I 4 princìpi d’Irlanda

cardewNegli anni ’70, Cornelius Cardew, fino ad allora uno dei più importanti compositori inglesi, pioniere dell’utilizzo di partiture grafiche e dell’improvvisazione, assistente di Stockhausen dal 1958 al 1960, ebbe una improvvisa conversione politica al Comunismo (per la precisione aderì al Communist Party of England (Marxist-Leninist)) che lo portò a condannare lo sperimentalismo come elitista (att.ne: non etilista), a scrivere il suo famoso libello “Stockhausen Serves Imperialism” e a scrivere musica per le masse, ideologicamente orientata, come questa:

Four Principles on Ireland – C. Cardew, pianoforte

Potete trovare vari brani del Cardew post conversione in questa pagina di UbuWeb.

Cantéodjayâ

Cantéodjayâ was written in 1948. Messiaen had long been interested in Hindu rhythms, relying on the listing of 120 such rhythms in the thirteenth-century Sangitaratnākara of Sarngadeva.

The score includes names drawn from this work and from Karnatic musical theory, the latter including the title of the work, indicating the element with which the piece opens, interspersed with intervening material.

The sixth appearance of this characteristic rhythm and figuration is followed by three brief refrains, a first couplet, a return of the first refrain and a second couplet. There follows the second refrain and third couplet, including a six voice canon. The first and third refrains are heard before the final return of the original cantéyndjayâ.

The work contains elements further explored in the Mode de valeurs et d’intensités. At a first hearing a listener unfamiliar with the style of writing might do worse than keep in mind the opening phrases, although the general form is one rather of superimposition than extensive repetition and development.
[Keith Anderson]

Roger Muraro, piano.

Neumi Ritmici

Neumes rythmiques (Neumi Ritmici) è il terzo dei Quattro Studi sul Ritmo di Olivier Messiaen, che comprendono anche il famoso Modi di Valori e di Intensità, ma è stato il primo ad essere terminato (1949).

In realtà il termine Neuma Ritmico è paradossale, perché i neumi sono una notazione melodica, ritmicamente indefinita, o, almeno, non definita con precisione. Qui, però, Messiaen opera una trasposizione e descrive così il brano:

Osservando le differenti figurazioni dei neumi nel canto piano, ho avuto l’idea di cercare delle corrispondenze ritmiche. La sinuosità melodica indicata dai neumi si muta in gruppi di durate. Ogni neuma ritmico è provvisto di una intensità fissata e di risonanze cangianti, più o meno chiare o scure, sempre contrastanti.

Traduzione mia:

come sentirete chiaramente, questo brano è formato da vari elementi melodico/armonici ben distinti. Ogni elemento è caratterizzato da un certo colore armonico fisso, una certa durata, che in partenza è fissa, e una data intensità, anch’essa fissa.

Così ogni elemento è, per Messiaen, un neuma. In tal modo, la successione dei neumi si tramuta in una successione di elementi, ciascuno con caratteri ben precisi e soprattutto, con una durata fissata. Di conseguenza, una serie di neumi determina una serie di eventi di colore armonico e intensità diverse, ognuno dei quali ha una precisa durata, caratteristica, quest’ultima, importante per il Messiaen dei Quattro Studi sul Ritmo, come il titolo suggerisce.

A complicare le cose, le durate subiscono delle mutazioni nel corso del brano. In una serie di neumi si espandono di un piccolo valore fisso, in un’altra cambiano seguendo una serie di numeri primi, mentre in una terza restano fisse.

Al di là della curiosità, questo studio è molto importante perché deriva dalla Cantéodjayâ, un lavoro basato sui talas (ritmi) indù che vi presenterò più avanti e anticipa l’inserimento dei canti degli uccelli, ognuno dei quali è assimilabile a un “neuma ornitologico”, nel senso che è un oggetto in sé dotato di caratteristiche ben precise.

The Turfan Fragments

Morton Feldman – The Turfan Fragments (1980), for chamber orchestra

The Turfan Fragments is pitched for a reduced chamber orchestra and marks the beginning of a pause in Feldman’s writing for orchestra that lasted a half decade (until he resumed it with Coptic Light).

The title refers to a significant trove of manuscripts in various languages discovered by German researchers in the early 20th century along the ancient Silk Road and which had been hidden away during the war. Feldman likely saw some of the collection when parts of it were again made available in Berlin, where he lived in the early 1970s. Feldman’s delicate stitching together of fragmentary but elusively repetitive particles hints at the enigmatic character of their namesake.

Feldman’s score repeatedly asks for an intensely subdued dynamic field (ppppp) which belies the tension of its chromatic blurs of dissonance and shifting pulsations. There are no violins to sweeten the palette, giving Feldman’s pointillist chords a tangier sound. Like Rothko’s lozenges of color, the musical fabric slowly draws out slight variations in perspective as fragments intersect and become absorbed into the whole, leaving us to savor their resonance.

A series of archaeological expeditions to East Turkestan, conducted by Sir Aurel Stein in the early part of this century, unearthed several fragments of knotted carpets dating from the third and sixth centuries. Though these fragments were too small to indicate either its design or provenance, they did convey a long tradition of carpet weaving. This is to a large degree the extended metaphor of my composition: not the suggestion of an actual completed work of “art”, but the history in Western music of putting sounds and instruments together.

Morton Feldman

Il “Frammento in sè”

nietzscheIl Fragment an Sich (Frammento in sè) è un brano per pianoforte solo, scritto dal filosofo Friedrich Nietzsche, datato Ottobre 1871.

Ve lo presento come curiosità. perché, dal punto di vista musicale, non mi sembra molto interessante. A mio avviso, sembra più che altro uno studio delle tecniche di armonizzazione, così come potrebbe fare uno studente.

Diversa, invece, è l’opinione di Simone Zacchini che, nel suo Al di là della musica. Friederich Nietzsche nelle sue composizioni musicali (Franco Angeli Ed.), ne fa una dotta analisi e conclude che, in questa pagina “è possibile seguire i segni di una profonda riflessione armonica e di una complessità di scrittura che nulla ha da invidiare ad altre e più note pagine pianistiche della letteratura romantica”.

Cortesemente, dissento. Queste parole mi sembrano più appropriate per altri e più maturi brani di Nietzsche, come la Manfred-Meditation, del 1872, final ver. 1877, dotata di un impianto armonico più sicuro e tradizionale.

Friedrich Nietzsche

A Carlo Scarpa architetto…

Luigi Nono
A Carlo Scarpa architetto, ai suoi infiniti possibili (1984)
per orchestra a microintervalli.
Sinfonieorchester des Südwestfunks, Michael Gielen, direction.

A Carlo Scarpa architetto, ai suoi infiniti possibili è opera dell’ultima vertiginosa stagione creativa del compositore veneziano, segnata dall’assoluta libertà formale, da un tessuto musicale fatto di lancinanti frammenti e importantissimi silenzi divarie sfumature, di anticipi e tensioni a quello che ancora mancao a quello che a fatica si ode. Dopo i trent’anni di una splendida stagione creativa, dai contenuti umanissimi e politici, Nono approda all’Unklangbar di Wittgenstein, alla violenza espressiva dell’irresonabile (come può tradursi il neologismo wittgensteiniano). Il compositore, anima autenticamente rivoluzionaria, intesse le sue partiture di pianissimo (sino a sette p!) contro la violenza non solo acustica del quotidiano contemporaneo ma anche contro la violenza di un passato musicale spesso subìto, cerca un “mondo lontanissimo e misterioso […] per sognare vari possibili futuri”. Il lavoro compositivo è sempre più fatto con altri, che sia l’Iperuranio di menti elevate che abitano gli studi, le letture e il lavorìo intellettuale del compositore, che sia fisicamente il lavoro sperimentale fatto con i musicisti interpreti, ormai consustanziale all’idea creativa: “ascoltare nel silenzio gli altri l’altro”. Il suono si carica del senso dell’essere e la sua naturale evidenza, non piegata da ragioni formali, crea una condizione di tensione permanente sentita come l’unica autenticamente umana. Evidentemente non c’è nulla di superfluo in questi luoghi sonori di arrischiata immaginazione. Se già del Canto sospeso erano stati rilevati la concentrazione eloquente e il riserbo, le isole di suono dell’ultima produzione, “infiniti colori-suoni-echi-spazi”, sono le illuminazioni di un mistico. E Nono trova il motto del suo ultimo ciclo di lavori, “caminantes, no hay camino, hay que caminar” a Toledo nel chiostro di un convento francescano del XVIII secolo.
In A Carlo Scarpa risuona l’utopia degli infiniti possibili, in perfetta consonanza col lavoro creativo dell’architetto amico, che parimenti usava dello spazio come elemento compositivo. Una natura aristocraticamente artigianale, il genio per i dettagli tecnologici, la raffinata sensibilità materica e la tensione creativa verso spazi possibili (e impossibili) avvicinano Scarpa a Nono, che nell’opera in memoria dell’amico realizza i suoi frammenti su due sole note mosse da microintervalli di 1/4, 1/8 e 1/16 di tono, sugli aloni e gli “infiniti colori-suoni-echi-spazi” derivati  da una impressionante gamma di dinamiche: “Microintervalli di altezza e di dinamica sono tecnicamente possibili evitando banali approssimazioni ed effetti inquinanti di ottave, articolando tecnica e qualità del suono, vari gradi di sua presenza-pensiero, varie gradualità possibili tante, tutte da poter ascoltare”.
L’orchestra è attentamente pensata: mancano gli oboi e la tuba e sono rafforzati i flauti e i tromboni, il gruppo ascetico delle percussioni (campane, timpani e 7 triangoli di diversa altezza) è come un’orchestra Zhou (Cina 1075-221 a.C.) e gli archi senza secondi violini sono otto per sezione. Ne nasce un’opera ieratica, di spazi cupi e sacri che potrebbero essere occupati da silenziosi e misteriosi rituali.
Non si può tacere il nome di Scelsi parlando di un lavoro sulle variazioni microtonali di due unici suoni, e tutto sommato il nome di Scelsi getta luce sul percorso estremo di Nono legato a tante fascinazioni alchemiche, al confine del non poter dire – un processo che Cacciari, che così spesso ha trovato all’ultimo Nono le
parole per dire, definisce kenotico, di svuotamento. Dunque anche Nono verso una riduzione che apre l’ascolto di tempi e spazi inauditi; il ricercare luoghi sonori abitati da una tensione verso l’infinito avvicina Nono a Scelsi, e a Scarpa, come Scelsi più consapevole dell’Oriente presente in tale percorso. Eppure per Nono, diversamente che per Scelsi, non si tratta di una liberazione dal mondo ma di una liberazione del mondo, dall’imposizione che lo condanna al male dell’insignificanza o alla meccanicità dell’accadere, sognando un futuro concretamente possibile, come gli infiniti di Carlo Scarpa, per “non dire addio alla speranza”.
[Luciana Galliano]

RIP Les Paul

les paulIl chitarrista Les Paul (il cui vero nome era Lester William Polsfuss), inventore della chitarra solid-body e curatore della linea di strumenti Gibson che porta il suo nome, si è spento ieri a White Plains (NY) alla veneranda età di 94 anni.

Questa lunga e bella commemorazione del NY Times ne rievoca la carriera, raccontando anche alcuni gustosi aneddoti, fra cui quello, ormai abusato, secondo il quale il suo insegnante di pianoforte scrisse alla madre “Your boy, Lester, will never learn music” (sembra che una storia di questo tipo ormai sia comunissima, fra i musicisti e non solo ed è quasi obbligatoria per coloro che avrebbero poi portato un grande cambiamento nel proprio settore, da John Cage ad Einstein).

In una intervista del 1991, con una certa dose di umiltà, ebbe a dire “The only reason I invented these things was because I didn’t have them and neither did anyone else. I had no choice, really.”

Musopen

Michele ha segnalato questo sito, online da Febbraio 2009.

Contiene varie partiture di musica classica libere (copyright scaduto) e parecchi MP3 (non tutti di buona qualità sotto l’aspetto interpretativo). I link per scaricare le partiture in pdf si trovano in fondo alla relativa pagina. La trasmissione è un po’ lenta.

Interessante anche il progetto Music Theory Textbook che si propone di elencare i testi e gli articoli di teoria musicale liberamente scaricabili (pochi, per ora) e una radio online che propone una selezione delle esecuzione presenti sul sito.

Il potere della scala pentatonica

Bobby McFerrin mostra il potere della scala pentatonica alla conferenza “Notes & Neurons: In Search of the Common Chorus”, al World Science Festival, June 12, 2009.
L’ho sempre detto che il temperamento equabile è stato un gigantesco errore 😎

Bobby McFerrin demonstrates the power of the pentatonic scale, using audience participation, at the event “Notes & Neurons: In Search of the Common Chorus”

Se poi qualcuno vuole vedersi tutta la conferenza… (1h:45′)
If anyone wants to watch the whole conference… (1h:45′)