Unidisplay, installazione audio – video di Carsten Nicolai, altrimenti noto come Alva Noto (scusate il bisticcio) all’Hangar Bicocca (Via Chiese, 2, 20126, Milano), è stata prorogata fino a Domenica 6 Gennaio.
Resta solo qualche giorno per vedere questo lavoro che
riunisce in sé i temi più importanti del lavoro di Nicolai: la capacità di rendere percepibile il suono in modo ottico; l’estetica minimale che si traduce nell’uso monotonale del colore (variazioni sul bianco e nero) e delle sonorità; la propensione verso l’astrazione e quella verso l’infinito.
In questo video, sottotitolato in italiano, lo stesso Nicolai spiega Unidisplay e se ne possono vedere anche alcuni frammenti. Qui si possono leggere alcune note sull’opera.
Trovo che le foto aree abbiano una loro particolare bellezza. In immagini come questa il suolo diventa pura forma e colore, quasi un’opera astratta i cui tratti non sono mai banali o ripetitivi, ma sempre diversi pur restando simili.
Quella che vedete è la Struttura di Richat, conosciuta anche come Occhio del Sahara o Guelb er Richat. Si trova in Mauritania, in una parte di deserto sahariano altrimenti vuota. Ha un diametro di più di 40 km e si ritiete sia un formazione geologica risalente al paleozoico (click per ingrandire).
Per la fine del 2012 la NASA ci regala The Earth as Art, un libro con 75 immagini riprese da satellite liberamente distribuito e scaricabile qui in pdf.
Per l’iPad, inoltre, è disponibile questa App gratuita con lo stesso contenuto.
Per gli amanti del genere segnalo anche il sito The Gateway to Astronaut Photography che, semplicemente “hosts the best and most complete online collection of astronaut photographs of the Earth”.
…ma non per sfizio o per una qualche sfida artistica, ma proprio perché questi non possono fare altro.
E non si tratta di strumenti etnici, ma di strumenti della tradizione occidentale che quindi si misurano con il suono di quelli costruiti da fior di liutai. A sentire il violoncello che ha come cassa armonica un bidone, il risultato mi sembra fin troppo buono.
Questa immagine fotografa una installazione creata da Aether & Hemera (architect Claudio Benghi and lighting artist Gloria Ronchi) a Canary Wharf (Londra).
Le barchette che vedete non sono di carta, ma di polipropilene, materiale non tossico e riciclabile. Sono collegate fra loro tramite un cavo elettrico subacqueo con dei pesi che le tengono in posizione. Ogni barca è dotata di un led di colore variabile, individualmente indirizzabile e programmabile, il che significa che l’intera flotta si comporta come una matrice luminosa che può essere configurata per creare effetti luminosi, pattern geometrici, onde di colore in movimento.
Le barche sono connesse a formare una rete wireless che consente ai passanti di interagire con la flotta via cellulare modificando colori e pattern.
Miles Davis filmato live a Stoccolma e Karlsruhe nel 1967 con il suo leggendario quintetto (Davis, Shorter, Hancock, Carter, Williams) in due concerti per un totale di circa un’ora.
Si può vedere con risoluzione migliore.
Poi, però, ci si imbatte in quest’altro video girato a Copenaghen nel 1969 con Shorter, Corea, Holland e DeJohnette ed è incredibile sentire come tutto sia cambiato in soli due anni.
Tra il 24 settembre ed il 3 novembre 2012 cheFare ha raccolto con un bando oltre 500 progetti di innovazione culturale che sono stati analizzati da un team di esperti per far emergere quelli che meglio rispondono alle caratteristiche ricercate: collaborazione e co-produzione; innovazione; scalabilità e riproducibilità; sostenibilità economica nel tempo; equità economica e contrattuale; impatto sociale positivo; tecnologie opensource e impiego di licenze Creative Commons; capacità di comunicazione.
I progetti selezionati sono ora su questo sito per essere votati dal pubblico – fino al 13 gennaio 2013. Gli utenti hanno anche la possibilità di finanziare i progetti preferiti, sostenendoli tramite crowdfunding con Eppela, mentre i proponenti hanno modo di auto-narrarsi attraverso l’uso della piattaforma per l’informazione partecipativa Timu. I primi cinque classificati saranno valutati da una giuria, composta da personalità del mondo della cultura, che eleggerà il vincitore il 29 gennaio 2013.
Uno vince e becca il premio, ma in questo modo si offre visibilità anche agli altri 31.
Unico neo, almeno secondo me, è che, per votare con una certa consapevolezza, bisognerebbe viverli questi progetti, se non altro per vedere quanto la realizzazione corrisponde all’idea e come funziona il progetto una volta implementato.
In occasione delle primarie del centro-sinistra, il gruppo Facebook “Dibattito Scienza” ha posto sei domande ai candidati.
Le domande sono:
Quali politiche intende perseguire per il rilancio della ricerca in Italia, sia di base sia applicata, e quali provvedimenti concreti intende promuovere a favore dei ricercatori più giovani?
Quali misure adotterà per la messa in sicurezza del territorio nazionale dal punto di vista sismico e idrogeologico?
Qual è la sua posizione sul cambiamento climatico e quali politiche energetiche si propone di mettere in campo?
Quali politiche intende adottare in materia di fecondazione assistita e testamento biologico? In particolare, qual è la sua posizione sulla legge 40?
Quali politiche intende adottare per la sperimentazione pubblica in pieno campo di OGM e per l’etichettatura anche di latte, carni e formaggi derivati da animali nutriti con mangimi OGM?
Qual è la sua posizione in merito alle medicine alternative, in particolare per quel che riguarda il rimborso di queste terapie da parte del SSN?
Non esprimo nessuna opinione personale, dato che devo ancora leggerle anch’io perché in questo mese sono ingolfato dalla partenza dell’anno accademico, visto che mi ritrovo a gestire il triennio di Musica Elettronica, alcuni studenti rimasti al corso tradizionale di Musica Elettronica, il Biennio di Musica e Nuove Tecnologie, i corsi di Informatica Musicale per tutti gli altri trienni più varie attività personali.
Da ieri c’è un po’ di agitazione nel mondo scientifico perché John Grotzinger, il direttore della missione di Curiosity (uno dei nostri eroici robottini su Marte), in una intervista a NPR ha annunciato una possibile scoperta che, a suo dire, potrebbe finire sui libri di storia (“This data is gonna be one for the history books. It’s looking really good”), aggiungendo, però, che saranno necessari vari giorni per effettuare verifiche.
Ha aggiunto che questi dati vengono dal SAM (Sample Analysis at Mars) che è uno strumento dotato di serie di tool in grado di prendere campioni del suolo, vaporizzarli e analizzarli cercando tracce di ossigeno, nitrogeni, carbone e altri elementi tipicamente associati alla vita. Di conseguenza tutti sperano che Curiosity abbia finalmente trovato una traccia di vita organica sul suolo di Marte.
Speriamo solo che la NASA non stia esagerando nel creare aspettative, come già accaduto in passato. La mia impressione è che ci vorrà più di “qualche giorno” per un annuncio definitivo, ciò nonostante spero che si sbrighino.
Quando un compositore ci lascia a 103 anni continuando a lavorare fino a pochi mesi dalla morte (la sua ultima composizione è datata 2012), dopo aver composto per più di 80 anni (il primo brano comunemente ricordato, un lieder, è del 1928 e sicuramente non è il primo) non è il caso di essere tristi. Sono sicuro che quasi tutti ci metteremmo la firma.
Elliott Carter (1908 – 2012) era l’ultimo dei grandi C della musica americana del 900, gli altri essendo Aaron Copland (1900 – 1990), Henry Cowell (1897 – 1965) e John Cage (1912 – 1992), contemporanei e tutti molto importanti nel panorama della musica del ‘900.
Carter, nella sua lunga carriera, è stato capace di rinnovarsi. Dopo una fase iniziale neoclassica, influenzata da Stravinsky, Harris, Copland, e Hindemith, si è dato all’atonalità negli anni ’50, pur senza mai accogliere il serialismo. Ha invece sviluppato in modo indipendente una tecnica compositiva basata sulla catalogazione di tutti i possibili gruppi di altezze, ovvero degli accordi di 3 note, di 4, di 5, di 6 note, etc, basando, poi, le proprie composizioni su questi insiemi. Per esempio, il Concerto per Piano del 1964-65 deriva le proprie altezze dall’insieme degli accordi di 3 note, il Quartetto del 1971 è costruito su accordi di 4 note, la Sinfonia di Tre Orchestre, che qui ascoltiamo, si basa su accordi di 6 note e così via. Tipicamente, ad ogni sezione strumentale viene assegnato un insieme di altezze in una stratificazione del materiale.
In Carter, il concetto di stratificazione informa anche la gestione del ritmo: ogni voce strumentale ha un proprio insieme di tempi realizzando, così, una poliritmia strutturale.
Il titolo di questo brano del 1976, Sinfonia di Tre Orchestre e non per Tre Orchestre, deriva proprio dal fatto che, sebbene il brano sia diviso in 4 movimenti di carattere diverso, come è tradizione, ciascun movimento è formato da tre movimenti parzialmente sovrapposti, uno per ciascuna orchestra.
Inoltre, la composizione strumentale delle tre orchestre è fortemente differenziata: in pratica si tratta di una sola orchestra divisa in tre gruppi. La prima è formata da ottoni, archi e timpani; la seconda da clarinetti, piano, vibrafono, chimes, marimba, primi violini, contrabbassi e violoncelli; la terza da flauti, oboi, fagotti, corni, secondi violini, viole, contrabbassi e percussioni non intonate.
In questa lunga conversazione con Curtis Roads, compositore e musicologo, Max Mathews & John Chowning ripercorrono varie tappe della storia della Computer Music.
A partire dagli anni ’50, Max Mathews ha creato, per primo, una serie di software che hanno permesso all’elaboratore di produrre e controllare il suono: si tratta della serie MUSIC I, II, III … fino al MUSIC V, largamente utilizzato, fra gli altri da Jean Claude Risset per sintetizzare alcuni famosi brani degli anni ’70, ma soprattutto per fare ricerca e rendere palesi le possibilità offerte dall’audio digitale.
John Chowning, percussionista, compositore e ricercatore, è invece noto come l’inventore della modulazione di frequenza (FM) per la sintesi del suono, tecnica sviluppata negli anni ’70 e poi ceduta a Yamaha che l’applicò in una lunga serie di sintetizzatori commerciali fra cui il DX7 (1983) che resta tuttora il synth più venduto nella storia.
Il video include anche una performance della pianista Chryssie Nanou che esegue Duet for One Pianist di J. C. Risset, in cui il pianista suona un pianoforte a coda Yamaha dotato di MIDI controller e duetta con un computer che “ascolta” l’esecuzione e a sua volta invia comandi MIDI allo stesso strumento i cui tasti iniziano ad abbassarsi da soli in un 4 mani con fantasma.