venerdì 13 ottobre 1307

Oggi, 700 anni fa, l’Ordine Templare veniva distrutto da una mossa a sorpresa di Filippo IV il Bello, gli esponenti arrestati e i loro beni confiscati. La mossa riuscì in quanto venne astutamente avviata in contemporanea contro tutte le sedi templari; i cavalieri, convocati con la scusa di accertamenti fiscali, vennero arrestati.
Le accuse che investirono il Tempio furono infamanti: sodomia, eresia, idolatria. Vennero in particolare accusati di adorare una divinità pagana, il Bafometto. Nelle carceri del Re gli arrestati furono torturati finché non iniziarono ad ammettere l’eresia. Il 22 novembre 1307 il Papa Clemente V, di fronte alle confessioni, con la bolla Pastoralis præminentiæ ordinò a sua volta l’arresto dei templari in tutta la cristianità.

Era venerdì 13 ottobre 1307.

Cibo dalle Americhe

america
Dunque, ieri si celebrava la scoperta ufficiale dell’America (perché quella non ufficiale sembra proprio essere stata fatta dai Vichinghi). Pensandoci, chissà perché, mi sono messo a elencare tutte le cose commestibili arrivate in Europa solo dopo quell’evento e la lista è abbastanza impressionante.
Abbiamo, in ordine sparso:

  • cacao: come si facesse prima a vivere senza cioccolata è un mistero
  • pomodori: a quanto sembra quelli antichi erano gialli, da cui il nome. Prima, la pasta, che già esisteva, veniva condita con burro o simili, una montagna di formaggio e a volte, pepe
  • patate, il che, per uno diventato grande a patatine fritte…
  • peperoni e peperoncino, altra parte fondamentale della mia dieta
  • mais (o granturco); la polenta c’era già, ma era prodotta con altri cereali: orzo e farro, segale, miglio, grano saraceno e anche frumento
  • i cosiddetti fagioli bianchi di Spagna, ma anche i fagiolini verdi (tegoline) e i fagioli di Lima
  • tacchino
  • arachidi
  • vaniglia
  • ananas
  • alcune delle mie bevande preferite, come rum, tequila e simili
  • infine lo zucchero, che arrivava già in Europa, ma solo dopo la scoperta dell’America iniziò ad arrivare in grandi quantità.

In cambio abbiamo portato il frumento, il riso, i cavalli, le mucche, i maiali, il cristianesimo, ma soprattutto le epidemie.
Malattie come il vaiolo, l’influenza, la varicella ecc. erano pressoché inesistenti in America. La maggioranza di questi virus e batteri era presente nei corpi degli animali da soma come cavalli, bovini o suini, che furono trasportati dagli europei. Nel continente antico questi virus erano presenti da millenni per cui le popolazioni di Europa, Asia e Africa avevano sviluppato anticorpi a queste malattie. Nel Nuovo Mondo invece, questi mammiferi non erano presenti e gli indigeni erano stati pressoché isolati dal Continente Antico per più di 40 millenni. Il risultato fu un genocidio (involontario): si stima che circa l’80 per cento della popolazione indigena delle Americhe perì in un periodo di tempo che va dal 1492 al 1550. Circa un decimo dell’intera popolazione mondiale di allora (500 milioni circa) fu eliminato dalle malattie.

Alla nuova luna

Una poesia di Quasimodo (da “La terra impareggiabile”, 1958) scritta in occasione del lancio dello Sputnik-I, prima Luna artificiale.

Alla nuova Luna

In principio Dio creò il cielo
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo,
e al settimo giorno si riposò.
Dopo miliardi di anni l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d’una notte d’ottobre,
mise altri luminari uguali
a quelli che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.

Sputnik 1

sputnik

UPDATE 2023

50 anni fa, lo Sputnik 1 (in russo Спутник, satellite) fu il primo satellite artificiale in orbita nella storia. Venne lanciato il 4 ottobre 1957 dal cosmodromo di Baikonur, nell’odierno Kazakistan, grazie al vettore R-7 (Semyorka). In russo la parola Sputnik significa compagno di viaggio, inteso come satellite in astronomia. Fu progettato dall’Unione Sovietica, anche grazie ai missili tedeschi V2 reperiti nella Seconda Guerra Mondiale. Il programma Sputnik ebbe inizio nel 1948, quando si intuì la possibilità di modificare missili militari in vettori per il lancio di satelliti. L’annuncio del successo del lancio venne dato da Radio Mosca la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1957. Con il lancio dello Sputnik 1 l’Unione Sovietica prese in contropiede gli Stati Uniti, che solo il 31 gennaio 1958 mandarono in orbita il loro primo satellite: l’Explorer 1. Gli strumenti a bordo dello Sputnik 1 rimasero funzionanti per 21 giorni. Lo Sputnik 1 aveva lineamenti ben più semplici di un satellite artificiale odierno, era infatti formato solo da una sfera pressurizzata di alluminio di 58 cm di raggio e da 4 antenne lunghe circa 2,5 metri. Bruciò durante il rientro in atmosfera il 3 gennaio 1958 dopo circa 1400 orbite e 70.000.000 km.
Ecco un’immagine ad alta risoluzione dell’oggetto.
[da Wikipedia]

Un mese dopo, il 3 novembre, venne lanciato lo Sputnik 2 con a bordo la cagnetta Laika.

Il beep-beep dello Sputnik, che si poteva ricevere più volte al giorno, quando il satellite passava sugli USA, fu una doccia fredda sia per la nascente industria aerospaziale americana che per politici e militari. Nell’ottica della guerra fredda, infatti, chi poteva mettere in orbita un satellite avrebbe potuto facilmente fare lo stesso con una bomba.

The Tides of Manaunaun

La prima composizione per pianoforte con massiccia presenza di cluster.

Henry Cowell (1897-1965) – The Tides of Manaunaun (c. 1912) – Sorrel Hays, piano

The Tides of Manaunaun was written as a prelude to an opera based on Irish mythology. In Irish mythology, Manaunaun was the god of motion and of the waves of the sea; and according to the mythology, at the time when the universe was being built, Manaunaun swayed all of the materials out of which the universe was being built with fine particles which were distributed everywhere through cosmos. And he kept these moving in rhythmical tides so that they should remain fresh when the time came for their use in the building of the universe.
[Henry Cowell]

Schoenberg su YouTube

L’Arnold Schönberg Center e gli eredi del compositore, di cui abbiamo già parlato elogiandone la politica di apertura, hanno recentemente piazzato su YouTube vari spezzoni video con esecuzioni, testimonianze storiche, interviste e altro materiale tratto dall’archivio.
Si trovano facilmente cercando in base al nome dell’utente che è ascvideo (Arnold Schönberg Center video). In ogni caso, cliccate qui.

Una delle cose belle è che i video storici hanno spesso come sottofondo la sua musica. Guardandoli pensavo che ormai mi sembra quasi melodica e mi è tornata in mente una citazione di Cage a proposito della sua Winter Music:

We’ve played ‘Winter Music’ quite a number of times now: I haven’t kept count.
When we first played it the silences seemed very long and the sounds seemed really separated in space, not obstructing one another. In Stockholm, however, when we played it at the opera as an interlude in the dance programme given by Merce Cunningham and Carolyn Brown early one October, I noticed that it had become melodic.

Tutto è destinato a diventare melodico, prima o poi….

Via Alex Ross

Johann Ludwig Bach

JLB
No, non è un errore di stompa, ne esiste un altro.
Johann Ludwig Bach (1677-1731) era un lontano cugino di JSB ed è stato il primo Bach a trovare un impiego stabile presso una corte, avendo servito alla corte di Meiningen per 28 anni, a partire dal 1699.
Che JLB esistesse si sapeva, ma gran parte della sua musica è andata perduta. Ci sono pervenuti solo 11 mottetti, 22 cantate sacre e 2 secolari, una messa funebre, una suite orchestrale e un doppio concerto per violino, il tutto raramente eseguito.

Su Apple Music potete ascoltare parti dei suoi 11 mottetti

Groucho Marx

groucho marx grave

Al di fuori del cane, un libro è il miglior amico dell’uomo;
dentro il cane, c’è troppo buio per leggere.

Outside the dog, a book is a man’s best friend;
inside the dog it’s too dark to read.

[Groucho Marx, Oct. 2, 1890 – Aug. 19, 1977]

Sua è anche la famosa (fra di noi) battuta:

«Suono al conservatorio. Ma non mi aprono mai.»

e molte altre.

groucho dollar

La vita nella guerra fredda – Novaya Zemlya

novaya zemlya
La curiosità è l’unica cosa che non mi è mai mancata. Le prime volte che andavo in Russia, per esempio, mi chiedevo spesso cosa diavolo c’era a Novaya Zemlya.
Questo grosso ‘isolone’ (circa 90.000 Kmq, con il punto rosso in figura), il cui nome (Но́вая Земля́) significa “nuova terra” (l’ennesima “terranova”), è piazzato per la sua intera superficie oltre il Circolo Polare Artico, fra la costa della Siberia e la banchisa polare, ed è in realtà un arcipelago formato da due isole principali chiamate, con la solita grande fantasia, Се́верный (severny = settentrionale) e Южный (yuzhny = meridionale). Però le due isole sono così vicine e le coste coincidono in modo tale che è difficile considerarle separate.
Sono divise solo da una sottile linea d’acqua, una sorta di fiume marino che attraversa l’isola da parte a parte, lo stretto di Matochkin (Ма́точкин Шар), che mette in comunicazione il mare di Barents e il mare di Kara, entrambi luoghi topici durante quella guerra mai combattuta apertamente, teatri di innumerevoli operazioni ufficialmente mai esistite.
Così, quando chiedevo a qualcuno cosa diavolo c’era a Novaya Zemlya, i miei amici mi ammonivano a non fare troppe domande, aggiungendo, con un tono più o meno scherzoso, che, di questo passo, prima o poi lo avrei visto di persona, con un biglietto di sola andata.
rompighiaccioUfficialmente, all’epoca, sull’isola si trovavano soltanto due insediamenti, Krasino sull’isola meridionale, e Matočkin’šar’ su quella settentrionale, nonché il centro amministrativo di Belushya Guba, con l’annessa base aerea di Rogachevo, in cui viveva la maggior parte degli abitanti dell’isola (meno di 3000 – qui il sito della base con molte foto stupende dal punto di vista naturalistico,ma anche affascinanti per l’isolamento dei luoghi, come in questa immagine invernale di un rompighiaccio in arrivo).
In realtà, Novaya Zemlya è stata dal 1954 uno dei principali siti dei test nucleari sovietici.

Qui sono esplose circa 130 bombe nucleari, di cui 88 nell’atmosfera, 39 sottoterra e 3 sott’acqua. Qui è esplosa anche la più potente bomba atomica mai costruita, la cosiddetta Tsar Bomba, un ordigno la cui potenza è stata stimata in 57 megatoni (circa 3000 bombe di Hiroshima), ma che in origine aveva una potenza doppia (100 megatoni: 6000 bombe di Hiroshima), ridotta in fase di test per evitare un fallout radioattivo eccessivo.
È stato calcolato che se una simile bomba fosse stata lanciata su Londra avrebbe distrutto ogni cosa nel raggio di 30 km (l’intera città e i sobborghi) e incendiato tutto ciò che si fosse trovato entro 90 km dal luogo dell’esplosione.
La bomba fu sganciata il 30 ottobre 1961 alle ore 8:33 da un aereo ad alta quota nella baia di Mityushikha e fu fatta esplodere a 4000 metri dal suolo con l’ausilio di un gigantesco paracadute finalizzato a frenarne la caduta e quindi a consentire al velivolo di allontanarsi indenne.
La nube a fungo risultante dall’esplosione raggiunse un’altezza di 60 km, l’onda d’urto fece tre volte il giro del mondo (impiegando per il primo circuito 36 ore e 27 minuti) e il lampo dell’esplosione risultò visibile ad oltre 1000 km di distanza. Ci fu anche un black out delle comunicazioni radio di circa 40 minuti in tutto l’emisfero settentrionale (provate a pensarci: un black out radio di 40 minuti sull’intero emisfero).
Tuttavia, contrariamente a quanto si può pensare, fu una delle esplosioni atomiche più “pulite” in quanto trasse oltre il 97% della sua potenza dalla fusione nucleare (qui potete vedere un filmato dell’esplosione da You Tube).
Il risultato di tutti questi test è che l’isola è costellata di basi, stazioni di controllo, tunnel per le esplosioni sotterranee e altri insediamenti che oggi diventano visibili anche alle persone comuni grazie a Google Earth.
Da questa pagina di wikimapia potete accedere a tutti questi luoghi un tempo segreti, oggi ampiamente documentati.

I remember you well, in Chelsea Hotel…

chelsea hotel
…così inizia la canzone in cui Leonard Cohen ricorda la sua (breve) storia con Janis Joplin.
Ma la lista degli artisti che hanno abitato questo storico edificio al 222 West della 23ma strada è sterminata.
È il luogo in cui Dylan Thomas morì alcolizzato il 4 novembre 1953, Arthur Clarke scrisse 2001 Odissea nello Spazio, Allen Ginsberg e Gregory Corso si scambiarono idee e poesie, Sid Vicious accoltellò la sua girlfriend, Nancy Spungen, il 12 ottobre 1978 e Charles R. Jackson, autore di The Lost Weekend (portato in film da Billy Wilder: Giorni Perduti) si suicidò il 21 settembre 1968.
Ma è anche il luogo in cui vissero e scrissero persone come Mark Twain, William S. Burroughs, Arthur Miller, Gore Vidal, Tennessee Williams, Jack Kerouac, Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre, Thomas Wolfe, Patti Smith, Virgil Thomson, Dee Dee Ramone, John Cale, Édith Piaf, Joni Mitchell, Bob Dylan, Jimi Hendrix, Richard Hell (e anche il sottoscritto per circa un mese :mrgreen: ).
Ci abitò la troupe di Andy Warhol quando girava The Chelsea Girls (1966) e qui vissero, spesso pagando i conti con quadri o foto, artisti come Christo, Arman, Richard Bernstein, Ralph Gibson, Robert Mapplethorpe, Frida Kahlo, Diego Rivera, Robert Crumb, Jasper Johns, Claes Oldenburg, Vali Myers, Donald Baechler, Willem De Kooning e Henri Cartier-Bresson.
“A rest stop for Rare Individuals”, così, a buon diritto, recita il sito del Chelsea Hotel per cui, però, sembra ormai giunta la fine. La famiglia Bard (attualmente rappresentata dal 72enne Stanley e da suo figlio David) che lo amministrava con illuminata magnanimità dal 1946, rifiutandosi di cedere alla logica degli alti prezzi degli alberghi di Manhattan è stata estromessa dal consiglio di amministrazione, che ha affidato il timone dell’hotel a un team reduce dalle ristrutturazioni di tre alberghi extralusso.
Così la storia di un hotel del quale The New York Times Book Review ha scritto che

si può considerare uno dei pochi luoghi civilizzati della città, se per civiltà si intende la libertà dello spirito, la tolleranza delle diversità, la creatività e l’arte

potrebbe finire, sacrificata sull’altare del libero mercato, diventando un luogo frequentabile solo da star extralusso che di storia non ne hanno e nemmeno la fanno.
In questo caso, il Chelsea Hotel potrebbe diventare solo un territorio dello spirito, come è stato per il Beat Hotel, leggendario centro della beat generation a Parigi, che ormai non esiste più. Ora al numero 9 di rue Git-le-Coeur è situato lo sciccoso Relais-Hotel du Vieux Paris.