La filosofia in un grafo

Drunk&Lampposts ha realizzato questo grafo che cerca di visualizzare le connessioni fra gli esponenti della storia della filosofia.

La metodologia utilizzata non è una scelta personale, ma deriva strettamente da quanto pubblicato in wikipedia. Simon Raper, che ha realizzato materialmente l’immagine, ha utilizzato la sezione “influenced by” contenuta in ogni voce dedicata ad un filosofo in wikipedia, anzi, più precisamente, in dbpedia che altro non è se non una versione strutturata in forma di database delle informazioni contenute in wikipedia (non so quanti di voi ne conoscono l’esistenza).

Ogni dichiarazione di influenza è stata tradotta in un link, mentre la quantità di “influenze” ha determinato la grandezza del cerchio rappresentante il filosofo.

Il tutto è stato tradotto in immagine da Gephi, un software open source interattivo per la realizzazione di grafi dinamici e gerarchici che rappresentano network e sistemi complessi. La mappa, quindi, non si deve leggere come una opinione di Raper, ma come “wikipedia riporta che…”

Attenzione, l’immagine originale è trasparente, quindi lo sfondo traspare condizionandone la leggibilità. Quello che vedete qui è un estratto. È conveniente cliccare l’immagine per vedere l’originale.

Naturalmente potete anche scaricarla, ma sappiate che l’originale è 8.1 Mb.

Nell’articolo originale Raper rileva alcuni problemi della mappa (il principale è l’assenza di frecce nei link che non fa capire chi influenza chi), ma offre anche varie chiavi per capirla meglio. Per esempio, fa notare come il software tenda a centrare gli elementi più grossi, per cui i nomi più importanti sono, in genere in posizione più centrale. Offre anche un’interpretazione dei colori. Gli amanti del genere, infine, troveranno anche alcune note tecniche sull’estrazione di dati e la realizzazione del grafo.

Comunque, sebbene io sia un appassionato di mappe, la mia opinione è che questa è molto bella da vedere, ma solo relativamente usabile perché la sua complessità ne limita notevolmente la leggibilità nelle parti più dense (sfido chiunque a seguire i link nella zona di Hegel o Kant). Una versione finale potrebbe assumere, per esempio, la forma di un applet Java che permetta di selezionare cosa vedere, spostare i box et similia. Però è simpatica come idea.

mappa della filosofia

La fine di Radio Music?

Il 2012 è il centenario della nascita di John Cage e il ventennio dalla morte (Los Angeles, 5 settembre 1912 – New York, 12 agosto 1992). Ovviamente le celebrazioni sono molte. Presumibilmente, quasi tutta la sua opera sarà eseguita quest’anno e qualcuno si accorge anche di qualche problema.

Peter Urpeth, nel suo blog silentmoviemusic, ha fatto notare che, probabilmente, uno dei più famosi e caratteristici brani di Cage, Radio Music, composto nel 1956, diventerà ineseguibile a partire dal 2017 e forse la stessa fine farà Imaginary Landscape 4 (e qualche altro brano basato sulla radio). Questi pezzi, infatti, sono scritti per un certo numero di esecutori (da 1 a 8 il primo, 12 il secondo), ognuno munito di una radio. La partitura di Radio Music riporta una lista di frequenze su cui gli apparecchi devono essere sintonizzati nel corso del brano. La lista è indipendente dal luogo e dall’orario dell’esecuzione, per cui ne esce un insieme indeterminato di suoni. Occasionalmente, su qualche frequenza non c’è alcuna trasmissione e quindi si sente il silenzio della radio, fatto di rumore di statica con qualche disturbo casuale.

Il fatto che mette in pericolo Radio Music è lo spegnimento del segnale analogico previsto per il 2017, segnando il passaggio definitivo alle trasmissioni digitali. Le conseguenze sono due:

  1. la statica del digitale è definitivamente silenziosa e anche i disturbi sono molto rari, se non nulli, ma, ancora peggio,
  2. nella radio digitale non ci sono frequenze, ma solo canali, quindi è impossibile sintonizzarsi su una data frequenza e se è vero che ogni transponder lavora su una sua frequenza, quest’ultima non ha niente a che fare con le vecchie frequenze analogiche e ogni transponder corrisponde a un blocco di canali, non a una singola trasmissione.

La partitura, dunque, appare obsoleta rispetto a un recente salto tecnologico. Non è la prima volta che questo accade nella storia della musica. Penso, per esempio, al passaggio dall’arco barocco a quello moderno, o dal clavicembalo al pianoforte, tuttavia, in questi casi, la sostanza del discorso musicale, cioè la successione di altezze, rimaneva e consentiva una nuova interpretazione.

Ci sono, poi, altri casi legati a un salto tecnologico. Nella musica elettronica il passaggio dall’analogico al digitale ha messo in crisi varie partiture. Tuttavia con il digitale si può emulare il 99% di quello che si faceva in analogico, sia pure con qualche differenza, ma che, in fondo, non è più grande di quella provocata dall’abbandono del clavicembalo in favore del pianoforte.

In questo caso, invece, è proprio la sostanza del brano a cambiare e se il suo significato, che consiste nella sovrapposizione casuale di varie sorgenti radiofoniche, può essere riprodotto, vengono a mancare sia una serie di rumori (statica, disturbi, ricerca della sintonia), che quella commistione di trasmissioni normali e di servizio (sistemi di trasporto, emergenze, CB) che un tempo lavoravano con lo stesso medium, ma che ora sono definitivamente separati.

Non credo, comunque, che Cage si sarebbe preoccupato più di tanto della fine di Radio Music, anzi l’avrebbe accolta come un altro passo verso il silenzio, ma il silenzio digitale è troppo perfetto…

Nell’immagine David Tudor e John Cage (click per ingrandire), trovata via johncage.org. Vi riporto anche il bel sito JOHN CAGE unbound: a living archive, creato dalla New York Public Library for the Performing Arts, segnalato da Franz.

Tudor & Cage

Profetico

Nell’autunno del 1888 George Gouraud fece, a Londra, una serie di dimostrazioni della nuova invenzione di Edison: il fonografo, capace di registrare il suono su cilindri di paraffina. Dopo le demo, Gouraud registrava le reazioni dei presenti su cilindri da inviare ad Edison.

Uno dei presenti era il compositore Arthur Sullivan (1842-1900). Nel suo messaggio disse, fra l’altro:

For myself, I can only say that I am astonished and somewhat terrified at the results of this evening’s experiment — astonished at the wonderful power you have developed, and terrified at the thought that so much hideous and bad music may be put on record forever.

Trad. mia
Per quel che mi riguarda, posso solo dire di essere sbalordito, ma anche un po’ spaventato dai risultati dell’esperimento di ieri sera — sbalordito dal fantastico potere che avete sviluppato e spaventato al pensiero di quanta orrenda e cattiva musica potrà essere registrata per sempre.

Fonte: wikipedia

Karl Marx Credit Card

Karl Marx Credit CardIn uno stato che una volta si chiamava Germania Est, in una città un tempo chiamata Karl-Marx-Stadt (oggi Chemnitz), una banca chiamata Sparkasse Chemnitz fa un sondaggio online per decidere quale immagine mettere sulla propria carta di credito, fra 10 immagini comprendenti 3 castelli, 2 municipi, un monumento, un fiume, una pista, una torre, un museo (lista completa qui in un pdf in tedesco).

E chi vince? Il monumento a Karl Marx. E non di poco: vince alla grande prendendosi il 35% dei consensi.

Non solo. Il fenomeno non è locale. La banca ha poi ricevuto numerose richieste da cittadini di altri stati della Germania, che chiedevano di aprire un conto solo per avere la carta di credito con l’effigie di Marx.

Nostalgia? Un sondaggio del 2008 ha rivelato che il 52% degli abitanti dell’ex Germania Est considerava l’economia di libero mercato “inadeguata” e il 43% diceva di rivolere il socialismo. Probabilmente le stesse percentuali che 30 anni fa sognavano di passare all’ovest.

Via Reuters

27.08.2011

Cover

Una registrazione che ha quasi un anno (il titolo è la data, nello stile di molti improvvisatori europei) realizzata da v4w.enko (aka Evgeniy Vaschenko ucraino) e d’incise (svizzero, aka Laurent Peter) e pubblicata dalla netlabel Resting Bell a Marzo di quest’anno.

Due brani un po’ noisy in cui le forme algoritmiche del primo si fondono con i suoni concreti elaborati del secondo. Ne risultano due improvvisazioni che combinano drone e soundscape con sonorità di oggetti e microfoni a contatto elaborati in real time.

Il tutto è scaricabile da Resting Bell.

Come estratto vi linko il primo brano che, come titolo, ha la sua durata.

 

CAN: the lost tapes

Can 1972Le registrazioni perdute dei Can, che non sono mai state veramente perdute, si possono ascoltare, in parte, su Youtube.

La storia è questa. Quando lo studio dei Can venne venduto al German Rock’n’Pop Museum, tutto il contenuto, compresi i materassi attaccati alle pareti per insonorizzare il locale, venne smontato e rilocato a Gronau (2007).

Nell’insieme erano compresi parecchi nastri (circa 30 ore) registrati fra il 1968 e il 1977, mai editi e sommariamente etichettati (peraltro le etichette erano ormai quasi illeggibili). Nessuno sapeva che cosa contenevano, finché Irmin Schmidt, ex tastierista della band, non si prese la briga di rimettere ordine.

Alla fine, il prossimo 18 Giugno verrà pubblicata ufficialmente da Spoon Record che è anche il sito ufficiale della band, una selezione di tutto questo materiale in un box di 3 CD di cui si possono già ascoltare 10 brani nel sito di cui sopra.

Il materiale è tipico di questa band, che mi sempre piaciuta perché capace di inquinare il rock conservando pochi stilemi essenziali e distorcendone molti altri. Il fatto che due membri (Czukay e Schmidt) fossero stati studenti di Stockhausen, aiutava.

In queste registrazioni la formazione è quella classica: Holger Czukay on bass, Michael Karoli on guitars, Jaki Liebezeit on drums and Irmin Schmidt on keyboards, con i due cantanti che si sono succeduti negli anni, Malcolm Mooney e Damo Suzuki.

Fra i pezzi, alcuni sono chiaramente prime versioni di brani poi pubblicati un po’ diversi e con altri titoli (Swan Song, che qui si intitola A Swan is Born), altri sono dei live (Mushroom) e altri sono del tutto inediti, ma tutti conservano la tipica impronta Can.

Att.ne: questa è una playlist di 29 brani

I cani della metro di Mosca

Quello dei cani randagi che vivono nella metropolitana di Mosca è uno dei più strani e interessanti ecosistemi urbani esistenti.

Anche a causa della durezza dell’inverno russo, nel sistema di gallerie della metro moscovita, che attualmente si estende per circa 300 km, girano ormai più di 500 cani randagi che sopravvivono chiedendo cibo ai passanti. Contrariamente a quanto si può pensare, non ci sono stati casi di attacco agli esseri umani, anzi, qualche volta è accaduto il contrario.

Alcuni anni fa, per esempio, Yulia Romanova, una modella 22enne, stava rientrando a casa con il suo staffordshire terrier quando, nella stazione Mendeleyevskaya ha incontrato Melchik, un randagio nero che, alla vista dell’altro cane, ha iniziato ad abbaiare per difendere il proprio territorio perché, per lui, quella era la sua stazione. Invece di scansarlo come facevano tutti, Yulia Romanova si è diretta con decisione verso Melchik e lo ha accoltellato, uccidendolo. Di conseguenza è stata arrestata e la sua unica possibilità di evitare il carcere è stata di sottoporsi a un anno di trattamento psichiatrico.

Una statua bronzea di Melchik (nella foto a fianco), pagata da donazioni spontanee, è state eretta all’entrata della Mendeleyevskaya, a testimonianza della simpatia dei moscoviti (Update: è nata una usanza secondo la quale accarezzare il naso di Melchik porta fortuna).

Ma, al di là di queste storie folkloristiche, l’organizzazione sociale dei randagi della metropolitana ha dei tratti di adattamento unici, tali da essere oggetto di studi.

È risultato, infatti, che alcuni cani sono diventati più abili di altri nell’individuare le persone da cui è più probabile ottenere qualcosa e nell’evitare quelle potenzialmente ostili. Questo fatto, in sé, non è così sorprendente, i cani sono intelligenti.

La cosa interessante, però, è che, secondo Andrei Poyarkov, ricercatore presso l’ A.N. Severtsov Institute of Ecology and Evolution, che studia i 35.000 randagi di Mosca ormai da 30 anni, nel caso dei cani della metropolitana sembra essere cambiato il modo in cui nei piccoli branchi si afferma un capo, cioè il cane alfa. Quest’ultimo, normalmente, è il più forte, il che, in campo aperto, equivale anche a una maggiore efficacia nella caccia. Però, in questo caso, sembra invece essere diventato il più abile nel procurarsi il cibo, indipendentemente dalla sua forza fisica.

Il punto più importante è proprio questo: questi cani, che in base al loro comportamento Poyarkov classifica nella categoria dei “mendicanti”, hanno realizzato che, in questo ambiente, la forza fisica non equivale a una maggiore sicurezza di nutrimento, ma, al contrario, un piccolo, ma grazioso esemplare ha più possibilità di ottenere qualcosa avvicinandosi a chi, magari, sta tornando a casa dopo aver fatto la spesa, rispetto a un grosso cane che può anche fare paura.

Notevole è anche il fatto che alcuni di questi cani hanno sviluppato la capacità di muoversi da una stazione all’altra prendendo i treni. Non è ancora chiaro come riconoscano la stazione a cui scendere, ma si presume che si basino su qualche odore particolare e che abbiano imparato a riconoscere l’annuncio della fermata (nella metro russa il conduttore annuncia sempre la prossima fermata). In questo modo, alcuni cani incorporano più stazioni nel proprio territorio e si spostano regolarmente dall’una all’altra a orari precisi. È normale, quindi, vedere un cane, da solo, che aspetta il treno sempre a quell’ora in una certa stazione, come nell’immagine di apertura di questo post.

C’è anche un sito dedicato ai cani della metro di Mosca (in russo): metrodog.ru

Una fontana …

… un po’ speciale.

Si trova in Giappone, alla Osaka City Station.

A vederla disegnare forme con l’acqua, sembra complicata, ma, in realtà, non è più complessa di una stampante. Immaginate una stampante che abbia una sola linea di ugelli lunga quanto la larghezza del foglio. A questo punto basta che il software prenda una linea della pagina e mandi un 1 (aperto) per ogni pixel nero e uno 0 (chiuso) per ogni pixel bianco, continuando così per tutte le righe. Il software è perfino più semplice di quello di una stampante. Ecco fatto. In fondo è computer art.

C’è, comunque, un messaggio più interessante, dietro ed è l’idea che una società deve favorire e perfino spingere la creatività e l’arte anche nelle sue manifestazioni più normali, come una stazione o l’arredo urbano in genere. Da quanto tempo non vedo un’opera d’arte contemporanea in una stazione?