Difficilmente il metal trova spazio su questo blog, ma stavolta facciamo un’eccezione, non tanto per la musica, quanto per il video. Girato qualche mese fa da Tom Stern per la band russa ANJ, è sufficientemente assurdo da meritarsi una citazione.
L’allegoria di Stalin come zombie e di Gorbačëv come una specie di Conan con tanto di ascia bipenne è già divertente, ma secondo me, le cose migliori sono i manifesti della vecchia propaganda sovietica che, animati, fanno da sfondo al video.
Normalmente non mi occupo di jazz, però, come giustamente fa notare wikipedia, definire Anthony Braxton solo un jazzista è alquanto riduttivo. Come compositore e musicista, ha incentrato la sua attività sul jazz (soprattutto sul free) ma ha scritto anche per orchestra e perfino opere. Come strumentista, oltre a suonare il pianoforte, Braxton si è esibito utilizzando l’intera gamma dei sassofoni dal sopranino al contrabbasso,su una grande varietà di clarinetti e al flauto.
Devo anche dire che Braxton è stato uno dei pochi jazzisti che mi abbiano veramente emozionato ascoltandoli in concerto (alcuni degli altri sono Sun Ra, Miles Davis, Cecil Taylor e Mingus). Il suo continuo entrare e uscire dal jazz, incorporando anche elementi linguistici tipici di altri linguaggi, fra cui la musica contemporanea, rendono la sua musica interessante e vitale,anche se a volte le sue composizioni possono risultare un po’ scontate dal punto di vista strutturale. So che, recentemente, si occupa anche di elettroacustica con il Diamond Curtain Wall Trio nel quale utilizza il linguaggio di sintesi ed elaborazione del suono Super Collider, ma non ancora sentito niente con questa formazione.
Qui vi presento Composition 304 del 2002. Si tratta di un duo in cui Braxton suona vari sassofoni e Taylor Ho Bynum cornetta, tromba, trombone.
Formalmente il brano alterna momenti “composti” in cui i due eseguono strutture isoritmiche e momenti improvvisati, a volte anche in solo. Così il brano entra ed esce continuamente dall’improvvisazione, mentre gli esecutori cambiano ripetutamente strumento e timbro. In accordo con la logica del collage utilizzata spesso da Braxton, il pezzo include anche strutture tratte da altri brani dello stesso autore. In questo caso si tratta delle Composition 91, 151, e 164, per cui il titolo completo è Composition 304 (+ 91, 151, 164).
Anthony Braxton – Composition 304 (+ 91, 151, 164) (2002)
Anthony Braxton, saxophones
Taylor Ho Bynum, cornet, trumpet, trombone, shell, mutes
musician, composer, sound artist – has created works for koto and electronics, Laser Koto, field recordings, laptop, video and written scores for ensembles, chamber orchestras and mixed choirs. In her pieces she has investigated the sound and movement of insects, as well as the physiological response of plants, the human brain and her own body. Within these varied contexts her performance work investigates the interactive, collaborative aspects of sound, improvisation, nature and society.
In effetti è attiva in molti campi cha vanno dalla musica per koto (anche elettrificato e in versione laser), alla musica per ensembles, al field recording e alla sperimentazione con piante e onde cerebrali, come potete vedere guardando i suoi video.
Qui vi presentiamo un estratto da For Birds, Planes & Cello. Come dice il titolo, si tratta di una composizione che utilizza una serie di field recording di aerei e uccelli. I due strati sonori sono mediati dal violoncello che agisce come elemento unificante. In questo estratto di 5 minuti (l’unico liberamente disponibile: il CD è distribuito dalla sua etichetta SolitaryB), l’azione del violoncello è limitata a lunghi suoni, più o meno armonici che si pongono come trait d’union fra le due registrazioni.
No, non si tratta della sonata 29 op. 106 di Ludwig Van, ma di un recente lavoro elettroacustico di Massimo Biasioni, qui in versione Jekyll & Hyde.
Il brano, originariamente quadrafonico, è basato su campioni registrati all’interno di un pianoforte a coda. Lo strumento non è suonato in maniera convenzionale, i campioni sono stati ottenuti percuotendo, pizzicando o sfregando con oggetti le corde e il corpo dello strumento, allo scopo di ottenere le risonanze del pianoforte piuttosto che suoni con altezza definita.
Il mezzo elettronico è stato poi utilizzato per analizzare e risintetizzare tali suoni complessi, estraendone di volta in volta determinate caratteristiche, esplorando la zona che va dal rumore al suono intonato, modificando l’attacco del suono su modello di una corda pizzicata, disponendo infine il materiale derivato nello spazio quadrifonico e assemblandolo lungo lo spazio temporale allo scopo di costruire un forma organica.
I software usati sono Max/MSP e ProTools. La durata è di undici minuti.
Qui lo ascoltate in streaming (att.ne: inizia molto piano). Potete scaricare l’intero CD “Inside the instruments (l’instrument outragè)”, con altri 4 brani, dal sito dell’autore.
Aauuttooppooiieessiis è un brano dello sperimentatore austriaco Arno Steinacher pubblicato per la netlabel LuvSound.
Nei suoi lavori Steinacher cerca di tradurre modelli e idee scientifiche in musica. In questo caso l’idea alla base del brano è l’autopoiesi, termine coniato nel 1972 da Humberto Maturana a partire dalla parola greca auto, ovvero se stesso, e poiesis, ovverosia creazione. In pratica un sistema autopoietico è un sistema che ridefinisce continuamente sé stesso ed al proprio interno si sostiene e si riproduce. Un sistema autopoietico può quindi essere rappresentato come una rete di processi di creazione, trasformazione e distruzione di componenti che, interagendo fra loro, sostengono e rigenerano in continuazione lo stesso sistema [wikipedia].
Ne esce una musica piuttosto affascinante, minimale nella sua essenza, ma in continua trasformazione, dando l’idea di evoluzione automatica e spontanea.
Note dell’autore:
The basic idea of this work was to explore the term autopoiesis, which means selfcreation. In the context of theoretical life science, autopoiesis is often said to be the most fundamental principle of living systems.
To a certain extent autopoietic processes consist of repeated cycles of self-recurrance: glycolysis for instance, photosynthesis or autocatalytic RNA reactions. These processes are organized modular, forming a regulation network. As self-recurrance never happens exactly, there is space for errors and individuality, which in many systems causes something new on another level. This is one of life’s attributes: to create new dimensions spontaneously, another may be unrepeatablility.
“Aauuttooppooiieessiiss” reflects on and plays with these ideas. It consists of several loops with two main origins: instruments and machines, which stand for organic versus anorganic matter. The instrumental parts were all produced with electric guitar, the machine parts were for some part recorded in a factory near Vienna in 1999. Some loops run in parallel in many copies, but each copy differs in tempo and starting point. No situation in this work is repeated, every rhythm that emerges is ephemeric and takes place just one time, although it may be very similar to its neighboured ones, before and after. This ephemeric patterns that just arise at some times in this piece were my focus during the composition process.
One of the surprising results for me was that self-recurrence of machine sounds caused a more organic situation than the guitar-loops, which merely seemed to transform their sonic quality.
Notations, la leggendaria antologia edita nel 1969 da John Cage ed Alison Knowles, contenente molti esempi di notazione grafica e ormai da anni fuori catalogo, è disponibile per il download qui. (att.ne pdf di 300+ pagine, circa 74 Mb)
.at/on is musician and composer Anton Holota from Ukraine.
.at/on main soundwork is offered through electroacoustic ambient and glitch and drone flavors. ‘fon a’ and ‘fon b’ are two small pieces of glitch ambient and experimental noise that together make up one complete story. ‘scape-01’ and ‘Products of Passed Days’ are much more on the ambient drone side, lenghtier and more spatious pieces, with a twist of dark ambient throughout. [Pedro Leitão]
Della ripubblicazione di Tellus (“rivista su audio cassetta” lanciata nel 1983 a New York) da parte di UBUWebabbiamo già parlato.
Oggi vi presentiamo il numero 10, uscito nel 1985 e dedicato ai chitarristi della scena newyorkwese (e dintorni) dell’epoca [fra i più noti (pochi) Arto Lindsay, Glenn Branca, Lydia Lunch]. Il genere spazia dal post punk, al minimalismo, all’improvvisazione, il tutto non privo di ironia in certi brani.
Come al solito, Tellus si concentrava sulla sperimentazione, sull’anormalità e sull’estremo. 28 brani, dai 2 ai 5 minuti, in cui, a volte, è difficile riconoscere la chitarra.
Clepsydra è un brano di Radulescu per 16 sound icon.
Questo strumento è una invenzione dello stesso Radulescu. Si tratta di un pianoforte privato del coperchio e appoggiato su di un lato, in verticale, in modo che sia possibile accedere alle corde che vengono suonate in vari modi: pizzicate, percosse oppure passando fra loro dei fili di nylon o dei crini, con risultati simili ad un archetto. L’accordatura è non standard, definita dall’autore. In fondo è simile al bowed piano di cui abbiamo già parlato.
Horatiu Radulescu – Clepsydra, for 16 sound icons – European Lucero Ensemble, dir. Radulescu
Torniamo alla normalità. Una nuova improvvisazioneo che secondo me ha qualcosa di irritante, da cui il titolo.
Come al solito, con gli altoparlanti del computer se ne sente metà.