Mossenmark a Verona

wroom

Lunedì 12/2 alle ore 18, Staffan Mossenmark, compositore e sound-artist svedese, farà una presentazione del suo lavoro nell’Aula Magna dell’Accademia Cignaroli in Via Montanari (vicino a piazza Cittadella).

Questo evento servirà anche per inaugurare il progetto “VERONA RISUONA” che si svolgerà nei prossimi mesi e si concluderà alla fine di aprile.

Nell’immagine: Staffan Mossenmark impegnato nella performance Wroom!, mentre dirige 100 Harley Davidson nella piazza di Copenhagen. Click qui per ingrandire.

Psappha

Psappha (1975) di Iannis Xenakis eseguita da Adélaïde Ferrière.
Psappha è la versione arcaica del nome di Saffo (Sappho), poetessa dell’antichità (VII sec. ac), che inventò il principio astratto di variazione (metabole) su unità metriche (ritmiche) dette saffiche.
Nella sua prima composizione per percussioni sole, Xenakis decide di concentrarsi unicamente sul ritmo. Soltanto la cassa, infatti, è esplicitamente specificata in partitura, mentre gli altri strumenti sono indicati soltanto come diverse classi di timbri (pelli, legno, metallo, ogni zona deve essere disponibile in 3 registri).
A partire da questa organizzazione, Xenakis sovrappone diversi moduli ritmici, a strati, fino a livelli di complessità molto elevata.
Psappha è suddivisa in 5 sezioni, ognuna caratterizzata da diversi moduli di tempi, timbri e tessiture. Vi sono passaggi in cui la pulsazione continua in modo regolare, colorata da accenti timbricamente diversi. Altri in cui, per contrasto, la pulsazione apparentemente scompare e le frasi si dissolvono in gruppi di suoni di densità variabile.

Quattro canti per attraversare la soglia

Gérard Grisey – Quatre chants pour franchir le seuil per soprano e 15 strumenti (1996-1997).
Quasi una premonizione, l’ultima composizione di Grisey che morirà nel 1998.

Ho concepito i Quattro Canti per superare la soglia come una meditazione musicale sulla morte in quattro aspetti: la morte dell’angelo, la morte della civilizzazione, la morte della voce e la morte dell’umanità. I quattro movimenti sono separati da brevi interludi, polveri sonore morbide, destinati a mantenere un livello di tensione leggermente superiore al silenzio educato ma rilassato che regna nelle sale di concerto tra la fine di un movimento e l’inizio del seguente. I testi scelti appartengono a quattro civilizzazioni (cristiana, egiziana, greca, mesopotamia) ed hanno in comune un discorso frammentario sull’inevitabile della morte. La scelta della formazione è stata dettata dall’esigenza musicale di opporre alla leggerezza della voce di soprano una massa grave, pesante e tuttavia suntuosa e colorata.

I 4 canti:

  1. Prelude: La mort de l’ange – D’après Les heures de la nuit de Christian Guez-Ricord
  2. Interlude: La mort de la civilisation – D’après les Sarcophages égyptiens du Moyen Empire
  3. Interlude: La mort de la voix – D’après Erinna
  4. Faux Interlude: La mort de l’humanite – D’après L’Épopée de Gilgamesh

Il testo della prima parte, tratto da Les Heures de la Nuit di Christian Guez-Ricord (La Sétérée, Jacques Clerc Editeur, 1992)

De qui se doit
de mourir
comme un ange
……………….

comme il se doit de mourir
comme un ange
je me dois
de mourir
moi-même

il se doit son mourir
son ange est de mourir
comme il s’est mort
comme un ange

Piano phase

Io non sono un fan della musica minimale, però questo Piano phase di Steve Reich del 1967 è importante e coinvolgente. Si tratta del primo brano totalmente strumentale in cui Reich utilizza la tecnica del phasing, fino ad allora usata solo in elettronica.
Il phasing può essere descritto semplicemente come il suonare due frasi identiche con una leggera differenza metronomica (l’una appena più veloce dell’altra). Di conseguenza le due frasi dapprima suonano all’unisono. Poi, quando la differenza è ancora molto piccola, si ha una strana percezione, come se le note si allungassero o avessero un riverbero. In seguito la differenza diventa chiaramente percepibile: la melodia si sdoppia anche come numero di note (2 note nel tempo di una). Infine la melodia ritorna in fase, ma mentre un pianista suona la prima nota, l’altro suona la seconda: abbiamo così dei bicordi al posto dell’unisono iniziale.
In questo brano il processo continua attraverso vari stadi di fase e controfase, fino a quando i due pianisti sono sfasati al punto in cui la prima nota dell’uno si sovrappone all’ultima dell’altro. Così una frasetta di 12 note genera un brano di circa 20 minuti.
Fino ad oggi, il brano era per due pianoforti e due pianisti in primo luogo perché le note sono le stesse e in secondo luogo perché, pur essendo la frase molto facile, sembrava impossibile che una persona sola potesse suonarla a due velocità di poco diverse. Invece in questa esecuzione dell’ottobre 2006, il russo Peter Aidu fa tutto da solo, creando i due flussi sonori con le due mani su due pianoforti (e candidandosi per il premio schizo – scherzi a parte, quello che fa è neurologicamte pazzesco, anche perché, mentre i due pianisti usano entrambi la destra, lui non può).
More in this Internet Archive page.

Steve Reich – Piano phase (1967) – Peter Aidu, 2 pianos
Download mp3.

Marimba Spiritual

Minoru Miki – Marimba Spiritual (1983/84) for marimba and three percussionsists

Marimba: Li Xiaohong
Percussion: Kong Yuci, Wu Sihan, Zhang Weilun

Music for a Summer Evening

Un lavoro importante di Crumb sono i quattro libri del Makrokosmos (1972-1974). I primi due libri sono per pianoforte solo, mentre il terzo (chiamato anche Music for a Summer Evening, parte del quale ascoltiamo qui) è per due pianoforti e percussioni ed il quarto (noto anche con il titolo Celestial Mechanics) per pianoforte a quattro mani. Il nome di questo ciclo allude ai sei libri pianistici del Microcosmos di Béla Bartók; come il lavoro di Bartók, il Makrokosmos è costituito da una serie di brevi pezzi dal carattere differenziato. Oltre a quella di Bartók, George Crumb ha riconosciuto in questo ciclo influenze di Claude Debussy, sebbene le tecniche compositive utilizzate siano molto differenti da quelle di entrambi gli autori citati. Il pianoforte viene amplificato e preparato sistemando vari oggetti sulle sue corde; in alcuni momenti il pianista deve cantare o gridare alcune parole mentre sta suonando.

Crumb – from Music for a Summer Evening (Makrokosmos III), 5 – Music of the Starry Night (1974), for 2 pianos and 2 percussionists

Author’s program notes (excerpt):

As in several of my other works, the musical fabric of Summer Evening results largely from the elaboration of tiny cells into a sort of mosaic design. This time-hallowed technique seems to function in much new music, irrespective of style, as a primary structural modus. In its overall style, Summer Evening might be described as either more or less atonal, or more or less tonal. The more overtly tonal passages can be defined in terms of the basic polarity F#-D# minor (or, enharmonically, Gb-Eb minor). This (most traditional) polarity is twice stated in “The Advent” — in the opening crescendo passages (“majestic, like a larger rhythm of nature”), and in the concluding “Hymn for the Nativity of the Star-Child”. It is stated once again in “Music of the Starry Night”, with the quotation of passages from Bach’s D# minor fugue (Well-tempered Clavier, Book II) and a concluding “Song of Reconciliation” in Gb (overlaid by an intermittently resounding “Fivefold Galactic Bells” in F#). One other structural device which the astute listener may perceive is the isorhythmic construction of “Myth”, which consists of simultaneously performed taleas of 13, 7, and 11 bars.

 

Nuova Consonanza

Led by pianist Franco Evangelisti the Gruppo performed as a collective from 65 -71. The focus was to expand both the sonic capabilities of their instruments, but also the sensitivity of each performer within the context of the improvisation. The result(s) remain some of the purist and elevated abstract explorations put to tape retaining both warmth and intelligence. Piano, percussion, double bass, trombone, cello, trumpet, etc are the tools for unparalleled types of aesthetic experiences I was led through and into. This could easily be described as difficult music but only if one remains on the surface of its architecture.

Nuova Consonanza was a brilliant and prolific composer’s collective exploring extended techniques and new sound sources through the medium of improvisation. Although very much a product of its time, their music remains timeless. They were instrumental in founding a radical tradition of western musical improvisation that owed little or nothing to anybody and created some of the strangest music ever made. They were utterly unique.
from John Zorn liner notes, NYC 2006

Consapevoli della rarefatta e marginale presenza della produzione contemporanea nel panorama concertistico romano degli anni ’50, un ristretto circolo di giovani compositori interessati alle avanguardie matura l’intenzione di fondare un’associazione destinata alla promozione e alla diffusione della musica contemporanea a Roma, convinti della necessità di scendere nel cuore della vita musicale romana ufficiale per far sentire una voce di dissenso e proporre nuove iniziative. Le associazioni concertistiche ufficiali, in quegli anni non favorivano la conoscenza e la diffusione della musica contemporanea se non in modo del tutto sporadico e casuale. Si delineò così la consapevolezza che soltanto muovendosi in prima persona, gestendo direttamente un’attività concertistica, in alternativa a quella esistente, potesse emergere la nuova musica. L’idea si concretizza nei primi anni ’60 ad opera di Mauro Bortolotti, Aldo Clementi, Antonio De Blasio, Franco Evangelisti, Domenico Guaccero, Egisto Macchi, Daniele Paris, Francesco Pennisi.
Il nome Nuova Consonanza, citazione di una celebre prefazione seicentesca di Ottavio Rinuccini, allude all’esigenza di aggiornamento permanente e, al tempo stesso, alla volontà di recuperare gli indirizzi marginalizzati dalle tendenze più radicali della musica internazionale.
Nata non come movimento omogeneo di pensiero, bensì come incontro di personalità molto diverse e musicalmente distanti, professionalmente già formate, Nuova Consonanza si fonda non su ideali estetici comuni, ma sulla necessità di svecchiamento della musica in Italia attraverso un’azione comune ai fini della diffusione della musica contemporanea, al di là delle posizioni personali e dei singoli itinerari linguistici.

Tra le molteplici iniziative sostenute, occupa un posto di assoluto rilievo il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza (GINC) sorto a Roma nel 1964 ad opera di Franco Evangelisti. Unico gruppo di improvvisazione formato esclusivamente da compositori, il GINC costituiva il punto di approdo di tutte le profonde mutazioni intervenute in quegli anni nel rapporto compositore-esecutore e mirava sovvertire l’assunto base dell’opera aperta (l’esecutore diventa compositore), trasformando il compositore in esecutore, attraverso un’operazione di identificazione permanente tra l’atto del comporre e l’atto dell’eseguire. Ne hanno fatto parte, accanto a Evangelisti e Carmine Pepe, un folto insieme di musicisti non italiani: Larry Austin, John Eaton, John Heineman, Roland Kayn, William O. Smith, Ivan Vandor.

Dal sito dell’Associazione Nuova Consonanza

Nuova Consonanza – Omaggio a Giacinto Scelsi (1976)

Franco Evangelisti (pno,percs)
Giancaro Schiaffini (tb)
Ennio Morricone (tpt. fl)
Giovanni Piazza (horn, fl, vln)
Egisto Macchi (percs, strings)
Antonello Neri (pno)

Vox Balenae

Un brano acquatico ed evocativo questo Vox Balenae composto nel 1971 da George Crumb per flauto, violoncello e piano, tutti amplificati (non c’è trattamento audio; ci si limita all’amplificazione).
Ispirato a una registrazione di canti delle balene, il brano imita e trasfigura i suoni della natura, che divantano materiale da elaborare musicalmente.
C’è anche un aspetto teatrale: i musicisti devono indossare una maschera intesa a cancellare la loro umanità per portarli a impersonare le forze della natura. Inoltre, l’esecuzione dovrebbe avvenire in luce blu.
Di questa composizione Crumb dice:

The form of Vox Balenae (Voice of the Whale) is a simple three-part design, consisting of a prologue, a set of variations named after the geological eras, and an epilogue.
The opening Vocalise (marked in the score: “wildly fantastic, grotesque”) is a kind of cadenza for the flutist, who simultaneously plays his instrument and sings into it. This combination of instrumental and vocal sound produces an eerie, surreal timbre, not unlike the sounds of the humpback whale. The conclusion of the cadenza is announced by a parody of the opening measures of Strauss’ Also sprach Zarathustra.
The Sea-Theme (“solemn, with calm majesty”) is presented by the cello (in harmonics), accompanied by dark, fateful chords of strummed piano strings. The following sequence of variations begins with the haunting sea-gull cries of the Archezoic (“timeless, inchoate”) and, gradually increasing in intensity, reaches a strident climax in the Cenozoic (“dramatic, with a feeling of destiny”). The emergence of man in the Cenozoic era is symbolized by a partial restatement of the Zarathustra reference.
The concluding Sea-Nocturne (“serene, pure, transfigured”) is an elaboration of the Sea-Theme. The piece is couched in the “luminous” tonality of B major and there are shimmering sounds of antique cymbals (played alternately by the cellist and flutist). In composing the Sea-Nocturne I wanted to suggest “a larger rhythm of nature” and a sense of suspension in time. The concluding gesture of the work is a gradually dying series of repetitions of a 10-note figure. In concert performance, the last figure is to be played “in pantomime” (to suggest a diminuendo beyond the threshold of hearing!); for recorded performances, the figure is played as a “fade-out”.