Xibalba

Nella mitologia Maya, Xibalba, traducibile rozzamente come “Luogo di paura”, è l’oltretomba governato dagli spiriti della malattia e della morte. Nel 16° secolo, Verapaz, l’ingresso di Xibalba, era tradizionalmente collocato in una grotta nei pressi di Cobán, Guatemala. Alcuni dei discendenti Quiché delle popolazioni Maya che vivevano nelle vicinanze associano ancora quella stessa zona alla morte. Anche alcuni sistemi di grotte nei dintorni di Belize sono ritenuti essere ingressi per Xibalba. Un’altra manifestazione concreta di un accesso a Xibalba è ritenuto essere dai Quiché la linea scura di separazione visibile nella Via Lattea [wikipedia], il che, secondo me, è un’immagine di rara potenza.

Secondo la Reuters, alcuni archeologi ritengono di aver scoperto quello che per i Maya poteva essere un altro ingresso a Xibalba. Hanno infatti localizzato nello Yucatan un labirintico sistema di templi in un insieme di caverne, alcune delle quali sono oggi sommerse, contenenti anche ossa umane e oggetti funerari.

Dopo una serie di immersioni per esplorare diversi tunnel sommersi, gli archeologi hanno raggiunto alcune caverne libere dalle acque individuando le rovine di undici templi e una strada di circa 100 metri.

Un giorno speciale

Oggi sembra essere un giorno un po’ speciale per la concentrazione di decessi storici. Per esempio, il 9 Agosto sono morti

  • Jerry Garcia, nel ’95
  • Sharon Tate, il che significa che è l’anniversario dell’azione di Charles Manson (1969), uno degli omicidi rituali più famosi del mondo
  • Hermann Hesse nel 1962
  • Shostakovich nel 1975
  • Leoncavallo (1919)

Inoltre, nel 1945 è stata sganciata la seconda atomica (Fat Man) su Nagasaki vaporizzando all’istante circa 40.000 persone.

AK-47 con glamour

Ecco un vero, utile regalo di natale, cazzo!
Un bel kalashnikov carrozzato Hallo Kitty! Nel 2007 era in vendita su GlamGuns: armi con glamour.
Le note al prodotto dicono

This fully functional firearm fires standard 7.62mm 125 or 150 grain ammunition with a muzzle velocity of approximately 710 meters per second and a maximum effective range of approximately 300 meters. Several choices in stock wood are available. With a limited run of only 500, buy now before they’re gone! A mere $100 extra includes Glambo’s signature wood-burnt into the opposite side of the handguard. A perfect gift for the young lady of the house.
A bargain at only $1072.95!

Fortunatamente il sito è una parodia 🙂 che però ci offre lo spunto per raccontare la storia di quello che è davvero uno dei prodotti di maggior successo di tutti i tempi.

L’AK-47 (acronimo per Автомат Калашникова образца 1947 года, Avtomat Kalashnikova modello 1947) fu ideato da Mikhail Kalashnikov e entrò in produzione nel ’47.
Secondo la leggenda, il sergente dei carristi Kalashnikov, ferito nella battaglia di Bryansk (seconda guerra mondiale, fronte russo), nel suo letto d’ospedale avrebbe a lungo riflettuto sulla possibilità di realizzare un’arma che potesse garantire all’Unione Sovietica un’adeguata supremazia d’armamento. Avendo saputo che i comandi strategici del Cremlino erano alla ricerca di un’arma da breve raggio che potesse usare una cartuccia di calibro 7,62 mm, già usata per il poco soddisfacente Simonov SKS, avrebbe subito pensato alla possibilità di realizzare qualcosa di simile all’StG-44, lo strabiliante sturmgewehr tedesco, mantenendone le qualità e correggendone i difetti.
La CIA, ribatté che si trattava di pura propaganda, sostenendo che si cercasse di sfruttare il nome di un eroe di guerra per ammantare di sentimenti idealistici una frenetica ricerca condotta da diversi gruppi di armaioli; comunque la ricerca, anche secondo gli americani, puntava a costruire l’arma intorno al calibro, ed il progetto fu sviluppato con questo preciso obiettivo.

Che l’AK-47 fosse in qualche modo ispirato dall’StG-44 anche i sovietici cessarono presto di smentirlo. Dal rifinitissimo fucile d’assalto tedesco aveva mutuato la classe di dimensionamento ed il tipo di dislocamento, i concetti di recupero del gas, i caricatori ricurvi. Per mitigare i principali difetti dell’arma germanica aveva invece radicalmente abbandonato il tipo di realizzazione: se l’StG era un costosissimo capolavoro di forgia, il Kalashnikov sarebbe stato composto di economico scatolato di lamiera stampata, con vantaggio di peso e di facilità nella produzione di massa. Anche la meccanica fu rivista in quest’ottica.
Da parte statunitense si tende a sminuire l’ispirazione dell’StG, sostenendo che sarebbe stato invece il fucile americano Garand M1 ad essere “copiato”, sebbene molti esperti neutrali non avallino questa presunta primogenitura.
La massa della singola cartuccia è di 18.21 grammi, mentre quella del proiettile è di 8 grammi. Ha un’energia in uscita di 1.990 Joule.

Nel 1959, ne comparve una nuova versione alleggerita a soli 3.14 Kg: praticamente può manovrarlo anche un bambino. Apparve poi anche la versione con calcio metallico ripiegabile, ancora più maneggevole.
Ne vennero poi prodotte varie versioni, più o meno modificate e con nomi differenti, in tutti i paesi del Patto di Varsavia, ma anche in Cina, Corea del Nord, Israele, Finlandia, India, Egitto, Cuba, Iran, Marocco, Pakistan, Vietnam, Venezuela e Iraq (dove si chiama Tabuk, come una storica battaglia avvenuta ai tempi del Profeta).

Se un successo si giudica dal numero delle imitazioni, questo lo è. Ma è anche il fucile più utilizzato da governi non troppo leciti, ribelli, criminali, civili, nonché dai gruppi rivoluzionari di tutto il mondo e lo si è visto nei Balcani, in Afghanistan (fra l’altro, nel famoso video di Bin Laden), in Somalia… L’AK-47 o qualche sua variante è usato da circa 55 eserciti. In molti luoghi del mondo è decisamente a buon mercato: in Africa, per esempio, costa fra i 30 e i 120 dollari.

È finito anche nella bandiera nazionale del Mozambico, come negli stemmi di Zimbabwe, Timor Est, Burkina Faso, Hezbollah e nel logo dei guardiani della rivoluzione iraniani. In alcuni paesi africani, una sua forma abbreviata, Kalash, è usata come nome maschile.

Nel 2006, il musicista e pacifista colombiano César Lopez ne ha trasformato alcuni in altrettante chitarre, chiamate escopetarre. Quella che vedete in figura è stata esposta alle Nazioni Unite, come emblema della conferenza sul disarmo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[parte del testo proviene da wikipedia, vers. italiana e inglese]

Cronologie

Su classical.net si trovano un po’ di liste cronologiche, timelines e statistiche basate sulle date di nascita e morte dei compositori.

Niente che non si possa trovare in una qualsiasi wikipedia, ma qui i dati sono tutti uniti, ordinati in vari modi e in formati facilmente scaricabili. La timeline, poi, è utile per vedere al volo chi era contemporaneo di chi.
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Some useful chronological lists and composer timelines here at classical.net.

Alchemists of Sound

Su YouTube si trova questo Alchemists of Sound, documentario della BBC sul BBC Radiophonic Workshop, uno studio creato per la produzione di effetti sonori e nuova musica per la radio, attivo dal 1958 al 1998.

Il documentario è ben fatto, nel solito stile formale e qualche volta un po’ ridicolo della BBC e ha una certa rilevanza storica perché mostra le metodologie di lavoro di quegli anni. Ovviamente è in inglese, ma la pronuncia è abbordabile.
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The rather popular & high quality BBC documentary Alchemists of Sound about the BBC Radiophonic Workshop is on YouTube.

1982

Ecco come si faceva musica elettronica qualche anno fa. Visto che qualcuno di voi ci è nato nel 1982, magari così si fa un’idea.
Oggi tutto questo (e anche di più) sta in un laptop.
Questo spiega anche perché, per uno come me, sia così facile usare software come Max/MSP: ho passato anni collegando scatolette e tirando cavi.
Tutto ciò, però, rivela anche un’altra cosa. Chiunque abbia usato Max/MSP si sarà accorto che una patch di media complessità produce un intrico di cavi virtuali paragonabile a quello nella foto. Il che significa che i software attuali non sono affatto una rivoluzione, ma mimano virtualmente la realtà degli anni ’80.
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A good image showing the electronic musician of the 80s.
Now all this devices (and more) run on a laptop.

La città delle tenebre

HakNam, la città delle tenebre, l’antica città murata di Kowloon è stata finalmente demolita 15 anni fa, nel 1983. Si trattava di un impressionante agglomerato urbano di 200 x 100 metri di solido cemento, con costruzioni alte 10, 12 e in qualche caso anche 14 piani, che era arrivato ad ospitare fino a 50000 persone.

Nato ai tempi della dinastia Song (960-1279) come avamposto per la difesa del sud, l’insediamento di Kowloon è ben più vasto della città murata. Il suo nome, Kau-lung (Traditional Chinese: 九龍, Simplified Chinese: 九龙) significa “nove dragoni” e deriva dagli otto picchi che la circondano (il nono era l’imperatore medesimo).
Quella che sarebbe diventata la città murata (o fortificata) era stata costruita come fortino a metà dell’800, ai tempi dell’annessione inglese dell’isola di Hong Kong con il trattato di Nanchino (1842).

Nel 1898, poi, l’enclave inglese di Hong Kong venne estesa ai cosiddetti Nuovi Territori sul continente, ceduti per 99 anni, escludendo, comunque, la città fortificata, che allora ospitava 700 persone. La Convenzione per l’estensione dei territori di Hong Kong stabiliva che la Cina avrebbe potuto tenervi truppe, purché non interferissero con il potere britannico sulla penisola.
Con il rispetto della parola data che distinse l’Impero Britannico, l’esercito inglese attaccò il forte solo un anno dopo, per trovarlo, però, completamente deserto.

Da quel momento, la questione della sovranità sulla città fortificata rappresentò sempre un buco nero diplomatico. Gli inglesi se ne disinteressarono, usandola al massimo come un luogo turistico in cui respirare un po’ di aria della vecchia Cina, mentre la popolazione ricominciò a crescere fino alla IIa guerra mondiale, quando i giapponesi occuparono Hong Kong e sfrattarono gli abitanti.
Dalla fine della guerra in poi la popolazione cinese riprese possesso della città che divenne il rifugio di migliaia di profughi in fuga di fronte alla rivoluzione comunista e di molti criminali comuni.

Il vero boom, però, si ebbe dal 1974 in poi, dopo che una spedizione di 3000 poliziotti fece piazza pulita dei componenti di una Triade che aveva stabilito la propria sovranità su quel luogo.
Libera dalla malavita organizzata e priva di qualsiasi controllo statale, Kowloon ricominciò a crescere come un’entità biologica. Le costruzioni si svilupparono l’una sull’altra senza alcun piano e vennero eseguite anche moltissime modifiche praticamente senza nessun intervento da parte di architetti o ingegneri. Migliaia di metri cubi vennero semplicemente assemblati in un patchwork monolitico, riducendo gradualmente gli spazi fino ad arrivare a situazioni paradossali in cui finestre si aprono letteralmente sul muro o sulle finestre del vicino.

In breve tempo, le strade come noi le conosciamo scomparvero dalla città murata. Gli unici spazi fra gli edifici si ridussero a stretti vicoli in cui raramente riusciva ad filtrare un raggio di sole.
Nel 1987 Kowloon raggiunse l’incredibile cifra di circa 50000 abitanti stipati in 0.026 km2 che corrisponde all’iperbolica densità di 1.500.000 esseri umani per km2.

Ciò nonostante, l’idea che la città delle tenebre fosse solo un luogo ad elevato tasso di criminalità è totalmente errata. Era sicuramente un luogo di illegalità diffusa: case da gioco, droga, prostituzione erano comuni a Kowloon, più o meno al livello di una qualsiasi metropoli. Ma la cosa notevole è che un luogo del genere sia riuscito ad esistere per tanto tempo privo di qualsiasi intervento statale.
La corrente elettrica veniva semplicemente rubata alla rete di Hong Kong, con un intrico di cavi e impianti autogestiti per distribuirla e soltanto alla fine degli anni ’70, dopo un incendio, le autorità intervennero installando delle linee quasi regolari. Per molti anni gli abitanti si procurarono l’acqua scavando una settantina di pozzi entro il perimetro della città e solo negli ultimi 20 anni il governo aveva installato delle tubature che portavano acqua pulita e controllata fino ai limiti della zona.

In realtà, la città murata è stata per molto tempo una TAZ, una zona temporaneamente autonoma, sganciata dai poteri locali e auto-organizzata in cui fiorivano una serie di attività come negozi, piccole fabbriche, studi medici e perfino scuole e asili nido, tutti privi di alcun permesso, ma necessari e professionali. C’erano anche molti ristoranti, un tempio e uno “yamen”, un ufficio in cui un saggio amministrava la giustizia e dirimeva le controversie, relitto di un lontano passato cinese.

E così la vita andava avanti, la gente si muoveva all’interno della città murata svolgendo servizi e raggiungendo il posto di lavoro, mentre i bambini, dopo la scuola, venivano portati a godere di un po’ di sole nei giardini sui tetti.

Il punto è che il tutto era organizzato e sostenuto autonomamente dalla cittadinanza a dispetto delle diversità e dei conflitti che in un luogo a così alta densità abitativa potevano facilmente esplodere, dimostrando così un incredibile spirito di adattamento e di tolleranza.

Non sono moltissimi i siti che ricordano ancora la città delle tenebre. Come tutte le TAZ, il potere, di qualsiasi tipo esso sia, cerca di lasciar sfumare il suo ricordo.
Oltre a wikipedia, c’è il il sito di una spedizione giapponese, ultima a visitarla dopo lo sgombero e prima della demolizione. C’è anche un ottimo post con molte immagini su Bizzarro Bazar.
Altre testimonianze su YouTube qui e qui.

Numbers Stations

Quando ero piccolo (5/6 anni) non c’era la TV in casa, ma c’era una grossa radio. Onde corte, medie, lunghe.
Una delle mie passioni era proprio ascoltare la radio e soprattutto tutti quegli strani suoni che uscivano dalle onde corte. Ma più di tutto mi appassionavano certe stazioni dalle quali si sentivano voci che parlavano in strane lingue con la cadenza che non era quella di una trasmissione normale, discorsiva, ma piuttosto quella di chi leggeva degli annunci, un po’ nello stile della BBC quando mandava istruzioni ai partigiani francesi con frasi in codice ben scandite, tipo “la gatta ha mangiato tutti i gattini”, oppure come il famoso verso dalla Chanson D’Automne di Paul Verlaine trasmesso in due tranche per annunciare l’invasione: “I lunghi singhiozzi dei violini d’autunno”, prima e poi, a 2 giorni dallo sbarco, l’ultima parte: “mi feriscono il cuore con monotono languore”.

Alcune stazioni, poi, erano piuttosto particolari perché trasmettevano solo serie infinite di numeri, tipicamente in inglese. “One, five, seven, six, eight”; pausa; “nine, eight, two, three, four”; pausa. E così via…
Io conoscevo i numeri in inglese e a volte li trascrivevo cercando di capire se c’era una regola, ma non ne ho mai trovate. Naturalmente immaginavo storie di spie che ricevevano le trasmissioni e poi si lanciavano a decifrare il messaggio.

Quello che allora non sapevo è che era vero. Molto probabilmente era proprio così. Quelle erano le famose numbers stations.
Io lo avrei saputo solo molti anni più tardi, all’università, ma ormai la cosa è nota, al punto da essere riportata anche da wikipedia:

Le numbers station sono stazioni radio in onde corte di origine sconosciuta. Generalmente le trasmissioni contengono una voce che legge sequenze di numeri, parole o lettere (usando talvolta un alfabeto fonetico).

Possono essere individuati tre tipi di numbers station:

  • stazioni in fonia, dove i numeri vengono pronunciati da una voce o da un sintetizzatore vocale
  • stazioni che trasmettono in codice Morse
  • stazioni che trasmettono apparente rumore

Le voci trasmesse sono spesso prodotte da un sintetizzatore vocale e usano un’ampia varietà di lingue, in particolare negli USA spesso sono udite in spagnolo, mentre in Europa le trasmissioni sono generalmente in inglese, tedesco o francese o ancora in lingue slave. Inoltre sono per la maggior parte femminili, più raramente maschili o infantili.

La convinzione popolare, supportata dalle poche prove esistenti sull’argomento, ricondurrebbe queste stazioni operazioni di spionaggio. Questa ipotesi non è stata mai pubblicamente confermata da nessuna agenzia governativa tra quelle che potrebbero gestire una numbers station, tuttavia è accaduto che una stazione, coinvolta in spionaggio, sia stata pubblicamente perseguita da un tribunale di un altro stato.

In realtà le onde corte sono ideali per una comunicazione one way (solo invio, senza risposta) e quindi per mandare ordini o avvisi, perché

  • Non hanno bisogno di ripetitori in quanto vengono riflesse dagli strati alti dell’atmosfera e quindi viaggiano seguendo la curvatura terrestre raggiungendo qualsiasi luogo; è solo questione di potenza della trasmissione
  • Si ricevono con una radio normale e non sospetta
  • Sono complesse da localizzare: bisogna tracciare il segnale in base alla direzione da cui arriva con maggior potenza e poi triangolare

In definiva vanno benissimo per inviare da uno stato, dei messaggi ai propri agenti in uno stato straniero. Il fatto che possano essere intercettate da chiunque non è un problema perché le trasmissioni potrebbero essere criptate con un codice molto forte, come il cifrario di Vernam.

Alcune di queste stazioni hanno anche ricevuto dei nicknames, come “The Lincolnshire Poacher” che trasmette da Cipro, è attribuita all’MI5 e invia le prime due battute dell’omonima canzone folk prima di ogni gruppo di numeri. Oppure la sua “cugina” asiatica che trasmette da Guam con lo stesso formato ed è chiamata “Cherry Ripe” (e naturalmente qui la canzone di stacco è Cherry Ripe). O ancora “Magnetic Fields”, che usa musica di Jean Michel Jarre, o “Atención” che trasmette da Cuba in territorio USA.
Il gruppo ENIGMA, costituitosi proprio per studiare le numbers station, le ha classificate secondo la lingua e le modalità di trasmissione. Nel 1997, l’etichetta Irdial-Discs ha pubblicato un set di 4 CD contenente registrazioni di tali trasmissioni: “The Conet Project: Recordings of Shortwave Numbers Stations”.
Oggi tutto questo materiale è distribuito liberamente dall’Internet Archive.

Ecco alcuni esempi