Polla Ta Dhina

Polla Ta Dhina, del 1962, è il primo lavoro di Xenakis con voci e testo.

Qui le voci sono quelle di un coro di bambini che declama su una sola nota (il LA del corista) l’Inno all’Uomo, signore dei mari e della terra tratto dall’Antigone di Sofocle. C’è un grande contrasto fra la semplicità della parte vocale e l’estensione di quella orchestrale che utilizza cromaticamente tutto lo spazio sonoro, dall’ottavino al contrabbasso.

Anche le tessiture strumentali sono molto complesse e in continuo movimento, andando dai ritmi iniziali dei legni e delle percussioni, a sciami di glissati degli archi, agli accordi tenuti degli ottoni, a ribadire il contrasto.

Iannis Xenakis – Polla Ta Dhina (1962), for children chorus & orchestra
Paris Instrumental Ensemble for Contemporary Music, Children Chorus of Notre Dame de Paris, Cond. Konstantin Simonovitch
Il brano è distribuito da AGP come parte di una incisione ormai fuori catalogo.

Eclipse

Il secondo allievo di Messiaen inserito nel disco ripubblicato da AGP di cui abbiamo parlato un paio di giorni fa, è Alain Gaussin, nato nel 1943.

Questo brano, Éclipse, per piccola orchestra e due pianoforti è costruito intorno a una idea di mutazione. Le fascie sonore statiche iniziali si trasformano lentamente in una serie di ritmi sovrapposti che, a loro volta, mutano in un insieme magmatico di frasi, fino alla violenta cesura percussiva centrale, dopo la quale il magma si ricostituisce, per poi dissolversi nel finale.

Alain Gaussin – Éclipse
Ensemble IntercontemEnsemble Intercontemporain diretto da Eotvos
Att.ne: il video tratto da Youtube inizia con Eclipse che dura fino a 16’19”. Poi continua con altri due brani di altri autori.

Enka I

Vi facciamo ascoltare un brano di quest’ultimo perché rappresenta molto bene l’atteggiamento giapponese nei confronti del silenzio.

Composta nel 1978, Enka I (esiste anche un Enka II), per soprano e nove strumenti, si ispira allo spirito (non allo stile) di un certo tipo di canzone popolare giapponese. Enka, in Giappone, è un genere musicale popolare, che potrebbe essere paragonato alle canzoni drammatiche di Gilbert Bécaud o Edit Piaf in Francia.

Qui, Susumu Yoshida vuole analizzare, estrarre e ricostruire l’essenza drammatica dell’Enka, ma lo fa con gesti che, a noi occidentali, appaiono estremamente misurati, nella tradizione del teatro giapponese in cui anche la semplice posizione di una mano ha un significato preciso.

giardino di pietre e sabbiaBellissimo e spiazzante è ciò che il compositore dice del silenzio, che abbonda in quest’opera:

La mia musica si basa sul silenzio. È una musica concepita “in negativo” in quanto le note esistono solo per creare e condizionare questo silenzio. Il silenzio non è il Nulla, non è solo il momento in cui non si sente più niente, è una forma di esistenza in sé, che si nasconde dietro alle note.

Questi silenzi non sono cageani e non sono espressivi. Non si può non pensare al giardino di pietre e sabbia del tempio Ryoanji a Kyoto, oppure ai vuoti delle pitture orientali.

Susumu Yoshida – Enka I (1078), per soprano e nove strumenti – mp3streaming audio
Yumi Nara soprano – Orchestra Colonne, Hikotaro Yazaki cond.

Potete scaricare il brano in formato flac dal sito AGP

La canzone più orrenda

Una coppia di artisti concettuali russi (Vitaly Komar e Alex Melamid) ha cercato di determinare, mediante una serie di interviste, quali siano le caratteristiche musicali più odiate in una canzone al fine di comporre il brano più nefando di tutti i tempi. Fra le le cose più citate troviamo le seguenti

The most unwanted music is

  • over 25 minutes long,
  • veers wildly between loud and quiet sections,
  • between fast and slow tempos,
  • and features timbres of extremely high and low pitch,
  • with each dichotomy presented in abrupt transition.
  • The most unwanted orchestra was determined to be large, and features the accordion and bagpipe (which tie at 13% as the most unwanted instrument), banjo, flute, tuba, harp, organ, synthesizer (the only instrument that appears in both the most wanted and most unwanted ensembles).
  • An operatic soprano raps and sings atonal music, advertising jingles, political slogans, and “elevator” music, and a children’s choir sings jingles and holiday songs.
  • The most unwanted subjects for lyrics are cowboys and holidays, and the most unwanted listening circumstances are involuntary exposure to commercials and elevator music.

Poi, naturalmente, l’hanno composta. Eccovi quindi, di Vitaly Komar e Alex Melamid,  The Most Unwanted Song

Secondo gli autori, fatti i debiti calcoli statistici, questo brano dovrebbe essere gradito al massimo a 200 persone al mondo. Per quanto mi riguarda, nel complesso è piuttosto orrendo, però alcuni punti mi piacciono…

Via ArtsJournal

Ravel e la FTD

Ipotesi recenti suggeriscono che Maurice Ravel, il cui decesso è imputato ad una non ben identificata atrofia cerebrale o all’Alzheimer, soffrisse in realtà di FTD (frontotemporal dementia), una malattia non ancora ben conosciuta, nota anche come morbo di Pick.

Si tratta di una malattia degenerativa che colpisce in età non troppo avanzata (fra i 50 e i 60) attaccando e distruggendo lentamente i lobi temporali del soggetto, riducendone progressivamente le facoltà cognitive. Ma l’aspetto più interessante di questa patologia è che, in alcuni casi, il decadimento cognitivo è accompagnato da esplosioni creative non convenzionali, nel senso che spesso vanno al di là delle convenzioni artistiche del periodo e che, quando il soggetto è già un artista di valore, possono diventare esplosioni di genio.

Se così fosse, il Bolero potrebbe essere il risultato di una di queste. In effetti è stato composto nel 1928, quando Ravel aveva 53 anni e cominciava a mostrare i primi segni della malattia, come testimoniano errori di linguaggio e scrittura. Di questa ipotesi suggestiva, sollevata dal Dr. Bruce Miller, neurologo e direttore del Memory and Aging Center, University of California, si parla in un articolo pubblicato in Medical Hypotheses (sorry, serve una registrazione per leggerlo). La notizia è stata ripresa dal New York Times.

Il tutto, ovviamente, non toglie nulla al genio di Ravel, ma è interessante pensare che le condizioni mentali anomale possano essere in parte responsabili di un’opera di tale grandezza e intensità. Forse Ravel non avrebbe osato così tanto se non fosse stato malato?

Byzantine Prayer

Un altro bel brano di Radulescu dal già citato AGP 85. Si tratta di Byzantine Prayer opus 74 del 1988, per 40 flautisti con 72 flauti. Il brano è un requiem per Giacinto Scelsi.

In scena, i 40 flautisti sono distribuiti in 8 gruppi concentrici composti da 1, 2, 3, 5, 8, 13, 5, 3 strumentisti, dal centro verso la periferia. In questa progressione il lettore attento avrà certamente riconosciuto la serie di Fibonacci.

La strumentazione è distribuita come segue:

  • l’esecutore centrale (1) suona un flauto ottobasso (3 8ve sotto il consueto flauto in do);
  • i 2 del primo cerchio hanno un flauto contrabbasso e un basso;
  • i 3 ancora più esterni suonano un flauto in sol (una 4a sotto al flauto in do: alto flute in inglese);
  • il primo gruppo da 5 esecutori impugna altrettanti flauti bassi;
  • i tre gruppi seguenti (8, 13, e ancora 5 esecutori) suonano quello che ritengo essere il comune flauto in do (grand nelle note);
  • con i 3 più esterni si torna ai flauti in sol.

A questo punto non mi è chiaro perché nelle note si parli di 72 flauti, cosa che sarebbe possibile solo se alcuni esecutori dovessero cambiare strumento nel corso del brano, mentre, da questa descrizione, non sembra.

Il brano è formato da un Ritornello Litanico costruito su un teorico spettro di LA e da tre Intermundi che sviluppano altri 6 spettri e fanno largo uso della tecnica della modulazione ad anello per la generazione delle frequenze.

Il suono, infine, si muove circolarmente perché i 40 esecutori sono distribuiti nella sala.

Ricordiamo che i brani contenuti nell’AGP 85 sono liberamente scaricabili in formato flac (compressione senza perdita).

Horatiu Radulescu – Byzantine Prayer opus 74 (1988)

Radulescu

L’AGP 85 è dedicato a Horatiu Radulescu, compositore rumeno che vive in Francia.

Si dedica alla musica spettrale fin dalla fine degli anni ’60 in un modo che, però, si allontana da quello dei più noti francesi Grisey e Murail. In effetti, più che costruire “armonie” o figurazioni, come accade nel caso dei francesi, Radulescu tende a costruire suoni a densità spettrale variabile servendosi di tecniche esecutive appositamente studiate e facendo largo uso del concetto della modulazione ad anello che produce somme e differenze di frequenze date.

Fra i quattro brani contenuti nell’AGP 85, liberamente scaricabili in formato flac (compressione senza perdita), vi faccio ascoltare Frenetico il longing di amare, opus 56 (1984-87).

Questo brano è per basso, flauto contrabbasso (o octobasso) e sound icon. Quest’ultimo strumento altro non è che l’arpa di un pianoforte piazzata in verticale, con accordatura non standard, definita dall’autore in base alle componenti spettrali che intende utilizzare. Le corde vengono suonate con un archetto e in questo pezzo ha un ruolo di bordone, i cui suoni vengono colorati spettralmente dagli altri strumenti.

Horatiu Radulescu –  Frenetico il longing di amare, opus 56 (1984-87)

Evryali

Il pianista John Mark Harris ha realizzato una bella trasposizione grafica di Evryali, una composizione di Xenakis per solo piano del 1973, basata sul concetto di “arborescenze”, ramificazioni che si sviluppano a partire da un nucleo come si può intuire dal disegno (quella in figura è solo una piccola parte della partitura).

Le forme sono state disegnate su un monitor dal compositore e poi trasposte in notazione tradizionale via software. A permettere questa modalità compositiva basata sulla grafica è la workstation dell’UPIC di cui abbiamo già parlato qui.

Il fatto è che Evryali è composta senza alcun riguardo per l’anatomia umana, per cui alcuni punti della partitura sono semplicemente ineseguibili. Di conseguenza l’esecutore è chiamato a fare delle scelte. John Mark Harris afferma di aver utilizzato il grafico anche come ausilio nel compiere le predette scelte, oltre che per capire la struttura del brano, in quanto la partitura è troppo complicata per farsene un’idea a una prima lettura.

La cosa interessante, però, era che, sul suo sito, l’intero grafico scrollava insieme all’esecuzione ed era molto interessante seguirlo. Purtroppo questa pagina non esiste più. Però ho trovato questo che è uno degli esempi di MuseScore, per cui quello che suona non è un vero pianoforte, ma in questo modo può suonare tutto e il grafico c’è.

Questa, invece, è una esecuzione umana (purtroppo il nome dell’esecutore non è riportato)

Effetto Mozart

L’effetto Mozart è una controversa teoria secondo la quale l’ascolto della musica del predetto compositore rende più intelligenti o almeno migliora certe funzioni intellettuali, soprattutto se somministrato in età prescolare. Il termine è stato coniato nel 1991 da Tomatis e studiato, con riscontri positivi, nel 1993 da Rauscher, Shaw, and Ky.

Da allora sono stati effettuati vari studi con risultati alterni, per cui non è ancora chiaro se questo effetto sia reale o meno. Tuttavia, grazie anche ad alcuni libri di Don Campbell e alla sua raccomandazione di far ascoltare Mozart ai bambini in tenera età per accrescere il loro QI, la nozione di “effetto Mozart” ha acquisito una certa popolarità negli USA, tanto da far scoppiare una moda che, nel 1998, ha portato il governatore della Georgia a stanziare circa 100.000 dollari per regalare una cassetta di musica classica a ogni neonato.

Premesso che, a prescindere dal fatto che l’effetto funzioni, si tratta di un’ottima idea (ammesso che i genitori la mettano in pratica), non si vede perché solo Mozart debba avere il suo effetto e si può ironizzare su tutto ciò cercando di immaginare quale potrebbe essere, per i bambini, l’effetto dell’ascolto di altri compositori. Le seguenti definizioni sono tratte dalle pagine umoristiche dell’Oratorio Society of New York (la traduzione è mia e in un paio di casi ci ho messo del mio).

  • LISZT EFFECT: il bambino parla rapidamente e in modo stravagante, ma non dice mai nulla di veramente importante
  • BRUCKNER EFFECT: il bambino parla molto lentamente e si ripete frequentemente, ma guadagna una certa reputazione di profondità
  • WAGNER EFFECT: il bambino si comporta da megalomane. Potrebbe eventualmente tentare di sposare la propria sorella
  • MAHLER EFFECT: il bambino urla continuamente, con grande estensione e volume, che sta morendo
  • SCHOENBERG EFFECT: il bambino non ripete mai una parola finché non ha utilizzato tutte quelle che fanno parte del suo vocabolario. Qualche volta parla al contrario. A volte la gente smette di ascoltarlo e allora si lamenta di non essere compreso
  • IVES EFFECT: il bambino sviluppa una abilità notevole nel portare avanti diverse conversazioni nello stesso tempo
  • GLASS EFFECT: il bambino si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete e si ripete ancora
  • STRAVINSKY EFFECT: il bambino si lascia andare a esplosioni selvagge, gutturali e profane che spesso provocano risse e pandemonio nella scuola materna
  • BRAHMS EFFECT: il bambino è in grado di parlare in modo bellissimo, a patto che le sue frasi contengano un numero di parole multiplo di tre (3, 6, 9, 12, etc). Inoltre, le frasi di 4 o 8 parole gli riescono stranamente poco ispirate
  • E infine, ovviamente, the CAGE EFFECT: il bambino parla a caso, poi, di colpo, non parla per 4 minuti e 33 secondi. Questo ultimo comportamento è amato dagli insegnanti.
  • Per chi conosce il compositore esiste anche uno RZEWSKI EFFECT: il bambino afferma, in 36 modi diversi, di essere vittima della società capitalista