Disgraziani!

disgraziani

Disgraziani fa parte dell’onda iconoclasta del 1982, quando improvvisavamo, Zoo Zorzi ed io, sezionando e distruggendo tutte le strutture melodico/armoniche che ci capitavano sottomano.
Nella presentazione in concerto, infatti, dicevo: “il brano inizia con dei bei suoni di chitarra con arco, che io elaboro facendoli diventare via via sempre più brutti, fino a quando assomigliano solo a disturbi radio”, esternando l’intenzionalità distruttiva.
Ovviamente, nel corso di questa azione altre strutture emergevano, si formavano e scomparivano. Qualcuna riusciva anche a farsi largo ed esistere, come accade per l’arpeggio finale (vedi schema tecnico nell’immagine sotto; partite dalla bolla verde e procedete in senso orario).
I nostri pezzi, quindi, erano pieni di spettri e di presagi, fantasmi di un passato o rovine su cui costruire qualcosa.

Questa registrazione è proprio quella della prima esecuzione che si è tenuta in una galleria d’arte, intorno al 10 Giugno del 1982 (anche questo per alcuni è un presagio).
Mi dà una strana sensazione pensare che, nel 2022, Disgraziani compirà 40 anni. Ascoltandolo adesso, lo trovo melodico. Come diceva Cage, tutto, prima o poi, è destinato a diventare melodico.

Il titolo è frutto della mente bacata di Zoo :). Le nostre prove erano costituite da improvvisazioni totali, senza alcun accordo preliminare, che venivano registrate. Poi, riascoltando, lui diceva “che pacco, questo” e io dicevo “allora lo suoniamo in concerto”. La nostra misura della validità dei brani era quanto potevano essere temibili per l’ascoltatore.
Poi chiedevo “come lo intitoliamo, questo?” e quella volta Zoo rispose

Disgraziani!, quello che ci dirà la gente…

Graziani/Zorzi – Disgraziani! (1982) – Free improvised music by Mauro Graziani synth, electronic devices, loop control & Roberto ‘Zoo’ Zorzi electric guitar, devices

Disintegrazioni

Désintégrations (1983), per orchestra da camera e nastro magnetico è uno dei lavori più rappresentativi di Tristan Murail e della musica spettrale.

Désintégrations è stata composta dopo un lavoro approfondito sul concetto di “spettro”. Tutto il materiale del brano (sia il nastro che la partitura orchestrale), le sue microforme, i suoi sistemi d’evoluzione, deriva dalle analisi, dalle decomposizioni o dalle ricostruzioni artificiali di spettri armonici o inarmonici.
La maggior parte di questi spettri è d’origine strumentale. Suoni di bassi piano, di ottoni, di violoncello sono stati particolarmente utilizzati.
Il nastro magnetico non cerca di ricostituire suoni strumentali. Questi ultimi fungono soltanto da modelli o da materiale per la costruzione di timbri o di armonie (per me del resto c’è poca differenza tra queste due nozioni), ed anche per la costruzione di forme musicali.
Molti tipi di trattamenti degli spettri sono usati nel brano:

  • Frazionamento: si utilizza soltanto una regione dello spettro (ad esempio, suoni di campana dell’inizio e della fine ottenuti con frazionamento di suoni di piano).
  • Filtraggio: si evidenziano o si eliminano alcune componenti.
  • Esplorazione spettrale (movimenti all’interno del suono): si ascoltano le parziali una dopo l’altra, il timbro diventa melodia (ad esempio, nella terza sezione, suoni di piccole campane che provengono dalla disintegrazione di timbri di clarinetto e flauto).
  • Creazione di spettri inarmonici, “lineari” per somma o sottrazione di una frequenza (per analogia con la modulazione in anello o la modulazione di frequenza), “non lineari” con torsione di uno spettro o descrizione di una curva di frequenze (ad esempio, nella penultima sezione, torsione progressiva di un suono di trombone grave).

Il nastro è stato realizzato con sintesi additiva: si descrive in tutte le proprie dimensioni ogni componente di un suono. Questo permette di agire sugli spettri in modo estremamente preciso ed analitico e avvicinare processo di sintesi e processo di composizione, a tal punto che il nastro è stato veramente “scritto” prima di essere realizzato.
La scrittura orchestrale ha anche beneficiato della potenza dell’elaboratore, per la definizione delle altezze e delle durate ed anche per il disegno di alcune microforme. Nastro e strumenti procedono dunque dalla stessa origine e sono in relazione di complementarità. Spesso, il nastro evidenzia il carattere degli strumenti, diffrange o disintegra il loro timbro, o amplifica gli effetti orchestrali. Deve essere perfettamente sincrona, da cui la necessità di “clic” di sincronizzazione che il direttore deve seguire.
Le due fonti, strumentali e sintetiche, sono quasi sempre fuse e contribuiscono a creare momenti sonori o percorsi musicali nuovi; il discorso musicale gioca spesso sull’ambiguità tra queste due fonti, essendo lo scopo ultimo di cancellare ogni differenza fra dei mondi sonori a priori distinti.
La musica procede seguendo dei percorsi più che per sezioni distinte. Ogni momento mette l’accento su un trattamento spettrale particolare, ogni percorso fa evolvere variamente la materia musicale, tra armonicità ed inarmonicità, ombra e luce, semplicità e complessità. Contorni precisi sorgono da oggetti fluidi, l’ordine sorge da caos ritmici, i suoni evolvono incessantemente, si deformano cambiando natura…

Tristan Murail – Désintégrations (1983), per orchestra da camera e nastro magnetico

That Goodbye

Me

That Goodbye è una elaborazione del primo verso tratto dalla poesia “Do not go gently into that goodnight” di Dylan Thomas, letto dall’autore e tratto da una registrazione d’epoca.
L’idea di questo brano è di mettere a punto delle tecniche tali per cui la parola via via si “consumi” diventando lentamente puro suono.
Ora, una delle cose che mi hanno sempre affascinato è l’eco. Ma l’eco è una ripetizione (quasi) identica all’originale. In “That Goodbye” invece, ho adottato delle tecniche di elaborazione per cui l’eco ritorna modificato sempre di più ad ogni ripetizione.

Queste tecniche consistono nell’inserire il dispositivo di elaborazione all’interno del loop che genera l’eco. Quindi il suo effetto si accumula e cresce ad ogni ripetizione che così si trasforma sempre di più rispetto all’originale.

Questo modo di comporre è abbastanza lontano dalle tecniche tradizionali. Qui, io seleziono processi di elaborazione che generano risultati di lunga durata. La composizione, a questo punto, equivale alla scelta dei frammenti sonori e dei processi di elaborazione attraverso i quali devono ‘rotolare’.

Alcuni esempi [NB: per non costringevi ad ascoltare mezz’ora di esempi, tutti gli eventi sono accelerati rispetto al loro utilizzo nel brano, nel senso che il delay è molto breve (circa 1 sec.) e quindi la frequenza delle ripetizioni è elevata per cui la trasformazione avviene nel giro di pochi secondi].

  • Elemento di elaborazione: riverbero
    In questo esempio l’accumulo della riverberazione a ogni ciclo di loop produce un alone sempre più lungo e presente per cui il riverbero si “mangia” letteralmente il suono riducendolo alle sole frequenze di risonanza eccitate dall’input. Il collegamento con in frammento iniziale rimane in forma agogica. Sotto l’aspetto frequenziale, il risultato dipende sia dalle frequenze presenti nell’input che dalle frequenze di risonanza del riverbero.
  • Elemento di elaborazione: filtro
    Ad ogni ciclo di loop l’input è filtrato con un passa-banda a guadagno unitario, che lascia inalterata solo la freq. di centro-banda e attenua tutte le altre. Il suono, via via, si semplifica fino a lasciare una singola sinusoide.
  • Elemento di elaborazione: flanger
    L’effetto flanger applicato a un suono si incrementa a ogni ripetizione dando vita a battimenti di complessità crescente.
  • Elemento di elaborazione: ring modulator
    Il modulatore ad anello, con modulante piazzata su uno degli armonici, espande lo spettro e ne cambia il bilanciamento a ogni ciclo di loop.

That Goodbye inizia con la voce di Dylan Thomas che passa attraverso un banco di 8 filtri passa-banda e viene suddivisa in altrettanti flussi audio indipendenti che rapidamente si sfasano.

Ognuno di essi si infila, poi, in una linea di ritardo con tempo differenziato rispetto alle altre (da circa 5 a circa 12 secondi). Le frequenze di taglio e la larghezza di banda dei filtri non sono regolarmente spaziate, ma sono state tarate sulle bande di maggiore attività del segnale e vanno da 100 a 5000 Hz.

In questa prima fase l’elemento di elaborazione nel loop è principalmente il riverbero che allunga il suono e lo trasfigura distruggendo le parole e trasformandolo in bande frequenziali di altezza differenziata. Le bande basse e medie hanno tempi di riverbero più lunghi (fino a 6-8 secondi) e formano rapidamente delle fasce sonore di sfondo in evoluzione su cui si muovono gli elementi più acuti.

Nella seconda fase utilizzo come input alcuni dei punti finali di trasformazione della prima che vengono inviati a delay con processing differenziati, soprattutto flanger, filtri, ring modulator e inviluppi. Questi ultimi due sono i responsabili dell’emergere di suoni tipo campana derivanti dalla trasformazione spettrale delle bande medio-alte e dall’applicazione di un inviluppo che all’inzio è lineare e si fonde con il resto, ma diventa più sensibile e differenziato via via che si fa maggiormente percussivo.

Verso la fine della seconda fase parte una terza fase che inizia sulle bande basse a cui si applicano delay con ring modulator e pitch shift sulla scala armonica dando vita a una scalata agli armonici che si espande ad ogni ciclo di loop.

Questa parte si risolve in una quarta e ultima fase che si muove quasi all’indietro nel pezzo mandando in loop i risultati di varie convoluzioni fra la frase originale e e frammenti tratti dalle tre fasi precedenti creando una serie di fantasmi del frammento di partenza.

Mauro Graziani – That Goodbye (2002)

Music for a Summer Evening

Un lavoro importante di Crumb sono i quattro libri del Makrokosmos (1972-1974). I primi due libri sono per pianoforte solo, mentre il terzo (chiamato anche Music for a Summer Evening, parte del quale ascoltiamo qui) è per due pianoforti e percussioni ed il quarto (noto anche con il titolo Celestial Mechanics) per pianoforte a quattro mani. Il nome di questo ciclo allude ai sei libri pianistici del Microcosmos di Béla Bartók; come il lavoro di Bartók, il Makrokosmos è costituito da una serie di brevi pezzi dal carattere differenziato. Oltre a quella di Bartók, George Crumb ha riconosciuto in questo ciclo influenze di Claude Debussy, sebbene le tecniche compositive utilizzate siano molto differenti da quelle di entrambi gli autori citati. Il pianoforte viene amplificato e preparato sistemando vari oggetti sulle sue corde; in alcuni momenti il pianista deve cantare o gridare alcune parole mentre sta suonando.

Crumb – from Music for a Summer Evening (Makrokosmos III), 5 – Music of the Starry Night (1974), for 2 pianos and 2 percussionists

Author’s program notes (excerpt):

As in several of my other works, the musical fabric of Summer Evening results largely from the elaboration of tiny cells into a sort of mosaic design. This time-hallowed technique seems to function in much new music, irrespective of style, as a primary structural modus. In its overall style, Summer Evening might be described as either more or less atonal, or more or less tonal. The more overtly tonal passages can be defined in terms of the basic polarity F#-D# minor (or, enharmonically, Gb-Eb minor). This (most traditional) polarity is twice stated in “The Advent” — in the opening crescendo passages (“majestic, like a larger rhythm of nature”), and in the concluding “Hymn for the Nativity of the Star-Child”. It is stated once again in “Music of the Starry Night”, with the quotation of passages from Bach’s D# minor fugue (Well-tempered Clavier, Book II) and a concluding “Song of Reconciliation” in Gb (overlaid by an intermittently resounding “Fivefold Galactic Bells” in F#). One other structural device which the astute listener may perceive is the isorhythmic construction of “Myth”, which consists of simultaneously performed taleas of 13, 7, and 11 bars.

 

Nuova Consonanza

Led by pianist Franco Evangelisti the Gruppo performed as a collective from 65 -71. The focus was to expand both the sonic capabilities of their instruments, but also the sensitivity of each performer within the context of the improvisation. The result(s) remain some of the purist and elevated abstract explorations put to tape retaining both warmth and intelligence. Piano, percussion, double bass, trombone, cello, trumpet, etc are the tools for unparalleled types of aesthetic experiences I was led through and into. This could easily be described as difficult music but only if one remains on the surface of its architecture.

Nuova Consonanza was a brilliant and prolific composer’s collective exploring extended techniques and new sound sources through the medium of improvisation. Although very much a product of its time, their music remains timeless. They were instrumental in founding a radical tradition of western musical improvisation that owed little or nothing to anybody and created some of the strangest music ever made. They were utterly unique.
from John Zorn liner notes, NYC 2006

Consapevoli della rarefatta e marginale presenza della produzione contemporanea nel panorama concertistico romano degli anni ’50, un ristretto circolo di giovani compositori interessati alle avanguardie matura l’intenzione di fondare un’associazione destinata alla promozione e alla diffusione della musica contemporanea a Roma, convinti della necessità di scendere nel cuore della vita musicale romana ufficiale per far sentire una voce di dissenso e proporre nuove iniziative. Le associazioni concertistiche ufficiali, in quegli anni non favorivano la conoscenza e la diffusione della musica contemporanea se non in modo del tutto sporadico e casuale. Si delineò così la consapevolezza che soltanto muovendosi in prima persona, gestendo direttamente un’attività concertistica, in alternativa a quella esistente, potesse emergere la nuova musica. L’idea si concretizza nei primi anni ’60 ad opera di Mauro Bortolotti, Aldo Clementi, Antonio De Blasio, Franco Evangelisti, Domenico Guaccero, Egisto Macchi, Daniele Paris, Francesco Pennisi.
Il nome Nuova Consonanza, citazione di una celebre prefazione seicentesca di Ottavio Rinuccini, allude all’esigenza di aggiornamento permanente e, al tempo stesso, alla volontà di recuperare gli indirizzi marginalizzati dalle tendenze più radicali della musica internazionale.
Nata non come movimento omogeneo di pensiero, bensì come incontro di personalità molto diverse e musicalmente distanti, professionalmente già formate, Nuova Consonanza si fonda non su ideali estetici comuni, ma sulla necessità di svecchiamento della musica in Italia attraverso un’azione comune ai fini della diffusione della musica contemporanea, al di là delle posizioni personali e dei singoli itinerari linguistici.

Tra le molteplici iniziative sostenute, occupa un posto di assoluto rilievo il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza (GINC) sorto a Roma nel 1964 ad opera di Franco Evangelisti. Unico gruppo di improvvisazione formato esclusivamente da compositori, il GINC costituiva il punto di approdo di tutte le profonde mutazioni intervenute in quegli anni nel rapporto compositore-esecutore e mirava sovvertire l’assunto base dell’opera aperta (l’esecutore diventa compositore), trasformando il compositore in esecutore, attraverso un’operazione di identificazione permanente tra l’atto del comporre e l’atto dell’eseguire. Ne hanno fatto parte, accanto a Evangelisti e Carmine Pepe, un folto insieme di musicisti non italiani: Larry Austin, John Eaton, John Heineman, Roland Kayn, William O. Smith, Ivan Vandor.

Dal sito dell’Associazione Nuova Consonanza

Nuova Consonanza – Omaggio a Giacinto Scelsi (1976)

Franco Evangelisti (pno,percs)
Giancaro Schiaffini (tb)
Ennio Morricone (tpt. fl)
Giovanni Piazza (horn, fl, vln)
Egisto Macchi (percs, strings)
Antonello Neri (pno)

Vox Balenae

Un brano acquatico ed evocativo questo Vox Balenae composto nel 1971 da George Crumb per flauto, violoncello e piano, tutti amplificati (non c’è trattamento audio; ci si limita all’amplificazione).
Ispirato a una registrazione di canti delle balene, il brano imita e trasfigura i suoni della natura, che divantano materiale da elaborare musicalmente.
C’è anche un aspetto teatrale: i musicisti devono indossare una maschera intesa a cancellare la loro umanità per portarli a impersonare le forze della natura. Inoltre, l’esecuzione dovrebbe avvenire in luce blu.
Di questa composizione Crumb dice:

The form of Vox Balenae (Voice of the Whale) is a simple three-part design, consisting of a prologue, a set of variations named after the geological eras, and an epilogue.
The opening Vocalise (marked in the score: “wildly fantastic, grotesque”) is a kind of cadenza for the flutist, who simultaneously plays his instrument and sings into it. This combination of instrumental and vocal sound produces an eerie, surreal timbre, not unlike the sounds of the humpback whale. The conclusion of the cadenza is announced by a parody of the opening measures of Strauss’ Also sprach Zarathustra.
The Sea-Theme (“solemn, with calm majesty”) is presented by the cello (in harmonics), accompanied by dark, fateful chords of strummed piano strings. The following sequence of variations begins with the haunting sea-gull cries of the Archezoic (“timeless, inchoate”) and, gradually increasing in intensity, reaches a strident climax in the Cenozoic (“dramatic, with a feeling of destiny”). The emergence of man in the Cenozoic era is symbolized by a partial restatement of the Zarathustra reference.
The concluding Sea-Nocturne (“serene, pure, transfigured”) is an elaboration of the Sea-Theme. The piece is couched in the “luminous” tonality of B major and there are shimmering sounds of antique cymbals (played alternately by the cellist and flutist). In composing the Sea-Nocturne I wanted to suggest “a larger rhythm of nature” and a sense of suspension in time. The concluding gesture of the work is a gradually dying series of repetitions of a 10-note figure. In concert performance, the last figure is to be played “in pantomime” (to suggest a diminuendo beyond the threshold of hearing!); for recorded performances, the figure is played as a “fade-out”.

 

Per la fine dei tempi

messiaenOlivier Messiaen was born 98 years ago, on December 10, 1908.
The Quartet for the End of Time was written after Messiaen, then a French soldier, was captured and incarcerated in a German prisoner-of-war camp, and first performed by the composer and three fellow inmates in the unheated barracks of Stalag VIIIA on January 15, 1941, before an audience of 300 prisoners and their German guards.

Clarinette : Barnaby Robson
Violon : James Clark
Violoncelle : David Cohen
Piano : Matthew Schellhorn

Thunderwords of Finnegans Wake

Ci sono dieci tuoni nel Wake. Ognuno è un crittogramma o una spiegazione codificata delle conseguenze tonanti e riverberanti dei principali cambiamenti tecnologici in tutta la storia umana. Quando un uomo tribale sente un tuono, dice: “Cosa ha detto quella volta?”, con la stessa spontaneità con cui diciamo “Gesundheit” (trad. “Salute”).
[Marshall McLuhan]

Ecco i tuoni (in realtà non tutti sono veri tuoni, alcuni sono battimani, colpo di tosse, sbattere di porta…), come li ha scritti James Joyce e il primo interpretato da John Cage

Bababadalgharaghtakamminarronnkonnbronntonnerronntuonnthunntrovarrhounawnskawntoohoohoordenenthurnuk

Perkodhuskurunbarggruauyagokgorlayorgromgremmitghundhurthrumathunaradidillifaititillibumullunukkunun

Klikkaklakkaklaskaklopatzklatschabattacreppycrottygraddaghsemmihsammihnouithappluddyappladdypkonpkot

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