Per una società con pareti di vetro

Immaginate adesso una società con pareti di vetro.
Mi spiego. Supponete che:

  • Ognuno di noi, alla nascita, venga identificato con un codice unico. A dirlo suona terribile, ma in realtà succede già. Da noi è il codice fiscale. In altri stati si usano altri codici generati con vari sistemi (per es. negli USA è il codice della previdenza sociale), ma è già così.
    In ogni modo, non mi interessa esattamente come è fatto il codice. Mi basta che sia unico, che valga in tutti gli stati, che sia lo stesso in rete e fuori e naturalmente che venga utilizzato in qualsiasi dispositivo legato alla persona, compresi i cellulari.
  • Ogni essere umano abbia un collegamento in rete gratuito, assicurato dalla nascita alla morte e identificato dal suo codice.
  • Il denaro contante non esista più. Tutti i pagamenti, di qualsiasi tipo, vengano fatti tramite una sorta di carta di credito e siano registrati in rete.
  • Qualsia forma di comunicazione fuori rete, dal telefono alla posta, non esista più. Tutto passa attraverso la rete.
  • Tutti i gli archivi, di qualsiasi tipo, dal fisco alla sanità, alle assicurazioni, alle banche, all’anagrafe, alle compagnie telefoniche, ai negozi fino alla raccolta punti del supermarket siano in formato digitale (in massima parte lo sono già), ma soprattutto che siano in rete.
  • Tutte le apparecchiature di sorveglianza puntate su luoghi pubblici (anche i bar, gli aeroporti e i centri commerciali) siano in rete. Al limite, anche quelle private. Se metti una webcam per sorvegliare da remoto il tuo cane o il tuo bambino, anch’io lo posso vedere.
  • Nessuna forma di comunicazione e nessun dato possano essere criptati.
  • Tutto ciò che è in rete sia pubblico, accessibile da chiunque.

A questo punto si saprebbe quasi tutto di tutti. Per sapere dove si trova adesso un cellulare e quindi la persona che lo porta, basterebbe collegarsi al db della compagnia telefonica. Per sapere come spendo i soldi, chi ho pagato e quando basta cercare nel db della transazioni. Si saprebbe cosa ho comprato nel tal supermercato, eccetera. Si saprebbe come sono le mie ultime analisi e che malattie ho e ho avuto. Che locali frequento, attraverso quali caselli autostradali la mia auto è passata, che biglietti di treno/aereo ho comprato e se qualcuno con il mio nome ci è salito…

Fine dei segreti.
Fine dello spionaggio statale perché non c’è spionaggio su cose che tutti possono sapere.
Fine della maggior parte dei reati contro il patrimonio.
Fine degli stupidi sospetti familiari.
Fine dell’evasione fiscale.

Non male…

Ikea in mano agli atei: anatema!

Nicola mi segnala questo articolo di Repubblica.

I parlamentari del centrodestra contro i grandi magazzini che quest’anno non avranno sugli scaffali la natività.
Natale, l’invito della Cdl ai cattolici “Boicottate chi non vende il presepe”.
Nel mirino le catene Ikea, Rinascente, Standa, Oviesse. E il vescovo di Imola definisce “improvvido” il negozio svedese.

Secondo l’esponente centrista Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, “siamo di fronte all’ennesima prova di un relativismo laicista che finisce per spianare la strada all’estremismo islamico”. Quindi il monito: “I consumatori sappiano che, insieme ai prodotti a basso costo, da queste aziende si acquista anche l’eutanasia culturale del paese”.
Stessi toni da crociata per Gaetano Quagliarello di Forza Italia e Alfredo Mantovano di Alleanza Nazionale, che accusano Ikea di “evidente pregiudizio anticattolico” e concludono: serve “un sano boicottaggio natalizio”. E l’azzurra Isabella Bertolini si spinge a definire l’iniziativa di Ikea “laicismo esasperato che, in nome di un finto rispetto per altri credi religiosi, offende la cultura del nostro paese”.

Sono sempre più felice di essere ateo.
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I am a Terrorist

t-shirt
Resto sempre colpito da come l’ideologia commerciale e/o capitalista riesca a digerire e utilizzare qualsiasi cosa senza farsi toccare da nessun dubbio di qualunque natura possa essere.
Sulla maglietta che vedete a sinistra sta scritto “I am a Terrorist”.
Per non essere troppo spudorati e creare un aggancio con la tecnologia, l’hanno scritto in binario codificandolo in ASCII, così come fa il computer, per cui il tutto si presenta così

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Bene, mi rendo conto che una dichiarazione come questa, isolata da un contesto, può avere molti significati, fra i quali parecchi sono positivi (sono un terrorista artistico, culturale, lo sono nel campo delle relazioni sociali, eccetera), ma CafePress, fra le moltissime T-shirt e altri oggetti stampati di propria produzione, vende in questa pagina, una serie di scritte che loro stessi definiscono come

una traduzione in codice binario di qualche dannatamente fottuta merda offensiva

Non nego che la parte nichilista di me stesso la trovi anche un’idea simpatica, ma mi chiedo anche se esista qualcosa che i commerciali non osano toccare, non perché non conviene farlo, ma perché ritengono che non sia etico farlo.
Ma costoro, a parte l’idea di profitto e perdita, hanno il concetto di bene, male, giusto, ingiusto, costruttivo, distruttivo, positivo, negativo, etc? Si pongono il problema degli effetti del loro agire? Accetto anche il fatto che il post-modernismo aborre gli opposti, però mi ricordo anche che la mancata distinzione fra le categorie di cui sopra e il non essere consci delle conseguenze delle proprie azioni è sufficiente per dichiarare qualcuno incapace di intendere e volere…

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[trad: devi morire]

Da Boing Boing

Privacy or not Privacy?

Google e gli altri motori di ricerca permettono di trovare un sacco di cose.
La facilità con cui la gente mette documenti e dispositivi di vario tipo su internet e li espone al mondo, anche senza rendersene conto, è grande e sembra essere una nuova tendenza sociale. Il tutto è reso possibile dall’ubiquità del digitale che ormai codifica qualsiasi tipo di documento scritto, sonoro o in forma di immagine. Nello stesso tempo i supporti come le memory key e le tessere magnetiche cambiano il modo con cui l’informazione viene fisicamente conservata, aumentando enormemente la quantità di dati che ogni persona è in grado di portare con sè.
C’è una richiesta di privacy sempre maggiore, ma, paradossalmente, nello stesso tempo la gente accetta, consapevolmente o meno, che i propri dati e comportamenti siano esposti al mondo grazie alla rete o a una RAM key perduta/dimenticata.
Forse è un passo solo parzialmente consapevole verso una società con pareti di vetro, in cui qualsiasi cosa venga fatta via internet è pubblica e molti comportamenti che, di per sè, sono già pubblici o semi-pubblici (uscire in strada, fermarsi in un bar, discutere in chat, etc.) lo diventano alla massima potenza e sono visibili da tutti coloro che si imbattono nel link alla webcam o al file giusto, potenzialmente da tutto il mondo.

Dato che io sono favorevole a una casa di vetro, ho appena creato una pagina dedicata alle cose relativamente private che si possono trovare con Google e/o altri motori di ricerca.
Non contiene cose potenzialmente pericolose come ricerca di password, falle di sicurezza o simili, che pure si possono fare (quindi se cercate questo, andate da un’altra parte).
Divertitevi.

Analisi del discorso

Il blog Chir.ag ha analizzato più di 360 discorsi di presidenti USA (tutti, da Adams fino a GW) fabbricando per ognuno di essi una “tag cloud”, cioè una immagine in cui sono riportate le parole più utilizzate con dimensioni proporzionali alla loro frequenza nel discorso.
La trovate qui. È molto bella da vedere perché dà una indicazione istantanea su quali fossero i problemi maggiori al momento del discorso.
Se si guardano quelli di GW, si nota quanto segue:

  • nell’ultimo discorso di Clinton (2000), le parole chiave erano di tipo economico: sostenibile, rinforzare, bipartisan, investire, welfare
  • nel GW pre-attentato queste parole via via scompaiono e vengono sostituite da: fondi, guadagnare, debito, norma e commitment che significa sia incarcerazione che obbligo
  • immediatamente dopo l’attentato, tutte le parole sono piccole, il che significa che nessuna prevale decisamente sulle altre, come se chi parla non avesse un argomento principale. Un po’ di evidenza hanno, nel discorso del 20 settembre, bin (per bin laden), dolore, fondi e rafforzare e, 4 mesi dopo (gennaio 2002), campi, patria e regimi, ma, ripeto, senza una grande prevalenza
  • dal 2003 in poi, una sola parola campeggia enorme su tutto il resto: terrorist

L’Universo non è user friendly anche se lo sembra

kakophone

Signore e signori, vi presento il Kakophone.
Questo divertente sintetizzatore virtuale genera una quantità infinita di suonerie personalizzate in diversi stili. Poi ve le manda al vostro indirizzo email. Tutto gratis. In cambio vi chiede solo di iscrivervi a una newsletter, verosimilmente pubblicitaria, che poi potete annullare.
L’oggetto è effettivamente molto simpatico. Fa un sacco di rumorini graziosi. Immagino che torme di ragazzini si siano immediatamente fiondati sul sito. Provatelo anche voi. Però, prima, seguite questo ragionamento.

Dunque, per prima cosa il kakophone vi chiede il vostro numero telefonico che appare sotto forma di bar-code nell’immagine (sulla destra sotto alla freccia; 789… non è il mio). Il numero serve come base per un generatore di numeri casuali ed è quello che assicura che una suoneria non possa essere duplicata. Dal punto di vista informatico è corretto. Ovviamente potete dare un numero qualsiasi, ma di solito non ci si pensa. Anch’io ho dato il mio.
Poi voi giocherellate con l’oggetto. Generate un po’ di suonerie e ne scegliete una. A questo punto il programma te la deve inviare come file perché tu possa caricarla nel telefono e ti chiede nazionalità, marca e modello del telefono e email.
E qui mi sono bloccato. Perché, così facendo, il sito conosce e associa

  • la mia nazionalità
  • il mio numero di telefono
  • la mia email
  • marca e modello del mio telefono

Non male. Vi rendete conto? Va bene che non può esserne sicuro e io sono tendenzialmente paranoico, ma le vie di internet sono infinite…

L’Universo non è user-friendly ma a volte fa ridere

Che cosa si scrive di solito su un documento quando non si vuole venga diffuso?
Per esempio “confidential”, oppure “not for distribution”, o ancora “not for public release”. In italiano, “strettamente confidenziale” o cose del genere.
E dove si usano documenti di questo tipo? Nelle aziende, nelle organizzazioni e in posti del genere. E ovviamente, perché sia accessibile agli interni, si piazza in una apposita cartella sulla intranet aziendale. E come al solito l’idiota di turno dimentica che in quella cartella ci arrivano anche i robots, come quello di Google.
Adesso cercate le frasi di cui sopra in Google e divertitevi a spulciare fra le decine di migliaia di documenti che saltano fuori. Ovviamente non tutto quello che trovate è un documento confidenziale; ci sono anche pagine che contengono le suddette frasi per caso (come questo post), ma in ogni caso, sembra proprio che molte aziende si divertano a spiattellare i propri verbali in faccia a cani e porci.
I risultati migliori li ho ottenuti con questa ricerca. Se poi si limita il tipo di file a pdf va ancora meglio.
Adesso provate anche ad aggiungere il nome di una specifica azienda…

Non impareranno mai…

Un po’ di tempo fa (prima delle elezioni) mi arriva una mail dalla locale sezione dei DS con dentro un manifestino che mi invita a un dibattito.
Il manifestino è un .doc redatto in Word. Io giro su Linux. Ho anche un computer windoze, ma non ho Office. Non un solo byte del mio sito è stato contaminato da programmi micro$oft.
È vero che ho Open Office, ma, dato che ho anche questa tara che mi spinge a spiegare le cose (sono uno che è arrivato a scrivere al sindaco per protestare perhé sul sito del comune c’era un .doc), mi prendo la briga di rispondere ai DS consigliandoli di non usare un formato proprietario o almeno di scegliere formati magari proprietari, ma visibili con programmi gratuiti tipo rtf o pdf.
Mi rispondono dicendomi che è vero, che è giusto e mi rimandano il manifestino in pdf. Fantastico.
Ci credete voi? Quello è stato un caso unico. Tutti i messaggi successivi, fino all’ultimo di ieri, sono tornati in .doc.
Ma è mai possibile che, in un partito grosso come i DS non ci sia qualcuno che capisca queste banalità?

Go on, kiddo!

Questa è grande! ROTFL (rolling on the floor laughing).
È una lettera a una rubrica di consigli (Ask Amy) di un giornale locale USA, segnalata da The Well Tempered Blog.
Ve la traduco.

Cara Amy:
Mio cugino undicenne è un musicista dilettante, ma la sua “musica” consiste nel martellare il piano il più forte possibile per ore.
(non è disabile o autistico, solo un ragazzino medio)

Il suo modo di suonare il piano diventa un problema quando lui e i suoi vengono alle riunioni di famiglia a casa dei miei genitori. Per tutto il tempo in cui la sua famiglia è da noi, lui martella sul nostro piano, persino durante il pranzo di Natale o del Giorno del Ringraziamento.
È veramente antipatico e rovina quella che dovrebbe essere una piacevole giornata in famiglia.

I suoi genitori sembrano pensare che le sue pagliacciate musicali indichino che ha “talento”, di conseguenza non fanno niente per limitarlo, nemmeno quando vanno a casa degli altri. In effetti, spesso siedono accanto al piano e lo ascoltano in adorazione. Prenderebbero come un insulto qualsiasi richiesta di farlo smettere, anche solo per un po’.

Con delicatezza abbiamo suggerito di mandarlo a lezione di musica per migliorare il suo stile, ma i suoi genitori pensano che le lezioni “soffochino la sua creatività” e lo spingano a “perdere interesse per la sua arte.”
Adesso che si avvicina il Giorno del Ringraziamento, mia madre ed io stiamo cercando un modo appropriato di trattare il problema, ma ormai siamo alla frutta.

E si firma:

The Piano Police.