero del copyright a causa di una legge che anni fa, tutto sommato, era ragionevole, ma che in seguito a una serie di estensioni, si è trasformata in un killer culturale.

Facciamo un esempio prendendo proprio il già citato Fahrenheit 451. Ray Bradbury lo ha pubblicato nel 1953. Secondo la legge dell’epoca, sarebbe diventato di dominio pubblico, al massimo quest’anno, nel 2010. Nel ’53, infatti, secondo la legislazione americana, il copyright si estendeva per 28 anni, con la possibilità di un rinnovo altrettanto lungo (totale 56 anni).

Questa possibilità dell’opt-in era molto importante. Dopo 28 anni, infatti, doveva presentarsi un editore intenzionato ad usufruire di questa opzione e quindi, si presume, a sfruttare commercialmente l’opera. In caso contrario, il copyright decadeva.

Era un buon sistema per far sì che le opere che avevano acquisito una popolarità duratura continuassero ad essere sul mercato, mentre per quelle di minore impatto mercantile, si aprivano le porte del pubblico dominio e della circolazione privata fra gli interessati. In effetti, questo era il destino del 93% dei libri, mentre solo sul 7% si esercitava il rinnovo.

Le estensioni approvate via via negli anni hanno portato la durata del copyright a sfiorare il secolo (se nulla cambia, Fahrenheit 451 entrerà nel pubblico dominio nel 2049), ma, cosa ben peggiore, hanno tolto la consuetudine dell’opt-in, per cui tutto è automaticamente copyrighted per il periodo fissato.

La cosa più assurda, comunque, è il fatto che il diritto permane anche se il detentore non fa nulla per rendere disponibile sul mercato l’opera. Questo fatto danneggia chi la vuol leggere, ma anche l’autore o i suoi eredi, che potrebbero, invece, cercare di ricavarne qualcosa.

Infine, l’unico modo in cui il mio studente può leggere l’intervista con Stockhausen è farsela prestare o, se vuole averne una copia, commettere un reato.

La pagella del mondo interattiva

Newsweek ha una bellissima pagina interattiva creata appositamente per illustrare la sua classifica dei «migliori Paesi del mondo» che, peraltro, è fatta in modo piuttosto interessante. La trovate qui.

Per la cronaca, la Finlandia è il Paese migliore del mondo. Precede la Svizzera e la Svezia. I norvegesi però non possono certo lamentarsi, sono sesti nella classifica globale, ma per qualità della vita battono tutti.

C’è anche l’Italia. Ventitreesimo posto, due posti sotto la Spagna. Davanti abbiamo però 12 Paesi europei e anche se in fatto di sanità saliamo addirittura sul podio, nelle altre quattro categorie siamo ben nascosti in mezzo al gruppo. Trentaquattresimi per l’istruzione, ventiduesimi per la situazione politica e addirittura 44esimi se si prende l’economia, ovvero competitività, dinamismo, apertura dei mercati.

Come fa notare anche La Stampa, dalla ricerca risulta che le cose vanno bene nei Paesi che investono (o investono bene) in istruzione. Non è un caso che la Finlandia sia la prima. Notare la parola. Investono, che significa: ci mettono soldi (sì, c’è anche scritto “investono bene”, ma per investire bene, intanto bisogna investire).

Ma non bastano scuole efficienti o insegnanti motivati a far correre gli alunni. La famiglia gioca un ruolo decisivo: all’età di 3 anni i figli di professionisti sono da un punto di vista dell’apprendimento (misurabile in vocaboli conosciuti e nei test di intelligenza) quasi un anno avanti rispetto ai coetanei provenienti da famiglie più povere.

Ripeto, la trovate qui.

6 gradi ai Black Sabbath

Per ferragosto ecco qualcosa di divertente.

Come recita wikipedia, La teoria dei sei gradi di separazione è un’ipotesi secondo cui qualunque persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari. Tale teoria è stata proposta per la prima volta nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy in un racconto breve intitolato Catene.

Dato che Karinthy si limitò ad enunciare la teoria senza dimostrarla in termini rigorosi, si dovrebbe parlare non di una teoria, ma di una congettura che rimane tale ancora oggi, anche se vi sono evidenze sperimentali della sua correttezza.

Dopo un tentativo fallito di dimostrarla per via matematica negli anni ’50, nel 1967 il sociologo americano Stanley Milgram ideò un sistema sperimentale per testare la teoria, che egli chiamò “teoria del mondo piccolo“.

Selezionò casualmente un gruppo di americani del Midwest e chiese loro di mandare un pacchetto ad un estraneo che abitava nel Massachusetts, a diverse migliaia di chilometri di distanza. Ognuno di essi conosceva il nome del destinatario, la sua occupazione, e la zona in cui risiedeva, ma non l’indirizzo preciso. Fu quindi chiesto a ciascuno dei partecipanti all’esperimento di mandare il proprio pacchetto a una persona da loro conosciuta, che a loro giudizio avesse il maggior numero di possibilità di conoscere il destinatario finale. Quella persona avrebbe fatto lo stesso, e così via fino a che il pacchetto non venisse personalmente consegnato al destinatario finale.

I partecipanti si aspettavano che la catena includesse perlomeno un centinaio di intermediari, e invece ci vollero solo (in media) tra i cinque e i sette passaggi per far arrivare il pacchetto. Le scoperte di Milgram furono quindi pubblicate in Psychology Today e da qui nacque l’espressione sei gradi di separazione che divenne subito molto popolare grazie anche al film tratto dall’omonima commedia teatrale di John Guare plurireplicata a Broadway.

La spiegazione della faccenda si basa sul fatto che, in ogni rete di persone, esistono individui che agiscono come aggregatori, perché hanno un numero di contatti elevatissimo. Il primo impiego pratico della teoria, per esempio, venne creato da Brett C. Tjaden sotto forma di un software che usava l’Internet Movie Database per calcolare i collegamenti tra attori differenti.

Il collegamento era effettuato mediante i film. Per esempio, il collegamento fra gli attori A e Z è dato dal fatto che A ha lavorato in un film con M che ha lavorato in un film con K che, a sua volta, ha lavorato in un film con X, il quale, infine, ha recitato con Z. In questo caso, il grado di separazione fra A e Z è 4.

Questo software, centrato sull’attore Kevin Bacon, considerato come uno degli aggregatori nel mondo del cinema per l’elevato numero di pellicole a cui ha preso parte, tanto che il suo grado di separazione con altri attori è circa 3, è ancora in rete con il nome de “The Oracle of Bacon“. Qui, per esempio, si può scoprire che il “numero di Bacon” che lo separa da Alvaro Vitali è solo 2 in quanto quest’ultimo ha lavorato con Gassman in “Mortacci (1989)” e Gassman ha lavorato con Bacon in “Sleepers (1996)”.

Nel 2001 Duncan Watts, un professore della Columbia University, riprese per conto suo la ricerca e ricreò l’esperimento di Milgram su Internet. Watts usò una e-mail come “pacchetto” che doveva essere consegnato e, sorprendentemente, dopo aver analizzato i dati ottenuti dagli invii effettuati da 48.000 differenti persone residenti in 157 stati diversi, nei confronti di 19 “bersagli”, trovò che il numero medio di intermediari era effettivamente sei.

Da qui il diluvio. Nel 2006, per esempio, due ricercatori di Microsoft, sfruttando i log delle conversazioni attraverso MSN Messenger, hanno ricavato che in media fra due utenti del programma vi sono 6,6 gradi di separazione (vedi) e nel 2008 Discover Magazine ha pubblicato un pezzo intitolato “If Osama’s Only 6 Degrees Away, Why Can’t We Find Him?“.

Nel mondo scientifico è diventato popolare il Numero di Erdős creato dagli amici di Erdős come tributo scherzoso all’enorme numero di pubblicazioni da lui scritte in collaborazione con un gran numero di matematici diversi.

Esiste anche un social network, chiamato Digrii, in grado di calcolare il grado di separazione fra i suoi utenti e mostrare anche il percorso di connessione (tu sei amico di quello, che è amico di quell’altro … etc.).

In musica le applicazioni non sono state molte. C’è un programma su Radio3 (Sei Gradi, che vanta vari tentativi di imitazione fra le radio private) in cui si va da un artista all’altro in 6 passi. Qui sono disponibili molte puntate.

Ma adesso c’è anche un sito, 6 Degrees of Black Sabbath, che utilizza i database di Echo Nest e MusicBrainz per connettere due musicisti dell’area pop e/o jazz, utilizzando non solo la partecipazione a una canzone o a una band, ma anche altri tipi di relazione (parentela, nomi d’arte, composizioni…)

Così si scopre, per esempio, che anche fra John Coltrane e i Black Sabbath ci sono 6 gradi, ovvero:

Da A
Relazione
John Coltrane Ravi Coltrane figlio
Ravi Coltrane Greg Osby M-Base Collective
Greg Osby Jimmy Herring Phil Lesh & Friends
Jimmy Herring T Lavitz Endangered Species
T Lavitz Aynsley Dunbar Jefferson Starship
Aynsley Dunbar Black Sabbath ha composto Warning

.

Fuori dal tempo

MandelaParliamo un po’ di Sud Africa in un altro modo.

Questo volto è stato per 27 anni quello di Nelson Mandela. Arrestato nel 1963 e condannato all’ergastolo nel 1964 per tradimento e sabotaggio, cioè per aver guidato l’ala militare dell’African National Congress (Umkhonto we Sizwe, la Lancia della nazione) organizzando la lotta armata anti-apartheid, Mandela rimase in carcere fino al 1990, anno della sua liberazione in seguito al crescere della pressione internazionale.

Nel frattempo, fuori, si stampavano clandestinamente manifesti e magliette con il suo viso, ma, un po’ perché il regime non diffondeva volentieri sue immagini, un po’ perché così si voleva ricordarlo, l’aspetto di Mandela non cambiava mai.

Non era morto. Era in carcere e invecchiava, ma all’esterno, per la gente e perfino per i media, il suo viso era sempre quello. Per 27 anni l’immagine di Mandela è rimasta fuori dal tempo, bloccata a quel 1963, rientrandovi bruscamente solo l’11 Febbraio 1990 al momento della sua relativamente inattesa liberazione. Inattesa perché è vero che la pressione internazionale stava montando e si pensava che prima o poi il regime, sempre più isolato, avrebbe dovuto cedere, ma non si capiva quando sarebbe avvenuto.

nelson mandela freedIn quel giorno, per quelli che non lo avevano più visto dal 1963 e per i moltissimi che non lo avevano mai visto e che di lui conoscevano solo quell’immagine e il messaggio che era riuscito a far uscire dal carcere nel 1980 (“Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa ed il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!”; ricordiamo che nel 1985 aveva rifiutato un’offerta di liberazione in cambio della rinuncia alla lotta armata), Mandela è riemerso, con il viso e le movenze tremolanti di un vecchio (aveva 72 anni e il carcere non lo aveva certo aiutato a invecchiare bene).

Da quel momento è ritornato nel tempo. Ha smesso di essere un’icona ed è tornato ad essere una persona. Ovviamente non una persona comune, è sempre un eroe ed è stato presidente del Sud Africa da 1991 al 1999, ma è un uomo che si vede cambiare con il tempo, lo si vede invecchiare, anche se il suo paese, a giudicare dalla statua, imponente ma bruttina, che gli dedicato (qui sotto), lo vorrebbe per sempre giovane.

Mandela