Zappa: sito ufficiale

Zappa Site

C’è un sito ufficiale di Zappa con in copertina una mucca con l’Italia sopra.
Cliccando vari punti della mucca succedono cose. Però, per vederla dovete scegliere “High Browse” dopo l’animazione iniziale. Altrimenti potreste finire nella pagina che pubblicizza il tour europeo di Dweezil, figlio di Frank, con la sigla “Zappa plays Zappa”.
In verità, fra i figli illustri, Dweezil Zappa è uno dei più simpatici (meglio del rampollo Moggi, per esempio e anche di Ciccio De André), ma quando faranno una legge che vieta ai figli di gente famosa di fare il mestiere dei genitori sarà sempre troppo tardi.
Comunque sarebbe giusta. Vi ricordate la legge che è alla base del film “Salvate il soldato Ryan”? Se qualche tuo fratello è già morto per la patria, tu vieni rimandato a casa. È come dire: la tua famiglia ha già dato.
Ecco, è lo stesso: in questo campo la tua famiglia ha già dato.

La chitarra più strana

Credo che questo modello vinca definitivamente il titolo.
Si tratta di una chitarra in silicio, fabbricata alla Cornell University per mostrare la possibilità di manipolazione offerte dalle nano-tecnologie.
L’oggetto in questione è lungo circa 10 micrometri (milionesimi di metro), più o meno come una singola cellula. Ha 6 corde, ognuna spessa circa 50 nanometri (miliardesimi di metro), cioè circa 100 atomi.
Le corde, pizzicate con un nano-oggetto (in realtà un microscopio a forza atomica), vibrano producendo frequenze purtroppo non udibili.

Colonne Sonore

Grazie ai commenti di Lemi al post precedente, ho cercato un po’ di materiale in italiano sulla musica da film e ho trovato questa e-rivista (quasi tutta in italiano; fa eccezione qualche intervista).
Colonne Sonore (sottotit. Immagini tra le note) era una rivista cartacea passata sul web. Vi si trovano articoli, interviste, recensioni di musiche da film e libri e materiale vario. Il tutto mi sembra molto interessante e di facile e piacevole lettura.

Kaija Saariaho

Here you can listen to
Six Japanese Gardens (1992), percussions and electronics

Six Japanese Gardens is a collection of impressions of the gardens I saw in Kyoto. Each of the six parts gives a specific look at a rhythmic material, including complex polyrhythmic or ostinato figures and purely coloristic materials. The percussion is extended with the electronic part, in which we hear nature’s sounds, ritual singing, and other instruments.
from a note by Kaija Saariaho

Shane Jones percussions

Près (1992) for cello and electronics

Près for cello and electronics is in three movements. The electronic element (synthetic sounds, modified pre-recorded cello, and live sound processing) expands the musical gestures of the cello in many different directions. The title of the work links it to Gauguin’s painting By the Sea; and hence to the experience of the sea itself and waves, their rhythms and sounds, stormy weather and calms.
from a note by Kaija Saariaho

Anssi Karttunen, cello, Carlo Barbagallo, electronics

Site: Kaija Saariaho

Grande chitarra!

Questa stupenda chitarra, che oltretutto suona davvero, è stata costruita dal liutaio Linda Manzer per Pat Metheny nel 1984 e rifatta più tardi anche per Scott Chinery.
La richiesta originale di Metheny era di una chitarra con “il maggior numero di corde possibile”. Ne ha 42. Accordarla è una vera rogna.

This beautiful guitar, that really plays, has been build by Linda Manzer for Pat Metheny in 1984.
The Metheny request was a guitar with “as many strings as possible”. There are 42. Tuning is a big deal.

La miglior risposta possibile

Il violoncellista Eric Edberg, nel suo blog, racconta di aver chiesto a sua madre, insegnante di pianoforte in pensione, quale fosse, secondo lei, la qualità più importante per un musicista di successo.
La risposta di questa signora è stata semplicemente “La voglia di suonare bene”.
Penso che sia una risposta fantastica, la migliore possibile.

The classical and improvising cellist Eric Edberg on his blog tells this short story:

I once asked my mother, who recently retired as the piano professor at the University of Tampa, what the most important quality is for a successful musician. At the time, I was surprised by her answer: “the desire to play well.”

[Read original post]

Well, it’a beautiful answer, really the best I ever heard.

Strategie Oblique

Le Strategie Oblique sono state sviluppate nel ’74 da Brian Eno e Peter Schmidt.
Si tratta di un mazzo di carte su ognuna della quali è stampata una sentenza oracolare. Il loro scopo è quello di aiutare l’artista a prendere una decisione nel corso del delicato tragitto che conduce all’opera compiuta con una modalità di pensiero vicina a quella orientale (indubbiamente devono molto all’I Ching almeno come ispirazione). Così a volte ci si trova di fronte a istruzioni quasi operative (“Usa meno note”; “Lavora con un ritmo differente”), altre volte a consigli applicabili in molti modi (“Torna sui tuoi passi”; “Solo una parte, non il tutto”), qualche volta si sconfina nell’oracolo (“Non si tratta di costruire un muro, ma di fare un mattone”).
Sono state anche stampate in quattro edizioni, tutte leggermente differenti (le sentenze vanno e vengono): le prime tre (1975, 1978, 1979) regolarmente distribuite sul mercato (anche in ed. italiana da GammaLibri, 1983), la quarta, completamente diversa, per uso privato (1996).
Eno e Schmidt affermano:

Queste carte si sono sviluppate a partire dall’osservazione dei principi che regolano le nostre creazioni.
Talvolta [i suddetti principi] sono stati riconosciuti retrospettivamente (facendo così coincidere intelletto e intuizione), a volte sono stati identificati osservando ciò che è successo, altre volte si è trattato di formule.
Possono essere utilizzate come un tutto (una serie di possibilità costantemente riportate alla memoria) opure isolatamente, estraendo una carta dal mazzo mescolato quando si presenta un dilemma a un certo punto del lavoro. In questo caso, ci si rimette alla carta anche se l’applicazione non è chiara.
Le carte non danno responsi definitivi, nel senso che nuove idee si presenteranno spontaneamente mentre altre diventeranno via via evidenti.
[Eno, Schmidt, 1975, trad. mia]

La cosa interessante di questi oggetti è che, come l’I Ching e in fondo tutti i testi oracolari, possono portare a vedere le cose in un modo diverso dall’usuale. Invece di incaponirsi cercando una soluzione con i soliti mezzi, suggeriscono una via trasversale per uscire dall’impasse.
Esiste un sito dedicato alle strategie oblique che sono anche consultabili in linea.

from elsewhere to nowhere


Una buona release ritmica/elettronica/contemplativa di Jean-Sébastien Roux, sotto il nome di “tion”, per la netlabel Autoplate.
C’è un interessante processo additivo in questi pezzi, per cui piccoli frammenti appaiono, evolvono e scompaiono, in accordo con il titolo del disco “from elsewhere to nowhere”, creando un tessuto fermo, ma con un costante movimento interno.
Trovate il tutto qui.
Intanto ascoltate qualche pista.

What the Thunder Said

Un nuovo (2006) lavoro di Steve Layton (compositore residente a Seattle nato nel 1956) che a un primo ascolto notturno, mi è piaciuto.
Interessante anche il metodo. La base del brano è costituita da un frammento tratto da una composizione di un amica (At the Abyss di Alex Shapiro), dilatato dalla sua durata originale di 5 secondi fino a più di 18 minuti. Questo è stato il template della composizione, il sentiero da seguire e a cui adattarsi, trovando una propria strada fra evocazioni e connessioni.
Il titolo è tratto dalla sezione finale del poema di Eliot “The Wasteland” (Terra Desolata).

A new work by Steve Layton (composer based in Seattle, born 1956) that I like.
The composer says:

A “journey” or “meditation” similar to this year’s earlier O, Hebdomeros. A tiny snippet of a recording (5 seconds from the second movement of my composer-friend Alex Shapiro’s At the Abyss) was stretched to something over 18 minutes. This became the template for the composition, a kind of path that I had to accept, finding my way through, making whatever evocations and connections appear somehow form a thread of their own sense and meaning. The title is taken from the final section of T.S. Eliot’s iconic poem “The Wasteland”.

 

Steve Layton – What the Thunder Said (2006) flute, piano, vibraphone, strings/electronics

Musica classica informale?

Sul blog di Eric Edberg, violoncellista classico e improvvisatore, trovo questa riflessione:

Avete mai pensato che i concerti classici siano troppo formali e abbiano regole troppo intimidatorie?
Una delle ragioni del fatto che il pubblico della musica classica diventa sempre più vecchio e limitato non può essere un ambiente noioso e presuntuoso che guarda male i nuovi arrivati se solo osano fare qualcosa di naturale come applaudire fre i movimenti o anche durante un movimento?
Sapete che, prima del 20° secolo era normale applaudire fra i movimenti e perfino durante l’esecuzione e che compositori come Mozart incoraggiavano questa pratica?
[trad. mia]

Per verificare questa teoria, Edberg e colleghi stanno organizzando, a quanto pare con successo, eventi di questo tipo:

Wednesday Aug. 30
7:30 PM Thompson Recital Hall in the PAC
The Romantic Cello: An Informal and Interactive Musical Event
Eric Edberg, cello and Stephanie Gurga, piano
brani brevi e piacevoli
durata massima 1 ora
esecutori in jeans
applaudite quando volete
e danzate nelle navate se ne avete voglia

Che ne pensate? (la mia opinione ve la dico dopo)