Aidoru

Canta, danza (o perlomeno si muove a tempo), è il più recente idolo dei teenager giapponesi ed è virtuale. Hatsune Miko (初音ミク) ha un vero pubblico, una vera band, ma è, apparentemente, un ologramma. In realtà si tratta di una proiezione 2D su uno schermo trasparente.

La sua voce è sintetizzata tramite il software Vocaloid Yamaha. In effetti Hatsune Miko è il secondo personaggio vocale completo messo a punto per Vocaloid (il primo rilasciato in Giappone) nel 2007 e il suo nome unisce primo (初, hatsu), suono (音, ne) e futuro (Miku ミク). La voce è quella dell’attrice Fujita Saki (藤田 咲) che si è prestata a registrare centinaia di fonemi giapponesi con una intonazione controllata.

Il fenomeno di Hatsune Miko non è il primo di questo genere. Segue la grande notorietà di Kyoko Date (DK-96) che è stato il primo net-idol, nel 1997. Il fenomeno delle star in Giappone risale ai primi anni ’70 e riflette il boom giapponese della cantante francese Sylvie Vartan con il film Cherchez l’idole (1963, in Giappone nel 1964).

Lo sviluppo degli idoli giapponesi è molto interessante.

Negli anni ’70 gli idoli avevano un’aura quasi mistica. Soltanto la parte pubblica della loro vita era nota ed era sempre perfetta e sapientemente orchestrata e la loro personalità visibile era falsa e accuratamente costruita. Nulla si sapeva della loro vita privata, se non alcune notizie essenziali (tipo, un matrimonio) e quello che traspariva del loro privato era altrettanto costruito. Le loro condizioni di lavoro erano pessime: erano strettamente controllati e guadagnavano decisamente poco, perché la maggior parte del denaro andava nelle tasche dei loro produttori, ossia quelli che li creavano.

Negli anni ’80 la condizione degli idoli cominciò ad avvicinarsi a quella della gente comune, in parte perché le condizioni di vita in Giappone erano notevolmente migliorate, ma anche perché il controllo si era leggermente allentato e si permetteva loro di mostrare un po’ della loro personalità. Le major, infatti, iniziavano a sperimentare la competizione fra varie star e quindi alcune differenze dovevano emergere. Un po’ come Beatles e Rolling Stones: questi ultimi apparivano un po’ più selvaggi dei primi e probabilmente lo erano davvero.
Iniziarono anche a guadagnare un po’ di più, ma sempre poco, se paragonato al giro d’affari che creavano.

Gli anni ’90 videro molti cambiamenti. Invece di essere dipinti come delle persone superiori, gli idoli divennero gente comune che aveva solo qualcosa in più (un X-Factor?). In qualche situazione potevano anche essere tristi, un po’ fuori forma e ammettere di aspettare i saldi per comprare i vestiti. Nello stesso tempo, il loro ciclo di vita come idoli divenne più rapido.
Ma il grande salto avvenne quando, vedendo il grande successo dei personaggi di anime e videogames (es. Lara Croft), le major iniziarono a lavorare su personaggi virtuali. Le star virtuali non devono essere pagate, ma questa considerazione è secondaria perché al loro posto bisogna pagare dei tecnici di animazione che possono costare anche di più. Il punto è che un personaggio virtuale è totalmente controllabile e non pone problemi.

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The Microsoft Sound

Non so se lo sapevate, ma il suono iniziale di Windows 95 è stato creato da Brian Eno. Me ne ero accorto anni fa aprendo il box delle proprietà.

Ma adesso ho trovato su wikipedia questa gustosa dichiarazione dello stesso Eno

la Microsoft mi chiese questa cosa dicendomi che volevano una musica capace di ispirare, universale, ottimistica, sexy, futuristica, sentimentale, emozionale, più un’altra serie quasi sterminata di circa centocinquanta aggettivi, e poi in ultimo conclusero che il brano doveva durare tre virgola venticinque secondi. Da allora ho composto 84 di questi piccoli pezzi, sicché quando ritorno a lavorare su brani della durata di tre minuti questi ultimi mi sembra siano come oceani di tempo.

Luci accese sulla cultura

Luci accese sulla cultura

Dal comunicato di Federculture:

Questa volta non si tratta solo di tagli, pur molto consistenti – circa 280 milioni tra tagli diretti al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, decurtamento del Fus e dei trasferimenti statali agli enti culturali, cui si aggiungono le riduzioni a carico delle amministrazioni locali che, secondo prime stime, potrebbero pesare sul settore per circa 800 milioni di euro nel prossimo biennio -, ma di un combinato di articoli contenuti nella legge, la cui applicazione disegnerà un quadro generale nel quale l’intervento pubblico dovrà fare totalmente marcia indietro, rinunciando di fatto alla possibilità di attuare politiche culturali, sia a livello nazionale che regionale e locale.

Avranno in particolare conseguenze disastrose sul sistema culturale italiano le norme che dispongono un tetto di spesa per l’organizzazione delle mostre pari al 20% di quanto speso dall’amministrazione nel 2009, tagliando di fatto dell’80% le risorse (Art. 6, commi 7, 8, 9, 12 e 13), quelle che obbligano i comuni sotto i 30.000 abitanti allo scioglimento delle società dagli stessi costituite (Art. 14, comma 32) ed infine quelle che fissano limiti alla composizione dei consigli di amministrazione, ostacolando la partecipazione dei privati alla gestione delle aziende culturali (Art. 6 commi 5 e 6).

La legge 122/2010 renderà impossibile per amministrazioni pubbliche, aziende e fondazioni e tutti gli organismi, che gestiscono i servizi e le attività culturali nel Paese, continuare a svolgere il loro compito istituzionale di promozione e diffusione della cultura. Una vera mannaia che si abbatterà indiscriminatamente su musei, teatri, biblioteche, colpendo anche quelle realtà virtuose che sono state l’elemento di maggiore innovazione e modernizzazione degli ultimi anni nei servizi resi ai cittadini e al territorio e riconosciute anche a livello internazionale.
Alcune norme, inoltre, potrebbero ledere le prerogative di autonomia degli enti territoriali e delle società private che gestiscono i servizi pubblici culturali, così come garantite dalla Costituzione. Per questo alcune Regioni hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale relativamente ad alcuni articoli della manovra, così come Federculture aveva già evidenziato nei mesi scorsi.

L’obiettivo della protesta è denunciare il pressoché totale disimpegno statale nel garantire la sopravvivenza del settore, già da anni falcidiato dal progressivo rarefarsi delle risorse e degli investimenti. Nel prossimo anno il budget del Mibac crollerà a 1,5 miliardi di euro, ormai circa lo 0,21% del bilancio statale, come dire che lo Stato spende 21 centesimi in cultura ogni 100 euro e, parametrato alla popolazione italiana equivale ad una spesa procapite di 25 euro. Cifre irrisorie per l’ampiezza e la complessità del nostro patrimonio e le esigenze di conservazione, valorizzazione e promozione cui bisognerebbe assolvere, che ci fanno sfigurare anche nel confronto internazionale: la Francia, ad esempio, ha una spesa statale procapite per la cultura di 46 euro, quasi il doppio della nostra.

Con investimenti di tale esiguità è impensabile non solo la sopravvivenza ma lo sviluppo del settore culturale che pure ha enormi potenzialità, tanto che potrebbe essere uno dei comparti sul quale puntare per uscire dalla crisi e restituire competitività al sistema economico nazionale. Il potenziale anche economico della cultura è d’altronde ampiamente dimostrato dai dati che ci dicono, ad esempio, che in Italia ci sono oltre 900mila imprese operanti in attività legate al settore culturale e creativo e che, ancora nel 2009 in piena crisi, la spesa delle famiglie italiane per la cultura ha rappresentato il 7% della loro spesa complessiva. Si andrà, invece, come chiaramente segnalano gli organizzatori della mobilitazione, verso un’ulteriore perdita di offerta, servizi e occupazione. Se non si interviene per tempo nel Paese non ci sarà una politica culturale da parte dello Stato, né delle amministrazioni locali, né tantomeno dei privati.

Una politica superficiale e miope sta colpendo nel profondo il diritto dei cittadini alla cultura, l’accesso alla conoscenza e alla fruizione del nostro immenso patrimonio collettivo, che è alimento essenziale per il benessere e la crescita.

Per questo il 12 novembre si chiuderanno le porte, ma per accendere i riflettori sulla cultura italiana e sul suo futuro a rischio.

Territoires de l’oubli

Tristan Murail – Territoires de l’oubli (1977) per piano solo – Marilyn Nonken piano.

È piuttosto difficile fare musica spettrale, basata sugli armonici e che spesso richiede quarti o anche sesti di tono, con il pianoforte, uno strumento a intonazione fissa, su cui l’esecutore non può influire per nulla.

L’unico modo è attraverso le risonanze delle corde lasciate libere che entrano in vibrazione per simpatia ed è quello che fa Murail in questo brano del ’77 che può essere considerato quasi uno studio sulla risonanza, infatti il pedale è costantemente premuto.

Secondo me si tratta di un brano dalle sonorità affascinanti seppure un po’ manieristiche e “facili” al di là del fatto che sia riuscito, o meno, come musica spettrale, della quale ho già avuto modo di criticare l’approssimazione.

Notes di Julian Anderson tratte dal CD Accord AC4658992 che non è quello di questa registrazione.

Territoires de l’oubli was written in 1977 for the French composer-pianist Michaël Lévinas, who gave the first performance in Rome, in 1978. This piece, Murail’s longest single-movement work to date, is a massive exploration of the piano’s resonance, unfolding in a huge curve of continuously evolving textures. Murail has remarked of the piece that “instead of considering the piano as a mere percussion instrument (hammers hitting strings), Territoires emphasizes a different idiomatic characteristic of the instrument: a group of strings whose vibration is caused by sympathetic resonance or by direct action of the hammers.” Murail further notes that the work is written “for the resonances, not the attacks which are considered as “scars” on the continuum.” For this reason, the sustaining pedal is held down throughout the entire piece. The work perpetually slides between regular, repetitive moments of stability, and chaotic, dense textures which often approach noise. The most stable moments often make a special feature of iambic, “heart-beat” rhythms. The work constantly plays upon the ambiguity between harmony and timbre – the harmony is chosen according to the resonance characteristics of the piano, producing several striking transformations of the piano’s sound: for example, at the end of the work, a form of “vibrato” is obtained by playing a fundamental simultaneously with an E-flat acting as its seventh harmonic. The true intonation of the seventh harmonic, heard in the resonance of the fundamental, beats against the equally tempered E-flat in the piano’s tuning. At several points in the piece, clusters of deep bass notes are heard, producing a mass of higher harmonics which form the basis of the harmony of the following section: in this way a continuous harmonic “chain” is built through out the work. The extreme continuity of Territoires does not prevent it from being one of Murail’s most evocative and dramatic pieces, especially in the wild cadenza of descending and ascending chords near the end.

John Carpenter

John Carpenter nel 2001Non tutti sanno che John Carpenter, regista di pellicole tendenzialmente horror come Halloween, la notte delle streghe (1978), 1997: fuga da New York (1981), La cosa (1982), Il signore del male (1987), Essi vivono (1988), Il seme della follia (1994), Villaggio dei dannati (1995), Fuga da Los Angeles (1996), Vampires (1998), Fantasmi da Marte (2001), scrive e registra anche molte delle colonne sonore dei suoi film (date un’occhiata anche al suo sito: non è niente male).

Potete ascoltare il tema del film del 1994 In The Mouth Of Madness

e vedere la tracklist di un suo album pubblicato da Sacred Bones record.

Qui un’intervista per Resident Advisors e qui sotto un mix delle sue colonne sonore compilato dal suo collaboratore Alan Howarth (John Carpenter Anthology – Movie Themes 1974 to 1998 – Full Album – Vinyl version)

Growth

Bella l’idea delle gocce di inchiostro nell’acqua in questo lavoro di danio catanuto e trovo anche l’abbinamento con la musica discreto e raffinato.

L’autore:

Growth is a vision both of reality and life/growth/death. Ink drops in water are arborescences, inflorescences. Phantasmogorical images which any of us can interpret estetically on basis on one’s own uncounscious, revealing a sometimes dramatic or sometimes symbolic aestethic.
It represents the organicity and behaviour of every form of life that borns, growths and deads in its ambient, among other individuals. Some external umpredictable elements can generate, determinate and modify the course of events.
Music, here, is the scene’s sound, artificially organic, that describes and emotionally interprets the entire narrating form.
The soundscape elements represent three main aspects: the environment ambient (water), the forms’ organic developement (treated piano samples) and the presence of unpredictables and isolated events.
The whole formal aspect comes from the physics of ink drop’s expanding course.

 

Tiny Jungle

Un altro video di Jon Weinel su cui, stavolta, abbiamo qualche informazione

This is my latest audio-visual work, a collage of different material created in Maya, Jitter, After Effects, Flash etc. It Uses hand-drawn animation as source material. The basic concept is to explore the idea of entoptic phenomena (spiral dot patterns experienced in altered states of consciousness), through the audio visual medium.