Eanalysis

Eanalysis

EAnalysis è un software per Mac creato specificamente per l’analisi e la rappresentazione di sound based music, ovvero la musica elettroacustica.

Ecco, ad esempio, come è possibile rappresentare parte di tre brani di François Bayle: L’oiseau moqueur, L’oiseau triste e L’oiseau zen tratti dai Trois rêves d’oiseau.

In ogni schermata possiamo vedere il sonogramma e la forma d’onda in basso, mentre nella parte superiore viene creata una rappresentazione grafica degli eventi sonori. Questa rappresentazione non è automatica, però il software dispone di strumenti individuare e marcare gli eventi sonori (in pratica una forma di segmentazione). Inoltre può importare dati da altri software come Sonic Visualiser, Audiosculpt, Acousmographe, Pro Tools, etc. (click image to enlarge)

EanalysisEAnalysis può essere scaricato da qui.

Att.ne: la versione attuale non funziona con Yosemite (come, del resto, gran parte del Mac).

Altre informazioni riportate sul sito:

Research and development: Dr Pierre Couprie. Coordination: Prof Simon Emmerson & Prof Leigh Landy

The development of EAnalysis is part of the research project entitled ‘New multimedia tools for electroacoustic music analysis’ at the MTI Research Centre of De Montfort University (Leicester, UK). The project is funded by the Arts and Humanities Research Council (AHRC).

This piece of software aims at experimenting new types of graphic representations and new analytical methods with an intuitive interface and adapted tools for analysis purposes.

Features

  • Visualise sonogram (linear or logarithmic) and waveform.
  • Import several audio and/or movie files to analyse multitrack works or compare different works.
  • Create beautiful representations with graphic events on different layers.
  • Analyse with analytical events and sound/musical parameters.
  • Create your own analytical lists of parameters and share them.
  • Annotate during playback with time text.
  • Use graphic tablet or interactive whiteboard to draw representation.
  • Use several types of views in the same interface.
  • Create charts and maps from sound extracts: paradigmatic chart, generative tree, soundscape map, etc.
  • Create synchronised slideshow.
  • Create layers of sonograms from several tracks to analyse space motions, difference between versions of same work, or different works.
  • Save configurations (snapshots).
  • Import data from other software like Sonic Visualiser, Audiosculpt, Acousmographe, etc.
  • Import Pro Tools information sessions and create graphic representation from sound clips.
  • Export to images, movies, and text files (txt, csv, xml, json).
  • Export without media to share analysis without copyright restrictions.

Internet Arcade

L’Internet Archive ha aperto una nuova sezione, chiamata Internet Arcade: contiene una miniera di videogiochi classici degli anni ’70, ’80 e ’90. Si possono giocare gratis direttamente nel browser, senza dovere scaricare nulla. Nell’elenco ci sono oltre 900 titoli. Si tratta di giochi con cui sono cresciute intere generazioni, da Pac-Man a Street Fighter, da Alpha Mission ad Arkanoid II. Un vero e proprio regalo per nostalgici e appassionati.

Sito: Internet Arcade dall’Internet Archive

Giardino verticale

Interessante idea quella del giardino verticale (chiamato anche living wall o Mur Végétal in francese). Si può incrementare drasticamente la quantità di verde senza occupare spazio al suolo.

Lo specialista e inventore di questa configurazione botanica è Patrick Blanc.

Però mi chiedo come possano lavorare i giardinieri. Serve qualche gru, o forse si calano come i lavavetri?

Il giardino nell’immagine è a Madrid.

Via: Dark Roasted Blend, dove potete vedere altri esempi.

giardino verticale

David Lee Myers

Questo post è la revisione di uno del 2006. Mi sembra che, essendo Myers non molto noto, sia il caso di parlarne ancora.

David Lee Myers è un compositore che si trova nella scomoda situazione di essere sconosciuto al grande pubblico perché non fa “pop” e sconosciuto agli accademici perché i suoi lavori non si inseriscono nella tradizione “colta”. Però è conosciuto dagli sperimentatori a oltranza, da quelli che non si accontentano di ri-elaborare delle idee maturate nell’ambito di una corrente, quelli un po’ scontenti e un po’ solitari che regolarmente disfano quello che hanno appena fatto per il gusto di ricominciare da capo.

Nel 1988 affermava che

True electronic music does not imitate the classical orchestra or lend well worn melodies the cloak of unexpected timbres – it exists to evoke the hitherto unknown. And it comes from circuits and wires, though I do not believe that electronic sound is “unnatural”, as some people might.

La vera musica elettronica non imita l’orchestra classica e non presta un mantello di timbri inattesi a melodie ben formate – essa esiste per evocare ciò che fino ad ora è sconosciuto. E nasce da circuiti e cavi, ciò nonostante io non credo che il suono elettronico sia così “innaturale” come qualcuno pensa.

DiaagProprio queste considerazioni hanno condotto D. L. Myers alla pratica di una musica estrema, quasi totalmente priva di input: niente partitura, nessuna tastiera, nessun suono da elaborare, nessun sistema di sintesi propriamente detto. Una musica in cui sia i suoni che le strutture non nascono dalla pressione di un tasto o dal fatto che qualcuno mette giù un accordo, ma dall’interazione spontanea di una serie di circuiti collegati fra loro in retroazione che l’essere umano si limita a controllare.
Al massimo l’input viene utilizzato solo come sorgente di eccitazione per il circuito di feedback.

Quello che Myers faceva, già nel 1987 con apparecchiature analogiche, era feedback music.

Il feedback positivo in una catena elettroacustica è stato sperimentato, con fastidio, da chiunque abbia usato un microfono e lo abbia inavvertitamente puntato verso gli altoparlanti. In breve si produce un fischio lancinante, mentre i tecnici si lanciano verso il mixer per abbassare il volume.

Questo problema, più conosciuto come Effetto Larsen, si verifica perché il microfono capta dei suoni che vengono amplificati e inviati all’altoparlante. Se gli stessi suoni, in uscita dall’altoparlante, vengono nuovamente captati dal microfono, amplificati e ri-inviati all’altoparlante, si crea una retroazione positiva tale per cui entrano in un circolo chiuso in cui vengono continuamente amplificati fino ad innescare un segnale continuo a forte volume.

Come si può immaginare, il feedback è un po’ il terrore di tutti i tecnici del suono, ma in determinate circostanze può essere controllato e se può essere controllato, può anche diventare uno stimolo per uno sperimentatore.

Bisogna puntualizzare che non si tratta di una idea di Myers. Ai tempi della musica elettronica analogica questo effetto è stato utilizzato in parecchi contesti. Anch’io ne ho fatto uso in una installazione del 1981 (si chiamava “Feedback Driver”, appunto), ma credo che negli anni ’80 l’abbiano provato un po’ tutti, con alterni risultati. I miei primi ricordi relativi a questa tecnica risalgono al lavoro di Tod Dockstader, un ricercatore e musicista americano relativamente poco noto, anche se alcune sue musiche sono finite nel Satyricon di Fellini.

Quello che distingue Myers dagli altri, però, è l’averne fatto una vera e propria poetica. Lui non sfrutta il feedback per elaborare qualcosa, non parte da algoritmi di sintesi, ma collega in retroazione una serie di dispositivi (principalmente mixer e multi-effetti) e variando i volumi sul mixer (che a questo punto diventa la sua “tastiera”) e cambiando tipo e profondità degli effetti ne trae una serie di sonorità suggestive, sempre in bilico fra il fascino di una musica che si muove in modo quasi biologico e il totale disastro delle macchine fuori controllo.

Senza dubbio, Myers è un virtuoso, ma, a differenza del virtuoso tradizionalmente inteso, lui non domina il proprio strumento. Piuttosto lo asseconda, cercando di spingerlo in una direzione. Qui la composizione consiste nel definire una rete di collegamenti fra i dispositivi e la tecnica si fa estetica.

Inoltre, come si vede in questo breve video, Myers si fa anche artista visuale elaborando una serie di tracce create dalla sua stessa musica.

Sito di riferimento: pulsewidth.

David Wessel

WesselPer ricordare David Wessel, scomparso il 13 Ottobre a 73 anni, mettiamo alcune testimonianze.

Per primo, il suo brano del 1977, Anthony.

In realtà Wessel è sempre stato un ricercatore più che un compositore, difatti la sua produzione musicale è rara. Anthony è un tipico brano costruito con fasce sonore in dissolvenza incrociata ed è stato uno dei primi pezzi realizzati con le macchine per la sintesi in tempo reale costruite da Peppino Di Giugno all’IRCAM.

Quella utilizzata qui è la 4A del 1975, uno dei primi modelli, il primo ad andare oltre lo stadio di prototipo. Si trattava di un processore capace di generare in tempo reale fino a 256 oscillatori digitali in wavetable (cioè con forma d’onda memorizzata e quindi con contenuto armonico definito dall’utente) con relativo inviluppo di ampiezza. Nonostante il fatto che gli oscillatori non si potessero connettere fra loro, era un passo avanti notevole per quegli anni perché, con i sistemi analogici dell’epoca, era già difficile arrivare a 10 oscillatori (per maggiori particolari vedi le voci 4A e Giuseppe Di Giugno sul blog di Alex Di Nunzio).

Se da punto di vista quantitativo la 4A era un grande passo avanti, la qualità del suono era limitata dal fatto che non si potevano realizzare dei metodi di sintesi a spettro sonoro variabile (per es. con filtri o modulazione di frequenza), se non ricorrendo all’additiva. In Anthony, Wessel aggira questo limite evitando una caratterizzazione melodica del materiale sonoro, affidandosi, invece, a grandi cluster in lenta mutazione armonica.

Att.ne: il brano inizia molto piano. Inoltre con gli altoparlantini del computer ne sentite metà.

Un secondo contributo video riguarda l’attività di David Wessel come ricercatore interessato principalmente all’interazione uomo – macchina, tanto che nel 1985 aveva fondato all’IRCAM un dipartimento di ricerca dedicato allo sviluppo di software musicale interattivo.

Qui viene mostrato lo SLAB, uno dispositivo di controllo composto da una serie di touch pad sensibili alla posizione e alla pressione. Ogni pad trasmette al computer informazioni relative alla posizione xy del dito che lo preme e alla pressione esercitata. Il flusso di dati è ethernet, non MIDI, per cui le misure sono accurate e la risposta è veloce (questa storia del superamento del MIDI ce la porteremo dietro per la vita; per citare Philip Dick, la cavalletta ci opprime). Maggiori dati tecnici sullo SLAB, qui. Per gli impazienti, nel video la performance inizia a 2:40.

A Girl Named Elastika

Questo divertente video ha vinto un tot di premi. Non è particolarmente innovativo, se non nel metodo utilizzato per crearlo. Certo che, se è veramente in stop motion come sembra (ovvero un fotogramma alla volta, come nei vecchi cartoon), questi hanno lavorato un bel po’…

A GIRL NAMED ELASTIKA from Guillaume Blanchet I Filmmaker on Vimeo.

Un modello matematico delle storie d’amore

Le storie d’amore sono processi dinamici nei quali i coinvolgimenti sentimentali (i “sentimenti”) evolvono nel tempo, partendo, in generale, da uno stato di indifferenza. Per questo motivo, esse possono essere collocate, almeno come principio, all’interno della struttura formale della teoria dei sistemi dinamici, dove si utilizzano modelli matematici per descrivere l’evoluzione nel tempo delle variabili di riferimento. I modelli più frequentemente usati si basano sulle equazioni differenziali ordinarie (ODE).

Questo l’incipit di un articolo non recente (risale a Luglio di quest’anno) ma affascinante tratto da Popinga, un bel blog di scienza e letteratura che ogni tanto seguo. So che anche la sola idea di formalizzare gli elementi che determinano l’attrazione fra due individui e regolano l’evoluzione del loro rapporto può apparire ripugnante a molti perché ha a che fare con i sentimenti e questi ultimi, per la massa, sono a-matematici (α privativo), ma per qualcuno che è avvezzo alla matematica, la cosa non è così strana. Al limite è solo difficile.

L’articolo originale è questo: Le storie d’amore come sistemi dinamici.

PS: un minimo di familiarità con le equazioni differenziali costituisce un pre-requisito per apprezzarlo.

RIP Jack Bruce – Rawalpindi Blues

A ricordare Jack Bruce, Rawalpindi Blues, un lungo brano tratto da Escalator Over The Hill, l’opera (?) jazz di Carla Bley e Paul Haines incisa con la Jazz Composer’s Orchestra che raccoglieva la crème del jazz di file ’60 primi anni ’70, allargata a Jack Bruce, John McLaughlin e altri (vedi, in questo blog, qui).

Qui la voce di Jack, che mi piaceva quanto il suo basso (e forse anche di più), è in grande evidenza. Il brano è idealmente diviso in più sezioni in cui si alternano una Eastern Band formata da Don Cherry (ceramic flute and percussion as well as trumpet and voice), Calo Scott – cello, Leroy Jenkins – violin, Sam Brown – 12 string guitar, Souren Baronian – G clarinet and dumbek, Ron McClure – bass, Carla Bley – piano and organ, Paul Motian – drums, dumbek and bells e una Western Band con Jack Bruce – basso elettrico e voce, John McLaughlin – chitarra elettrica, Carla Bley – piano e organo e Paul Motian – batteria e percussioni (che alla fine, nelle note del disco, sarebbe apparsa con il nome di Desert Band).

Ovviamente la prima crea un sound tipicamente orientale fatto di atmosfere soffuse con un bordone, mentre la seconda ha un suono elettrico occidentale. Come già accennato, queste due visioni musicali si alternano, a volte all’improvviso e altre volte collegate dalle entrate della Jazz Composer’s Orchestra. È interessante sapere che, dato che era risultato impossibile riunire a New York tutti i musicisti a causa dei loro impegni (in quegli anni si suonava molto), il pezzo è stato registrato separatamente in varie sessioni. Prima una con Don Cherry e la Eastern Band il 30/11/1970, poi, il 7/12, quella con la Western Band. Altre piste sono state aggiunte in seguito durante il montaggio finale. Il tutto crea una bellissima fusion fra i due mondi, ben sintetizzata nel titolo.

Ovviamente ci sarebbero tante altre cose di Jack Bruce da ascoltare, ma ho voluto scegliere Rawalpindi Blues, in primo luogo perché posso parlare anche di Escalator Over The Hill, che mi è sempre piaciuta moltissimo e poi perché lui ha sempre scavalcato i generi, passando dal rock al jazz, al 900 europeo senza porsi problemi e poteva farlo con una certa facilità e senza forzature perché era maledettamente bravo, sia tecnicamente che musicalmente.

Il panorama di Marte

Guardatevi questo bellissimo panorama a 360° di Marte. È interattivo, permette di guardare in qualsiasi direzione regolando l’ingrandimento.

Vi consiglio di andare a schermo intero. Starsene sul divano e guardare i particolari di un altro pianeta ruotando la camera come se si fosse laggiù è incredibile. Non ho parole. Gran lavoro!