Niente a che fare con l’omonimo poema di Lautréamont. È un brano di musica elettronica composto da Rainer Riehn nel 1965/66 (revisione 1968/69) che ascoltavo spesso quando ero piccolo (16/17 anni).
Si tratta di un collage di materiali molto eterogenei, a tratti molto vicini al rumore, che sembrano derivare da fenomeni di interferenza, accostati spesso brutalmente, senza nessuna evoluzione.
Non posso dire che mi piacesse, ma mi affascinava perché era formalmente agli antipodi di quello che mi piaceva a quei tempi, cioè la stasi più totale: un solo suono che cambia lentamente in un tempo infinitamente lungo. Devo dire che, a distanza di tanti anni, mi affascina ancora. Comunque non ho ancora afferrato il collegamento con il poema di Lautréamont.
Un brano un po’ alla Varèse questo Fire Fragile Flight, per orchestra, composto nel 1973 da Lucia Dlugoszewski (1925-2000), che di Varèse è stata allieva.
Composer, poet, and choreographer Lucia Dlugoszewski’s (1925-2000) efforts to create an “intense, sudden immediacy” in her music were wide-ranging: she worked with everyday objects, created the ‘timbre piano’ (a prepared piano whose strings are played directly with a variety of materials), designed over 100 percussion instruments, and extended the possibilities of conventional instruments. She wrote for a variety of concert and dramatic mediums, but is perhaps best known for her dance music.
Lucia Dlugoszewski – Fire Fragile Flight (1973) – Orchestra of Our Time, Joel Thome, conductor
La particolarità di questo brano di David Jaffe risiede nel fatto che si tratta di un concerto per pianoforte in cui la parte del solista è eseguita da un percussionista (Andrew Schloss) che controlla un pianoforte midi (il disklavier) per mezzo del Radio Drum.
Si tratta di un dispositivo i cui battenti inviano a quattro sensori disposti agli angoli della tavola, la loro posizione in termini di X, Y e Z.
Questi dati vengono utilizzati per calcolare il punto di impatto e la forza, ma vengono inviati sempre, non solo quando i battenti toccano la superficie. Ne consegue che un apposito software può anche utilizzare il movimento dei battenti in aria per ricavarne dei dati che vengono poi trasformati in note midi inviate al disklavier.
Si tratta quindi di una interfaccia che rileva il movimento, non di una semplice percussione digitalizzata.
Il brano è scritto per pianoforte e ensemble strumentale (mandolin, guitar, harp, harpsichord, bass, harmonium and 2 percussionists). Ecco un estratto.
Titolo suggestivo per questo recente brano elettroacustico di Hideko Kawamoto. Ecco le note di programma.
“Night Ascends from the Ear Like a Butterfly”, composed in 1999 and dedicated to my grandmother, Tami, was inspired by Haruo Shibuya’s poem ‘Coliseum in the Desert’. The words Shibuya uses in this poem, such as ‘night’, ‘a time of music’, ‘rain’, ‘black fountain’, ‘piano-string’, ‘useless choir’, and ‘butterfly’, gave me compositional ideas. These images developed in my imagination separately from Shibuya’s poem. […]
[For example,] the intention of the ‘butterfly’ sound is to depict the surrealistic vision of a butterfly flying away from the ear. To me the sound had to be shimmering and transparent; to create [it,] a tremolo passage from Maurice Ravel’s piano piece, ‘Noctuelles’ (Night Moths) from Miroirs, was sampled and processed using various [electronic] techniques. … I also used the sound of small pieces of aluminum foil shaking up and down in a metallic bowl … to create the surrealistic vision of a butterfly staying in one place, not flying, but moving its wings delicately as it breathes.
Hideko Kawamoto’s (b. 1969) works are often inspired by visual art and poetry and influenced by her Japanese background. She considers her music to be “a sound transformation of visual images” and is aware of the space in which music is performed, creating what she calls “sound sculpture.”
Hideko Kawamoto was born in Japan and started piano study at the age of nine. She studied composition with Phil Winsor and piano with Joseph Banowetz at the University of North Texas in Denton. Her works have been performed at festivals throughout Europe, North and South America, Africa, Oceania, and the Far East. Awards Kawamoto has received include the Concorso Internazionale “Luigi Russolo,” Pierre Schaeffer International Computer Music Competition, Bourges International Competition of Electroacoustic Music and Sound Art, and Sonic Circuits International Festival of Electronic Music and Art. Her music can be heard on the Acousmatica, Bonk, Centaur, ICMC 2001, innova, and SEAMUS labels.
Kawamoto has served as chair of the music department at St. Andrews Presbyterian College in Laurinburg, North Carolina, and currently resides in Southern California.
Gilles Gobeil, canadese, nato nel 1954, è autore di parecchi lavori elettoacustici che utilizzano anche le Onde Martenot.
Questo strumento, come del resto il Theremin, non è mai morto, ma viene utilizzato saltuariamente dai compositori contemporanei per le sue particolari sonorità.
Esistono circa 1500 brani in cui appaiono le Ondes Martenot, composti da autori come Varèse, Messiaen, Honegger, Scelsi, Boulez, Jolivet, Murail e molti altri. È anche utilizzato nella musica da film (Mad Max, Mars Attack, La Marcia dei Pinguini, …) e nella popular music di varie tipologie (Brel, Radiohead, Vanessa Paradis, …).
A differenza di altri, l’interesse di Gilles Gobeil non è episodico. Esiste un suo CD dal titolo Trilogie d’Ondes (empreintes DIGITALes, IMED 0576, 2005) che comprende tre brani per Ondes Martenot e suoni elettronici.
Qui vi facciamo ascoltare Voix Blanche del 1988, che ha vinto il secondo premio per la musica elettroacustica mista nel concorso internazionale di Bourges, edizione 1989.
Il Nome è un brano elettroacustico (soprano + nastro magnetico) composto da Richard Karpen nel 1987 su testo tratto da “Il nome di Maria Fresu” di A. Zanzotto + un verso dall’Orfeo di Monteverdi.
Maria Fresu è una delle 84 persone uccise nell’attentato del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Non è rimasto niente di lei (Karpen è stato in Italia vari anni e ha lavorato al CSC a Padova).
Il materiale sonoro è formato in gran parte da elaborazioni della voce del soprano. Vengono utilizzati anche vetri rotti, una singola nota di violino e un tam-tam. Le elaborazioni sono in buona parte cambi di altezza o stretching temporale senza alterazione dell’altezza (in qualche caso la durata è stata estesa fino a 20 volte l’originale) + filtraggi. Grande attenzione è posta alla sovrapposizione e concatenazione dei frammenti.
Testi
E il nome di Maria Fresu
continua a scoppiare
all’ora dei pranzi
in ogni casseruola
in ogni pentola
in ogni boccone
in ogni rutto – scoppiato e disseminato –
in milioni di dimenticanze, di comi, bburp. A. Zanzotto, Il nome di Maria Fresu, da Idioma, Milano, Mondadori, 1986
Tu sei morta, mia vita, ed io respiro?
Tu mi hai lasciato per mai più tornare, ed io rimango?
No. Monteverdi – Orfeo
Richard Karpen – Il Nome (1987), per soprano e banda magnetica – J. Bettina, soprano
Richard Karpen is a native of New York, where he studied composition with Charles Dodge, Gheorghe Costinescu, and Morton Subotnick. He received his doctorate in composition from Stanford University, where he also worked at the Center for Computer Research in Music and Acoustics (CCRMA).
He has been the recipient of many awards, grants and prizes including those from the National Endowment for the Arts, the ASCAP Foundation, the Bourges Contest in France, and the Luigi Russolo Foundation in Italy.
Founding Director of the Center for Digital Arts and Experimental Media (DXARTS) at the University of Washington.
Ecco un altro lavoro stocastico di Iannis Xenakis. Il titolo è codificato: ST sta per stochos, 10-1 significa che è la prima composizione di questa serie per 10 strumenti, 080262 è la data.
L’elemento di interesse di questo brano risiede nel fatto che è uno dei primi ad essere stato composto da un software. All’epoca, infatti, il lavoro di Xenakis aveva richiamato l’attenzione dell’IBM che aveva messo a disposizione alcuni programmatori per formalizzare il suo processo compositivo.
Come in altri brani di questi anni, la statistica e la teoria delle distribuzioni sono alla base dell’intera composizione (vedi Musica e Matematica 03).
Iannis Xenakis – ST/10-1,080262 Paris Instrumental Ensemble for Contemporary Music, Cond. Konstantin Simonovitch Download in flac format from AGP99
Polla Ta Dhina, del 1962, è il primo lavoro di Xenakis con voci e testo.
Qui le voci sono quelle di un coro di bambini che declama su una sola nota (il LA del corista) l’Inno all’Uomo, signore dei mari e della terra tratto dall’Antigone di Sofocle. C’è un grande contrasto fra la semplicità della parte vocale e l’estensione di quella orchestrale che utilizza cromaticamente tutto lo spazio sonoro, dall’ottavino al contrabbasso.
Anche le tessiture strumentali sono molto complesse e in continuo movimento, andando dai ritmi iniziali dei legni e delle percussioni, a sciami di glissati degli archi, agli accordi tenuti degli ottoni, a ribadire il contrasto.
Iannis Xenakis – Polla Ta Dhina (1962), for children chorus & orchestra Paris Instrumental Ensemble for Contemporary Music, Children Chorus of Notre Dame de Paris, Cond. Konstantin Simonovitch Il brano è distribuito da AGP come parte di una incisione ormai fuori catalogo.
Il secondo allievo di Messiaen inserito nel disco ripubblicato da AGP di cui abbiamo parlato un paio di giorni fa, è Alain Gaussin, nato nel 1943.
Questo brano, Éclipse, per piccola orchestra e due pianoforti è costruito intorno a una idea di mutazione. Le fascie sonore statiche iniziali si trasformano lentamente in una serie di ritmi sovrapposti che, a loro volta, mutano in un insieme magmatico di frasi, fino alla violenta cesura percussiva centrale, dopo la quale il magma si ricostituisce, per poi dissolversi nel finale.
Alain Gaussin – Éclipse
Ensemble IntercontemEnsemble Intercontemporain diretto da Eotvos
Att.ne: il video tratto da Youtube inizia con Eclipse che dura fino a 16’19”. Poi continua con altri due brani di altri autori.