13 colori del sole al tramonto

Treize couleurs du soleil couchant (1978) è uno dei lavori più noti di Tristan Murail e della corrente della musica spettrale da lui fondata insieme a Grisey.
Scritta per quintetto (violino, violoncello, flauto, clarinetto, pianoforte) e elaborazione elettronica, l’opera si basa su 13 note generatrici dalle quali se ne ricavano altre applicando una tecnica concettualmente derivata dal modulatore ad anello di analogica memoria.
Al di là dei paroloni, si tratta di derivare nuove note per somma e differenza fra le frequenze di una serie di note date. Esempio: prendiamo un La 110 Hz e un Mi 165 Hz (la 5a sopra). La loro differenza dà 55 Hz che è un La all’8va sotto il precedente; la somma dà 275 Hz che è un Do# (appena stonato).
Questa tecnica compositiva, da tempo nota e utilizzata da tutti coloro che hanno avuto a che fare con la musica elettronica analogica, Stockhausen in primis (Mantra per 2 pianoforti e ring modulator), è molto interessante perché esibisce la seguente proprietà:

  • se le due frequenze generatrici sono in rapporto armonico (ovvero l’una è un armonica dell’altra, come nell’esempio di cui sopra), la loro somma e differenza creano altri armonici;
  • se non sono in rapporto armonico, anche le frequenze generate sono inarmoniche.

Murail divide idealmente il brano in 13 sezioni, ognuna centrata su una delle note generatrici, attorno alle quali si creano delle “ombre” sotto forma di altre note e suoni elettronici generati con il sistema suddetto. Pilotando il metodo, cioè articolando la sequenza delle note generatrici e i registri in cui le note sono utilizzate, Murail costruisce un percorso timbrico analogo (o ispirato) alle variazioni di luce dipinte da Monet nel suo ciclo delle cattedrali.
Nel 1894 Monet realizzò una serie di trenta tele dedicate alla facciata della cattedrale di Rouen. In queste tele ciò che l’artista cerca è la luce, e come essa riesce a modificare la percezione della realtà. Così egli rappresenta la cattedrale in diverse ore del giorno e con diverse condizioni atmosferiche, giungendo ogni volta a risultati pittorici diversi. La cattedrale a volte sembra smaterializzarsi, a volte si cristallizza in forme più salde, ma la luce ne modifica in ogni caso la percezione cromatica, così che la sua facciata cambia di colore a seconda dell’ora del giorno. L’insieme delle trenta tele è davvero impressionante e suggestivo, in quanto lo stesso oggetto dà luogo a trenta immagini differenti.
Analogamente, Murail ripete lo stesso oggetto musicale all’interno di ciascuna sezione, variandone la colorazione timbrica e scrive

partant d’une clarté moyenne dans les premières sections, le timbre progresse vers une lumière réverbérante marquée par un intervalle très resserré dans l’aigu (sixième couleur), pour aboutir à un crépuscule sonnant, dans son extrême fin, comme un glas

Tristan Murail – Treize couleurs du soleil couchant (1978) per violino, violoncello, flauto, clarinetto, pianoforte e live electronics

Esecuzione dell’Ensemble Intercontemporain

Esecuzione con partitura

Henry Cow, again

Da non perdere questa “Nine Funerals of the Citizen King” di Henry Cow che mostra che l’intelligenza e la sensibilità musicale travalicano i generi.

“Nine Funerals of the Citizen King” by Henry Cow showing that artistic flair and creativity run through the walls of different kinds of music.

Gratta un russo e ci troverai un tartaro

Gratta un russo e ci troverai un tartaro

Così recita un antico proverbio russo.
Ma Sofia Gubaidulina, tartara lo è davvero. Nata nel 1931 a Chistopol nella Repubblica Tatara, ha studiato anche la musica popolare del suo paese e gli echi sono rimasti nella sua musica.
Questo “Quasi Hoquetus” (1984), per una formazione poco comune (fagotto, viola e pianoforte), basa la sua struttura ritmica sulla serie di Fibonacci e sull’hoquetus, un’antica tecnica ritmica contrappuntistica che alterna figure e silenzi, creando un movimento quasi stereofonico in cui la stessa figura musicale si sposta fra due voci.

Sofia Gubaidulina – Quasi Hoquetus (1984) for bassoon, viola and piano.

Games without frontiers

Una vecchia canzone di Peter Gabriel in un famoso remix di Massive Attack.
Un bel testo pieno di doppi sensi:

Hans gioca con Lotte, Lotte gioca con Jane
Jane gioca con Willi, Willi è di nuovo felice
Suki gioca con Leo, Sacha gioca con Britt,
Adolf fa un falò, Enrico ci gioca.
Fischiettando melodie ci nascondiamo fra le dune lungo la spiaggia
Fischiettando melodie baciamo babbuini nella giungla
È un successo
Se gli sguardi potessero uccidere, probabilmente lo farebbero
in Giochi senza frontiere, guerra senza lacrime.

An old and loved Peter Gabriel’s song in a Massive Attack remix.
Good lyrics full of double meanings

Ko-Lho

Un brano di Scelsi degli anni ’60 per flauto e clarinetto in Sib, in due movimenti.
In questo pezzo i due strumenti sono perfettamente fusi in un’unica entità che dà vita a una superficie sonora armonicamente statica, ma continuamente increspata da battimenti generati dai quarti di tono, leggeri glissati, frullati, gruppetti di note vicine, multifonici, dissolvenze, vari tipi di vibrato.
Il pezzo vive di queste continue mutazioni timbriche e dinamiche che ne annullano la staticità, facendone un oggetto di contemplazione.

Giacinto Scelsi – Ko-Lho, for flute & clarinet Bb (1966)

Archi di Luce

Lichtbogen è ispirato alle luci del nord che Kaija Saariaho ha visto nel cielo artico della sua Finlandia.
La pulsazione costante dell’aurora boreale è presente in questa musica sotto forma di cambiamenti continui nella sonorità e nel ritmo.

Lichtbogen was inspired by the Northern Lights, which Saariaho had seen in the Arctic sky. The constant flickering of the aurora borealis can be heard in the music as unending changes in sonority and rhythm.

Lichtbogen (1985–1986) – flute, percussion, harp, piano, 2 violins, viola, cello, double bass and live electronics

Scelsi

scelsi
Di nome e di fatto.
Perché Giacinto Scelsi ha sempre scelto di non conformarsi al mainstream dell’epoca e ha sempre proposto opere originali.
Come i Quattro Pezzi su una nota sola per orchestra da camera del 1959. Mentre il mondo musicale esce faticosamente dall’impasse del serialismo integrale, la sua opera apre la strada ad una concezione nuova dedicata all’esplorazione del timbro: Scelsi nella sua poetica musicale indaga la microstruttura del suono, sconfinando in territori fino ad allora insondati, utilizzando tecniche all’epoca non convenzionali (tra cui un uso intensivo dei microintervalli).

Qui ascoltate il primo e il secondo dei Quattro Pezzi su una nota sola per orchestra da camera (1959).

“Quando si entra in un suono ne si è avvolti, si diventa parte del suono, poco a poco si è inghiottiti da esso e non si ha bisogno di un altro suono.”

Tomba di Oggi, 24/11

freddie mercury
Tanto per comnciare, Faroukh Bulsara.
E voi dite: e chi è, un combattente palestinese?
No, è Freddie Mercury. Le sue ceneri sono state sparse sulla riva del lago di Ginevra (non so perché). La statua altamente kitsch che vedete è stata eretta in loco.

Ma anche John Knox, il Martin Lutero degli scozzesi e Lautréamont, il poeta maledetto dei Chants de Maldoror.

Oltre il loro Tempo (2): Spem in Alium

In Queene Elizabeths time there was a songe sent into England of 30 parts (whence the Italians obteyned the name to be called the Apices of the world) which beeinge songe mad[e] a heavenly Harmony. The Duke of ______ bearing a great love to Musicke asked whether none of our English men could sett as good a songe, & Tallice beinge very skillfull was felt to try whether he would undertake the Matter, which he did and mad[e] one of 40 p[ar]ts which was songe in the longe gallery at Arundell house which so farre surpassed the other th[a]t the Duke hearinge of the songe tooke his chayne of gold from of his necke & putt yt about Tallice his necke & gave yt him.

Ai tempi della Regina Elisabetta arrivò in Inghilterra un brano in 30 parti [cioè a 30 voci, nota mia] che creava una armonia paradisiaca (per cui gli italiani avevano ottenuto la più alta considerazione nel mondo).
Il Duca di ___ si era appassionato a questa musica e chiese se qualcuno dei nostri inglesi fosse in grado di scrivere un pezzo altrettanto bello. E Tallis, essendo molto esperto, fu ritenuto in grado di realizzare questo compito e ne fece uno in 40 parti che venne eseguito nella grande galleria di Arundel house e che superò di molto l’altro, al punto che il Duca, ascoltandola, si tolse la propria catena d’oro e la pose al collo di Tallis, donandola a lui.

TallisQuesto è quel poco che sappiamo della storia di Spem in Alium, il mottetto in 40 parti, scritto da Thomas Tallis verso il 1570 per 8 gruppi di 5 voci ciascuno.
Pensate che l’unico manoscritto di questo brano giunto fino a noi, ci è pervenuto solo perché, nel 1610, venne utilizzato durante la cerimonia di investitura a Principe di Galles di Enrico Stuart, figlio di Giacomo I di Inghilterra (era Giacomo VI di Scozia), con il testo rimaneggiato e tradotto in inglese (divenne Sing and Glorify, da lode a Dio a lode al sovrano; fortunatamente il testo originale è riportato alla fine della partitura).
Il brano non portò fortuna a Enrico Stuart, che morì di tifo a 18 anni, ma il fatto che venisse utilizzato in questa occasione testimonia della sua considerazione nella cultura del tempo.
Il Duca di cui si parla, potrebbe essere Thomas Howard, quarto Duca of Norfolk che finì sul patibolo nel 1572.

Secondo gli studiosi, l’opera in 30 parti a cui si allude nel testo è in realtà “Ecce beatam lucem” dell’italiano Alessandro Striggio, che, però, è a 40 voci (il 30 potrebbe essere un errore). In effetti, Striggio venne a Londra nel 1567 e nonostante non si sia trovato alcun accenno a una esecuzione di Ecce beatam lucem, Tallis potrebbe averlo conosciuto in questa occasione. Questa data, incrociata con quella dell’esecuzione del Duca di cui sopra, portano alla datazione del lavoro di Tallis.
Il brano di Striggio era per 10 cori a 4 voci e faceva largo uso dell’omofonia, secondo lo stile veneziano. Quello di Tallis, invece, è per 8 cori a 5, seguendo la configurazione del coro inglese (soprano, mezz’alto, controtenore, tenore, basso) e utilizza largamente l’imitazione tanto che, nelle prime 39 battute, il tema attraversa tutte le 40 voci, fino al possente “tutti” che fa venire i brividi e inizia a battuta 40.
Notate la coincidenza numerica? Ne esiste un’altra: la partitura è lunga 69 brevi e la somma delle lettere TALLIS nell’alfabeto latino è 69.
Il brano, comunque, è un tour de force a vari livelli, non ultimo quello ambientale. Se i cori sono piazzati circolarmente, seguendo la numerazione della partitura, allora in vari punti del brano il suono ruota letteralmente intorno al pubblico in senso orario all’inizio e in senso anti-orario verso la metà.
Inoltre Tallis sfrutta la distribuzione dei cori utilizzandoli anche in senso antifonico, suddivisi in 4 gruppi di 2 e in 2 gruppi di 4, con movimento sia est-ovest che nord-sud.
Nel finale, poi, dopo una breve pausa, i cori entrano tutti insieme sulla parola “respice” per concentrarsi nuovamente al centro e ri-espandersi in una intricata polifonia che sottolinea nel modo meno umile possibile la “humilitas” del verso finale.

La varietà e la quantità delle idee musicali che Spem in Alium contiene, ma soprattutto l’atmosfera che si crea nell’esecuzione, con il pubblico completamente circondato dai cori, ne fanno un’opera atemporale che ha ispirato parecchi autori contemporanei, fra cui Ligeti, Penderecky e Arvo Part.

Scarica la partitura dalla Choral Public Domain Library (InsiemeParti)
Ascolta “Spem in Alium”
MIDI File

Testo Originale in latino Traduzione Rifacimento del 1611 in inglese
Spem in alium numquam habui praeter in te
Deus Israel
qui irasceris
et propitius eris
et omnia peccata hominum in tribulatione dimittis
Domine Deus
Creator coeli et terrae
respice humilitatem nostram
Non ho mai riposto la mia speranza in altri che in te
Dio di Israele
che sarai irato
e poi indulgente
nel perdonare tutti i peccati dell’umanità sofferente
Signore Dio
creatore del cielo e della terra
considera la nostra umiltà
Sing and glorify heaven’s high Majesty,
Author of this blessed harmony;
Sound divine praises
With melodious graces;
This is the day, holy day, happy day,
For ever give it greeting,
Love and joy, heart and voice meeting:
Live Henry princely and mighty,
Harry live in thy creation happy.