String Quartet no. 3

Lukas Foss, compositore nato a Berlino nel 1922 ed emigrato negli USA con la famiglia per sfuggire al nazismo. Deceduto il 1 febbraio di quest’anno a 86 anni, Foss è tanto conosciuto e apprezzato negli USA quanto poco in Europa.

Eccovi il suo furioso String Quartet no. 3 del 1975, nell’esecuzione del Columbia Quartet (Benjamin Hudson, violin; Carol Zeavin, violin; Janet Lyman Hill, viola; Andre Emelianoff, cello).

Alcune note:

STRING QUARTET NO. 3 is Foss’ most extreme composition; it is themeless, tuneless, and restless. It is probably the first quartet without a single pizzicato since Haydn. The four strings are made to sound like an organ furiously preluding away. The sound vision which gave birth to this quartet may be the most merciless in the quartet literature.

Though some of the pages of the music may look unusual (see image, click to enlarge), QUARTET NO. 3 is notated in every detail. There are no performer choices, except for the number of repeats of certain patterns. Repetition? Actually something is always changing, even in the introduction, which contains only two pitches, A and C, combining in various ways – a kind of prison from which the players are liberated by a sudden all-interval flurry. There follows an extended fortissimo section of broken chord-waves with ever-changing rhythmic inflections. This leads into a rigidly structured pianissimo episode of accelerating and retarding twenote cells. The idea of an exhausting fortissimo followed by an equally unalleviated pianissimo is reminiscent of Beethoven’s Grosse Fuge, a work for which Foss has a special passion. Foss’ pianissimo section is however unmelodic and active. At one point near the end, the musicians are granted the one and only sustained sound; then the frantic waves and counter waves resume, this time in rhythmic unison, each moment of change cued by the first violin. The closing C major chord is neither a peaceful resolution nor a joke, but rather like an object on which the music stumbles, as if by accident, causing a short circuit, which brings the rush of broken chord patterns to a sudden halt.

STRING QUARTET NO. 3 was written for the Concord Quartet who obtained a grant from the New York State Council toward the commission of the piece and premiered it at Alice Tully Hall, New York on March 15, 1976.

 

Il ricordo del tempo

La seconda parte di Echoes of Time and the River (Echoes II), di George Crumb. Anche questa “ripulita” dalle impurità del vecchio vinile.

The second movement, Remembrance of Time, begins with the most distant and delicate sounds imaginable (piano, percussion, harp), echoed by a phrase from García Lorca (“the broken arches where time suffers”). Fragments of joyful music erupt from various wind and brass players on stage and off, and the commotion eventually gives way to a kind of Ivesian reminiscence, evoked by serene string harmonics: “Were You There When They Crucified the Lord?”

George Crumb – from Echoes of Time and the River, Remembrance of Time

Echoes of Time and the River

Nel 1970, mentre l’Europa era in pieno strutturalismo e in America impazzavano minimalismo e grafismi vari, George Crumb scriveva questo Echoes of Time and the River (Echoes II), per orchestra, un brano fortemente emozionale in quattro parti. Il titolo reca l’indicazione Echoes II perché precedentemente Crumb aveva composto Echoes of Autumn (1965).

Qui vi presentiamo il primo movimento Frozen Time che

features a collage of mysterious and muted textures in overlapping 7/8 metric patterns. After a time, three percussionists make their way ritualistically across the stage intoning the motto of the state of West Virginia: “Montani semper liberi?” (Mountaineers are always free); the “ironic” question mark has been added by the composer. The music swells to an intense fff in the middle section with glissandos in all the string parts. As if in answer, the mandolinist exits playing and whispering the same motto darkly as he disappears off stage
[from program notes]

Il brano è stato recuperato da un vecchio vinile molto rovinato. L’ho pulito per quanto possibile, senza intaccare l’incisione, ma la provenienza si sente.

George Crumb – from Echoes of Time and the River, Frozen Time

Octandre

vareseOctandre è rappresentativo di un modo di comporre tipico di Edgar Varèse, sviluppando e variando piccoli frammenti sonori. Lo stesso compositore lo descrive mediante una analogia con la crescita di un cristallo.

Questo modo di procedere è ben visibile nel corso del primo movimento, mentre il secondo si sviluppa per accrescimento. Gran parte del materiale del terzo, invece, deriva dai primi due, come il tema della tromba del primo movimento o il duetto di oboe e fagotto del secondo.

Octandre, peraltro, è l’unica opera di Varèse divisa in movimenti i cui tempi sono: Assez lent, Très vif et nerveux, Grave-Animé et jubilatoire. Ognuno si apre con uno strumento diverso: oboe, ottavino e fagotto.

Altra cosa interessante in questo brano è l’assenza totale di percussioni, cosa inusuale per Varèse. Il suo tipico ritmare nervoso, però, non scompare ed è affidato ai fiati, nella maggior parte dei casi ai tre ottoni.

  • Edgar Varèse – Octandre
    per flauto, clarinetto, oboe, fagotto, corno, tromba, trombone e contrabbasso (1923)
    ASKO Ensemble, Riccardo Chailly (1997).

Il paradosso di Feldman

feldman…consiste nel fatto che un uomo corpulento, gioviale e ciarliero si metta a scrivere della musica ai limiti dell’udibile. In un secolo rumoroso come il nostro, Morton Feldman ha scelto di essere silenzioso e soffice come la neve.

Feldman iniziò a comporre già negli anni Quaranta, sebbene i suoi lavori giovanili (spesso marcati da una certa influenza di Alexander Scriabin) siano stilisticamente molto differenti da quello che avrebbe composto più tardi, e che lo avrebbe reso universalmente noto per il suo linguaggio affatto personale, differente dalla maggior parte dei compositori a lui coevi.

Fu dopo il suo incontro con John Cage che Feldman iniziò a scrivere musica che non era correlata con le tecniche del passato, né con quelle in voga in quegli stessi anni (in particolare modo lo strutturalismo), utilizzando sistemi di notazione musicale non convenzionali (spesso basati su “griglie” o altri elementi grafici), delegando all’interprete (o al caso) la scelta di determinati parametri (talvolta Feldman determinava in partitura soltanto il timbro ed il registro, lasciando libera la scelta delle altezze all’esecutore, altre volte invece semplicemente specificando il numero di note che debbono essere suonate in determinati momenti, senza specificare quali).

In quell’epoca segnata dal suo interesse nei confronti dell’alea, Feldman applicò anche elementi derivati dal calcolo delle probabilità alle sue composizioni, traendo in questo senso ispirazione da certe opere di Cage come Music of Changes.

A partire dalla metà degli anni Cinquanta, e poi definitivamente dal 1967, per necessità di maggiore precisione nel controllo della sua musica, e per evitare che la particolare notazione venisse travisata come un invito all’improvvisazione, ritornò alla notazione musicale tradizionale. Per il suo frequente utilizzo di ripetizioni, fu spesso ritenuto un precursore del minimalismo.

Trovò spesso ispirazione nel lavoro degli amici pittori legati all’espressionismo astratto, tanto che negli anni Settanta compose numerosi brani (spesso con durate attorno ai venti minuti) sotto questo specifico influsso (tra cui Rothko Chapel del 1971, brano scritto per l’omonimo edificio che ospita opere di Mark Rothko, che potete ascoltare nel video. I dipinti sono, appunto, opera di Mark Rothko, che si vede anche in persona alla fine del video. L’organico è soprano, contralto, coro, viola, percussioni e celesta).

Nel 1977 compose la sua unica opera, Neither, su testo di Samuel Beckett.

A partire dalla fine degli anni Settanta iniziò a produrre lavori molto lunghi (raramente più brevi di mezz’ora, ed anzi spesso molto più lunghi), generalmente composti da un movimento unico, dove la concezione della durata viene dilatata fin quasi a voler annullare la stessa percezione del tempo; questi lavori comprendono Violin and String quartet (1985, due ore circa), For Philip Guston (1984, quattro ore circa), fino all’estremo String quartet II del 1983, la cui durata supera abbondantemente le cinque ore (senza nessuna pausa). La sua prima esecuzione integrale fu data nel 1999 presso la Cooper Union di New York dal Flux Quartet, il quale ha pure registrato lo stesso brano nel 2003 (per una durata totale di 6 ore e 7 minuti). Com’è tipico della sua tarda produzione, questo brano non presenta nessun cambiamento d’umore, rimanendo per la sua quasi totalità su dinamiche estremamente ridotte (piano o pianissimo); Feldman del resto negli ultimi anni ha dichiarato che i suoni di bassa intensità (quiet sounds) erano gli unici che lo interessavano.
[in parte da wikipedia]

Morton Feldman – Neither, Opera in one act (1977)
text by Samuel Beckett
Sarah Aristidou, soprano
ORF Radio-Symphonieorchester Wien
Roland Kluttig, conductor

Spazi Inabitabili

françois bayle

François Bayle, francese, nato nel Madagascar, allievo e poi assistente di Schaeffer (dal 58 al 62) è uno dei principali esponenti della musica concreta di cui porta avanti la tradizione anche oggi. Ha diretto l’INA/GRM (Marseille) dal 1975 al 1997. Lasciata la direzione dell’INA, ha fondato un proprio studio chiamato Magison in cui lavora attualmente.

Fra i fondatori del movimento acusmatico (musica in cui scompaiono sia l’oggetto generatore del suono che l’interprete). Acusmatiche erano le lezioni di Pitagora, che i suoi discepoli ascoltavano celato da una tenda, senza vederlo restituendo “all’udito la totale responsabilità di una percezione che normalmente si appoggia ad altre testimonianze sensibili”, come scriveva Pierre Schaffer nel suo “Traité des objets musicaux”. L’acusmatica isola il suono dal contesto visivo e lo propone come fenomeno di per se stesso.

Here you can listen to the Espaces inhabitables, d’après Bataille et Jules Vernes (1967)

Sculture Sonore

sound sculpturesContinuo’s weblog recupera una bella incisione Wergo del 1985, ormai fuori catalogo, dedicata alle sculture sonore.

I costruttori degli oggetti sonanti rappresentati nel disco appartengono tutti all’area austro-tedesca, selezionati dal critico Klaus Hinrich Stahmer. Vi si trovano compositori come Anestis Logothetis, di origini greco/bulgare, naturalizzato austriaco, già noto per le sue partiture grafiche degli anni ’70, o costruttori di strumenti come Hans-Karsten Raecke, fino a Herbert Försch-Tenge, con un bel brano generato suonando le proprie sculture.

I singoli brani si possono ascoltare su UbuWeb, l’opera completa su Continuo’s weblog.

Alcuni estratti:

 

Monochord

Monochord è una parte di Zeitgeist di George Crumb, una suite per due pianoforti amplificati composta nel 1988, quindi 10 anni dopo l’ultimo libro del Makrokosmos da cui eredita la ricerca sonora fatta di suoni delicati prodotti manipolando direttamente le corde del pianoforte e ascoltabili grazie all’amplificazione.

Registrazione effettuata a Lecce nel 2007. Esecutori Andrea Rebaudengo, Carlo Palese.