Il Fragment an Sich (Frammento in sè) è un brano per pianoforte solo, scritto dal filosofo Friedrich Nietzsche, datato Ottobre 1871.
Ve lo presento come curiosità. perché, dal punto di vista musicale, non mi sembra molto interessante. A mio avviso, sembra più che altro uno studio delle tecniche di armonizzazione, così come potrebbe fare uno studente.
Diversa, invece, è l’opinione di Simone Zacchini che, nel suo Al di là della musica. Friederich Nietzsche nelle sue composizioni musicali (Franco Angeli Ed.), ne fa una dotta analisi e conclude che, in questa pagina “è possibile seguire i segni di una profonda riflessione armonica e di una complessità di scrittura che nulla ha da invidiare ad altre e più note pagine pianistiche della letteratura romantica”.
Cortesemente, dissento. Queste parole mi sembrano più appropriate per altri e più maturi brani di Nietzsche, come la Manfred-Meditation, del 1872, final ver. 1877, dotata di un impianto armonico più sicuro e tradizionale.
Luigi Nono A Carlo Scarpa architetto, ai suoi infiniti possibili (1984)
per orchestra a microintervalli.
Sinfonieorchester des Südwestfunks, Michael Gielen, direction.
A Carlo Scarpa architetto, ai suoi infiniti possibili è opera dell’ultima vertiginosa stagione creativa del compositore veneziano, segnata dall’assoluta libertà formale, da un tessuto musicale fatto di lancinanti frammenti e importantissimi silenzi divarie sfumature, di anticipi e tensioni a quello che ancora mancao a quello che a fatica si ode. Dopo i trent’anni di una splendida stagione creativa, dai contenuti umanissimi e politici, Nono approda all’Unklangbar di Wittgenstein, alla violenza espressiva dell’irresonabile (come può tradursi il neologismo wittgensteiniano). Il compositore, anima autenticamente rivoluzionaria, intesse le sue partiture di pianissimo (sino a sette p!) contro la violenza non solo acustica del quotidiano contemporaneo ma anche contro la violenza di un passato musicale spesso subìto, cerca un “mondo lontanissimo e misterioso […] per sognare vari possibili futuri”. Il lavoro compositivo è sempre più fatto con altri, che sia l’Iperuranio di menti elevate che abitano gli studi, le letture e il lavorìo intellettuale del compositore, che sia fisicamente il lavoro sperimentale fatto con i musicisti interpreti, ormai consustanziale all’idea creativa: “ascoltare nel silenzio gli altri l’altro”. Il suono si carica del senso dell’essere e la sua naturale evidenza, non piegata da ragioni formali, crea una condizione di tensione permanente sentita come l’unica autenticamente umana. Evidentemente non c’è nulla di superfluo in questi luoghi sonori di arrischiata immaginazione. Se già del Canto sospeso erano stati rilevati la concentrazione eloquente e il riserbo, le isole di suono dell’ultima produzione, “infiniti colori-suoni-echi-spazi”, sono le illuminazioni di un mistico. E Nono trova il motto del suo ultimo ciclo di lavori, “caminantes, no hay camino, hay que caminar” a Toledo nel chiostro di un convento francescano del XVIII secolo.
In A Carlo Scarpa risuona l’utopia degli infiniti possibili, in perfetta consonanza col lavoro creativo dell’architetto amico, che parimenti usava dello spazio come elemento compositivo. Una natura aristocraticamente artigianale, il genio per i dettagli tecnologici, la raffinata sensibilità materica e la tensione creativa verso spazi possibili (e impossibili) avvicinano Scarpa a Nono, che nell’opera in memoria dell’amico realizza i suoi frammenti su due sole note mosse da microintervalli di 1/4, 1/8 e 1/16 di tono, sugli aloni e gli “infiniti colori-suoni-echi-spazi” derivati da una impressionante gamma di dinamiche: “Microintervalli di altezza e di dinamica sono tecnicamente possibili evitando banali approssimazioni ed effetti inquinanti di ottave, articolando tecnica e qualità del suono, vari gradi di sua presenza-pensiero, varie gradualità possibili tante, tutte da poter ascoltare”.
L’orchestra è attentamente pensata: mancano gli oboi e la tuba e sono rafforzati i flauti e i tromboni, il gruppo ascetico delle percussioni (campane, timpani e 7 triangoli di diversa altezza) è come un’orchestra Zhou (Cina 1075-221 a.C.) e gli archi senza secondi violini sono otto per sezione. Ne nasce un’opera ieratica, di spazi cupi e sacri che potrebbero essere occupati da silenziosi e misteriosi rituali.
Non si può tacere il nome di Scelsi parlando di un lavoro sulle variazioni microtonali di due unici suoni, e tutto sommato il nome di Scelsi getta luce sul percorso estremo di Nono legato a tante fascinazioni alchemiche, al confine del non poter dire – un processo che Cacciari, che così spesso ha trovato all’ultimo Nono le
parole per dire, definisce kenotico, di svuotamento. Dunque anche Nono verso una riduzione che apre l’ascolto di tempi e spazi inauditi; il ricercare luoghi sonori abitati da una tensione verso l’infinito avvicina Nono a Scelsi, e a Scarpa, come Scelsi più consapevole dell’Oriente presente in tale percorso. Eppure per Nono, diversamente che per Scelsi, non si tratta di una liberazione dal mondo ma di una liberazione del mondo, dall’imposizione che lo condanna al male dell’insignificanza o alla meccanicità dell’accadere, sognando un futuro concretamente possibile, come gli infiniti di Carlo Scarpa, per “non dire addio alla speranza”.
[Luciana Galliano]
Il chitarrista Les Paul (il cui vero nome era Lester William Polsfuss), inventore della chitarra solid-body e curatore della linea di strumenti Gibson che porta il suo nome, si è spento ieri a White Plains (NY) alla veneranda età di 94 anni.
Questa lunga e bella commemorazione del NY Times ne rievoca la carriera, raccontando anche alcuni gustosi aneddoti, fra cui quello, ormai abusato, secondo il quale il suo insegnante di pianoforte scrisse alla madre “Your boy, Lester, will never learn music” (sembra che una storia di questo tipo ormai sia comunissima, fra i musicisti e non solo ed è quasi obbligatoria per coloro che avrebbero poi portato un grande cambiamento nel proprio settore, da John Cage ad Einstein).
In una intervista del 1991, con una certa dose di umiltà, ebbe a dire “The only reason I invented these things was because I didn’t have them and neither did anyone else. I had no choice, really.”
Michele ha segnalato questo sito, online da Febbraio 2009.
Contiene varie partiture di musica classica libere (copyright scaduto) e parecchi MP3 (non tutti di buona qualità sotto l’aspetto interpretativo). I link per scaricare le partiture in pdf si trovano in fondo alla relativa pagina. La trasmissione è un po’ lenta.
Interessante anche il progetto Music Theory Textbook che si propone di elencare i testi e gli articoli di teoria musicale liberamente scaricabili (pochi, per ora) e una radio online che propone una selezione delle esecuzione presenti sul sito.
Luigi Nono: A Pierre. Dell’Azzurro silenzio, inquietum (1985)
a più cori, per Flauto contrabbasso in Sol, Clarinetto contrabbasso in Si bemolle e live electronics(1985)
Possibilmente ascoltatelo con qualcosa di meglio delle cassettine da computer.
Dedicato a Pierre Boulez per i suoi 60 anni (compiuti il 26 marzo 1985), A Pierre. Dell’azzurro silenzio, inquietum fu eseguito per la prima volta il 31 marzo 1985 a Baden-Baden, con Roberto Fabbriciani, Ciro Scarponi e la realizzazione live electronics dell’Experimentalstudio di Friburgo. La partitura porta la data 20 febbraio 1985.
La collaborazione con Fabbriciani (flauto) e Scarponi (clarinetto) e l’indagine sui loro strumenti ha un posto di grande rilievo nella ricerca dell’ultimo decennio di Nono, nello scavo nella vita interiore del suono compiuto con l’aiuto dell’elettronica dal vivo e di alcuni interpreti congeniali. La ricchezza di armonici del flauto contrabbasso è uno degli aspetti indagati nel pezzo, dove l’apporto degli strumentisti dal vivo e quello del live electronics è difficilmente distinguibile, perché si persegue una compiuta integrazione, una fusione tra suoni dal vivo e suoni elaborati elettronicamente: insieme formano una fascia sonora ininterrotta caratterizzata da un continuo fluttuare, da una mobilità interna delicatissima e incessante, composta nello spazio e per lo spazio, alle soglie tra il suono e l’ “azzurro silenzio”.
Mobilità e spazialità sono aspetti decisivi e spiegano perché Nono può usare a proposito di un pezzo per due strumenti l’espressione ‹‹a più cori››, riprendendo la terminologia veneziana del secolo dei Gabrieli, da lui usata in molte altre occasioni (ad esempio chiamò “cori” i sette gruppi strumentali di No hay camino, hay que caminar…Andrej Tarkovskij).
Scrisse nel breve testo di presentazione:
Più cori continuamente cangianti per formanti di voci-timbri-spazi interdinamizzati e alcune possibilità di trasformazione del live electronics ‹‹Più cori continuamente cangianti››: di questo appunto si tratta. Nella parte dei due solisti, con dinamiche quasi sempre comprese tra “piano” (p) e “pianissimo” (ppppp), con rare incursioni fino al “mezzo forte”, è richiesta una continua varietà di modi di emissione, dal suono in emissione ordinaria a quello in cui prevale il rumore d’aria, con presenza variabile o assenza di altezze determinate, dai sovracuti suoni “eolien”, ai suoni con fischio, ai cluster, ai bicordi di armonici, dove talvolta dovrebbe apparire, come intermittente, discontinuo “suono ombra”, il suono fondamentale dei bicordi.
L’elettronica, determinante per l’articolazione nello spazio, aiuta a rendere percepibili i suoni degli strumenti, di incorporea levità, li trasforma e se ne appropria attraverso il “delay”, facendo in modo che con breve “ritardo” il suono registrato entri a far parte del suono complessivo. Con il delay il suono dello strumento si ascolta anche quando il solista tace, e anche in questa continuità si riconosce un aspetto della fusione tra strumenti ed elettronica che è determinante nel pezzo.
[Paolo Petazzi in cematitalia]
Nota mia:
Il ritardo di cui sopra non è propriamente breve, musicalmente parlando. Si tratta di due delay di 12 secondi, a tratti utilizzati anche in serie per un totale di 24 secondi. In questo modo si crea il continuum sonoro.
Bobby McFerrin mostra il potere della scala pentatonica alla conferenza “Notes & Neurons: In Search of the Common Chorus”, al World Science Festival, June 12, 2009.
L’ho sempre detto che il temperamento equabile è stato un gigantesco errore 😎
Bobby McFerrin demonstrates the power of the pentatonic scale, using audience participation, at the event “Notes & Neurons: In Search of the Common Chorus”
Se poi qualcuno vuole vedersi tutta la conferenza… (1h:45′)
If anyone wants to watch the whole conference… (1h:45′)
Sonorità Liquide è una proposta del gruppo Handmade Music, dedito alla progettazione e costruzione di strumenti elettroacustici e sculture sonore.
Il filmato, che spiega anche il funzionamento delle sculture sonore, si riferisce alla rassegna del 2007, rinnovata, con altre installazioni, pochi giorni fa, il 15 luglio, sempre alla Casa da Música a Porto.
I patch di composizione algoritmica e di sintesi sono sviluppati in Max/MSP mentre i sensori sono stati elaborati basandosi sull’Arduino board. Ideazione e realizzazione di Rui Penha con la collaborazione di Luís Girão.
Dopo una visita alla Biennale di Venezia, Andreas Bick ha composto un brano formato unicamente dai suoni dei vaporetti. I vaporetti sono una parte fondamentale del paesaggio sonoro veneziano e spesso sono vissuti con fastidio (io li chiamavo “grande sforzo, piccolo movimento”), ma qui diventano una sogente sonora ricca e interessante.