Fotocamere user friendly

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Questo grazioso cagnolino che azzanna per gioco il padrone, che per la sua stupidità meriterebbe di essere divorato in un solo boccone, ci aiuterà a vedere un altro “incidente”, meno comune ma quasi più grave di quello del post precedente, a cui vanno incontro gli sprovveduti che si aggirano nelle terre di internet senza sapere dove mettere i piedi.
Io qui ho messo solo questa foto in cui il padrone non è riconoscibile, ma ne ho viste anche molte altre in cui varie persone sono perfettamente visibili. Ne ho viste anche di altro tipo: scherzi in ufficio, cene aziendali, giochi con amici, ma anche di meno innocue e sono sicuro che in molti casi i protagonisti si incazzerebbero moltissimo sapendo che le loro foto sono andate in mano a cani e porci.
Perché, come nel caso precedente, loro non sanno che le ho viste e che chiunque le può vedere.

Ormai quasi tutte le foto sono digitali e anche la bestia in figura è stata immortalata con una fotocamera digitale. Le foto, poi, sono state scaricate su un computer e le fotocamere digitali sono user friendly. Basta collegarle via USB e infilare il solito CD-ROM che installa un programma per scaricare e gestire le foto.
Ora, la maggior parte delle fotocamere digitali aderisce a uno standard inventato per facilitare la vita ai software di gestione e anche all’utente. Lo standard consiste nel creare una cartella il cui nome è DCIM in cui vengono create altre cartelle per le varie fotocamere. Così all’interno della cartella DCIM avremo, per esempio, una cartella CASIO, oppure CANON, etc con davanti un numero progressivo per dividere i vari scaricamenti (102CANON, 103CANON, 104CANON, etc). Qui finiscono le foto, tipicamente in formato jpeg e anche i filmati, di solito in formato avi.

Fin qui tutto bene. Se la cartella DCIM è sul vostro computer personale o anche su un server internet ma fuori dallo spazio web. Ma se, per qualche ragione, finisce all’interno dello spazio web e il solito amministratore idiota dimentica di fermare gli spider dei motori di ricerca, Google in primis, ecco che le cartelle e tutte le foto vengono indicizzate e sono disponibili a chiunque sia in grado di cercarle.
Ma perché questa cartella dovrebbe finire nello spazio web di un server? Le ragioni sono molte: perché gli amici possano vedere da casa le foto della partita di ieri e scaricarsele, per esempio.

Cercarle, peraltro, è facilissimo. Potete provare anche voi. Basta inserire in Google la stringa di ricerca index.of.dcim (index punto of punto dcim senza spazi). Salteranno fuori una cinquantina di links, pochi perché questo incidente non è molto comune e alcuni di questi non sono cartelle di foto, ma solo articoli come questo.
Se però, dopo aver cliccato sul link vi appare una paginetta bianca che ha come titolo “Index of /DCIM” e sotto due link che dicono “Parent directory” e “DCIM”, siete nel posto giusto. Cliccate DCIM e troverete una pagina simile con link tipo 100CASIO o 102CANON o ancora 101FUJI, etc.
Cliccate su uno di questi e vedrete i nomi delle immagini. Basta cliccare ognuno di questi ultimi per vedere la foto nel browser.
Complimenti. Siete sulla buona strada per diventare un provetto voyeur.

L’Universo non è user-friendly

L’universo non è user friendly, ovvero su internet una cosa che sembra banalissima può avere effetti collaterali spiacevoli o, come minimo, non previsti.
Generalmente non ci si pensa, ma entrare in internet è come andare in un paese straniero, con le sue usanze, le sue leggi, le sue consuetudini e i suoi abitanti. C’è gente che su internet ci vive. C’è qualcun altro, come il sottoscritto, che magari non ci vive, ma lo conosce molto bene (in realtà, in questo periodo, praticamente ci vivo anch’io). C’è qualcuno che lo abita a tempo parziale, per esempio per affari, e poi ci sono i turisti, la maggior parte di voi.
Ora, quando fate i turisti, anche quando viaggiate in un gruppo organizzato, qualche precauzione la prendete. Se, poi, viaggiate da soli, dovete anche stare un po’ attenti a come vi comportate e a dove ficcate il naso. Se entrate in un quartiere malfamato ben vestiti, con il Rolex al polso e la videocamera al collo, non solo sarete rapinati e magari anche pestati o peggio, ma oltretutto, quando la polizia vi verrà a ripescare, ve ne dirà quattro.
Però a volte potete anche stare attenti, ma inciampate in una qualche usanza locale di cui non siete a conoscenza e fate una pessima figura perdendo stima e amicizie. Per esempio, ci sono paesi in cui soffiarsi il naso in pubblico, soprattutto al chiuso, è considerato segno di maleducazione, più o meno come sputare per terra. Si va in bagno a farlo.
Ci sono, invece, altri paesi in cui sputare per terra, in strada, è normale e lo fanno anche le ragazzine di 15 anni, oppure ruttare sonoramente dopo il pranzo è un apprezzamento per la cucina del padrone di casa.
Ecco, internet ha le sue usanze e regole e spesso, se qualcuno non sa o non pensa a quello che fa, incappa in qualche disavventura. Qualche esempio.
Nota: questi esempi non sono nuovi. Non sto suggerendo nessun nuovo “hack” e proprio il fatto che siano ampiamente noti alla comunità degli “smanettoni” ma ignorati dalla massa comprova quanto dico.

WebcamAdesso guardate l’immagine qui a sinistra. È una stanza in un ufficio in america. L’immagine viene da una webcam e nella pagina originale, si aggiorna ogni 5 secondi. È grande 4 volte questa, quindi si vede tutto molto bene. Il signore in fondo sta armeggiando con la stampante. È entrato 30 secondi fa, magari per aggiungere carta. Forse tra un po’ se ne andrà, o forse si siederà al computer. Il problema è che lui non sa che io lo sto guardando.

Forse sa della webcam o forse no. Se lo sa, sa anche che il suo capo o qualcuno della sorveglianza tiene d’occhio quella stanza, ma non immagina che io lo sto guardando. Perché questa non è una di quelle webcam messe lì per pubblicità che tutti possono vedere. Questa è, o dovrebbe essere, una telecamera di sorveglianza ad uso interno. Ci si accede via internet, così si può tenere d’occhio la situazione anche da lontano, ma, quasi certamente, non è previsto che sia vista da terzi.
Invece io la vedo. Nello stesso modo potrei mostrarvi migliaia di altre situazioni: un porticciolo alle Bahamas (invidia!), una lavanderia in Giappone, l’interno di un grande magazzino, un autosalone negli USA, un laboratorio in Svizzera, il cane di un/una giapponese, magari, se cerco a lungo, anche il bambino di qualcun altro. Tutte webcam di sorveglianza.
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Un mondo peggiore

Di solito non parlo di politica qui, ma dopo le ultime leggi firmate da Bush che annullano i capisaldi della civiltà giuridica occidentale in USA, la prima, e decretano de facto la militarizzazione dello spazio, la seconda, sono troppo incazzato.
Il mondo è un luogo decisamente peggiore da quando l’amministrazione americana è in mano a quest’uomo e alla sua gang (o meglio, a questa gang e al suo burattino).

Att.ne: i filmati sono due. Il secondo è il famoso Sunday Bloody Sunday. È troppo bello, non ho resistito. Il primo è un rap carino. Nota: DRAFT è la coscrizione obbligatoria.

Post-modernismo

Tanto per parlare dei cosiddetti “barbari” (quelli di Baricco su Repubblica), beccatevi questa tabella di opposizioni stilistiche allo scopo di identificare i modi attraverso i quali il postmodernismo si sarebbe posto come reazione al modernismo delle avanguardie artistico-letterarie del Novecento. Redatta da Ihab Hassan in Pluralism in Postmodern Perspective, in Critical Inquiry, 12, n. 3, 1986.
Decidendo da che parte vi riconoscete, per ogni riga, potreste calcolare il vostro tasso di post-modernismo.
Anzi, facciamo un calcolo un po’ brutale. Le righe sono 30, quindi basta contare le righe in cui vi piazzate nella colonna del post-moderno, dividere per 30 e moltiplicare per 100, per sapere il vostro tasso di post-modernismo espresso in percentuale.
C’è anche un sistema più raffinato, ma sarebbe un po’ complicato. Potrei scrivere un programmino…

Modernismo Postmodernismo
Romanticismo / Simbolismo Patafisica / Dadaismo
Forma (chiusa, congiuntiva) Antiforma (aperta, disgiuntiva)
Scopo Gioco
Disegno Caso
Gerarchia Anarchia
Mestria / Logos Esaurimento / Silenzio
Oggetto d’arte / Opera finita Processo / Performance / Happening
Distanza Partecipazione
Creazione / Totalizzazione Decreazione / Decostruzione
Sintesi Antitesi
Presenza Assenza
Accentramento Dispersione
Genere / Confine Testo / Intertesto
Paradigma Sintagma
Ipotassi Paratassi
Metafora Metonimia
Selezione Combinazione
Radice / Profondità Rizoma / Superficie
Interpretazione / Leggere Disinterpretare
Significato Significante
Lisible (Leggibile) Scriptible (Scrivibile)
Narrativo Antinarrativo
Dio Padre Lo Spirito Santo
Sintomo Desiderio
Fallico / Genitale Androgino / Polimorfo
Paranoia Schizofrenia
Origine / Causa Differenza — Differanza / Traccia
Metafisica Ironia
Determinazione Indeterminazione
Trascendenza Immanenza

Un problema di deciBel?

Recentemente è apparsa una lettera aperta di un executive dell’industria musicale che ha sollevato un caso. Questo signore, tale Angelo Montrone, è il vice presidente del dipartimento A&R (Artists & Repertoire) della One Haven Music, che fa parte della Sony.
In breve, lui lamenta l’eccesso di compressione e di riempimento, con conseguente incremento di volume, nelle incisioni attuali, rispetto, per es., a quelle degli anni ’80. Il tutto condurrebbe a un eccessivo affaticamento dell’orecchio, che comporterebbe una prematura sensazione di stanchezza degli ascoltatori.
Cito un estratto:

There’s something . . . sinister in audio that is causing our listeners fatigue and even pain while trying to enjoy their favorite music. It has been propagated by A&R departments for the last eight years: The complete abuse of compression in mastering (forced on the mastering engineers against their will and better judgment).

Fra le altre prove, porta due incisioni dello stesso gruppo, Los Lonely Boys, a vari anni di distanza. Ascoltate i Lonely Boys vari anni fa e oggi. Notate che effettivamente le canzoni sono simili, ma l’arrangiamento attuale è molto più pieno e il livello medio è più alto.

La cosa mi ha incuriosito perché anch’io a volte ho questa sensazione.
Ci sono due modi di misurare l’ampiezza di un suono (quello che viene generalmente chiamato volume): l’ampiezza di picco e l’ampiezza RMS.
Il primo misura l’ampiezza istantanea dei picchi, cioè i punti con il volume più alto che però hanno durata minima. Fisiologicamente il dato è importante perché sono proprio i picchi improvvisi molto alti che possono provocare danni al timpano (il meccanismo difensivo del timpano, infatti, impiega circa 1/10 di secondo per entrare in azione).
Il secondo, invece, è una media che ha senso su lunghe durate (anche 1 minuto o più). Dal punto di vista fisiologico, un alto livello di ampiezza RMS affatica il sistema uditivo. Chiaramente è quest’ultimo che viene tirato in ballo da Mr. Montrone.
Trattandosi di CD, cioè di cose che non hanno un volume assoluto perché dipendono dall’amplificazione, tutte le misurazioni si fanno rispetto rispetto al massimo teorico del CD, che è uguale per tutti i dischi ed è la massima ampiezza possibile usando 16 bit, lo standard del CD audio.
Di conseguenza, si misura la distanza dal massimo possibile, definito come 0 dB. Si guarda, cioè, quanto l’incisione ha saturato l’ampiezza disponibile e per quanto tempo.

A questo punto, sono partite le misurazioni. Si è scoperto che, nella seconda metà degli ’80, l’ampiezza media (RMS) dei dischi di pop music era intorno ai -15 dB, cioè 15 deciBel sotto il massimo possibile. Attualmente, invece, la media si è alzata a valori he vanno da -12 a -9 dB, cioè l’incisione è molto più saturata (pensate che una differenza di 6 dB equivale al doppio).
Le mie misurazioni confermano questa tendenza. Bisogna considerare che io non ho molti dischi recenti e che in ogni caso i miei gusti sono un po’ particolari. Le cose più normali che ho sono i King Crimson o Peter Gabriel, mentre servirebbero dischi da top 10.
Comunque, posso aggiungere che, se effettivamente i dischi dei tardi anni ’80 sono incisi a circa -15 dB di media, nei primi ’80 eravamo a circa -19 e negli anni ’70 (rimasterizzati) a -22 dB.
La corsa al rialzo, quindi, non è solo recente, ma esiste da sempre.

Cos’è, è semplice dirlo. Si tratta del modo di comprimere. In pratica l’incisione viene prima compressa, riducendo le differenze fra i piano e i forte, poi la media viene alzata per occupare la parte superiore del range di ampiezza. Adesso, con la registrazione a 24/32 bit, si può fare ancora meglio.
In tal modo, il brano suona più forte, più grintoso, ma anche più piatto, con meno differenze dinamiche.
È più difficile, invece, capire perché sia nata questa mania. Non dipende solo da un mutamento di genere. Stiamo parlando delle top 10, non del punk.
Sembra dipendere, più che altro, dal modo di fruire la musica. Oggi si ascolta in un modo diverso da 20/30 anni fa. In macchina, in treno, mentre si corre, dal computer, etc. E così la musica deve competere con altri suoni. Forse.

Cultura Libera

Cultura Libera

I contenuti di questo blog, come la musica e gli scritti che si trovano sul mio sito, sono distribuiti secondo la licenza Creative Commons che trovate in fondo alla barra laterale.
L’inventore di questo tipo di licenze è Lawrence Lessig, professore alla Stanford Law School e fondatore dello Stanford Center for Internet and Society.
Dal sito Copyleft-Italia è possibile scaricare liberamente uno dei testi fondamentali di Lessig, “Free Culture”, ovviamente distribuito con licenza Creative Commens, opportunamente tradotto in italiano come “Cultura Libera” (per chi non si accontentasse del file pdf e volesse il volume, Apogeo lo vende a € 15).
In un momento in cui gli spazi di condivisione della cultura si assottigliano sempre di più a favore di lobbies che gestiscono un diritto in modo sempre più arrogante, distruggendo qualsiasi tipo di “fair use”, la diffusione di queste idee e la consapevolezza del problema sono sempre più importanti.
Per fare un esempio recente, l’edizione di Bari di Repubblica riporta la seguente eroica azione di un funzionario SIAE:

La Siae ha fatto una multa di 205 euro a 14 bambini di Chernobyl per violazione del diritto d´autore. I piccoli, di età compresa tra i 7 e 12 anni, avevano preparato un piccolo spettacolo per dire grazie alle famiglie da cui erano stati ospitati. Con una canzone in bielorusso. Le piccole casse di un computer portatile diffondevano una canzone popolare. E loro, sulla base musicale, avevano iniziato a cantare le prime strofe per salutare le persone che si erano prese cura di loro per quasi un mese.
[tutti particolari qui]

Il problema è che la SIAE non è cattiva, è solo stupida. Sono le leggi che devono cambiare.
Quindi, intanto scaricate Cultura Libera da qui. È legale e non costa niente. Non è pesante. Lessig racconta un bel po’ di storielle istruttive ma anche divertenti: di come l’invenzione dell’aereo cambiò l’estensione della proprietà dei terreni, a come la RCA, per puro amore del profitto, soffocò l’invenzione della radio FM (brevettata, pensate un po’, nel 1933; a quando risalgono i vostri primi ricordi di radio FM?).

Musica classica informale?

Sul blog di Eric Edberg, violoncellista classico e improvvisatore, trovo questa riflessione:

Avete mai pensato che i concerti classici siano troppo formali e abbiano regole troppo intimidatorie?
Una delle ragioni del fatto che il pubblico della musica classica diventa sempre più vecchio e limitato non può essere un ambiente noioso e presuntuoso che guarda male i nuovi arrivati se solo osano fare qualcosa di naturale come applaudire fre i movimenti o anche durante un movimento?
Sapete che, prima del 20° secolo era normale applaudire fra i movimenti e perfino durante l’esecuzione e che compositori come Mozart incoraggiavano questa pratica?
[trad. mia]

Per verificare questa teoria, Edberg e colleghi stanno organizzando, a quanto pare con successo, eventi di questo tipo:

Wednesday Aug. 30
7:30 PM Thompson Recital Hall in the PAC
The Romantic Cello: An Informal and Interactive Musical Event
Eric Edberg, cello and Stephanie Gurga, piano
brani brevi e piacevoli
durata massima 1 ora
esecutori in jeans
applaudite quando volete
e danzate nelle navate se ne avete voglia

Che ne pensate? (la mia opinione ve la dico dopo)

La RIAA vi lascia vivere se siete morti

Come riferisce The Wired Campus, la RIAA (l’associazione americana dei discografici, la cui mission, ormai, è perseguire legalmente chiunque scarichi MP3 illegali dentro e fuori gli USA) ha lasciato cadere la causa contro Larry Scantlebury, recentemente deceduto, invece di continuarla, rivalendosi su moglie e figli, come avrebbe avuto il diritto di fare.
La stessa RIAA ha sottolineato la propria “grande sensibilità” in questo particolare caso, ma il blog Boing Boing ha fatto notare come, subito dopo la morte del sig. Scantlebury, la RIAA aveva concesso alla famiglia solo una sospensione della causa per 60 giorni e la sua abbondanza di sensibilità si sia materializzata solo dopo che il caso era finito su molti giornali e blog (più di 20.000 reference per Scantlebury RIAA su Google).

According to The Wired Campus, the RIAA, (Recording Industry Association of America) has dropped plans to pursue an antipiracy lawsuit against Larry Scantlebury, a defendant who recently passed away, by deposing his children.
A RIAA spokesperson, Jonathan Lamy, emphasized the RIAA “abundance of sensitivity” in dropping this particular case, but Boing Boing, one of its fiercest critics, remarks that the RIAA had only given 60 days to grieve before the RIAA went on to depose the dead man’s children in a renewed suit against his estate and this “abundance of sensitivity” only materialized within 24 hours of this story hitting several large news outlets and blogs (more than 20.000 references for Scantlebury RIAA found on Google).

Weekday Morning Time

Oggi è uscito questo dai Fortune di Unix. Concordo pienamente.

What we need in this country, instead of Daylight Savings Time, which nobody really understands anyway, is a new concept called Weekday Morning Time, whereby at 7 a.m. every weekday we go into a space-launch-style “hold” for two to three hours, during which it just remains 7 a.m. This way we could all wake up via a civilized gradual process of stretching and belching and scratching, and it would still be only 7 a.m. when we were ready to actually emerge from bed.
— Dave Barry, “$#$%#^%!^%&@%@!”