Finalmente, sul solito YouTube, c’è qualche novità.
Abbiamo qui un breve estratto di musica per piano di Helmut Lachenmann, compositore tedesco vivente, già allievo di Nono e Stockhausen, il cui lavoro viene spesso definito “musica concreta strumentale” per le sonorità materiche che crea, spesso anche con strumenti non del tutto ortodossi.
Qui abbiamo un breve saggio della sua ricerca sonora sul pianoforte. In questi due brevi brani, tratti da “Ein Kinderspiel” (sette piccoli pezzi per piano) del 1980, sfrutta ampiamente le risonanze create dal pedale e da cluster di tasti premuti e lasciati senza smorzatori grazie al pedale tonale.
I brani sono il num. 1 (Hänschen klein) e il num. 7 (Schattentanz).
A mio avviso l’esecuzione potrebbe essere un po’ più accurata: nel primo brano qualche acciaccatura non si sente proprio, ma Wolfgang Behrens non è un pianista professionista e comunque la sua performance è sufficientemente intensa.
Wolfgang Behrens, international commentator and author, gives a monumental performance of this contemporary work, performed in Lilienfeld, Austria, in front of a live audience. Complete with short introduction (German language).
[Notes from YouTube by kunzeo]
The work is “Ein Kinderspiel” (seven little pieces for piano) composed in 1980.
Wolfgang Behrens plays pieces 1 (Hänschen klein) and 7 (Schattentanz) only.
Floating Under Ice (aka Contemplating the Great Whale).
Un nuovo brano del nostro duo.
È un pezzo un po’ trance in cui una serie di oggetti sonori fluttua su una fascia continua.
NB: ancora una volta devo sconsigliarvi di ascoltarlo con gli schifosissimi altoparlantini del computer. Devo dire che sono stato molto indeciso se metterlo qui o meno, pensando a come sarà ascoltato nella maggior parte dei casi. Il problema è che, con altoparlanti di bassa qualità, la fascia in background maschera vari suoni e alcune frasi spariscono quasi completamente; il pezzo perde di definizione e profondità e tutto si confonde. Piuttosto scaricatelo e mettetelo su un cd. Sorry.
A trance piece by our free improvisation duo.
Please don’t listen through the little computer’s speakers.
Federico Mosconi: electric guitar, various effect processing
Mauro Graziani: Max/MSP laptop
Floating Under Ice (aka Contemplating the Great Whale) Floating Under Ice
Lo shamisen (chiamato anche sangen [tre corde]) è uno strumento a corda della famiglia del liuto con una piccola cassa armonica di forma approssimativamente quadrata formata da una fascia di legno ricoperta da entrambi i lati di pelle di gatto o di cane. Il manico è lungo e sottile e penetra attraverso tutta la lunghezza della cassa fuoriuscendo dalla parte opposta; su questo spuntone del manico alla base della cassa sono legate le tre corde di seta, che passano poi su un ponticello appoggiato sulla parte inferiore della cassa armonica e su un secondo ponticello fisso alla sommità del manico (capotasto), per finire sui tre lunghi piroli di accordatura. Il manico è privo di tasti (ponticelli) e il cavigliere dei piroli è curvato all’indietro rispetto alla direzione del manico. La lunghezza totale dello strumento è 95 – 100 cm.
In generale la corda più bassa dello shamisen non è appoggiata sul capotasto ma su una tacca posta di fianco ad esso e passa sopra una protuberanza della superficie del manico (sawari no yama) contro cui urta quando è in vibrazione. Questo dispositivo serve a produrre un suono ronzante (chiamato sawari) che è una importante caratteristica timbrica dello strumento e che viene emesso quando la corda è lasciata “vuota”, sia che essa venga suonata direttamente, sia (in misura minore) quando vibra per risonanza con le altre corde.
Benché sia stato introdotto in Giappone in epoca relativamente tarda, lo shamisen ebbe un successo immediato ed una enorme diffusione sia nella musica classica che in quella popolare, tanto che oggi lo si può forse considerare come lo strumento più importante della musica giapponese. Tra i principali generi in cui esso svolge una parte di primo piano si possono citare il jôruri (musica del teatro classico dei burattini), il nagauta (musica del teatro kabuki) ed il jiuta (musica vocale da camera).
Lo shamisen viene suonato con un grosso plettro di legno chiamato bachi; il suonatore siede in posizione seiza e tiene lo strumento in diagonale, appoggiandone la cassa sulla coscia destra.
Le tre corde possono essere accordate in tre modi:
4a e 5a (es. DO – FA – DO)
5a e 4a (es. DO – SOL – DO)
4a e 4a (es. DO – FA – SIb)
Il brano che ascoltiamo è chiamato Tsugaru aiya bushi [Canto aiya di Tsugaru]. Aiya è uno stile e tsugaru è la regione all’estremo nord di Honshu (l’isola principale dell’arcipelago giapponese) e corrisponde all’odierna prefettura di Aomori.
Si tratta di musica tradizionale, ma in Asia non c’è distanza fra musica tradizionale e repertorio classico (per es., secondo la visione asiatica, i valzer di Strauss sarebbero musica tradizionale austriaca, ma anche gli autori molto caratterizzati geograficamente, come i compositori russi, alcuni spagnoli e altri ancora, verrebbero inseriti nella musica tradizionale).
In questo genere musicale si lascia spazio anche all’improvvisazione, ma questa esecuzione è abbastanza misurata.
Questo video mostra bene la tecnica esecutiva.
L’esecutore è Yu Takahashi, in concerto presso la Chiesa di Sant’Ambrogio, Milano, 16 febbraio 2012.
Kazue Sawai esegue un brano al koto.
Questo strumento è un cordofono appartenente alla famiglia della cetra introdotto dalla Cina in Giappone durante il periodo Nara (710 – 794 d.C.).
All’inizio il koto venne usato per lungo tempo solamente presso la corte imperiale. Questo stato di cose cambiò nel XVII secolo soprattutto ad opera di Yatsuhashi Kengyô (1614-1684) che sì applicò a rendere il koto maggiormente accessibile presso la popolazione. Ideò una nuova accordatura, detta hirajoshi, che divenne una delle più utilizzate e creò composizioni divenute dei classici della letteratura per questo strumento come Rokudan e Midare, che è il brano che ascoltiamo qui.
Si tratta quindi di un esempio di musica classica giapponese del ‘600.
È interessante osservare come la musica classica giapponese sia altamente formalizzata. Questo brano, per esempio, appartiene alla categoria dei danmono che è una forma classica di brani per koto solamente strumentali, composti da diverse sezioni chiamate dan [lett. “gradino, ripiano, livello”]. Nella forma più tradizionale di danmono, ogni dan è formato da 104 haku [pulsazione, battito, unità fondamentale di misura del tempo] e costituisce una variazione su un unico tema.
Questo brano, però, fa eccezione perché i vari dan non sono formati dallo stesso numero di beat e proprio per questo si intitola Midare [乱 lett. “confusione, caos”].
Per quanto riguarda il koto, il corpo dello strumento è costituito da una cassa armonica, lunga circa due metri e larga tra i 24 ed i 25 cm, costruita, in genere, con legname di Paulownia (Paulownia Tomentosa o kiri, in giapponese). Su di essa corrono tredici corde di uguale diametro ed aventi stessa tensione, ognuna delle quali poggia su di un ponticello mobile (ji, 柱).
Questo fatto va sottolineato perché è un sistema completamente diverso da quello occidentale in cui si usano corde di vario diametro e tensione.
Qui le corde sono tutte uguali e tirate alla stessa tensione. Per ottenere note diverse, quindi, l’unico sistema è variare la lunghezza della corda. Infatti ognuna di esse ha il proprio ponte che viene piazzato in punti diversi.
Le corde, poi, sono pizzicate con la destra, mentre la sinistra non suona, ma crea abbellimenti sotto forma di vibrati e di veloci glissati, sia nell’attacco che in coda al suono, ottenuti premendo la parte della corda che sta oltre il ponte. Naturalmente il fatto che tutte le corde abbiano la stessa tensione facilita questo compito perché così una data pressione genera un glissato della medesima estensione su ogni corda, cosa che non avverrebbe se la tensione fosse diversa.
L’esecutore si pone in ginocchio o seduto di fronte allo strumento e pizzica le corde tramite l’ausilio di tre plettri (tsume) fissati al pollice, all’indice ed al medio della mano destra.
Lo spartito per koto si presenta generalmente sotto forma di intavolatura che si legge dall’alto in basso e da destra verso sinistra (il senso di lettura normale anche nel giappone moderno: i libri sono impaginati così, sebbene ormai sia diffusa anche la scrittura orizzontale).
Il koto viene paragonato al corpo di un drago cinese disteso. Per tale motivo, le diverse parti di cui esso è formato assumono dei nomi che ricordano quelle del mitico animale, come ad esempio:
Ryuko (schiena del drago): è la parte superiore della cassa armonica,
Ryuto e ryubi (testa e coda del drago): sono le estremità dello strumento.
Kazue Sawai è considerata uno dei massimi virtuosi viventi di questo strumento.
Ora, invece, vediamo la stessa interprete impegnata in una composizione contemporanea per koto.
Compositore: Tadao Sawai (Composto nel dicembre 1988. Per commemorare il decimo anniversario della fondazione dell’Istituto Sawai Koto. Eseguito per la prima volta da Kazue Sawai)
Lo strumento a 17 corde, inventato da Michio Miyagi, ha una storia di circa 70 anni (nota: all’epoca della sua composizione), e ha superato di gran lunga il suo scopo originale come supplemento per basso, ed è stato recentemente utilizzato come strumento solista . Naturalmente, il processo per arrivare a questo punto è dovuto ai grandi sforzi degli esecutori, dei compositori e delle persone che creano gli strumenti, ma la profondità e la forza del suono della 17 corde, così come la lunghezza del suono persistente, sono fattori importanti. Il suo fascino continuerà a catturare i cuori delle persone. E ora sembra che Jushichigen stia diventando il fiore all’occhiello del mondo musicale giapponese. [Testo: Tadao Sawai, Trad. Google]
I giapponesi, nella loro ossessione per i robot, non trascurano la musica.
Qui vedete alcuni robot impegnati al tamburo tradizionale daiko.
Quello che fanno può sembrare banale, ma non lo è. Se uno dei due esegue un ritmo regolare, l’altro suona in controtempo, il che significa che il secondo ascolta il primo e trattandosi di robot, non è poco.
Sawako is a sound sculptor and timeline-based artist who understands the value of dynamics and the power of silence. Beginning in video art, Sawako shifted her focus from the video camera to sound. Once through the processor named Sawako, fragments in everyday life – field recordings, instruments, voice and electronic sounds – float in space vividly with a digital yet organic texture. Her unique sonic world has been called “post romantic sound” by Boston’s Weekly Dig.
A gentle flute motive introduces us to the world of Quest.Room.Project from Russia, and one might at first expect a relaxed listening experience. But by the time more voices chime in, it becomes obvious that these spotlights are going to be swallowed by shadows of tragic compassion. “Room Number: Fiducial Banality” is organised in 4 parts (one could as well define them as movements, because there are some key themes occuring throughout the entire release) and each of them features a room with distinct acoustic characteristics:
“The reason for surfacing” appears like a shadow of a doubt that gradually turns into overwhelming certainty. Almost inaudible at the beginning, “Assemblage” soon escalates to several emotional outbursts, before exhaustion will take its tribute in “Possession” and create a haunted, threatening atmosphere. As reminiscence of the beginning, “Combined Exercises” begins with a flute solo and continues to pick up previous motives to escalate them to a wall of sound. Finally the dissonances wither away and make room for the last remnants of the ever occuring flute theme. A cycle has been completed and we are at the beginning again…
Bogdan Dullsky, the creative head behind the Quest.Room.Project, describes his intentions as “a search of space for the life leaving for borders of habitual linearity”. But “Room Number: Fiducial Banality” doesn’t attempt to descibe a solution to break free: It’s left up to the listeners themselves to recognise their personal ever returning patterns of life and change them by their own strategy. or – as Bogdan concludes – as an “attempt to live by some own rules on which borders it is possible to breathe freely”.
In September 2003, Kronos teamed up with Tom Waits for a concert at Lincoln Center in New York to benefit the humanitarian organization Healing the Divide, and a live recording of the performance was released on July 10th.
Other performers that night included Philip Glass, Anoushka Shankar, and Foday Musa Suso.
Un’altra esibizione con la stessa formazione
0:00 Way Down In The Hole (Intro by James Hetfield) 5:02 Cold Cold Ground 9:44 Little Drop Of Poison 12:52 The Part You Throw Away 17:30 God’s Away On Business 21:03 Day After Tomorrow 26:48 What Keeps Mankind Alive 29:58 Diamond In Your Mind
Tom Waits – Vocals, Guitar, Organ David Harrington – Violin, John Sherba – Violin, Hank Dutt – Viola, Jeffrey Zeigler – Cello, Larry Taylor – Upright Bass
Performed at The Shoreline Amphitheatre, Mountain View, California, United States
Zen Savauge fa una specie di psychedelic dub avvolgendo l’ascoltatore con ritmi lenti, suoni riverberati e scratch da vinile. Di questo album, Inconnu, dice:
Inconnu, which stands for “unknown” in french, is conceptually based around the idea of finding and exploiting the unknown beauty in the chaos of nature. One major interpretive theme is that of the microscopic, macroscopic, and melancholic world in which we are connected to holistically. That idea was expressed through the use of random molecule-esque sounds bits layered underneath turbulent, looming dubbed-out melodies flowing about a motion of beat (which in my mind reflects the animation of life). The overall emotion of the tracks as a whole is that of a stark, beautiful, melancholy which is how i subjectively view the state of world.
These ideas and concepts as well as most all the track titles were derived from my reading the book “Chaos” written by James Gleick.
Castor & Pollux (1952) è un balletto strutturato in due grandi sezioni, la prima intitolata Castor e la seconda Pollux (i due dioscuri, figli di Zeus e di Leda, identificati con la costellazione dei Gemelli).
La strumentazione è quella tipica dei lavori di Partch, progettata e costruita da lui stesso e accordata sulla scala naturale. Qui abbiamo: kithara, surrogate kithara, harmonic canon, diamond marimba, cloud chamber bowls & bass marimba. Tutti gli strumenti si possono vedere e ascoltare qui.
Proprio la strumentazione caratterizza le due sezioni. Ognuna di esse, infatti, è divisa in quattro parti: tre duetti e un tutti. In entrambe le sezioni, i duetti sono intitolati:
Leda and the Swan (insemination)
Conception
Incubation
Il tutti finale si intitola Chorus of Delivery From the Egg.
Gli strumenti utilizzati in ogni sotto-sezione sono:
CASTOR
1. Leda and the Swan (Kithara II, Surrogate Kithara, and Cloud-Chamber Bowls)
2. Conception (Harmonic Canon II and High Bass Marimba)
3. lncubation (Diamond Marimba and Low Bass Marimba)
4. Chorus of Delivery From the Egg (All the foregoing instruments)
POLLUX
1. Leda and the Swan (Kithara II. Surrogate Kithara, and Low Bass Marimba)
2. Conception (Harmonic Canon II and Cloud-Chamber Bowls)
3. lncubation (Diamond Marimba and High Bass Marimba)
4. Chorus of Delivery From,the Egg (All the foregoing instruments)
CASTOR & POLLUX is a dance-theater work with a beguiling program. It is structured in two large sections, each section comprised of three duets and a tutti. The first section is entitled CASTOR, the second, POLLUX. The first duet of each section is titled Leda and the Swan (insemination); the second, Conception; the third, Incubation; and the tutti. Chorus of Delivery From the Egg. By its contrapuntal texture. CASTOR & POLLUX shows well the melodic capabilities of the instruments, and the two tutti section grand finales to the glory of birth.