Ocean & Cricket Music

Walter De Maria (nato ad Albany, in California, nel 1935) è uno dei principali esponenti della corrente artistica detta Land Art alla quale è passato dopo un’iniziale esperienza di scultore nell’ambito della Minimal Art (alcune sue opere di questo periodo, come “Balldrop” del 1961, si trovano al Guggenheim Museum di New York).

Tra gli anni ‘60 e ‘70 inizia a intervenire direttamente sul territorio con le sue monumentali earth sculptures: nel 1968, per esempio, disegna con la calce delle linee parallele all’interno del Mojave Desert, in California, mentre nel 1977, in occasione di documenta, la grande rassegna di arte contemporanea che si svolge a Kassel, in Germania, ogni cinque anni, fa penetrare nel terreno un’asta metallica per un chilometro.

La sua opera più famosa, però, rimane senza dubbio “The Lightning Field” (1977): in questa monumentale installazione posta in un angolo remoto del deserto del New Mexico De Maria cerca la complicità della natura per mettere in scena un evento sempre straordinario. Dopo aver conficcato in verticale nel terreno 400 pali metallici appuntiti su un’area di circa 3 chilometri quadrati, ne sfrutta l’effetto-parafulmine durante i temporali raccogliendo e moltiplicando la potenza dei fulmini a servizio di un grandioso spettacolo di luce (nell’immagine).
[da Wikipedia]

Non tutti sanno, però, che De Maria ha anche firmato alcune opere sonore in cui lui stesso suona la batteria e la mixa con field recording, ora disponibili su UbuWeb.

Longplayer: un brano lungo 1000 anni

Longplayer is a one thousand year long musical composition. It began playing at midnight on the 31st of December 1999, and will continue to play without repetition until the last moment of 2999, at which point it will complete its cycle and begin again. Conceived and composed by Jem Finer, it was originally produced as an Artangel commission, and is now in the care of the Longplayer Trust.

Longplayer can be heard in the lighthouse at Trinity Buoy Wharf, London, where it has been playing since it began. It can also be heard at several other listening posts around the world, and globally via a live stream on the Internet.

Longplayer is composed for singing bowls – an ancient type of standing bell – which can be played by both humans and machines, and whose resonances can be very accurately reproduced in recorded form. It is designed to be adaptable to unforeseeable changes in its technological and social environments, and to endure in the long-term as a self-sustaining institution.

At present, Longplayer is being performed by a computer. However, it was created with a full awareness of the inevitable obsolescence of this technology, and is not in itself bound to the computer or any other technological form.

Although the computer is a cheap and accurate device on which Longplayer can play, it is important – in order to legislate for its survival – that a medium outside the digital realm be found. To this end, one objective from the earliest stages of its development has been to research alternative methods of performance, including mechanical, non-electrical and human-operated versions. Among these is a graphical score for six people and 234 singing bowls. A live performance from this score is being prepared for September 2009. See here for more information.

Longplayer was developed and composed by Jem Finer between October 1995 and December 1999, with the support and collaboration of Artangel.

  • A 56kbps live stream can be heard by clicking (or right-clicking) here:
    Per ascoltare un live stream del brano, cliccate qui:

The Whole Earth Catalog

Fra il 1968 e il 1972, Stewart Brand pubblicava, su carta, The Whole Earth Catalog che era definito come

“a paper-based database offering thousands of hacks, tips, tools, suggestions, and possibilities for optimizing your life.”

Si trattava di una specie di Wikipedia ante litteram. Una raccolta di articoli sugli argomenti più disparati, spesso scritti da personalità dell’epoca: da William Burroughs al Black Panthers Party, dal poeta Ferlinghetti all’architetto Buckminster Fuller.

Oggi The Whole Earth Catalog è online in Internet Archive.

whole earth catalog

Tropical Rain Forest

Il titolo dice tutto. Quello che vi propongo oggi è un esempio di field recording che risale al 1986.

Si tratta di una registrazione di 22 minuti, effettuata in una foresta tropicale (dai suoni si direbbe localizzata in America del Sud, prob. Brasile), distribuita negli anni ’80 su cassetta da Moods Gateway Recording. Nessun trattamento, né montaggio sembra essere stato fatto. La qualità è quella dei registratori portatili a nastro dell’epoca, comunque buona, qui digitalizzata e convertita in mp3 a 128 kbps.

La varietà dei suoni e delle loro combinazioni è fantastica. La potete ascoltare in streaming o scaricare in mp3 (att.ne: è circa 21 Mb).

NB: attualmente esistono vari cd con questo titolo disponibili via internet. La registrazione non è questa. Questa non è più in distribuzione. Spesso quelle attuali sono registrazioni di sottofondo con musichetta applicata sopra, oppure sono divise in brani (uccelli, animali vari, indigeni, etc). Qui, invece, c’è la registrazione della foresta, pura e semplice, con la pioggia che va e viene, per 22 minuti.

Il canto degli antenati

Qualche report sui libri letti durante l’estate. Inizio con il bellissimo “Il canto degli antenati” di Steven Mithen (Tit. orig. The singing neanderthal, 2005). Sottotitolo: Le origini della musica, del linguaggio, della mente e del corpo.

Mithen, archeologo britannico, parte da un assunto: la propensione a fare musica è uno dei più misteriosi, affascinanti e allo stesso tempo trascurati tratti distintivi del genere umano. La letteratura scientifica ha sottovalutato questo campo di studio, definendo la musica come una tecnologia, un prodotto, creato unicamente a scopo ludico e ricreativo, e non come un adattamento selettivo. Diversamente, Mithen sostiene che lo studio dell’origine del linguaggio, e più in generale dell’abilità comunicativa dei nostri antenati, dovrebbe essere rivalutato alla luce dell’aspetto musicale, che a sua volta non può prescindere dall’evoluzione del corpo e della mente.

Si tratta di un’idea che per molti musicisti è intuitivamente vera, ma che finora non era stata sostenuta dalla letteratura scientifica e dalla ricerca. Ma l’ipotesi di Mithen va più in là. Citando la recensione di Giuseppe Mirabella su Le Scienze (Apr. 2007):

La musica è un elemento proprio di tutte le culture umane. Strumenti musicali, canti e danze rituali fanno parte di tutte le società, da quelle moderne alle più primitive. E l’enorme diffusione delle abilità musicali ha fatto ipotizzare che questa capacità avesse un ruolo evolutivo. Ma quale può essere stato il vantaggio selettivo offerto dalla musica ai nostri antenati? Steven Mithen, archeologo cognitivo dell’Università di Reading, prova a formulare una teoria molto accattivante, secondo la quale i primi ominidi comunicavano attraverso un linguaggio musicale, un miscuglio tra il linguaggio e la musica come li intendiamo noi oggi. Secondo Mithen, questa forma di comunicazione avrebbe toccato l’apice nei neandertaliani. Che avevano una configurazione delle alte vie respiratorie che avrebbe consentito loro di parlare, ma non disponevano dei circuiti nervosi deputati al controllo del linguaggio. Le difficili condizioni ambientali in cui vivevano e la crescente complessità dei loro gruppi sociali richiedevano uno scambio continuo di informazioni, e quindi si sviluppò un sistema di comunicazione articolato che includeva sia suoni sia gesti del corpo.

Per definire il sistema di comunicazione dell’uomo di Neanderthal, Mithen ha coniato l’acronimo “Hmmmm”, per olistico (holistic), multi-modale, manipolativo and musicale (invidio molto la facilità dell’inglese nella creazione di acronimi):

“Its essence would have been a large number of holistic utterances, each functioning as a complete message in itself rather than as words that could be combined to generate new meanings.”

Probabilmente anche i primissimi Homo sapiens comunicavano in questo modo, ma lo sviluppo del cervello consentì loro di evolvere un vero e proprio linguaggio dotato di una grammatica, cioè di un sistema per combinare i simboli base a formare nuovi significati. L’ipotesi di Mithen è necessariamente di natura speculativa, ma le prove indirette che porta a suo sostegno sono numerose e convincenti.

NB: il libro è effettivamente affascinante, ma non facilissimo. È un trattato scientifico che deve prendere in considerazione, riferire e valutare le ricerche e gli esperimenti condotti finora. Di conseguenza, a tratto, non è discorsivo e scorrevole. Vivamente consigliato a coloro che nutrono un interesse particolare per questo argomento.

La piscina alchemica ;-) di Osarizawa

Questa immagine (clicca per ingrandire), che a me ricorda un po’ un antico sito Inca con profonde pozze circolari come quelle dei Maya, è in realtà una miniera abbandonata di oro e rame, nei pressi di Osarizawa, in Giappone.

Le prime attività estrattive nella zona risalgono a circa 1300 anni fa. In epoca moderna è stata sviluppata la miniera, poi chiusa nel 1978.

La zona, che sembra essere piuttosto inquinata. è attualmente di proprietà della Mitsubishi ed è interdetta al pubblico. Ciò nonostante l’autore delle foto, Michael John Grist, è riuscito a intrufolarsi nell’impianto, pagando una multa di 1000 yen.

C’è anche un breve video su You Tube.

From Out of Ruins, dove potete vedere altre immagini.

I 4 princìpi d’Irlanda

cardewNegli anni ’70, Cornelius Cardew, fino ad allora uno dei più importanti compositori inglesi, pioniere dell’utilizzo di partiture grafiche e dell’improvvisazione, assistente di Stockhausen dal 1958 al 1960, ebbe una improvvisa conversione politica al Comunismo (per la precisione aderì al Communist Party of England (Marxist-Leninist)) che lo portò a condannare lo sperimentalismo come elitista (att.ne: non etilista), a scrivere il suo famoso libello “Stockhausen Serves Imperialism” e a scrivere musica per le masse, ideologicamente orientata, come questa:

Four Principles on Ireland – C. Cardew, pianoforte

Potete trovare vari brani del Cardew post conversione in questa pagina di UbuWeb.

Cantéodjayâ

Cantéodjayâ was written in 1948. Messiaen had long been interested in Hindu rhythms, relying on the listing of 120 such rhythms in the thirteenth-century Sangitaratnākara of Sarngadeva.

The score includes names drawn from this work and from Karnatic musical theory, the latter including the title of the work, indicating the element with which the piece opens, interspersed with intervening material.

The sixth appearance of this characteristic rhythm and figuration is followed by three brief refrains, a first couplet, a return of the first refrain and a second couplet. There follows the second refrain and third couplet, including a six voice canon. The first and third refrains are heard before the final return of the original cantéyndjayâ.

The work contains elements further explored in the Mode de valeurs et d’intensités. At a first hearing a listener unfamiliar with the style of writing might do worse than keep in mind the opening phrases, although the general form is one rather of superimposition than extensive repetition and development.
[Keith Anderson]

Roger Muraro, piano.

Neumi Ritmici

Neumes rythmiques (Neumi Ritmici) è il terzo dei Quattro Studi sul Ritmo di Olivier Messiaen, che comprendono anche il famoso Modi di Valori e di Intensità, ma è stato il primo ad essere terminato (1949).

In realtà il termine Neuma Ritmico è paradossale, perché i neumi sono una notazione melodica, ritmicamente indefinita, o, almeno, non definita con precisione. Qui, però, Messiaen opera una trasposizione e descrive così il brano:

Osservando le differenti figurazioni dei neumi nel canto piano, ho avuto l’idea di cercare delle corrispondenze ritmiche. La sinuosità melodica indicata dai neumi si muta in gruppi di durate. Ogni neuma ritmico è provvisto di una intensità fissata e di risonanze cangianti, più o meno chiare o scure, sempre contrastanti.

Traduzione mia:

come sentirete chiaramente, questo brano è formato da vari elementi melodico/armonici ben distinti. Ogni elemento è caratterizzato da un certo colore armonico fisso, una certa durata, che in partenza è fissa, e una data intensità, anch’essa fissa.

Così ogni elemento è, per Messiaen, un neuma. In tal modo, la successione dei neumi si tramuta in una successione di elementi, ciascuno con caratteri ben precisi e soprattutto, con una durata fissata. Di conseguenza, una serie di neumi determina una serie di eventi di colore armonico e intensità diverse, ognuno dei quali ha una precisa durata, caratteristica, quest’ultima, importante per il Messiaen dei Quattro Studi sul Ritmo, come il titolo suggerisce.

A complicare le cose, le durate subiscono delle mutazioni nel corso del brano. In una serie di neumi si espandono di un piccolo valore fisso, in un’altra cambiano seguendo una serie di numeri primi, mentre in una terza restano fisse.

Al di là della curiosità, questo studio è molto importante perché deriva dalla Cantéodjayâ, un lavoro basato sui talas (ritmi) indù che vi presenterò più avanti e anticipa l’inserimento dei canti degli uccelli, ognuno dei quali è assimilabile a un “neuma ornitologico”, nel senso che è un oggetto in sé dotato di caratteristiche ben precise.