Merce Cunningham (proprio lui) danza sulle Variations V di John Cage (molti anni fa,,,)
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Musique de tables
Questo interessante brano è Musique de tables di Thierry de Mey.
Stockhausen: Stimmung
Il rivolgersi a oriente tipico della seconda metà degli anni ’60 coinvolge anche Stockhausen che, nel fatidico 1968, abbraccia con decisione le filosofie orientali. Passando attraverso Stimmung, giungerà gradualmente alla definizione di una musica intuitiva, praticamente priva di partitura
Stimmung, per 6 voci (2 soprani., contralto, 2 tenori, basso; in altre versioni un tenore è sostituito da un baritono), è considerata come l’opera pop di Stockhausen, un po’ a causa della sonorità marcatamente modale, un po’ per l’aspetto (ingenuamente) mistico dell’opera, sottolineato dalle invocazioni alle divinità di varie culture.
Il carattere meditativo dell’opera è evidenziato dal fatto che il materiale base, anzi, l’unico materiale, è costituito da un accordo di 6 note ricavato dai primi armonici di una fondamentale (figura a sin.).
Questo non significa che tutta l’opera, che dura ben 70 minuti, sia costituita da un unico accordo, ma quasi. Un accordo di 6 note implica una gamma di possibilità che va dalle singole note fino ad accordi composti di 2, 3, 4, 5 e finalmente 6 note. Inoltre, ogni nota può essere potenzialmente eseguita da più di un cantante (tutti dovrebbero poter cantare il RE).
Stockhausen quantifica in 21 le possibili combinazioni di cantanti su una sola nota, ovvero il SIb può essere cantato solo dal basso (1), il FA da basso e 2 tenori (3), l’altro SIb da basso, 2 tenori e contralto (4), il RE da tutti (6), il LAb da 2 tenori, contralto e 2 soprani (5), il DO solo da 2 soprani (2), totale 21. Notare che il DO potrebbe essere cantato anche dal contralto, ma questa possibilità viene scartata perché così si ottiene il totale dei numeri da 1 a 6 nella serie 1-3-4-6-5-2 e notare anche che 1+2+3+4+5+6 = 21.
Ora esaminiamo il numero dei possibili accordi da 2 a 6 note: con 2 note abbiamo 15 combinazioni; con 3, 20; con 4, ancora 15; con 5, 6; con 6, 1. Totale 55. Stockhausen ne seleziona 30 che, aggiunte alle precedenti 21, fanno 51: queste sono le sezioni (senza soluzione di continuità) di cui è composta l’opera.
La regola è che in ogni sezione un cantante agisce come guida e propone una struttura ritmica enunciando uno dei nomi magici (divinità di varie culture), mentre gli altri si porteranno, molto gradualmente, a identificarsi con la voce guida mantenendo, però, la propria nota. L’articolazione ritmica è ottenuta mediante una modulazione del suono effettuata con le vocali, a evidenziare gli armonici. Il tessuto è, così, molto più complesso di quanto sembra.
In questa figura, disegnata dal compositore, si vedono, per ogni sezione, i cantanti attivi in quella sezione con la voce guida in neretto (sopra) e le note loro assegnate (sotto). Un circoletto identifica la nota assegnata alla voce guida. [NB: in una prima stesura, quella di questi appunti, l’accordo venne scritto sul SOL].
Karlheinz Stockhausen (1928-2007): Stimmung, per 6 voci (1968 = prima versione).
Collegium vocale Köln diretto da Karlheinz Stockhausen
Takahashi, Yûji
Il pianista e compositore giapponese Yûji Takahashi pubblica parecchie partiture delle proprie composizioni sul suo sito.
Nella maggior parte dei casi si tratta di opere aperte che richiedono un intervento decisionale da parte dell’interprete.
Gli strumenti di Harry Partch
Sono praticamente sicuro che nessuno di voi ha mai sentito, in concerto, musiche di Harry Partch.
Eppure Harry Partch (1901-1974), compositore americano, è uno dei più innovativi, iconoclasti e individualisti musicisti di tutti i tempi. Per far capire la cosa anche ai cultori del pop, la sua posizione nella musica classica è, in un certo senso, simile a quella di Frank Zappa nel pop. Gli aggettivi utilizzati per definirli sono gli stessi e anche la carica ironica.
A tratti geniale, ma isolato perché la sua musica è impossibile da eseguire con una orchestra tradizionale. Partch, infatti, non utilizza il sistema temperato, ma la scala naturale, strettamente basata sulla serie degli armonici (mentre il sistema temperato fa una serie di aggiustamenti). Per scrivere con questo sistema, Partch, oltre ad utilizzare spesso una notazione non tradizionale, ha costruito da solo i propri strumenti. Ne ha realizzato decine, tali da organizzare una intera orchestra. Le sue creazioni, originali e/o ricostruite, comprendono strumenti a percussione, a corde e vari tipi di organi a canne o ad ancia. Oggi formano la Harry Partch Instrument Collection e vengono utilizzate per le incisioni e per i concerti.
Così, nei suoi pezzi non è raro vedere un ensemble come questo:
Instrumental ensemble: tenor-baritone, soprano, bass, adapted guitar, 2 chromelodeons, 2 kithars, surrogate kithara, 5 harmonic canons, bloboy, koto, crychord, diamond marimba, quadrangularis reversum, bass marimba, marimba eroica, boo, eucal blossom, gourd tree, cone gongs, cloud chamber bowls, spoils of war, zymo-xyl, mazda marimba, ugumbo, waving drums, Bolivian double flute, mbira, ektara, rotating drum, belly drums, gourd drum, 6 bamboo claves, 4 eucalyptus claves & rhythm boat
E proprio questo ensemble strumentale è relativo alla sua opera in due atti “Delusion of the Fury – A Ritual of Dream and Delusion” (1965-66), che potete ascoltare cliccando sui “Related Posts” qui sotto.
Anche la sua vita non è stata molto convenzionale. Musicista precoce (suonava clarinetto, harmonium, viola, piano, chitarra già da bambino e componeva prima dei 20 anni vincendo borse di studio), attraversò un periodo molto duro durante la grande depressione, riducendosi a vivere come un hobo (musicista vagabondo, senza fissa dimora), viaggiando a sbafo sui treni e sopravvivendo con lavori casuali in luoghi diversi.
In tutto questo periodo, durato 10 anni, continuò a scrivere le sue esperienze su un giornale chiamato Bitter Music (musica amara), spesso sotto forma di frammenti di conversazioni udite per caso, notate su pentagramma in base all’altezza delle varie voci.
Esempi dell’ Harry Partch Istrumentarium
Frederic Rzewski
Quante persone conoscete con un cognome così impronunciabile?
È perfino peggiore di quello di Jan Łukasiewicz, l’inventore della notazione polacca (in matematica, non in musica), poi applicata ai computer e tuttora in uso nei processori con il nome di “notazione polacca inversa”, proprio perché nessuno si ricordava quello dell’inventore.
Il nome di Rzewski, invece, si ricorda bene, anche perché non è un tipo che passa inosservato.
Nato nel 1938 nel Massachussets e morto a Montiano, in Toscana nel 2021, ha studiato musica ad Harvard e Princeton, fra gli altri con Roger Sessions, e Milton Babbitt. Nel 1960 è venuto a Roma per studiare con Dallapiccola. Qui, a metà degli anni ’60, con Alvin Curran e Richard Teitelbaum, ha fondato MEV (Musica Elettronica Viva), un gruppo di americani a Roma (ed essere americani a Roma, in quegli anni, era perfino meglio che essere americani a Parigi) orientato verso la sperimentazione e l’improvvisazione e soprattutto verso la de-composizione di qualsiasi forma precostituita.
Mettendo insieme le avanguardie della musica contemporanea, dell’elettronica e del jazz, MEV sviluppa una estetica musicale basata su un processo collettivo spontaneo incredibilmente fecondo e condiviso con le altre formazioni di punta di quegli anni (penso al Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina e alla Scratch Orchestra di Cornelius Cardew).
Amico anche di molti esponenti delle avanguardie americane (Cage, Wolff, Tudor, Behrman), le sue prime composizioni (Les Moutons de Panurge, Coming Together) sono fortemente influenzate da queste esperienze e mescolano stilemi sia della musica scritta che di quella improvvisata.
Attraversa poi il periodo delle partiture grafiche (Le Silence des Espaces Infinis, The Price of Oil) e negli anni ’80 esplora nuovi modi di utilizzare la tecnica seriale (Antigone-Legend, The Persians).
Le sue composizioni più recenti sono meno strutturate e più spontanee (Whangdoodles, Sonata e la sua partitura più impegnativa, The Triumph of Death, un oratorio di 2 ore basato su “L’istruttoria” di Peter Weiss).
Ma una particolarità di Rzewski, rara nel club della musica contemporanea, è il suo impegno politico, che, in questo senso, lo avvicina a personaggi come Nono, Pollini e Cardew. Ma Rzewski va più in la. È uno che durante un concerto è capace di smettere di suonare per gridare “Stop the War!” e questo non una, ma 12 volte nel corso di un pezzo, peraltro suo, come ha fatto sabato scorso a Kansas City.
Queste considerazioni, come nel caso di Cardew, lo portano anche a porsi il problema della incomprensibilità della musica contemporanea. Dice Rzewski:
Mi sembrava che non ci fosse ragione per cui le più intricate e complesse strutture formali non si potessero esprimere in una forma che riuscisse ad essere compresa da un largo numero di ascoltatori. Ero anche interessato a quella che mi sembrava un punto critico, non solo in musica, ma anche nelle scienze e nella politica: l’assenza di una teoria generale e di un comportamento critico. Ho incominciato a esplorare una forma in cui i linguaggi musicali esistenti potessero essere accostati.
Ed ecco le “36 Variazioni su El Pueblo Unido Jamas Sera Vencido” degli anni ’70, “Coming Together” (con dentro “Attica Blues”), basata sulle lettere dei prigionieri del carcere di Attica all’epoca della rivolta del 1971, con quella famosa frase ripetuta fino alla nausea “Attica is in front of me!”, fino all’Antigone che teorizza una opposizione di principio alle politiche di ogni stato, perché il problema è lo stato in sè.
Come altri intellettuali radicali (in senso americano), Rzewski ha lasciato gli USA. Dal 1977 insegna al Conservatorio di Liegi.
Resta sempre irrisolto l’interrogativo finale: qual’è la pronuncia corretta di Rzewski?
Ebbene, la risposta è JEV-ski, con G dolce francese e poi “evski”.
0:03 – Thema 1:32 – Variation I 2:33 – Variation II 3:36 – Variation III 4:46 – Variation IV 5:55 – Variation V 7:05 – Variation VI 8:15 – Variation VII 9:17 – Variation VIII 10:39 – Variation IX 11:48 – Variation X 12:50 – Variation XI 13:53 – Variation XII 15:09 – Variation XIII (“Bandiera Rossa”) 17:08 – Variation XIV 18:32 – Variation XV 19:54 – Variation XVI 21:55 – Variation XVII 23:11 – Variation XVIII 25:14 – Variation XIX 26:07 – Variation XX 26:57 – Variation XXI 28:04 – Variation XXII 28:57 – Variation XXIII 29:39 – Variation XXIV 32:21 – Variation XXV 34:21 – Variation XXVI („Die Solidarität”) 35:44 – Variation XXVII (36:51 – cadenza) 41:12 – Variation XXVIII 42:39 – Variation XXIX 43:15 – Variation XXX 46:57 – Variation XXXI 48:06 – Variation XXXII 49:14 – Variation XXXIII 50:28 – Variation XXXIV 51:50 – Variation XXXV 53:00 – Variation XXXVI (54:50 – cadenza) 1:00:47 – Thema
Ed eccolo dal vivo in uno dei suoi ultimi concerti
Cronologia della Musica Elettroacustica
Un po’ di autopromozione non guasta.
Vi segnalo la mia Cronologia della Musica Elettroacustica, una pagina piena di stravaganti curiosità come la voce di Edison registrata da uno dei suoi fonografi alla fine dell’800, oppure un incredibile carillon orchestrale con ance, flauti, campane, piatti, tamburi costruito in Svizzera da Gueissaz nel 1904 e inviato a San Pietroburgo per essere donato dallo Zar allo Scià di Persia, e naturalmente il suono dei primi strumenti elettrici e altro ancora.
Piano Giocattolo
Conoscete Margaret Leng Tan e Isabel Ettenauer?
Sono due fra le principali interpreti del piano giocattolo, che non è una stupidaggine, ma uno strumento con un repertorio specifico (fra gli altri, Cage, che comunque non è l’unico).
Eccovi Isabel Ettenauer in Sequitur V, un brano di Karlheinz Essl per Toy Piano and Electronics.
e Hyekyung Lee in un brano di Rob Smith, con il fantastico titolo di “Schroeder’s Revenge”
Stockhausen on YouTube
Sempre da YouTube, un’intervista con Stockhausen che mostra anche qualche estratto dei suoi lavori, fra cui l’infame Helicopter String Quartet.
Again from YouTube, a Stockhausen interview with excerpts of his works.
Zappa: sito ufficiale
C’è un sito ufficiale di Zappa con in copertina una mucca con l’Italia sopra.
Cliccando vari punti della mucca succedono cose. Però, per vederla dovete scegliere “High Browse” dopo l’animazione iniziale. Altrimenti potreste finire nella pagina che pubblicizza il tour europeo di Dweezil, figlio di Frank, con la sigla “Zappa plays Zappa”.
In verità, fra i figli illustri, Dweezil Zappa è uno dei più simpatici (meglio del rampollo Moggi, per esempio e anche di Ciccio De André), ma quando faranno una legge che vieta ai figli di gente famosa di fare il mestiere dei genitori sarà sempre troppo tardi.
Comunque sarebbe giusta. Vi ricordate la legge che è alla base del film “Salvate il soldato Ryan”? Se qualche tuo fratello è già morto per la patria, tu vieni rimandato a casa. È come dire: la tua famiglia ha già dato.
Ecco, è lo stesso: in questo campo la tua famiglia ha già dato.